In Pace Christi

Bertagnolli Fabio

Bertagnolli Fabio
Date of birth : 18/09/1923
Place of birth : Taio (TN)/I
Temporary Vows : 07/10/1942
Perpetual Vows : 07/10/1947
Date of ordination : 06/06/1948
Date of death : 11/02/1998
Place of death : Teresina/BR

I Comboniani della comunità di Trento e la parrocchia di Taio, si preparavano a celebrare il 50° di sacerdozio di p. Fabio, come momento di animazione missionaria per il paese, quando giunse, improvvisa, la notizia della sua scomparsa. Il Padre era stato stroncato da un'infezione biliare che rese vani tutti i tentativi dei medici dell'ospedale di Teresina, dove era stato ricoverato.

Prima di Natale, aveva scritto al fratello Tullio parlando del suo 50° che sarebbe stato celebrato in agosto e al quale teneva molto, ma accennò anche all'infezione che lo aveva colpito già due volte.

"Lo so - aveva aggiunto - che la terza volta mi potrebbe essere fatale, per cui c'è da augurarci che non ci sia una terza volta". "Ma allora, perché non ritorni in Italia?", gli rispose il fratello. "Non posso, per ora, perché ho ancora tante cose da fare". Un mese dopo aveva già terminato la sua operosa giornata terrena e rimase per sempre accanto ai poveri con i quali aveva condiviso povertà, lotte, sofferenze e speranze.

Il vestito col mantello del papà

"La nostra famiglia - scrive il fratello Tullio - era composta da papà Guido, da mamma Luigia Chini e da sei figli: cinque maschi e una femmina. Achille, il primo, è andato a studiare in un collegio di Marianisti, ha preso i Voti ed è diventato 'Figlio di Maria'. Da quasi 50 anni è professore nel collegio S. Maria di Roma.

Fabio, il secondogenito, frequentò da bambino l'oratorio parrocchiale e faceva il chierichetto. Era un tipo calmo, buono, mite anche se nel gioco sapeva sprigionare una certa vivacità.

I nostri genitori erano molto religiosi - prosegue il signor Tullio. - Frequentavano la messa tutti i giorni, e a quel tempo era al mattino prestissimo. Alla sera non si andava a dormire se prima non si era recitato il santo rosario, anche quando noi figli eravamo adulti.

Dopo la quinta elementare il parroco, che si chiamava don Quaresima, propose a Fabio di entrare tra i Comboniani di Trento, sembrandogli che il ragazzino mostrasse segni evidenti di vocazione anche se, a quell'età, non si poteva parlare proprio di vocazione. Comunque i segni c'erano. Infatti Fabio amava la preghiera e quando era attorno all'altare si sentiva a suo agio. A Taio i Comboniani erano conosciuti e molto stimati.

Il papà lavorava un po' di terra presa in affitto e faceva, come artigiano, manici da frusta. Questo era un lavoro che occupava molte famiglie di Taio. I manici, naturalmente, venivano esportati con un modesto guadagno per chi li fabbricava. Nonostante questo, si viveva in una dignitosa povertà per cui bisognava fare bene i conti per sbarcare il lunario

Il papà era di salute cagionevole. Quando sentì che i due suoi primi figli volevano lasciare la famiglia per consacrarsi a Dio, il primo come religioso e l'altro come sacerdote, disse: “Adesso che cominciavano a darmi una mano, se ne vanno”. Ma la gioia che provava nell'aver due figli 'servi del Signore' era più grande di ogni tribolazione.

È ancora viva in me l'immagine della nostra mamma che lavorava fino a mezzanotte per preparare il corredo di p. Fabio. Per fargli il vestito nero da seminarista, usò il mantello del papà, che era molto grande e di buon panno".

Tre 10

Entrato, dunque, nel seminario missionario di Muralta (Trento), Fabio si applicò con la maggior buona volontà allo studio. Ma la nostalgia della famiglia e degli spazi liberi del suo paese, e il suo carattere portato più alle cose concrete che allo studio, gli resero gli anni di formazione piuttosto difficili. Eppure "tenne duro" perché l'amore alla vocazione era superiore ad ogni altra cosa.

Dopo i tre anni di medie a Trento (1935-1938), andò a Brescia per il ginnasio (1938-1940). Nell'archivio della casa c'è ancora il registro con il nome e con i voti scolastici: un unico "6" in latino, per il resto tutti "7" e "8", salvo i tre "10" in condotta, diligenza e religione.

Nel 1939 Fabio fece le sue prime vacanze in famiglia dal giorno della partenza dal paese. Il parroco, che doveva "prendere sotto la sua speciale e paterna cura" i seminaristi, scrisse di lui: "Ho piena fiducia che, data la sua buona volontà che mi par di poter notare, e la viva pietà, nonché il distacco dalle mondanità, il Bertagnolli potrà riuscire. Taio 5 settembre 1939. Don G. Quaresima".

Il migliore

Terminato il ginnasio a Brescia, Fabio andò a Firenze per il noviziato. Era il 12 agosto 1940. Maestro dei novizi era p. Stefano Patroni. All'inizio questi scrisse di Fabio: "Si è messo fin dai primi giorni con entusiasmo nella vita del noviziato. Lavora con costante buona volontà. Come carattere è mite, allegro condiscendente; si presta volentieri a qualsiasi ufficio, ama la pietà e la pratica delle virtù".

E dopo i due anni di noviziato: "Fu sempre attivo e costante nel suo lavoro spirituale. Ama la preghiera, la mortificazione e il lavoro. Credo che sia il migliore per bontà e impegno nei propri doveri. Portato un po' all'affermazione di sé, cerca tutte le occasioni per esercitare l'umiltà. Alle volte ha qualche scatto d'ira, tuttavia sa frenarsi bene e subito. Promette una buona riuscita".

Una strada tutta in salita

In uno scritto del 1968, quando era parroco a Mangabeiras, p. Fabio disse: "Da quando avevo 17 anni ho sofferto e soffro mal di testa e altri disturbi nervosi". Quindi il nostro giovane si è portata addosso una croce pesante per tutta la vita. Una croce che gli rese difficoltoso il cammino di formazione fatto di studi seri e impegnativi. Eppure non ha mai fatto pesare sugli altri questo suo disturbo neanche quando era in missione ed era spesso vittima di una stanchezza infinita dovuta alla pressione sempre troppo bassa.

Il 7 ottobre 1942 emise la professione a Firenze e poi, essendo Verona in zona di guerra, andò a Rebbio di Como per il liceo; quindi a Verona, dal 1945 al 1948, per la teologia.

P. Capovilla, in una sua nota di poche righe, riassume il curriculum di Fabio Bertagnolli, rimarcando le difficoltà causategli dalla salute: "I superiori ebbero sempre a lodarsi di lui. Condotta religiosa e morale ottima, capacità mediocre causa un persistente esaurimento, a cui supplisce egregiamente la diligenza. Giusto criterio. Manifesta volontà risoluta e sincera di diventare sacerdote missionario nel nostro Istituto. I Padri insegnanti ne danno buone informazioni. I suoi costumi sono ineccepibili. Si applica allo studio in quanto lo consente il suo esaurimento che si è fatto più accentuato. Per questo passò ripetutamente qualche mese in famiglia. Però ha potuto seguire regolarmente la scuola e dare gli esami. Ritengo che si possa promuovere agli ordini sacri".

Sacerdote

Venne ordinato sacerdote a Verona il 6 giugno 1948 da mons. Girolamo Cardinale, vescovo della città scaligera, insieme ad altri 19 confratelli. Trascriviamo, quale testimonianza di fede e di amore, la lettera che la mamma di p. Fabio ha rivolto al figlio in occasione della Prima Messa celebrata a Taio la domenica 7 giugno 1948.

"Fabio carissimo, a me il piacere, a me l'onore come beniamino della casa, di darti il primo affettuoso e tenero saluto. Benvenuto Fabio mio, oggi ti onoriamo per la prima volta con il venerando appellativo di Padre; e babbo, mamma e fratelli apriamo il cuore a riceverti ancora, figlio e fratello, ma con l'aureola del sacerdozio in fronte.

Benedizione più grande di questa non poteva scendere sulla nostra famiglia, e tu assieme al fratello Achille, pure insignito di religiosa dignità, siete gli araldi, i segna-via, come fratelli maggiori, a tutti noi, che prendiamo oggi serio impegno di seguire i vostri esempi e di essere sempre degni di voi.

Entra giubilando nelle domestiche mura consacrate un giorno dall'amore cristiano dei tuoi genitori, dalle loro fatiche, dai loro dolori, dalle cure sante che abbiamo per le anime nostre. E riconsacrale tu, oggi, con la tua mano sacerdotale, perché piovano su tutti noi celesti abbondanti benedizioni. E ricordaci sempre al tuo altare, oggi, e tutti i giorni nel tuo cuore con rinnovato amore. P. Fabio, vieni avanti: noi ti facciamo corona".

Club "Amici di p. Fabio"

Dopo le feste al paese, p. Fabio fu inviato a Bologna come addetto al ministero. Vi rimase per un anno (1948-1949). Poi passò nella chiesa di Riccione, ancora tenuta dai Comboniani dove, anni prima, c'era anche il piccolo seminario poi emigrato a Pesaro. Vi rimase fino al 1953.

Il Padre si fece subito stimare dalla gente per la sua cordialità, il suo spirito di accoglienza e le buone maniere con cui trattava tutti. Ma soprattutto i giovani trovarono in lui un vero amico capace di capirli e di guidarli. Tanto che gli stesso scrisse: "Mi sento molto portato all'attività pastorale diretta, specialmente tra i giovani. Ma mi trovo bene anche con gli adulti".

A Riccione nacque un club che porta il nome di p. Fabio Bertagnolli. A tanti anni di distanza e, nonostante che i Comboniani abbiano lasciato quella località da quasi mezzo secolo, il club "Amici di p. Fabio" esiste ancora e ha sempre aiutato il Padre nella sua missione del Brasile.

Il suo desiderio, tuttavia, era quello di partire, possibilmente per l'Africa. Invece gli arrivò un'altra destinazione: il Brasile.

Una tirata di 44 anni

P. Fabio fece parte del secondo gruppo di missionari comboniani che, nel 1953, raggiunsero il Brasile. I primi vi erano arrivati nel 1951. Ecco le tappe della sua presenza in quell'immenso Stato grande 28 volte l'Italia con più di 150 milioni di abitanti, per i due terzi poveri ed emarginati dai pochi ricchi e dai latifondisti.

Fu vice parroco a Balsas dal 1953 al 1955; vicario generale della diocesi, amministratore e parroco di Balsas dal 1955 al 1967.

In una missione nuova (Balsas), aperta dai Comboniani appena un anno prima, tra gente cattolica al 95 per cento ma con l'istruzione religiosa molto bassa, p. Fabio si trovò di fronte un campo immenso. Per vari decenni solo i Padri Cappuccini lasciavano São Luis, la capitale del Maranhão, e visitavano quella zona battezzando, confessando, dando la Comunione e celebrando matrimoni. Ma ciò succedeva una o due volte all'anno.

All'arrivo dei Comboniani, un sacerdote, p. Clovis Vidigal, della diocesi di Caxias, a 500 chilometri di distanza, attendeva a quelle popolazioni durante l'annuale visita fatta con molto eroismo.

Per sempre in Brasile

Nel 1967 p. Fabio andò a Roma per il corso di aggiornamento e poi tornò nuovamente in Brasile.

Chiese espressamente di essere mandato in periferia, "in prima linea" diceva lui, e gli fu affidato l'incarico di parroco a S. Romualdo das Mangabeiras dal 1968 al 1983. Qui il Padre fu fondatore, direttore e insegnante nelle scuole superiori (magistrali) e accompagnò un gruppo di giovani nella loro scelta vocazionale. E anche quando la parrocchia fu affidata a p. Francesco Cordero, p. Fabio vi rimase ancora un anno per l'insegnamento nelle scuole e per dirigere il piccolo seminario.

A Mangabeiras, come a Balsas, si circondò di tanti amici e si dedicò totalmente alla gente. Egli, con i suoi bei modi, riusciva a risolvere tutti i problemi religiosi, sociali e morali di coloro che ricorrevano a lui.

Terzo ed ultimo campo del suo apostolato fu la parrocchia di S. Antonio di Timon dal 1984 fino alla morte. In questo periodo svolse anche il ruolo di padre spirituale nel seminario interdiocesano di Teresina, e si dedicò pure all'animazione missionaria nelle diocesi e nelle parrocchie del Nordest, rendendosi pure disponibile come confessore e direttore spirituale negli istituti femminili.

Ovunque lasciò la fama di uomo di preghiera, di evangelizzatore e di predicatore, ma molti lo ricordano anche per la sua azione sociale, educativa e per la promozione agricola.

Il suo metodo missionario

Appena giunto sul campo di lavoro, p. Fabio si buttò anima e corpo nel lavoro. Le sue priorità furono la catechesi tra i giovani e l'apostolato nell'ambito delle famiglie. Aveva capito che i mali di quella zona affondavano le radici nell'ignoranza religiosa e nella mancanza della famiglia come cellula base della società.

Scrive p. Daniele Coppe: "I Comboniani, sotto la direzione di p. Diego Parodi, superiore e poi vescovo di Balsas, cominciarono un'intensa attività di evangelizzazione e di promozione umana. Scuole, seminario, officina meccanica, falegnameria, fabbrica di mattoni, di tegole e di piastrelle, scuola di addestramento per la formazione rurale, centro catechistico... occuparono al massimo i missionari.

P. Fabio, per molti anni parroco di Balsas, era l'animatore di tutte quelle attività. Instancabile, organizzava, incoraggiava, stimolava, aiutato dalla lingua che aveva imparato benissimo e dal suo bel modo di trattare le persone. I lavori materiali erano affidati principalmente ai Fratelli, mentre il Padre si dedicava all'apostolato della preghiera, all'opera di San Vincenzo per aiutare i poveri e alla formazione dei catechisti.

Quando nel 1966 mons. Parodi diede le dimissioni, egli lo sostituì per alcuni mesi e fece molto bene in attesa del successore, mons. Rino Carlesi che, a sua volta, lasciò il posto a mons. Franco Masserdotti".

Le relazioni dei confratelli su p. Fabio sono davvero lusinghiere. P. Diego Parodi scrisse: "P. Fabio è una rivelazione. Fa molto bene per davvero, specialmente nell'Azione cattolica e nel ministero in genere. Anche nell'amministrazione si è rivelato esatto".

P. Seri aggiunse: "Lavora molto bene, buono, di criterio, fa bene in tutti i sensi". Qualche anno dopo il Provinciale aggiunse: "Si affanna forse eccessivamente per il ministero e per l'economia così che spesso si sente sfinito. Va anche soggetto ad attacchi di febbre. Governa la comunità in modo soave, tratta tutti con cortesia. E' stimato dalle Autorità, dalla gente e dai confratelli".

Vicario generale della diocesi

Con queste referenze non fa meraviglia se, appena dopo tre anni dal suo arrivo, fu eletto vicario generale della diocesi e amministratore.

Seguendo le lettere di p. Fabio, possiamo avere una fotografia della sua attività e "sensibilità" missionaria. La prima cosa che balza all'attenzione leggendo i suoi scritti è un grande amore e rispetto per i superiori. Tutte le sue lettere al p. Generale cominciano con la frase. "Mi benedica".

Poi si nota un grande interesse per la Congregazione e per i confratelli, anche quelli che si trovavano in Africa e che avevano particolari difficoltà da superare. Era, insomma, un uomo "universale" non chiuso nella sua parrocchia, nella sua diocesi, nel suo continente. E fu uomo di pace e di comunione. Ecco qualche brano tolto dalle sue lettere, che ci mostra il suo animo: "La buona volontà dei confratelli, animati da ottimo spirito, ci aiuta a superare le grandi difficoltà che la nostra diocesi sta passando. Oggi stesso dovrò partire per Sanbaiba dove è nata qualche incomprensione tra l'autorità civile, che è protestante, e la parrocchia".

"Il lavoro ferve su tutti i campi. A Riachão p. Vittorino, con il suo fare molto simpatico, sa attirarsi la stima di tutti. La sua chiesa è quasi finita. Pure a Mangabeiras la chiesa è a buon punto. E qui da noi p. Campus ha molto ascendente soprattutto per la medicina che pratica per l'assoluta mancanza di un medico.

Fr. Emilio Rebellato è un lavoratore instancabile e un confratello di grande compagnia; un vero missionario di frontiera. P. Audisio fa scuola al ginnasio, p. Gesuino si dedica alle visite dei cristiani nei casolari lontani, io faccio quello che posso per coordinare il lavoro in modo che tutto proceda con carità, comprensione e buona volontà da parte di tutti".

"P. Sorio, già ben incamminato nel suo lavoro di procuratore, è anche pieno di buona volontà per l'apostolato nelle favelas. P. Seri è partito il 22 giugno per una desobriga di 600 chilometri in compagnia di un bravo giovane, con tre muli. Tornerà il 7 agosto. Di tanto in tanto qualcuno mi porta sue notizie. Ciò mi fa piacere perché, quando un confratello è lontano e privo di tutto, sto con il cuore sospeso".

"I lavori del seminario di Balsas vanno avanti grazie a un geometra italiano. E' già stata fatta la gettata del piano superiore e fr. Salandini continua la direzione dei lavori poiché fr. Baggioli è molto stanco".

"E' stato messo in vendita un collegio che ospita 460 studenti. I protestanti volevano acquistarlo, ma il popolo era contrario per cui i notabili si rivolsero a noi pregandoci di acquistarlo. Cosa che abbiamo fatta. Speriamo di trovare il personale adatto per gestirlo essendo un'opera educativa di primo grado".

I confratelli, prima di tutto

"Mi commuovo ammirando i sacrifici che i confratelli compiono, specialmente per le interminabili desobrighe con tutte le difficoltà che incontrano. Io vorrei dar loro una mano, ma spesso non sto bene per la malaria e per la pressione del sangue che scende fino ad 80 di massima. Tuttavia ho fatto un giro di predicazione nelle nostre missioni come Loreto, Mangabeiras, Riachão, Alto Parnaiba... così ho potuto incontrare i confratelli. E' sempre un piacere incontrare i confratelli e condividere le loro gioie e le loro difficoltà. Anche i Fratelli sono molto bravi. Fr. Zecchin ha portato una ventata di ilarità che fa crescere la carità".

La pagina che riguarda la morte di p. Franco Sirigatti trabocca di ammirazione e di sofferenza.

"La carità di p. Franco era grande fino all'imprudenza. I 'basta' che diceva, morivano sulle sue labbra quando incontrava un bisognoso. Lavorò instancabilmente nel sertão, lottò contro le ingiustizie degli uomini. Per dare un senso cristiano ai ragazzi fondò il Sanbaiba dove stava costruendo la chiesa, la Repubblica dei ragazzi che in due mesi di esperienza ha dato risultati sorprendenti interessando grandi e piccoli, cattolici e protestanti"... Parole come queste aprono il cuore e fanno onore non solo a colui per il quale sono state scritte, ma anche a chi le ha scritte.

Nella lettera del 14 novembre 1966 il Padre accusa una certa stanchezza fisica. "Devo fare il vescovo, il parroco e il cappellano. Speriamo nella nomina del nuovo Prelato in modo da poter respirare un poco". Poi nella sua cartella c'è un vuoto di 7 anni.

Nel 1973 prese le difese di p. Bonaiti che, per il suo spirito profetico che lo portava a denunciare le gravi ingiustizie dei latifondisti contro i poveri e gli indios, era nel mirino della polizia e rischiava di finire male. Con il suo bel modo di fare, p. Fabio riuscì ad acquietare le acque e salvare il confratello. Davvero i confratelli occupavano la parte più intima del suo cuore.

Come una mamma

A proposito di carità, p. Fabio se ne intendeva molto bene. Un confratello doveva lasciare il Brasile per questioni particolari. Il Padre scrisse al p. Generale: "Se questo nostro Padre ha dei difetti, ha pure delle bellissime qualità. Forse anche da parte nostra ci fu un poco di precipitazione e di mancanza di tatto. E poi è ancora tanto giovane e inesperto per cui, anziché condannarlo, bisogna assisterlo e comprenderlo. Perciò lo raccomando alla sua carità e comprensione". Parole piene di sofferenza per una decisione necessaria, e di amore per un confratello che aveva sbagliato. Una mamma per il figlio bisognoso non avrebbe fatto diversamente.

Scrive p. Primo Silvestri: "Ho conosciuto p. Fabio negli anni '70 quando è sceso dal Maranhão, esattamente da Balsas, al Sud (S. José do Rio Preto) per sottoporsi a un'operazione chirurgica ed è stato ospite della nostra comunità per la convalescenza. Sono bastati quei pochi giorni per farci capire la grandezza di questo nostro confratello dal quale non è mai uscita una parola di critica per questo o per quello, ma solo espressioni di stima e di ammirazione per tutti.

Dal 1990 gli sono vissuto accanto perché fui trasferito a Teresina per 5 anni. Teresina è la capitale dello Stato del Piauí ma è divisa da Timon, dove si trovava il Padre, dal fiume Paraiba che segna anche il confine di Stato. Infatti Timon è nel Maranhao. A Timon p. Fabio è stato un pioniere nella parrocchia di S. Antonio, una delle tre della città, e affidata ai Comboniani. Ma ha lavorato anche a Teresina. Infatti io ho potuto raccogliere i frutti del suo lavoro di animazione seminati in quella zona, soprattutto per quanto riguardava le comunità ecclesiali.

Il suo metodo missionario era improntato sul dialogo personale mettendosi a disposizione di chiunque volesse parlare con lui in casa o in chiesa. Molti fedeli e anche tanti sacerdoti lo avevano scelto come confessore. In p. Fabio c'era l'affetto di un papà ed era capace di infondere coraggio e speranza in tutti.

Promuoveva la formazione dei laici impegnati nei gruppi di servizio all'interno delle comunità, sia a livello liturgico come a livello sociale. Dedicava molto tempo ai 'gruppi di carità' cui competeva l'accompagnamento dei poveri della parrocchia.

Sentiva, oltre al dovere, anche il gusto di essere parroco e ne viveva la spiritualità con cuore di 'pastore buono'. Era bello vederlo come si rallegrava del bene degli altri e come si rattristava per il male. Era legato alla gente da forti vincoli di amicizia".

Una guida sicura

"In occasione delle feste patronali - prosegue p. Silvestri - p. Fabio tornava nelle parrocchie di Balsas e Mangabeiras per salutare la gente. Ciò era motivo di gioia per tutti e, se qualcuno aveva sgarrato dalla strada giusta, era il momento per il paterno ammonimento che andava sempre a buon fine perché p. Fabio era ormai il patriarca ascoltato e venerato da tutti.

E' stato richiesto, ed egli si è offerto, ad essere la guida spirituale non solo dei sacerdoti e dei seminaristi, ma anche delle novizie di varie congregazioni femminili che trovavano il lui una guida sicura e un padre premuroso".

P. Primo termina la sua testimonianza paragonando p. Fabio al beato Comboni. "Come Comboni aveva un'immensa fiducia negli africani, così p. Fabio fece con i brasiliani. Inoltre del popolo maranhense aveva appreso il 'sotaque' (la maniera caratteristica di parlare) per cui la sua comunicazione arrivava al cuore, anzi era considerato uno di essi".

P. Daniele Coppe sottolinea l'amore alla Madonna in p. Fabio: "Diede un notevole incremento alla 'Legio Mariae' perché era sicuro che la Madre di Dio - solo lei - poteva risolvere i tanti problemi riguardanti le famiglie dei cristiani, spesso divise. Ebbe anche un paio di incidenti con l'auto. Una volta perché si addormentò (o svenne) e un'altra volta perché un cavallo gli saltò davanti all'auto. Tutte e due le volte se la cavò senza troppi danni ed egli attribuì la cosa a una speciale protezione della Madonna.

Il fatto stesso che sia morto l'11 febbraio, festa della Madonna di Lourdes, per me, è un segno di predilezione".

Missionario dei poveri

Particolarmente a Timon p. Fabio ha legato indissolubilmente la sua attività ai poveri diventandone un difensore, amato dai diseredati e temuto dai potenti. Ebbe una predilezione particolare per i "meninos de rua", i ragazzi di strada che costituiscono una piaga per quell'immenso agglomerato.

La sua è stata una vita in prima linea, sempre tra privazioni e grandi sacrifici, ma sempre col sorriso negli occhi e la gioia nel cuore. Prima di dedicarsi ai poveri, p. Fabio è stato povero lui stesso. Pur avendo maneggiato tanto denaro per le opere della diocesi e delle missioni, egli è rimasto sempre povero e distaccato dai soldi. Anche le sue cose, i suoi oggetti di uso ordinario erano improntati a povertà. Il suo stesso cibo era come quello della gente, anche se, per la sua scarsa salute, i confratelli gli facevano notare che avrebbe dovuto nutrirsi di più e meglio. "Io sento che devo stare al livello della gente, se voglio capirla", rispondeva.

Un confratello ricorda: "Quando veniva a trovarci per riposare qualche settimana, ci raccontava la miseria della sua gente, una povertà infinita, incredibile, che lo coinvolgeva fino in fondo. Tuttavia non si lamentava. Aveva solo fretta di tornare tra i suoi ragazzi, in mezzo ai poveri. Era bello stare con lui perché dava forza e comunicava coraggio. Noi sapevamo che non stava bene, eppure non si risparmiava".

Consigliere ricercato

Scrive p. Mazza: "Padre Fabio era un missionario pieno di zelo e di amore per il popolo che gli era affidato, e per questo spesso non aveva riguardo neanche per la sua salute. Se si fosse curato meglio dai primi due attacchi della malattia, forse non ci sarebbe stata la terza ricaduta che gli è stata fatale.

E appunto per questa sua generosità e per l'amore alle persone, soprattutto le più umili e povere, con cui ha vissuto i suoi 44 anni di missione, che il popolo brasiliano si era affezionato a lui in una maniera straordinaria.

L'impegno di padre spirituale nel seminario interdiocesano di Teresina lo fece conoscere ai vescovi e ai sacerdoti degli Stati del Piauí e del Maranhão. Era così stimato e venerato da essere il consigliere particolare di molti di essi. Infatti da tutti era ritenuto un saggio dotato del terzo dono dello Spirito Santo, quello del consiglio.

Uguale stima e affetto godeva anche tra i confratelli comboniani, a cominciare dai tre vescovi che si erano susseguiti alla guida della diocesi di Balsas: Parodi, Carlesi, Masserdotti".

Il suo amore per i poveri non si esaurì in aiuti occasionali, ma cercò di risolvere i problemi alla radice creando strutture per l'istruzione dei giovani, favorendo la creazione di cooperative e organizzando il lavoro agricolo con metodi moderni. Soprattutto ingaggiando una lotta saggia, prudente e intelligente con chi voleva calpestare i diritti dei poveri: i grossi proprietari terrieri. Con calma tutta trentina e con prudenza accostava le più alte autorità e cercava di farle ragionare. Difficilmente restava deluso nelle sue aspettative.

Il suo spirito di povertà è stato sottolineato anche dai giornali che hanno parlato di lui. "Un vita sempre segnata dalla povertà quella di questo missionario trentino, una scelta consapevole che lo aveva messo più volte in conflitto con i latifondisti dell'Amazzonia, che l'avevano anche minacciato pesantemente per la sua scelta di campo a favore dei più diseredati", ha scritto Vita Trentina.

Una priorità di p. Fabio fu, come abbiamo detto, la pastorale per la famiglia. Voleva che le famiglie vivessero unite nel sacramento del matrimonio. Voleva che le comunità parrocchiali lavorassero tutte in comunione con il sacerdote e tra loro. E per questo non badò a sacrifici.

La morte

Ricoverato all'ospedale di Teresina, per un'infezione biliare, veniva sottoposto agli esami del caso, ma la morte lo colse prima che i medici diagnosticassero la malattia. La morte mise in piena luce la sua santità e, come un santo, fu venerato.

I funerali sono stati celebrati con la massima solennità e partecipazione di gente. La bara ha dovuto fare un lungo pellegrinaggio toccando le varie parrocchie per finire a Balsas dove c'è la cappella mortuaria dei Comboniani.

I fratelli del Padre volevano portare la salma in Italia ma il vescovo di Balsas, mons. Franco Masserdotti, li ha supplicati affinché lo lasciassero tra la sua gente in Brasile. Non era giusto, secondo le parole del Vescovo, togliere alla gente del posto la consolazione di pregare sulla sua tomba.

Il p. Provinciale del Brasile Nord, p. Fausto Beretta, ha scritto:

"La sua ultima preoccupazione era la buona riuscita delle Missioni Popolari che stava preparando, anche come segno e ricordo dei suoi 50 anni di sacerdozio. E' stato davvero il chicco di grano che è caduto in terra e ha portato molto frutto. Quanta gente ha scoperto e vissuto il Vangelo attraverso la sua testimonianza. Lo hanno ripetuto in mille maniere uomini, donne, giovani (suoi ex alunni e figli spirituali), sacerdoti e suore e anche i tre vescovi che erano presenti al suo funerale. Il suo sacrificio è certamente di aiuto a tutti noi nell'annuncio e nella testimonianza del vangelo, e la presenza del suo corpo in mezzo alle nostre comunità, le aiuta a sentirsi unite e impegnate.

Sapeva incoraggiare, organizzare, e suscitare collaboratori entusiasti. Sapeva portare la pace là dove nascevano dissidi. Sia nella predicazione come nella catechesi riusciva a farsi ascoltare da tutti per il suo ottimismo, la sua grande semplicità, l'innata capacità di entrare in relazione con gli altri".

Una vita donata

"I suoi funerali - prosegue p. Fausto - sono stati il vero coronamento della sua vita donata. La presenza e partecipazione numerosa dei Vescovi di Balsas, di Teresina e di Caxias; dei sacerdoti che p. Fabio aveva accompagnati nella loro formazione, delle Suore e di tanta gente che lo ha vegliato sia a Timon, sua ultima parrocchia, che in Balsas, diocesi dove ha lavorato per più di 30 anni, sono stati segni che ci hanno commosso e ricordato che davvero il chicco di grano caduto in terra, muore, ma porta molto frutto".

Vogliamo terminare questo ricordo di p. Fabio con le parole del vescovo, mons. Masserdotti:

"La figura umana e cristiana di p. Fabio è davvero gigantesca per la sua santità, per la sua testimonianza di fede incrollabile, per il suo zelo generoso e intelligente nell'evangelizzazione, per la sua opera di promozione umana soprattutto nell'educazione giovanile e nel campo del cooperativismo e dell'agricoltura comunitaria.

Dimostrò sempre grande coraggio nel prendere le difese dei più deboli, dei bambini della strada, dei poveri. Per questo la gente del Nordest del Maranhao lo ha tanto amato e ha pianto per la sua morte così improvvisa. All'unanimità hanno chiesto e ottenuto che le sue spoglie mortali rimanessero nella terra amata e servita per tanti anni, come segno della sua presenza viva, anche se invisibile, e per poter portare un fiore sulla sua tomba.

P. Fabio è entrato nella storia della nostra diocesi e le celebrazioni a Timon, Mangabeiras e Balsas lo hanno ampiamente dimostrato. Affetto, dolore, speranza e gratitudine erano i sentimenti che la gente manifestava per quello che il Padre era stato per essa. Noi lo consideriamo un santo".

Il 6 giugno, durante la sua permanenza in Italia, mons. Masserdotti si è recato a Taio per celebrare i 50 anni di sacerdozio di p. Fabio. Questi, ovviamente, ha celebrato le sue nozze d'oro sacerdotali dal paradiso. Per la circostanza era presente una buona rappresentanza di missionari comboniani che, con la gente, ha pregato per ottenere da Dio altre vocazioni della tempra di p. Fabio.

La sua eredità

Il lavoro di p. Fabio e di tanti altri Confratelli in favore dei poveri non è stato vano. Recentemente la tanto sospirata riforma agraria è stata parzialmente realizzata per cui ai contadini e ai poveri (per i quali il nostro p. Ezechiele Ramin è stato ucciso) hanno avuto il loro pezzo di terra che possono lavorare in pace.

Ma anche da un punto di vista ecclesiale ci sono dei cambiamenti nella diocesi di Balsas: le vocazioni sacerdotali e religiose sono in aumento, il seminario conta una trentina di seminaristi maggiori e, anche se i sacerdoti diocesani sono solo 9, il soffio dello Spirito Santo spinge il clero verso altri lidi, altri continenti, proprio come nella Chiesa dei primi secoli. Sembra incredibile, ma la diocesi di Balsas alimenta una missione in Mozambico e ha un programma di 12 anni durante i quali, periodicamente, i sacerdoti di Balsas faranno un loro servizio in Africa.

"Perché fate così, se siete così poveri di clero?", fu chiesto al vescovo, mons. Franco Masserdotti.

"Gli apostoli del dopo Pentecoste non navigavano in acque migliori delle nostre, eppure...".

La Chiesa che p. Fabio ha lasciata è vitale, dinamica, apostolica, esplosiva. Guardandola dal Cielo, e proteggendola, non ha che da rallegrarsi.

Il parroco di Taio, che era in relazione epistolare col Padre, ebbe parole bellissime quando celebrò il funerale "a distanza". Paragonò p. Fabio all'apostolo Paolo che si era fatto tutto a tutti. Ha concluso il suo dire così: "Forse hai voluto poco bene a te, caro p. Fabio, e anche se non sei presente col corpo che è rimasto come grano di frumento in terra brasiliana, sei presente col tuo spirito. La nostra comunità, però, non ti dimenticherà mai perché ti considera come un suo secondo protettore".

Una delegazione degli "Amici di p. Fabio" proveniente da Riccione era presente a Taio per la solenne celebrazione funebre.

Di p. Fabio ci resta l'immagine di un missionario sapiente, interiormente realizzato, perciò sempre contento, disponibile, pieno di dolcezza verso tutti e un buon amico dei poveri. La sua scomparsa lascia un grande vuoto e un profondo rimpianto nei confratelli che gli sono vissuti accanto.     P. Lorenzo Gaiga

 

Da Mccj Bulletin n. 200, luglio 1998, pp. 97-109

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People around Trent and the parish of Taio were preparing to celebrate Fr. Fabio's Golden Jubilee of priesthood when news came of his sudden death in Teresina, caused by a severe liver infection.

Just before Christmas he had written to his brother Tullio about the Jubilee he would celebrate in August, and mentioned the infection, which he had already experienced twice. "Third time unlucky, so I hope there won't be a third!" he wrote.

A suit from his father's cloak

Tullio provides the information about the early days of the family. Their father, Guido, and their mother Luigia (Chini) had six children, 5 boys and a girl. Achille, the first-born, went to study in the Marianist college, took his Vows there and became a `Son of Mary'. He has taught in Rome for almost 50 years.

Fabio was second, and was an altar boy. He was normally calm and gentle, though he could be lively, too. The whole family grew up in the pious and hard-working traditions of the parents.

At the end of primary school, the PP, don Quaresima, suggested the Comboni Missionaries to Fabio. He thought the boy showed clear signs of a possible vocation, and the Combonis were well known and liked in the area.

The family was far from rich, working a small piece of rented land. Guido made whip handles to earn a bit more. His health was not good, and he mumbled a bit about the first two sons going off to become religious just as they were big enough to start giving a hand around the place. Nevertheless, he was very happy that the Lord had called them.

It took Luigia a great effort to put together clothes for Fabio. She made a suit for him from his father's cloak, which was "strong black cloth", as Tullio recalls.

Average student

So Fabio went to the junior seminary of Muralta in Trent, and got down to studies. He missed the family and the open spaces of home, and was not too happy with abstract matters, so his years of study were not easy. But he got "good average" marks, with top marks in conduct, diligence and RE.

After three years (1935-38) in Trento he moved on to Brescia (1938-40). His first holiday at home was in 1939, and the PP noted that he had grown in virtue, as well as physically. He sent him back to the seminary with a warm letter of approval and of encouragement, written on 5 September 1939.

The best

At the end of his studies at Brescia, Fabio went to the Novitiate in Florence, under Fr. Stefano Patroni. He started off full of enthusiasm, and the results of the first year left the Novice Master also feeling fairly enthusiastic. At the end of the second year, Fr. Patroni even ventured the opinion that Bertagnolli was the best of the group for his willingness and his efforts to grow in virtue, though still slightly quick-tempered. He was able to recommend him for First Profession with a lot of hope for the future.

Fabio made his first vows in Florence on 7 October 1942, then went to Rebbio instead of Verona, because of the war. Three years later he did go to Verona, for his final three years of Theology (1945-48). Here a note creeps in regarding his health: in the usual "summary" that Fr. Capovilla wrote for the candidates for ordination, a "persistent tiredness" is mentioned as the cause for mediocre results in studies. He had been forced to go home and rest for various periods. But in the meantime Fabio still worked hard and showed determination to become a missionary priest. The fathers who had dealings with him were all positive in their judgement. Fr. Capovilla had no hesitation in recommending him for ordination.

Priesthood

Bishop Girolamo Cardinale of Verona ordained him on 6 June 1948, along with 19 companions. The following day he celebrated his first Solemn Mass in his home parish at Taio. The family were overjoyed, but also filled with awe at the greatness of the gift granted to one of them: Fabio was now "Father" of all of them too, and they thanked God for the wonderful grace the whole family and their poor home had received.

"Friends of Fr. Fabio" club

Fr. Fabio was sent first to Bologna for ministry, and worked there for a year. In 1949 he moved on to the parish in Riccione which was still served by the Comboni Missionaries, though the junior seminary that had been there had long since moved to Pesaro. Here he remained until 1953.

Pastoral work suited him, and brought out the best in him. He himself expresses it in a note: "I feel drawn to pastoral work, especially among young people. But I get on well with older parishioners too."

A group bearing his name started in Riccione. Though it is now over 40 years since the Combonis left, the "Friends of Fr. Fabio" supported him all through his mission years in Brazil. Because he longed to go to the missions, despite the fulfilling work he was doing in Italy.

44 years of mission

His first option was for Africa, but the superiors assigned him to Brazil. Fr. Fabio was among the second group that arrived there, in 1953. In that vast country, 28 times the size of Italy, there are over 150 million inhabitants. Fabio was sent to the diocese of Balsas, to face great distances and great numbers of people who needed him. During his 44 years of ministry, he served in just three places.

He was assistant in Balsas from 1953 to 1955. Then he was made Vicar General of the diocese, and ministered as PP in Balsas until 1967.

Balsas was a "new" mission, started by the Comboni Missionaries on their arrival. Practically the whole population was nominally Catholic, though without priests or regular instruction for generations. For many years the Capuchins from São Luis, capital of Maranhão and far to the North, used to come down to the area once or twice a year, to baptize, marry couples, hear confessions and celebrate the Eucharist. When the Combonis arrived, pastoral contact was being kept up by a priest of Caxias diocese, Fr. Clovis Vidigal, who would make the 500 km. journey once a year, and did his heroic best to help as many as possible.

For ever in Brazil

In 1967 Fr. Fabio attended the updating course in Rome, then returned to Brazil. He asked to be sent "to the front line" in a densely populated area, and was assigned as PP to S. Romualdo das Mangabeiras, where he worked from 1968 to 1983. Here he also founded, directed and taught in teachers' training schools, and had a youth group where he helped young people in their vocational options. When he handed the parish over to Fr. Francesco Cordero, he continued his teaching for another year, and was rector of the junior seminary.

In Mangabeiras he simply carried on from where he had left off in Balsas: total commitment to the people that developed a close relationship with them. He was the one they could turn to for advice and sympathy in all kinds of religious, moral and social problems.

The third and last stage of his apostolate was in the parish of S. Antonio de Timon, from 1984 until his death. During these years he was also spiritual director in the inter-diocesan seminary at Teresina, and he also did missionary animation work in the dioceses of the Nordeste, and responded to requests to be confessor and spiritual director in a number of convents.

Though many remember him as a man of prayer, of animation and evangelization, as a good preacher, many others recall his social activities, his work for education, his activities to better the lot of cultivators and for agricultural development.

Missionary method

Fr. Fabio's priority was catechesis of the young, followed by apostolate among families. He had realised quite early on that the roots of many problems lay in lack of religious instruction and instability of the family as the basic cell of society.

He became the centre of many activities that had been started by Fr. Diego Parodi who continued, as bishop, to encourage them. Schools, the seminary, garage, brick and tile factory, carpentry workshops, training schools for rural pastoral work and the catechetical centre were all grouped in Balsas, so for the years he was PP there, Fabio had plenty to do, and indeed threw himself into the work. He also ran the Apostleship of Prayer and St. Vincent de Paul groups.

As Vicar General he administered the diocese during the interregnum between Bishop Parodi and Bishop Rino Carlesi. Bishop Parodi was only one of many confreres who appreciated and admired his work and his organizational ability, and left very complimentary remarks. So it is not surprising that Fr. Fabio was made Vicar General and administrator after only three years.

Always positive

The opinions of others were well-founded. As a religious, he always showed great love for the Institute, and a respect for all superiors that was genuine. Despite his many activities, he was interested in what was going on in other missions in Africa and elsewhere, and would worry about their problems and difficulties. He was not one to get swallowed up in his parish - and not even in his diocese or the country where he was working. As superior he had to give his opinion on confreres, and always found the positive aspects, so that he was able to praise each one for something.

First concern: confreres

A typical expression of his care and concern: "Fr. Seri left on 22 June for a desobriga of 600 km. He has a very good young man with him, and three mules. He will get back on 7 August. Every now and then someone brings me news of him, which is a great relief, because when a confrere is far away and with next to nothing with him, my heart is in my mouth all the time!"

Elsewhere he wrote: "I am moved with admiration when I see what confreres are achieving, especially with their endless desobrigas, and all the difficulties they meet with. I would like to give a hand, but I often have malaria and very low blood pressure. But I did manage to do a round of preaching in our missions of Loreto, Mangabeiras, Riachão, Alto Parnaiba... and I was able to meet the confreres. It is always such a pleasure to meet them and talk about their joys and problems. The Brothers are very able, and tireless in their work".

When Fr. Franco Sirigatti died, he wrote a tribute full of love and pain: "Fr. Franco's charity was great, to the point of imprudence. He used to say  - until he came across the next problem. He was tireless in the sertão, he fought against injustice. He founded the "Boys' Republic" at Sanbaiba, where he was building a church, to give the youth some Christian background. It was such a success that in two months it had attracted everybody's attention and wonder, including that of the Protestants"

In 1973 he had to defend Fr. Bonaiti, who had denounced serious abuses of landowners against the poor and the indios. The police became involved, and Fr. Fabio's diplomacy and gentleness managed to avoid arrest or any other serious consequences.

Let us end this section with a quotation from Fr. Silvestri:

"I got to know Fr. Fabio in the seventies, when he came South from Maranhão (Balsas) for an operation at S. José do Rio Preto. He stayed in our community to convalesce, and those few days were enough to understand the greatness of this confrere, who did not say a word against anyone; only expressions of esteem and of admiration for everybody."

A trusted guide

Fr. Silvestri continues: "After moving to Timon, Fr. Fabio would return to Balsas and Mangabeiras for some of the big parish feasts, and people would surround him. As he greeted people, he would even have a quiet word of advice or warning for those who were not quite on the beaten track: a gesture that showed his keen interest in people everywhere, and words that were taken as those of a patriarch, venerated and listened to by everybody.

He had many requests, and even offered himself, to be spiritual director, not only of priests and seminarians, but even of the novices in several institutes of Sisters. He was an attentive father to them, and they saw him as a trusted guide.

Just as Comboni had immense trust in the Africans, so Fr. Fabio trusted Brazilians. He had even learned to speak in the typical manner of the people of Maranhão, so that his words really got home, because they came from .

Fr. Daniele Coppe points out a special love of Our Lady as another characteristic. "He developed the Legion of Mary considerably, because he was certain that the Mother of God could resolve many of the family problems and divisions. He also had two driving accidents, and escaped practically unharmed. He said that Our Lady had protected him each time. The fact that he died on 11 February, feast of Our Lady of Lourdes is, for me, another sign of Her special love".

Missionary of the poor

At Timon, Fr. Fabio centred much of his activity on the poor, both to assist them and defend them from the powerful. He had a special concern for the street children (meninos de rua), which many town dwellers look on as a scourge.

Fr. Fabio never forgot that he had been poor himself. He lived poorly, he ate the same food as the people, he was scrupulously honest in his administration (and he handled large sums of money for the diocese). And so the poor were the "apple of his eye". He would talk about their "infinite, incredible" poverty, and what he was doing to help them.

His zeal and his love for the people also - naturally, one might say - caused him to be careless about his own comfort and health. This is probably the reason he had three attacks of his illness, the third one being fatal. He gave himself generously for 44 years in Brazil, and people came to love him to an extraordinary degree.

Death

He died in hospital in Teresina before the doctors had time to finish diagnosing his problem. But another "diagnosis" became clear immediately: many felt that he was a saint.

The funeral was celebrated with great solemnity, in the presence of a huge congregation. The coffin was then taken on a long pilgrim's way, visiting all the parishes, until it reached his last resting place in the Comboni Missionaries' vault at Balsas.

The family wanted to take the body to Italy, but Bishop Masserdotti begged them to leave him among his people in Brazil. They needed the consolation of being able to pray at his tomb.

The Provincial of BNE, Fr. Fausto Beretta, writes:

"His last concern was the success of the Parish Missions, which he had organized partly in thanksgiving for 50 years of priesthood. He was truly the seed that fell to the ground, and bore much fruit! Countless people discovered and began to live the Gospel through his example: men, women, youth, have repeated this in a thousand ways - and even the three Bishops who were at his Requiem. His sacrifice is our strength, and his presence among us will keep our communities united and committed.

He could encourage, organize, arouse enthusiastic collaboration. He brought peace where there was discord. In preaching and teaching, his enthusiasm made everybody listen, helped by his great simplicity and an ability to communicate.

The funeral was a crowning of a life given for others. The presence of the Bishops of Balsas, Teresina and Caxias; the many priests he had helped to form, the Sisters and the countless people who kept vigil, both at Timon, his last parish, and in Balsas, the centre of the diocese he had served so well for over 30 years... all signs of the fruits of his labours."

Let us end with the words of Bishop Masserdotti:

"The figure of Fr. Fabio, as a person and as a Christian, is truly great, in his holiness, his witness of unshakeable faith, his generous and intelligent zeal in evangelization, his work for human development, especially in the education of the young and in the areas of cooperatives and community agriculture.

He was always very courageous in defending the weak, the street children, the poor. For this reason he was loved by the people of N.E. Maranhâo, who truly grieved over his sudden death. The request was unanimous for his body to remain in the land he had loved and served for so many years, as a sign of his living, though invisible presence, and so that people could take a flower and lay it on his grave.

Fr Fabio is now part of the history of our diocese, as all the funeral celebrations have shown. Affection, grief, hope and gratitude were powerful signs of what he had meant to the people and what he had done for them. We look on him as a saint".

A heritage

In June, while on home leave, Bishop Masserdotti went to Taio and celebrated the Golden Jubilee of Fr. Bertagnolli's priesthood, in the trust that the person honoured was participating from Heaven. There were many other Comboni Missionaries concelebrating and present; with the congregation they prayed for the gift to the Church of more vocations like Fr. Fabio.

Many of the social reforms Fr. Fabio struggled for are slowly taking place in Brazil. Changes are coming in the Church, too. In the diocese of Balsas, there are more vocations to the priesthood and the religious life. Thirty seminarians are approaching ordination in the major seminary. And although the priests of the diocese are less than a dozen, Balsas is helping a mission in Mozambique, and has a 12-year programme that will rotate diocesan priests in ministry in Africa. When Bishop Masserdotti was asked why they were doing it, with hardly any clergy of their own, he replied: "The Apostles were worse off than us after Pentecost, and yet...!"

The Church where Fr. Fabio gave his all is alive and active, missionary and growing. He cannot but rejoice and intercede that it may continue thus, and grow even stronger. He is missed by confreres and people; but his selfless example remains in their hearts as an encouragement.