In Pace Christi

Ruggera Vittorio

Ruggera Vittorio
Date of birth : 03/02/1920
Place of birth : Segonzano TN/I
Temporary Vows : 07/10/1939
Perpetual Vows : 07/10/1944
Date of ordination : 29/06/1945
Date of death : 08/11/1988
Place of death : Trento/I

"Perché dormi, Signore?". E' la frase contenuta in una delle ultime lettere che p. Ruggera ha scritto dal Mozambico prima di venire in Italia... a morire. In questa frase c'è tutto il dramma che si consuma in quella nazione dove il Padre ha trascorso 38 anni della sua vita missionaria.

Segonzano è un paese nel quale l'ideale missionario ha radici profonde. Sono quindici i sacerdoti attualmente viventi. L'ultimo, p. Donato Benedetti, è stato ordinato pochi mesi prima della morte del Padre ed è comboniano.

La vocazione, per p. Vittorio Ruggera, ha trovato dunque un terreno preparato e molto adatto. Quanto alla famiglia, di meglio, da un punto di vista religioso, non ci si poteva aspettare.

Terminate le elementari, il ragazzino ha detto addio al papà, muratore di mestiere, alla mamma, e ai tre fratellini ed è entrato nella scuola apostolica di Muralta (Trento). Era il 18 settembre 1932. Aveva 12 anni.

Dopo la terza media fece un balzo avanti passando a Brescia per il ginnasio e, il 10 settembre 1937, entrò nel noviziato di Venegono.

I compagni lo ricordano come un buon amico, allegro e caritatevole, sempre disposto a dare una mano a chi si trovava nel bisogno. I suoi educatori hanno scritto note lusinghiere sulla sua pietà e sul suo costante amore alla vita missionaria. Proprio questo amore alla missione gli dava la forza non solo di superare le normali difficoltà della vita, ma lo spingeva a lavorare qualche volta anche sopra le proprie energie. A chi gli diceva di risparmiarsi un po' rispondeva: "In missione sarà pure peggio. Bisogna prepararsi". Considerando il campo che gli è toccato, c'è da dire che è stato buon profeta.

Emise la prima professione il 7 ottobre 1939, proprio mentre l'Europa stava per entrare nella seconda guerra mondiale. Passato a Verona per lo scolasticato, conseguì il diploma  di "Infermiere e di aiutante di sanità nel reale esercito italiano". I Voti perpetui ebbero luogo il 7 ottobre 1944 a Como (dove gli scolastici si erano trasferiti essendo la casa di Verona diventata angusta per la presenza di soldati e pericolosa date le incursioni aeree). A Como fu anche ordinato sacerdote il 29 giugno 1945.

Educatore

Dopo l'ordinazione fu inviato a Troia come insegnante e assistente dei seminaristi che si preparavano a diventare missionari. P. Ruggera, pur essendo del Nord, si trovò a suo agio nella cittadina pugliese. Data la sua esuberanza, il suo ottimismo e il suo carattere estroverso, si guadagnò subito la simpatia dei ragazzi e della gente che frequentava il santuario della Mediatrice. "Di Troia - scriverà - conservo un grato ricordo". Anche i suoi ragazzi dicono altrettanto di lui. Era un mago nel farli giocare, li entusiasmava con le passeggiate e con i burattini, organizzava concorsi e feste per cui, pur nella povertà dei tempi e nella ristrettezza dei mezzi, si trascorrevano giorni sereni.

P. Ruggera rimase a Troia quattro anni, e quando partì fu rimpianto da tutti. A Troia il Padre approfondì la devozione mariana che costituì una caratteristica della sua vita. Fino alla morte tenne una statuetta della Madre di Dio sempre accanto, perfino in auto. La chiamava "il mio secondo autista". A Troia, infatti, c'era ancora l'eco del fervore mariano lasciato da p. Sartori e portato avanti dai confratelli che vennero dopo di lui.

In Mozambico

Nel 1949 P. Ruggera ricevette la destinazione per il Mozambico. Fu festa grande per lui in quanto si trattava di una missione praticamente nuova, quindi avrebbe potuto fare il vero missionario come lo si immaginava a quei tempi.

Il Mozambico aveva già vissuto un'intensa esperienza cristiana tra il 1500 e il 1600. I cattolici si contavano a decine di migliaia. Si tentò anche l'africanizzazione della liturgia con l'uso della lingua locale e sviluppando il clero indigeno. I portoghesi bloccarono la propaganda dei musulmani, presenti da secoli sulle coste dell'Africa, impedendo alle loro navi di attraccare e quindi bloccando i loro traffici.

Il 16 marzo 1651 fu martirizzato il gesuita p. Gonzalo da Silveira, arrivato dall'India con la prima spedizione missionaria dei gesuiti.

Durante il secolo XVIII il Mozambico tornò nuovamente al paganesimo perdendo quasi esclusivamente il senso cristiano. Solo alla fine del secolo XIX e all'inizio del XX ci fu la ripresa.

I Comboniani ricevettero l'invito ufficiale di recarsi in Mozambico nel 1946. Verso la metà di maggio del 1947 p. Zambonardi partì dal Cairo per cercare il posto più adatto a una nuova fondazione. Alla fine di quello stesso anno i padri Selis, Nannetti e Caselli lasciarono Lisbona e, dopo 43 giorni di navigazione, arrivarono in Mozambico. Inizialmente si stabilirono a Mossuril.

Altri missionari, intanto, partivano per il Portogallo per imparare la lingua e per costruire un seminario in vista di future vocazioni portoghesi.

P. Ruggera fu uno di questi. Dopo un anno era padrone della lingua lusitana, per cui poté raggiungere la sua destinazione.

Anni difficili

Scrive p. Ruggera: "La missione, almeno quella affidata a noi Comboniani, era ancora ai primi passi, quindi potei gustare le gioie e le difficoltà dei pionieri. Come montanaro e sgobbone, mi inviarono ad iniziare la missione di Nacaroa. Due anni dopo passai a quella di Memba, poi a quella di Mossuril; da qui a Mueria". Nel 1955 aprì la missione di Netia, dove trascorse cinque anni

"In questo periodo - prosegue p. Ruggera - ho visto grandi boscaglie trasformarsi in giardini, e in essi sorgere come fiori delle splendide missioni. Ma non si trattava di trasformazione materiale soltanto. Povera gente che si nascondeva tra i cespugli del bosco diventava, sotto l'azione della grazia, docile al Vangelo di Gesù. Con i suoi difetti, naturalmente, ma con un bel sorriso sul volto e tanta speranza in cuore. Quando misi piede qui a Netia non trovai un solo cristiano, ora ce ne sono 7.000. Se ne son fatti di chilometri di strada! Le difficoltà non furono mai troppo gravi, benché assai numerose".

Vogliamo dare uno sguardo a queste difficoltà "non troppo gravi" come le chiama il Padre. La circoscrizione comboniana del Mozambico si estese, allora, lungo un litorale di 200 chilometri di lunghezza per 100 di profondità, con 380.000 anime. I cattolici, tra africani e europei, erano - sempre all'inizio - 1.500 circa; i musulmani 140.000; il resto era pagano.

I missionari concentrarono il loro lavoro nelle scuola di missione per africani, dato che il governo coloniale portoghese aveva scuole solo per i figli degli europei. Questo fatto rese difficoltosa l'entrata di nuovi missionari italiani in Mozambico temendo, il governo, che la loro opera emancipasse la popolazione africana favorendo, così, l'indipendenza.

I missionari non si persero d'animo e continuarono il loro lavoro masticando amaro e sputando dolce. Fondarono scuole per catechisti e laboratori di arti e mestieri. Ma il diavolo non aveva la coda solo nel governo.

Nella relazione al Capitolo del 1959 p. Ferrero scrisse: "Le missioni in Mozambico sono solo 6 perché il nuovo vescovo non ci permette di aprirne delle altre. Già ci sono 8 suore comboniane che lavorano nell'ambito femminile. Le nostre scuole di missione sono 132 con 16.000 alunni".

Il Signore ha mantenuto la parola

Questo era l'ambiente dove operava p. Ruggera, senza contare le normali difficoltà derivanti dal clima, dal cibo, dalle strade, dalla mentalità della gente. Egli, modestamente, prosegue la sua breve relazione dicendo: "Non mi sento d'essere un eroe. Il Signore ha promesso di restare sempre con noi e... ha mantenuto la parola. Delusioni? Nessuna".

Il Signore è sempre con noi... Sappiamo, però, che dove c'è il Signore, c'è la croce. I suoi amici, coloro che ama di più, che considera figli suoi, Dio gli spoglia e gli mette in croce. Come ha fatto con Gesù. I missionari del Mozambico hanno vissuto questa esperienza fortemente comboniana, l'esperienza del Calvario.

P. Ruggera è stato testimone della travagliatissima storia del Mozambico. Ha assistito alla guerriglia condotta dal FRELIMO sfociata poi nell'indipendenza del Paese (1975); ha esperimentato il nuovo regime a sfondo marxista con le nazionalizzazioni, le vessazioni, le persecuzioni. Per muoversi occorrevano permessi speciali e le spie del regime pullulavano. Case, chiese, missioni e scuole, tutto divenne proprietà dello Stato.

Se il governo precedente aveva espulso dei missionari che si erano permessi di criticare alcuni aspetti del regime colonialista, questo li voleva espellere tutti. E ciò si sarebbe verificato se l'epidemia di colera (1979) non avesse costretto le autorità a trattenere le suore e queste non avessero messo come condizione la permanenza in Paese anche dei Padri, pur restando a domicilio coatto.

P. Ruggera vide alcune grosse calamità naturali come inondazioni, siccità, cicloni, epidemie, darsi la mano con la fame, la disperazione, la guerra fratricida, le esemplari esecuzioni pubbliche di "ribelli" davanti a intere scolaresche di ragazzi.

Eppure in questo clima la Chiesa faceva grandi passi. I cristiani si responsabilizzavano, i catechisti si moltiplicavano, i ministri dell'Eucaristia sfidavano la tortura e la prigione per portare la Comunione a chi non poteva andare alla missione, le diversità di clan e di tribù si smussavano. I missionari diventarono "professori" e potevano parlare a centinaia e migliaia di ragazzi. Con le scienze ci scappava anche la parola giusta.

Poi, un poco alla volta, il clima divenne meno severo per i missionari. Unendosi ai convogli militari potevano anche spostarsi. Il Governo, vedendo la mal parata economica e sociale, sentì il bisogno di aprire il dialogo con la Chiesa. Ma la guerriglia non dava segni di stanca, anzi, alcuni missionari persero la vita, altri subirono mesi di prigionia. Per questo p. Ruggera uscì con la frase riportata all'inizio di questo profilo: "Perché dormi, Signore?". Era il grido del povero che si rivolge a Dio per il suo popolo continuamente in fuga, in preda alla fame e alla malattia, braccato ora dagli uni ora dagli altri come un animale, e senza speranza.

E' difficile seguire le tappe di p. Ruggera in questo carosello di avvenimenti. Diciamo che lui è sempre stato in prima linea, che ha sempre infuso coraggio in chi aveva paura, diceva di resistere, di non perdersi di coraggio, come aveva fatto Comboni morente rivolgendosi ai pochi fedelissimi. Era l'ora della croce, poi ci sarebbe stata la Pasqua di risurrezione, anche se lui non l'avrebbe vista.

Superiore e padre maestro

P. Ruggera rivestì spesso il ruolo di superiore di comunità e di parroco. Come capo, doveva dare l'esempio dell'uomo forte, che anima gli altri, che sdrammatizza, che resiste anche quando non ne può più dalla stanchezza.

Dal 1970 al 1973 fu anche padre maestro ad Alua. P. Brunelli manda la seguente testimonianza: "E' stato il primo Padre con il quale ho lavorato in Mozambico, nella missione di Alua. Sono stato pochi mesi con lui per fare il mio rodaggio. Ora che sono passati alcuni anni, non so come abbia fatto a sopportarmi. Era padre maestro dei novizi mozambicani. Lavorava molto per la formazione dei catechisti. Alla riunione mensile dei maestri (le scuole erano ancora in mano dei missionari) organizzava delle belle giornate per la loro formazione umana e cristiana. Quindici anni dopo, al Ministero dell'Educazione e Cultura a Monapo, un segretario mi disse: 'Mi ricordo le preziose conferenze che voi Padri ci facevate ad Alua. Quelli erano tempi! Allora sì che si andava avanti!' Era molto tollerante con la gente e anche con me che allora ero senza esperienza e alle volte facevo delle cose che non andavano bene. P. Ruggera era un vero amico, un padre, uno che capiva e sorrideva. Con uomini come p. Ruggera, per forza la Chiesa andava avanti".

Tramonto improvviso

Dopo 38 anni di intensa attività, interrotti da brevi vacanze in patria e dal Corso di aggiornamento nel 1966-67, p. Ruggera rientrò in patria per rimettersi in salute in vista di un pronto ritorno in missione. Mentre si trovava nella casa di Muralta che lo aveva visto bambino, fu colto da improvviso malore. A nulla è valsa la corsa all'ospedale Santa Chiara, dove spirò tra le braccia dei confratelli in lacrime. Il Signore ha voluto risparmiare a questo missionario generoso le noie della malattia e gli affanni dell'agonia. La sua preparazione alla morte l'aveva fatta in Africa condividendo con la sua gente la fame, la miseria, l'ingiustizia, la persecuzione e, soprattutto, la preghiera.

Voleva tornare in Africa perché era convinto - e l'aveva scritto - che spesso bastava la presenza del missionario per difendere e aiutare quel tormentato Paese. Eppure più volte aveva visto la sua casa svaligiata, più volte era stato minacciato di morte. Ciò nonostante, anzi, forse proprio per questo, pregava e faceva pregare per poter tornare al più presto.

Prima di essere sepolto nel cimitero del suo paese, la bara ha sostato davanti alla grotta della Madonna che p. Ruggera aveva voluto che fosse eretta vicino alla sua casa, come ricordo del suo sacerdozio.

P. Palagi, Provinciale dei comboniani in Mozambico e presente al rito funebre, ha presentato il Confratello come l'uomo della preghiera e del sacrificio, l'uomo della Parola di Dio e della carità senza limiti, l'uomo della condivisione e della tenera devozione alla Madonna. Poi ha lanciato un appello: "Chi andrà al suo posto?". La risposta - ne siamo certi - ci verrà da p. Ruggera stesso che dal cielo intercederà perché nella nostra Congregazione non abbiano mai a mancare uomini della sua tempra.                         P. Lorenzo Gaiga

Da Mccj Bulletin n. 163, luglio 1989, pp.36-40