Mercoledì 12 settembre 2018
“Di fronte al male e alla miseria del popolo congolese [la Chiesa cattolica congolese, ndr] ha avuto il coraggio di cessare di non "benedire" i tiranni, i malfattori, gli affamatori del popolo. E questo ha costato persecuzioni, anche fino all’uccisioni di tanti cristiani che nelle manifestazioni di gennaio e febbraio di questo anno hanno cercato di chiedere il rispetto degli accordi del 21 dicembre 2016. Fino ad oggi i laici membri del comitato laico di coordinamento vivono in clandestinità. Ci sono anche sacerdoti che non dormono nei loro conventi perché ricercati. Oggi la chiesa in Congo è perseguitata perché ha alzato la voce senza paura di andare alla morte.”, ha detto oggi P. Joseph Mumbere, superiore della circoscrizione comboniana del Congo, durante l’omelia della Messa del giorno, dove partecipano tutti i membri dell’Assemblea intercapitolare dei Missionari Comboniani che si sta svolgendo dal 9 al 29 settembre a Roma.

Il Vangelo di oggi ci parla della povertà e della richezza
Omelia del mercoledì 12 settembre
P. Joseph Mumbere,

provinciale della Repubblica democratica del Congo

Vangelo Lc 6,20-26:
In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti”
.

Vorrei partendo da questi due parole, povertà e ricchezza, illustrare la speranza e la forza che sperimentiamo nella missione in Congo in modo particolare, e sicuramente anche in tutte le altre circoscrizioni nostre. La realtà di povertà della gente che sperimentiamo ogni giorno con gli occhi mondani è difficile da chiamare una realtà beata. Al contrario, sono i ricchi che sembrano beati e i poveri sono nei guai. Quando facciamo questa analisi della realtà dei poveri e di quella dei ricchi, bisogna che ci possiamo chiedere in rapporto a che cosa si definisce una persona povera e un’altra ricca. Nel nostro mondo di oggi, si definisce purtroppo il ricco e il povero in rapporto a chi a più o meno soldi o beni materiali. Il povero sarebbe quello che non ha o ha poco soldi o pochi beni materiali, il ricco sarebbe quello che ne ha di più. Seguendo questo modo di vedere e di pensare, l’occidente sarebbe il mondo dei ricchi e il sud del mondo, l’Africa in modo particolare, il mondo dei poveri. Questo modo di vedere e di pensare ha contaminato anche il nostro modo di pensare e di vedere come missionari comboniani. Le circoscrizioni che sono nel mondo occidentale sono viste come ricche e quelli che sono nel sud del mondo, quelle dell’Africa, sono povere. E così pensiamo e spesso organizziamo la missione con queste categorie mentali dell’essere ricco perché si ha soldi e beni materiali e dell’essere povero perché non si ha soldi e beni materiali. Vediamo tutti che questo modo di pensare e di vedere la ricchezza e la povertà non è evangelico.

Chi è povero e chi è ricco nel senso evangelico? Luca nelle sue beatitudini diversamente da quelle di Matteo, ci indica due piccole sottolineature che svelano il senso del povero e del ricco nel Vangelo.

  • È povero quello che vive in presenza di Dio ed è ricco quello che rifiuta di vivere nella presenza di Dio. Le beatitudini di Luca non sono rivolte a tutti ma a "voi", a coloro che Gesù ha davanti. Coloro che ascoltano Gesù, anche se deboli e poveri, anche se sono affamati, anche afflitti, anche se sono perseguitati, vivono già la beatitudine perché sono in compagnia di Dio, perché vivono nella e dalla sua presenza. La gioia, la beatitudine del povero evangelico consiste nel prendere consapevolezza della presenza del Signore, nello stupore che nasce quando lo incontriamo e mettiamo la nostra vita nelle sue mani, quando accettiamo di dipendere da lui, quando accettiamo di essere degli scartati agli occhi del mondo per guadagnare Dio e i valori del suo regno.
  • È ricco quello che crea i poveri, li umilia, li affanna ed è povero quello che si schiera nella parte dei poveri, degli affamati, degli afflitti, degli perseguitati. Nello sguardo di Gesù è beatitudine la povertà del povero a confronto con la ricchezza del ricco che crea i poveri e li umilia e li affanna. Meglio essere afflitti che affliggere. Meglio patire la povertà che causarla ad altri, dice Gesù. Ogni condizione di beatitudine ci appare in tutto il suo significato se la si vede come la sola alternativa, nella realtà, al produrre noi quell’ingiustizia, quella povertà, quell’afflizione e quella persecuzione. Nel nostro mondo ingiusto l’unica alternativa a non essere artefici di questi dolori è schierarsi tra quelli che li subiscono, alla sequela di Gesù. La consapevolezza di questo rende beati. Qui sta il grande insegnamento evangelico di Gesù: fare il male fa male anche a chi lo fa, e non solo agli altri che lo subiscono. Il regno di Dio progredisce là dove il male e la miseria di ogni genere regrediscono e scompaiono. La comunità cristiana in modo generale, e noi missionari in modo particolare, siamo sulla strada di Cristo solo quando ci prendiamo cura dei poveri, degli affamati, degli afflitti, e quando lottiamo contro le persone o le situazioni che sono la causa di questi squilibri. Quando la cosidetta ricchezza di alcuni è la causa della miseria di molti, la Chiesa, tramite noi i suoi ministri, deve stare molto attenta a non "benedire" i tiranni, i malfattori, gli affamatori della gente, o a tacere, a fin di bene, lì dove il Cristo avrebbe alzato solennemente la sua voce senza paura di andare alla morte di croce. Una Chiesa che non è osteggiata e perseguitata dai potenti di questo mondo non può essere veramente la Chiesa di Cristo.

È questa l’esperienza della chiesa di Papa Francesco e anche l’esperienza che dall’inizio di questo anno 2018 la chiesa cattolica congolese sta facendo. Di fronte al male e alla miseria del popolo congolese ha avuto il coraggio di cessare di non "benedire" i tiranni, i malfattori, gli affamatori del popolo. E questo ha costato persecuzioni, anche fino all’uccisioni di tanti cristiani che nelle manifestazioni di gennaio e febbraio di questo anno hanno cercato di chiedere il rispetto degli accordi del 21 dicembre 2016. Fino ad oggi i laici membri del comitato laico di coordinamento vivono in clandestinità. Ci sono anche sacerdoti che non dormono nei loro conventi perché ricercati. Oggi la chiesa in Congo è perseguitata perché ha alzato la voce senza paura di andare alla morte. Preghiamo perché questa chiesa congolese e tutte le nostre chiese si possano sempre schierare dalla parte dei poveri, degli afflitti, degli affamati, e così vivere le beatitudini promesse da Gesù.