Lettere Decretali con cui sono riconosciuti gli onori dei santi a Daniele Comboni

Giovanni Paolo Vescovo
Servo dei Servi di Dio, a perpetua memoria

“L’Amore di Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti” (2 Cor 5, 14. 17).
Queste parole dell’Apostolo ben si addicono a quell’insigne evangelizzatore che fu il Beato Vescovo, missionario e fondatore, Daniele Comboni, la cui esistenza fu mossa da quell’unico anelito del Signore Gesù: “E ho altre pecore che non sono di quest’ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore” (Gv 10, 16). Carità soprannaturale lo spinse a prodigarsi indefessamente per l’evangelizzazione dell’Africa e una speranza incrollabile ne guidò le molteplici opere intraprese, certo che la Chiesa avrebbe finalmente annoverato tra i suoi figli prediletti anche il popolo africano.
Dotato di grande sensibilità umana e di doti non comuni di intelligenza, Daniele Comboni nacque il 15 marzo 1831 a Limone sul Garda, paese appartenente alla diocesi di Brescia. La formazione umanistica e teologica e l’indirizzo missionario della sua vita li ricevette tuttavia a Verona, specialmente nell’Istituto Mazza, dove fu accolto. Il 31 dicembre 1854 venne ordinato sacerdote a Trento e alcuni anni dopo, nel settembre del 1857, partecipava alla spedizione mazziana per l’Africa centrale. Più che la brevità e l’apparente insuccesso di questa, poté però il suo ardente desiderio di additare alla Chiesa una nuova e più sicura via per portare il Vangelo in Africa.
Dio provvidente, che lo proteggeva con vigile custodia, inopinatamente gli manifestò la via. Infatti mentre il giorno 15 settembre 1864 pregava presso il sepolcro dell’Apostolo Pietro, concepì nella sua mente il “Piano di rigenerare l’Africa”, ispirato dal pensiero di “Salvare l’Africa con l’Africa”. Il suo piano prevedeva poi di istituire il clero indigeno, le suore della carità, i catechisti, i maestri, le madri di famiglia, non più in Europa, affinché con le proprie forze prestassero a vicenda la propria opera per diffondere la fede e il culto cristiano nelle regioni interne di quel continente. Il nostro predecessore Pio IX incoraggiò il servo di Dio a portare a compimento tale proposito, dicendogli “Lavora per l’Africa come un buon soldato di Cristo”.
Da allora la sua attività parve assumere ancora maggiore afflato ecclesiale, oltre naturalmente ad acquistare in profondità ed efficacia operativa per le nuove fondazioni realizzate e per alcuni gesti di grande impatto spirituale. Così l’ardente sacerdote Daniele Comboni intraprese numerosi viaggi di animazione missionaria in tutte le principali diocesi e nazioni europee, culminati con la presenza al Concilio Vaticano I e la consegna ai padri ivi convenuti del “Postulatum Pro Nigris Africae Centralis”. Nel frattempo, con l’appoggio del vescovo di Verona, Mons. Luigi di Canossa, aveva fondato il 1° giugno 1867 l’Istituto per le missioni della Nigrizia, i cui membri si chiamano oggi “Missionari Comboniani del Cuore di Gesù” (M.C.C.I.) e il 1° gennaio 1872 fondava l’Istituto delle Pie Madri della Nigrizia, oggi “Suore Missionarie Comboniane”.
La Sede di Pietro accompagnò e riconobbe tanta e tale dedicazione alla causa missionaria. Infatti, il 26 maggio dello stesso anno, assegnava lo spento Vicariato dell’Africa Centrale all’Istituto per le missioni della Nigrizia e nominava Daniele Comboni pro-vicario apostolico con sede nella città di Khartoum. Il 31 luglio 1877 lo nominava infine vescovo e vicario della stessa sede, con aggiunto il titolo della Chiesa di Claudiopoli.
Daniele Comboni alimentò tutta la sua azione missionaria alla fonte inesauribile dell’amore trinitario, espresso nel Cuore trafitto di Gesù e si affidò costantemente alla materna presenza di Maria, invocata coi nomi più belli di Madre e Regina della Nigrizia, di Immacolata e di Nostra Signora del Sacro Cuore, e al provvido soccorso di San Giuseppe. Al Cuore di Gesù e a Nostra Signora del Sacro Cuore infatti consacrò il suo Vicariato. Agì costantemente per amore e in comunione con la Chiesa e i suoi legittimi rappresentanti, sempre orientato al fine dell’opera sua: diffondere il Vangelo, creare i presupposti di un’autentica chiesa locale, coinvolgere tutte le forze locali nella propria rigenerazione e lottare contro la schiavitù. Su questa via seppe abbracciare e trovare il significato della croce di Cristo da cui attinse la capacità di donarsi totalmente a favore dei popoli “i più poveri e abbandonati”, la fortezza per affrontare e superare le numerose contrarietà e la speranza con cui guardare fiduciosamente al futuro.
A 51 anni non aveva più nulla da spendere, tutto se stesso aveva donato: a Dio, alla Chiesa e all’Africa e così il 10 ottobre 1881 esalò a Khartoum l’ultimo respiro, preannunciando una stagione di frutti per gli Istituti da lui fondati e per la Chiesa del Sudan. La sua fama di santità e il ricordo della sua instancabile operosità sono ancor oggi motivo di ispirazione missionaria per la Chiesa di Dio e oggetto di ammirazione, oltre che invito a un mondo più equo, per la società civile.
La causa di beatificazione e di canonizzazione fu iniziata dal Vescovo di Verona nel 1928. Il 17 marzo 1996 abbiamo proceduto alla beatificazione del Servo di Dio. In vista della canonizzazione, il è stata esaminata con esito positivo un’ulteriore guarigione avvenuta a Khartoum (Sudan) a favore di una signora musulmana, Lubna Abdel Aziz. Abbiamo in seguito, il 20 dicembre 2002, promulgato il Decreto sul miracolo. Nel Concistoro del 7 marzo 2003 abbiamo stabilito che il rito della canonizzazione fosse celebrato il 5 ottobre dello stesso anno.
Oggi, dunque, sulla piazza che si apre davanti alla patriarcale basilica vaticana di San Pietro, durante la solennità delle Messe abbiamo proclamato la seguente formula: “Ad onore della Santissima Trinità, per l’esaltazione della fede cattolica e l’incremento della vita cristiana, con l’autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dopo aver lungamente riflettuto, invocato più volte l’aiuto divino e ascoltato il parere di molti Nostri Fratelli nell’Episcopato, dichiariamo e definiamo Santi i Beati Daniele Comboni, Arnold Janssen e Josef Freinademetz e li iscriviamo nell’Albo dei santi e stabiliamo che in tutta la Chiesa essi siano devotamente onorati tra i Santi. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.
Abbiamo voluto esaltare davanti a tutti gli uomini le gesta di questo santo che si applicò indefessamente alla diffusione del Vangelo, affinché la fede cattolica e lo zelo si propagassero senza interruzione e raggiungessero il maggior numero possibile di persone, così che, arricchite di ogni protezione del cielo, potessero ottenere con abbondanza i doni salvifici di Dio.
Quanto abbiamo decretato nella presente Lettera, vogliamo che d’ora in poi come in futuro sia ratificato e tenuto per certo, nonostante qualsiasi opinione contraria.

Dato presso San Pietro, il giorno 5 del mese di ottobre, nell’anno del Signore 2003, 25° del Nostro Pontificato.
Canonizzazione