In Pace Christi

Questo confratello è un po' "misterioso" e la sua vita è avvolta nelle nebbie, perché la sua cartella personale è quasi vuota e testimonianze di chi è vissuto con lui non ne sono arrivate. Affrontiamo, perciò, il suo profilo biografico utilizzando le poche lettere a suo riguardo che ci restano.

Da una, scritta dal seminario di Pavia il 17 settembre 1935 (Giuseppe aveva 22 anni), abbiamo qualche scarna informazione sulla sua vocazione missionaria e sulla sua famiglia.

"L'origine della mia vocazione è complicata e difficile da spiegarsi perfino a me stesso. Ho dovuto superare molte difficoltà interne: in un primo tempo questa divina chiamata mi spaventava per cui ho sempre resistito alla voce del Signore. Difficoltà esterne non ne ho avute né da parte dei superiori, né da parte dei professori.

I miei genitori, sorella e zii sono già stati chiamati al premio eterno. Il mio papà era uomo di affari eppure ogni sera recitava il rosario con noi, in casa, e alla domenica mattina, quando io ero ancora un ragazzino di 8 o 9 anni, mi accompagnava alla santa messa e mi faceva pregare richiamandomi al raccoglimento quando mi fossi distratto.

Non ho ancora avvertito della mia intenzione di farmi missionario la sorella con la quale, credo, dovrò lottare, non perché sia contraria alla religione o perché abbia bisogno di me da un punto di vista economico, ma perché siamo rimasti noi due soli e siamo legati da vero affetto.

Giovedì prossimo spero di venire a Venegono Superiore accompagnato dal mio padre spirituale che vuole vedere il noviziato per poterne poi parlare in conferenza agli iscritti del Circolo Missionario 'Mons. Ramazzotti'. Così le parlerò più a lungo e più dettagliatamente della mia vocazione missionaria che tengo nel cuore da qualche anno.

Il Signore che mi ha accompagnato in ogni cosa e mi ha facilitato la strada al punto da ottenere dal mio Vescovo quello che mi aveva negato altre volte, spero che mi aiuterà ancora di più ora, che è il momento di concludere.

Ieri sera, nell'oratorio maschile che frequento durante le vacanze, si è tenuta un'ora di adorazione che io ho senz'altro offerto al Signore perché mi illuminasse e mi facilitasse la via".

Da questa lettera capiamo che Rognoni ha dovuto insistere parecchio col suo Vescovo per avere il permesso di seguire la sua vocazione, segno che, come seminarista, era apprezzato. Capiamo anche che, nei momenti liberi, si dedicava all'assistenza dei giovani dell'oratorio, quindi godeva stima di chierico responsabile e capace.

Un buon acquisto

Da una lettera del rettore del Seminario di Pavia, scritta il 7 settembre 1935 ai Superiori di Verona sappiamo che Giuseppe Rognoni: "già alunno del Collegio San Carlo dove ha ottenuto la licenza ginnasiale, frequentò il primo corso del liceo pubblico per desiderio della madre vedova, dalla quale poi ebbe il permesso di entrare nel seminario diocesano.

Qui percorse tutto il liceo e il primo anno di teologia, senza grandi meriti, ma con sufficienza, come è dato dalla sua intelligenza.

Ottimo per pietà, morale e serietà, ha sempre fatto il suo dovere con l'amministrazione, versando il massimo stabilito per la retta... Recentemente è rimasto orfano anche di madre e vive in condizione agiata con una sorella, unica e nubile. Credo che sarà un buon acquisto per le missioni. Giovanni Pravedoni, rettore".

Il 29 settembre 1935 il rettore del seminario di Pavia scrisse nuovamente al superiore dei Comboniani dichiarando che "Rognoni Gerolamo Giuseppe figlio di fu Cesare e Preti Maria fu alunno convittore del seminario, dove percorse regolarmente i tre anni di liceo e il primo del corso teologico, ottenendo la promozione al secondo, e dando prova di serietà, di pietà e di osservanza delle regole".

Un buon religioso

In data 15 dicembre 1938, quando Rognoni era già professo di Voti temporanei nella Congregazione, il Vicario Generale della diocesi di Pavia, mons. Carlo Maiocchi, gli scrisse: "Vista la di lei lettera del 13 dicembre con la quale chiede le lettere dimissorie per essere accolto nell'Istituto delle Missioni Africane di Verona, questo Ordinariato, aderendo al di lei desiderio, con la presente lettera la dimette dalla Diocesi attestando che nel tempo di sua dimora nella Diocesi pavese ella tenne buona condotta, manifestò spirito di pietà, non contrasse nozze, non tenne amministrazioni delle quali debba rendere conto, né incorse in censure, irregolarità o altro impedimento al suo ingresso e ad essere accettato come alunno nell'Istituto delle Missioni Africane". Ma, come vedremo più avanti, sembra che queste dimissorie non siano andate a segno.

Il 5 ottobre 1935 Giuseppe Rognoni entrò nel noviziato di Venegono. Nella sua cartella personale non c'è neanche una parola su questi due anni di formazione compiuti sotto la guida di p. Bombieri. Durante il secondo anno di noviziato, frequentò la seconda teologia nel seminario arcivescovile milanese di Venegono Inferiore (anno scolastico 1936-37).

Emessi i Voti temporanei il 7 ottobre 1937, passò alla Casa Madre di Verona per frequentare, presso il seminario maggiore diocesano la terza e quarta teologia.

Per l'esame in vista del diaconato, p. Capovilla scrisse:

"Dalle testimoniali richieste e dalle informazioni avute all'epoca del suo ingresso nel nostro Istituto, risulta che Giuseppe Rognoni ha sempre condotto una vita commendevole sotto l'aspetto religioso e morale.

Durante il noviziato il p. maestro diede sempre buona testimonianza dei suoi costumi, della sua pietà, purità e osservanza regolare.

Dacché ha emesso i Voti religiosi si è sempre comportato da buon chierico religioso, amante della preghiera e dello studio, osservante della regola, docile, desideroso di giungere al sacerdozio. Nulla vi è da eccepire riguardo all'ortodossia della fede.

Tanto testimoniano anche i Padri della Casa, i quali ritengono che egli abbia vera vocazione allo stato ecclesiastico.

Chiamatolo privatamente a colloquio, mi sono convinto che egli desidera liberamente e spontaneamente di essere promosso agli Ordini Maggiori; che conosce  gli oneri annessi ai medesimi e che intende, con la grazia di Dio, osservarli.

Da quanto sopra e dalla conoscenza personale che ho di lui, ritengo che egli possa essere promosso agli Ordini Maggiori".

Il "patrimonio sacro", piccola complicazione

Nella domanda per i Voti perpetui, Rognoni si dichiarò disposto ad obbedire non solo agli ordini, ma anche ai desideri dei Superiori nei quali "devo e voglio vedere degli altri Cristo".

Al momento dell'ordinazione al diaconato, Giuseppe Rognoni era ancora professo di Voti temporanei nella Congregazione, quindi non poteva essere promosso agli ordini maggiori che "jure secularium" (come un sacerdote secolare). E poiché dalla tonsura era incardinato alla Diocesi di Pavia, doveva essere ordinato dal Vescovo di Pavia, allora mons. Giovanni Battista Girardi, oppure questi avrebbe dovuto concedergli le dimissorie per essere ordinato dal Vescovo di Verona.

 Il chierico Rognoni poteva essere ordinato "Titulo patrimonii sui" essendo possessore di titoli di Stato, che erano nelle mani dei superiori di Verona.

Per avere le dimissorie dal Vescovo di Pavia, i Comboniani dovettero rimettere alla Curia di Pavia i "titoli in deposito per la costituzione del patrimonio sacro del Rognoni".

La sera antecedente l'ordinazione diaconale, il Vescovo di Verona disse che non poteva ordinare il chierico in questione perché "mancava il titolo" cioè il "patrimonio sacro" per intenderci. I Comboniani, allora, depositarono presso la Curia di Verona dei valori bancari per creare un nuovo "titolo", così Rognoni poté essere ordinato in pace. Diventò sacerdote il 16 aprile 1939. E quando emise i Voti perpetui (7 ottobre 1940) tutti i "sacri patrimoni" ritornarono ai Comboniani.

Professore

Dopo l'ordinazione il Padre fu inviato a Rebbio come insegnante nel piccolo seminario Comboniano di quella località e vi rimase fino al 1941. Quando Rebbio divenne sede degli scolastici emigrati da Verona, p. Rognoni andò a Pesaro (1941-1947).

A Pesaro vide passare la guerra con tutte le sue tribolazioni e i suoi disagi. Si prestò anche ad andare nei paesi a fare ministero e a raccogliere qualcosa per "sfamare i seminaristi di Villa Baratof". Si fece benvolere dalla gente anche se era di poche parole e piuttosto rude nel suo modo di fare, ma si vedeva che era sincero. Probabilmente portava nella sua psiche il fatto di essere rimasto senza papà da piccolo e senza mamma nell'età in cui ne aveva maggior bisogno. Ciò lo rendeva alle volte un po' scontroso.

Nel 1947, a guerra finita, tornò a Crema come insegnante di matematica e di altre materie ai seminaristi comboniani.

Dice p. Bertolazzi che lo ebbe come insegnante: "Ci faceva masticare la matematica senza tanti complimenti. Tuttavia, pur avendo contatto con noi solo per una materia così arida, ha saputo farci gustare la vita missionaria".

Quella vita missionaria che lui non ha mai potuto gustare. Infatti non è mai stato in missione. Il motivo di questo fatto lo troviamo in una dichiarazione di p. Toncini in una lettera del 1950 in cui afferma che Àil Padre soffre per attacchi di epilessia per cui, prima di mezzanotte, non ha il coraggio di mettersi a riposare".

Ciò gli comportava degli squilibri durante la giornata. Quello, per esempio, di non potersi unire alla vita comunitaria prima delle otto del mattino, cosa che non andava troppo a genio agli altri confratelli.

Ogni tanto andava a dare una mano come confessore nel santuario annesso al seminario, dove si sforzava di dare il meglio di sé. L'ambiente chiuso e le ore di immobilità gli procuravano una certa agitazione per cui, dopo un po', il suo sistema nervoso ne risentiva.

Insomma, il Padre ebbe da soffrire anche per questo. Soffrì anche quando si vide esonerato dall'impegno di insegnante, sia per la salute, sia per il modo piuttosto spartano di trattare con i ragazzi e sia anche per una sua personale difficoltà a trasmettere la scienza.

Il superiore scrisse che bisognava trattarlo "fortiter et suaviter per rimetterlo in forma".

P. Ceccarini, superiore della giurisdizione delle "Scuole apostoliche" e uomo di gran buon senso, aggiustò il tiro scrivendo: "Non si può esigere da lui, nel campo didattico e disciplinare più di quello che possa dare. Tenuto conto delle sue limitate risorse e specialmente della sua salute credo che ci si possa accontentare di quanto dà. Sono sicuro che in un ambiente di maggior fiducia e di più appoggio da parte dei confratelli della casa, darebbe anche di più. Comunque credo che come economo farà molto bene".

Infatti il Padre divenne economo della casa, e fece veramente bene perché era meticoloso e preciso.

Dal 1952 al 1957 fu inviato nuovamente a Rebbio come insegnante e dal 1957 al 1964 tornò ancora a Crema con lo stesso incarico.

Anche se non si sentiva portato all'insegnamento, si sforzò di fare il possibile, ma intanto la sua salute cominciò a peggiorare, tanto che, nel 1964 andò a Gordola in cura dove rimase fino alla sua ultima malattia.

Il suo passaggio nelle varie comunità è stato discreto, quasi sottovoce, senza farsi notare e senza emergere sugli altri. Insomma si direbbe un comportamento da saggio, oltre che da uomo di Dio.

Nel silenzio e nella sofferenza, specialmente per quella innata incapacità di comunicare, costruì la sua corona di gloria che certamente gli splende sul capo in Cielo.

Sereno tramonto

Ai primi di gennaio del 1990 p. Rognoni è stato ricoverato presso l'ospedale di Locarno, in Svizzera, con diagnosi di grave insufficienza cardiaca e dispnea cronica. Venne dimesso verso la metà di febbraio e subito fu trasferito al CAA di Verona.

Ha trascorso nel Centro Ammalati ben 6 anni sempre nel silenzio e nella preghiera, aiutando per quanto gli era possibile i confratelli, non solo imboccandoli quando ne avevano bisogno, ma anche dicendo loro parole di conforto e di incoraggiamento.

Nonostante la sua riservatezza, fu un uomo sereno e capace di diffondere serenità, dote che gli derivava dall'assoluto abbandono della sua vita nelle mani della Provvidenza.

Come religioso e sacerdote ha sempre compiuto con esattezza i suoi doveri e le sue pratiche spirituali. Come uomo era attento a non disturbare nessuno tanto che la richiesta di favori era limitata ai casi di vera necessità.

Amava la preghiera e aveva una devozione tenerissima verso la Madonna che onorava con la recita del rosario intero ogni giorno. Dava edificazione nella recita del breviario che "assaporava" pronunciando adagio i versetti dei salmi e fermandosi di tanto in tanto per meditarne qualcuno più significativo.

Nonostante la sua vista fosse debole, non trascurava mai la lettura spirituale fatta sulle vite dei santi o dei confratelli. Ma non gli sfuggivano neppure le lettere dei superiori sul Bollettino e le notizie di Familia Comboniana.

Col passare degli anni la malattia peggiorò per cui furono necessari due ricoveri per l'improvviso aggravarsi del suo male. La notte del 20 febbraio 1997, un attacco più forte di ischemia ha consigliato il suo ricovero nel reparto di Neurologia dell'Ospedale Maggiore di Verona. Vi rimase 10 giorni alternando piccoli miglioramenti ad altrettanti peggioramenti.

Lentamente il suo cuore perdeva colpi finché il 1° marzo, alle ore 11.30, cessò di battere. Aveva 84 anni.

I funerali si sono svolti il 4 marzo in Casa Madre ed alle ore 11 è stato trasportato a Castana (Pavia) dove riposa nel cimitero locale nella tomba di famiglia.

P. Mengalli, durante la messa funebre ha detto: "P. Rognoni è stato un segno di Dio in mezzo a noi. E' stato l'uomo del silenzio e della preghiera, del nascondimento e della discrezione.

Passato inosservato e senza lasciare impronte tra gli uomini, con la sofferenza nel cuore di non essere mai stato in missione, è stato ben noto al Signore che lo ha accolto con le parole: "Vieni servo buono e fedele".     

  P. Lorenzo Gaiga, mccj

Da Mccj Bulletin n. 197, ottobre 1997, pp. 79-84

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This confrere is rather "a mystery", his life enshrouded in silence: his personal file is practically empty, and memoirs from people who knew him or lived with him have not been forthcoming. So we will have to base our biography on the few letters by and to him that are in our possession.

From one of these, written from the diocesan seminary of Pavia on 17 September 1935 (when he was 22), we have a few details regarding his vocation and his family:

"The origin of my vocation is complicated; I find it difficult to explain it even to myself. At first, this divine call frightened me, and I have always rather resisted the voice of the Lord because of this. There have been no external difficulties from either my superiors or my teachers.

My parents, my sister and uncles and aunts have already gone to their eternal reward. My father was a businessman, but he would say the Rosary with us at home every evening, and on Sunday mornings, when I was 8 or 9, he would go to Mass with me, and encourage me to pray, and call me back to order when I got distracted.

I have not yet told my other sister about my missionary vocation. I will have to struggle with her, I think; not that she is against religion or because she depends on me financially in any way, but because there are just the two of us left, and we are very close, with a real affection for each other.

Next Thursday I hope to come to Venegono with my spiritual director, who wants to see the Novitiate, so that he can talk about it to the "Bishop Ramazzotti Missionary Circle". So I will have a longer time to talk with you in detail about my missionary vocation, which I have felt in my heart for several years.

The Lord, who has been with me in everything, and has eased my way - so much so that I have obtained the consent of my Bishop, who had refused it on previous occasions - will, I trust, help me even more now that the time has come to complete the process.

Yesterday evening there was a Holy Hour in the boys' circle that I attend during the holidays. I offered it to the Lord, asking him to enlighten and make easy my path."

The letter shows that he had to insists with his Bishop to get permission to follow his vocation - a sign that he was appreciated as a seminarian. We can also note that during his holidays he worked with the children in the parish centre, a sign that the clergy trusted in his ability and qualities.

A good addition

There is another letter from the Rector of Pavia Seminary, dated 7 September 1935 and addressed to the superiors in Verona. It adds some more details: "Giuseppe Rognoni, formerly a pupil in St. Charles College, where he completed O-levels, then went on to the first year of Liceo at the wish of his widowed mother, who later gave her consent for him to enter the diocesan seminary. Here he completed his advanced studies and the first year of Theology - not brilliantly, but adequately, as far as his intelligence allows.

His piety, morals and seriousness are top quality, and he was always a very good administrator, paying full fees... Recently his mother died too, and he lives comfortably with the one remaining sister, who is unmarried. I think he will be a good addition for the missions. Giovanni Pravedoni, Rector."

The Rector wrote again on 29 September, stating that: "Rognoni Gerolamo Giuseppe, son of the late Cesare and Maria Preti, has been a student in this seminary, and completed his secondary education and the first year of Theology, obtaining a pass to the second year; he was serious, pious, and obeyed the regulations".

A good religious

On 15 December 1938, when Rognoni was already a professed member of the Congregation, the Vicar General of Pavia Diocese, Mgr. Carlo Maiocchi, sent him the dimissorial letters for his admission to the Missioni Africane di Verona, releasing him from the Diocese, testifying to his good behaviour and freedom from censures or impediments. But it seems the document did not have the desired effect, as we shall see.

On 5 October 1935 Giuseppe Rognoni had entered the Novitiate at Venegono. There is not a single word on this period, under the guidance of Fr. Bombieri. During the second year he attended the Diocesan Seminary of Milan, at Venegono Inferiore. He made his First Vows on 7 October 1937, and went to the Mother House in Verona for his final two years of Theology in the faculty of the Diocesan Seminary.

Summarising everything at the examination before the Diaconate, Fr. Capovilla wrote:

"From the testimonials requested and information received at the time he entered our Institute, Giuseppe Rognoni always lived a praiseworthy life, from the religious and moral aspects. His Novice Master consistently gave him good reports too. Since his first Profession, he has lived as a good religious cleric, devout, a keen student, observing the rules, docile and looking forward to reaching the Priesthood. There is nothing to take exception to as regards his orthodoxy in the faith.

The fathers in the community are all positive, and believe that he has a real vocation to the ecclesiastical state. I called him for a private conversation, and am convinced that he desires, freely and spontaneously, to be admitted to Holy Orders; that he knows the obligations connected to them, and that he intends, with God's grace, to observe them. From all the above, and my own personal knowledge, I consider that he can be admitted to Holy Orders".

A complication: the "Sacred Patrimony"

In his application for Perpetual Vows, Rognoni declares himself ready to obey not only the orders of the superiors, but even their wishes, since "I must and I want to see other Christs in them".

But when the time came to be ordained Deacon, Giuseppe Rognoni still had only temporary Vows. He could therefore only be ordained "jure secularium" (as a secular priest): and since he had been incardinated in Pavia Diocese when he received the Tonsure, his Bishop (Giovanni Battista Girardi) should either ordain him or grant dimissorial letters for him to be ordained by the Bishop of Verona. Or else he could be ordained "Titulo patrimonii sui" since he had some government bonds, which he had given to the superiors in Verona.

The Superiors, to obtain the dimissorial letters, had to deposit the bonds with the Curia at Pavia, to constitute Rognoni's "sacred patrimony". But the evening before the ordination, the Bishop of Verona said that he could not go ahead without a "title"! So the Institute deposited a suitable amount in the Curia at Verona to constitute the "sacred patrimony", and the ordination went ahead at last. Rognoni was ordained priest on 16 April 1939, and when he made his Perpetual Vows (7 October 1940), all the "sacred patrimonies" returned to the Institute.

Teaching

The Father was sent straight to Rebbio after his ordination, to teach in the junior seminary there. But when the scholastics from Verona became refugees in Rebbio in 1941, Fr. Rognoni moved to Pesaro (1941-47).

Here he witnessed the passage of warring armies, with all the tribulations and terrors it brings. He would go to different local parishes for ministry, to collect something to feed the seminarians in Villa Baratoff. Although he spoke little and was rather brusque in his ways, people liked him, because they saw his sincerity. Being orphaned at an early age probably made him inexperienced in human relationships, and he could lose patience quickly.

In 1947 he moved to Crema, where he taught maths and other subjects to the junior seminarians. Fr. Bertolazzi remembers him as a teacher: "He made us grind away at maths without any mercy! Nevertheless, though his only contact with us was the teaching of such a dry subject, he managed to communicate love for the missionary life."

A life he was never able to experience. We find the reason in a letter of Fr. Toncini written in 1950, which mentions "epileptic fits, that make him afraid of going to bed before midnight or so". Naturally, that led to problems during the day. For instance, he was usually not fit to join the community before 8:00, which annoyed some of the "strict observance" confreres.

He would go to help out with confessions in the sanctuary attached to the seminary, and tried to do as much as he could. But the long hours sitting still in the "box" made him very tense. This also made him suffer.

He was very upset when he lost his job as teacher, both because of his health and his strictness with the boys. It must be said that he also found it rather difficult to communicate what he knew. The superior noted that he should be treated "fortiter et suaviter", to help him to settle down and find his serenity again.

Fr. Ceccarini, who was Superior of the Region of the Junior Seminaries, put it more kindly: "It is not right to ask more of him than he can give, in the fields of both teaching and discipline. Taking his rather limited resources and his health into account, we should be happy with what he is able to do. I am sure that if he is given more trust and support, he could give even more. He would probably do very well as Bursar, I think." And as bursar of the house, he was both meticulous and accurate.

From 1952 to 1957 he was back teaching in Rebbio, and then returned to Crema to teach again until 1964. He still made every effort to give as much as he could, but his health also began to deteriorate, and in 1964 he was assigned to Gordola, where he remained until his final illness.

And so he moved quietly from one community to another, living humbly and putting up with the misunderstandings. He found it difficult to communicate, so is remembered for his lack of words. But it was also a cross and, please God, is now part of his crown.

A serene departure

At the beginning of January 1990, Fr. Rognoni was taken to hospital in Locarno, Switzerland, with heart failure and breathing difficulties. He was discharged in mid-February, and immediately transferred to the CAA in Verona. Here he was a discreet presence for six years, silent, prayerful, helpful where possible, with a word of encouragement or comfort for others.

Though still very reserved, he communicated serenity, since he had simply put his whole life in the Lord's hands. He was a devout priest and religious, and followed the timetable faithfully. He was careful not to disturb others, and only asked for assistance when it was absolutely necessary.

He would say the whole Rosary every day with great devotion. Others noticed how he took his time with his Office, reciting the psalms slowly, and pausing now and then for reflection.

His eyesight was not too good, but he never neglected spiritual reading, usually of the lives of saints or of confreres. And he read the official documents in the Bulletin and the news in Familia Comboniana.

From time to time a crisis meant that he had to be admitted to hospital. Then, on the night of 20 February 1997 he suffered a more severe attack, and was taken into the Neurological Ward of the Ospedale Maggiore in Verona. He stayed there ten days, with constant ups and downs, as his heart slowly grew more  and more feeble. Finally, on 1 March, it stopped altogether. He was 84 years old.

The Requiem took place in the Mother House at 11 a.m. on 4 March, and the body was then taken to Castana (Pavia), where he was buried in the family grave.

During the funeral Mass, Fr. Mengalli said: "Fr. Rognoni was a sign from God in our midst. He was a man of silence and prayer, hidden and discreet. He went through life largely unobserved, and leaving few signs of his passage. In his heart he suffered because he had never been able to go to the Missions. But the Lord knew him well, and must have welcomed him as the "good and faithful servant".