In Pace Christi

Santi Adone

Santi Adone
Date of birth : 04/09/1937
Place of birth : Castelli di Godego TV/I
Temporary Vows : 15/09/1958
Perpetual Vows : 15/09/1964
Date of death : 29/04/1988
Place of death : Afanya/TG

Adone Santi era nato a Castello di Godego, terzo di quattro fratelli (Giuseppe, Laura, Bruno) il 4.9.1937, da Virginio Valeria e Bianca Lago. Il registro parrocchiale precisa che è nato alle 6.30 e che è stato battezzato il giorno seguente da Don Riccardo Cavazzani. Ricevette le cresima dalle mani di Mons. Antonio Mantiero, il 29 ottobre 1944. Giuseppe, suo fratello maggiore, ricorda che era un ragazzo vivacissimo, curioso, disinvolto. Non aveva paura di nessuno. Stava volentieri con gli adulti e non si vergognava di dire la sua. Tanto che una volta Giuseppe, che era di 4 anni più vecchio gli disse che quel modo di fare non stava bene. Per tutta risposta Adone alzò le spalle. Aveva anche il coraggio di recarsi al bar dove una volta entravano solo i grandi e a sedersi sotto il portico con loro, a bere il caffè. Dopo le elementari lo mandarono a fare il garzone a Castelfranco, in un negozio di alimentari. Diventato grandicello cominciò ad insegnare il catechismo ai piccoli. Un giorno, improvvisamente, annunciò che pensava di diventare missionario. Stupore e rammarico da parte dei genitori, soprattutto del papà . . Più che dalla prospettiva di diventare prete, Adone si sentiva attratto da quella di fare qualcosa di materialmente utile per gli africani. Leggendo le riviste missionarie, soprattutto Nigrizia, era venuto a conoscenza dei problemi del continente nero, delle difficili situazioni in cui vive molta gente, della gioventù senza lavoro, ecc .. Perché non partire e dare una mano?, si era chiesto Adone. Era come una voce che sentiva dentro, dapprima timida, poi sempre più convincente. Ne parlò al missionario comboniano p. Giovanni Vedovato (oggi in Cile). Con lui, all'insaputa della famiglia, si accordò per stendere la domanda di ammissione. Al superiore di Verona, p. L. Bano, scrisse con tono deciso il 21-5-1956: "Dopo lunga riflessione e tanta preghiera, consigliato dal mio confessore intendo abbracciare questo stato di vita unicamente per la gloria di Dio, la salvezza delle anime e la mia personale santificazione". Aggiungeva che non intendeva diventare sacerdote, ma "Fratello coadiutore missionario". Il papà provò un ulteriore disappunto per quest'idea: "Già che te ne vuoi andare, perché non diventi sacerdote?". Adone fu irremovibile. Un mese dopo scriveva ancora a Verona: "Prego sempre la Madonna che protegga questo mio ideale di diventare missionario". Il parroco, Don Gerardo Pasini, lo presentò e lo raccomandò all'Istituto dei Comboniani: "E' sempre vissuto nell'azione cattolica: attualmente è delegato aspiranti. La sua buona volontà e tenacia e la sua condotta esemplare sempre mi hanno fatto ben sperare. La sua vocazione alle missioni come Fratello Coadiutore risale a molto tempo fa, ma fu ostacolato dal papà. La famiglia è esemplare dal lato religioso e morale" (18-6-1956).

"Impara molto"

E' così che il 15 luglio del '56 prende il treno fino a Gozzano (Novara) ed entra nel noviziato dei Comboniani. Il papà gli ha consegnato una lettera per il superiore del noviziato in cui raccomanda la salute del figlio, che in passato ha avuto la broncopolmonite, e conclude, forse con la segreta speranza di non perderlo definitivamente, dicendo che il medico che l'aveva curato "non vorrebbe che andasse in missione". Lo attendono due anni di formazione intensa e di preghiera, sotto la guida del padre maestro, che ha modo di apprezzarlo fin dalle prime settimane. All'inizio dci 1958 scrive di lui: "Santi impara molto e sa cavarsela nei vari uffici... Può fare qualunque cosa". Sottolinea anche quello che, da formatore del giovane Adone, egli considera un difetto: "E' portato a controllare gli altri e a comandare". In fondo si tratta d'un aspetto del suo temperamento, che gli permetterà di organizzare e dirigere più tardi opere di rilievo. In giugno fa la domanda per essere ammesso alla professione religiosa: "Credo di aver compreso - scrive - gli obblighi dei santi Voti e in particolare modo quello che riguarda il Fratello coadiutore. Tocco con mano la mia miseria, ma confidando nel Cuore di Gesù c in quello della Madonna, cercherò di migliorarmi". Il padre maestro sottoscrive la domanda e suggerisce, data l'opposizione persistente dei genitori, che "lo si mandi all'estero subito dopo la professione". Il15 settembre del 1958 si consacra al Signore. Due mesi dopo parte per l'Inghilterra, dove entra a far parte della "Squadra volante", un gruppo di fratelli coadiutori che si sposta qua e là per costruzioni o riparazioni dei seminari che i Comboniani hanno nei diversi paesi d'Europa. Per quasi due anni lavora a Mirfield, nello Yorkshire e fa pratica di muratura c di falegnameria. Nel giugno del '60 rientra in Italia, destinato a un altro cantiere, a Valdiporro (Verona). Disponibile, laborioso, va dove lo mandano. P. Grace, superiore di Mirfield, scrive che "fa tutto con buona volontà; gioviale e sempre allegro". Anche negli anni seguenti il giudizio è costantemente positivo: "Carattere ponderato; spirito investigatore" (1961); "Buono in tutto" (1962). Nel luglio del 1963 fa di nuovo la valigia. E' destinato a Roma, ad aiutare il Procuratore generale. Fra una telefonata e una corsa presso qualche ufficio studia edilizia, per corrispondenza. L'istituto svizzero di tecnica gli darà il diploma di Tecnica Edilizia con "ottimo", il 28.1.1964. Finalmente, nell'estate del '63, il superiore generale gli comunica la grande notizia: è stato destinato alla missione del Togo. Va subito a Parigi, per un corso di lingua francese. Là trova altri comboniani, che si stanno preparando: fra di essi ci sono anche i quattro missionari, p. Armani, Migotti, Piazza e Zuccali che l'anno seguente finiranno uccisi dai Simba, in Congo (oggi Zaire). Il 4 gennaio s'imbarca a Marsiglia, con altri sette comboniani (6 sacerdoti e 2 fratelli), sulla nave Général Mangin, una della ultime navi passeggeri in servizio sulle rotte dell'equatore.

La missione di Afanya

I missionari prendono rapidamente contatto con la terra togolese, dove la gente è accogliente, il clima caldo e umido, le zanzare impertinenti, le possibilità di lavoro molte. Cominciano subito a studiare la lingua locale, l'ewe. Dopo alcuni mesi fr. Santi viene destinato, con tre padri, alla missione di Afanya. A fr. Santi viene affidata la costruzione della prima casetta che dovrà ospitare i missionari. Fr. Santi osserva che i giovani disoccupati sono moltissimi. Vari tentano la fortuna andando in città o emigrando in Ghana e in Nigeria. La terra è poca e coltivata solo con la zappa. Perché non si potrebbe fare qualcosa per insegnare un lavoro a questi giovani?, si chiede fr. Santi mentre salgono i muri della casa. Ne parla con gli altri. P. Grotto, superiore della piccola comunità, è entusiasta dell'idea: si deve cominciare un corso per muratori e falegnami. I giovani arrivano numerosi e i corsi hanno inizio sotto una pianta. Fr. Santi getta le fondamenta della prima aula-laboratorio; scrive a destra e a sinistra per ottenere i primi attrezzi. Al superiore generale, a un anno dall'arrivo ad Afanya, scrive: "Sinceramente confesso d'essere contento di trovarmi ad Afanya, poiché ha l'aspetto di una terra di missione come l'avevo un po’ sognata. Di salute sto abbastanza bene e nonostante il lavoro e il caldo, sono un po’ ingrassato. Fra le altre cose ho messo su un pollaio, con galline, anatre, conigli e colombi. Bisogna tenerli continuamente d'occhio, perché ci sono molti serpenti. Sono così sfacciati che entrano anche in casa. Stanno già crescendo parecchie piante di arance, limoni, mandarini e manghi. Da due settimane le ragazze della scuola di taglio e cucito sono entrate nel nuovo edificio, costruito dai miei apprendisti. Ma ciò che più m'impegna sono i giovani apprendisti falegnami e muratori.

Compagno fedele

Nel 1969 rientra in Italia per alcuni mesi. Mentre si riposa non trascura di cercare amici cui presentare i problemi di Afanya. Fra coloro che l'aiutano di più c'è Don Giuseppe Rettore, del Santuario della Madonna della Crocetta. E' preoccupato soprattutto di procurare ai giovani che terminano i loro corsi gli attrezzi necessari per il lavoro. L'esperienza insegna che non basta consegnare un diploma: occorre che i giovani dispongano del minimo necessario per poter lavorare il giorno dopo la promozione. E' questo un punto fisso in cui fr. Santi crede con tutta l'anima e che distinguerà la sua scuola professionale da tante altre. Si tratta di arnesi semplici, anche perché nei villaggi non essendoci la corrente, a ben poco servirebbero seghe elettriche o compressori. Dal Brasile dove attualmente si trova, così scrive di fr. Santi p. F. Cordero, che lavorò in Togo nello stesso periodo: "Adone era un amico sincero e leale, compagno fedele nei primi anni, abbastanza difficili, della nuova missione. Ne ammiravo la laboriosità coscienziosa, il vero autentico amore per i sofferenti, specialmente giovani". Nel 1975 rientra in Italia. Ha problemi di salute, la notte non riesce a dormire e ad ogni attacco di malaria la testa gli duole più del dovuto. Anche dietro consiglio del medico i superiori gli chiedono che si fermi per qualche anno. Dal maggio del 1976 all'agosto dell'anno successivo lo vediamo amministratore del seminario comboniano di Troia (Foggia). Passa quindi a Verona, incaricato dell'amministrazione della rivista Nigrizia e delle altre attività promozionali aggregate alla rivista.

Maestro di giovani

L'undici maggio dci 1981 riprende la strada del Togo e, non occorre dirlo, di Afanya. La scuola artigianale ha continuato a funzionare sotto la guida dapprima di fr. Niño del Portillo e quindi di fr. Giacomelli. Il Togo ha fatto degli sforzi notevoli nel promuovere l'istruzione elementare per tutti, ma il problema della formazione professionale continua ad essere quello di sempre. Fr. Santi riprende la direzione del Centro, porta a quattro gli anni del corso, costruisce dei nuovi alloggi per gli apprendisti. La fama del Centro è tale che non riesce a star dietro alle richieste: scuole, chiese, cappelle, pozzi, cisterne. Lo stimano non solo per la sua abilità, ma anche per il comportamento deciso, la franchezza, la dedizione con cui si preoccupa di formare i futuri artigiani. La maggior parte degli apprendisti provengono quasi sempre da famiglie pagane: ad essi insegna un catechismo che comprende soprattutto lezioni di vita morale e di onestà professionale. E' severo con chi non rispetta le norme del Centro, contenute nel contratto che ogni famiglia sottoscrive quando presenta un figlio. Non risparmia rimproveri a chi cede alla tentazione di sottrarre cemento o di mettere tondini dal diametro inferiore a quello previsto o di fare una sedia con legno non stagionato. Perché gli apprendisti non si facciano una mentalità da privilegiati, il regolamento prevede che tutti coltivino un pezzo di terra: "Anche se un giorno non troverete lavoro, potrete sempre coltivare la terra", dice loro fr. Adone. La consegna dei diplomi al termine dei corsi diventa con gli anni un avvenimento da non mancare, con polenta per tutti e l'intervention delle autorità locali, i parenti dei giovani, le ragazze del villaggio e dei dintorni (un diplomato è sempre un buon partito), frotte di bambini che stando a rispettosa distanza danzano a rullo dei tamburi. I piccoli temono fr. Santi, anche se sono i clienti abituali del grande campo sportivo che per essi ha costruito ad Afanya con l'aiuto del dr. Jasmin, un volontario haitiano. Lo chiamano "Gelugeté" (il bau-bau) e stanno per ore a guardarlo in silenzio quando lavora. Stralciamo dal diario di Afanya la cronaca della consegna dei diplomi il 31 ottobre 1982: "Alla presenza delle autorità locali, sette apprendisti del Centro di Afanya hanno ricevuto il loro diploma di liberazione (falegnameria e muratura). Dopo i consigli dati da fr. Santi ai giovani operai, il capo-villaggio d'Afanya ha voluto aggiungere un avviso: ogni diplomato ha ricevuto in dotazione gli strumenti di cui avrà bisogno per il suo lavoro. Ebbene, se qualcuno avrà il coraggio di venderli, riceverà una buona dose di bacchettate là dove il sole non arriva".

"Sono trascorsi 24 anni"

Lui stesso descrive in una lettera inviata per la Pasqua del 1988 agli amici del gruppo missionario di Castello di Godego, l'ultima cerimonia della liberazione. "Il 28 novembre scorso ad Afanya c'è stata una grande festa per ricordare il 20° delle consegna dei primi diplomi e dell'inaugurazione del primo fabbricato destinato alla falegnameria, regalato dagli USA. In quella circostanza intervenne l'ambasciatore americano a dare i diplomi. Quest'anno abbiamo voluto ripetere la stessa cerimonia perché pure questa volta l'ambasciata USA ha finanziato una parte del capannone delle macchine per lavorare il legno. In più c'è stato anche l'arrivo del nuovo direttore del centro. Io vado ad Afanya due o tre giorni alla settimana, per dirigere i lavori della nuova chiesa parrocchiale che il vescovo, il giorno di Cristo Re, m'ha detto che vorrebbe consacrare in ricordo dell'arrivo dei primi Comboniani. Sono trascorsi 24 anni dal giorno che lasciai Godego per venire qui. Il tempo passa veloce che sembra impossibile, ma se si guarda alle cose fatte allora si cambia opinione. Miei cari amici vi chiedo di pregare per me". Sembra di poter scorgere in queste righe, fra le ultime scritte, una specie di presentimento: quasi sentisse che ha i giorni contati, fr. Santi traccia il bilancio della sua attività. Il progetto si è affermato, schiere di giovani usciti dal Centro hanno trovato un lavoro, alcuni hanno aperto dei cantieri perfino in Nigeria.

"La casa Santi"

Ai primi di aprile del 1988 fr. Adone lascia Afanya per Lomé, dove assume l'incarico di economo della provincia comboniana. Ad Afanya c'è un nuovo responsabile del Centro, fr. Baudouin Avo Tanzi, un comboniano zairese. Una sostituzione che avviene nel segno del principio affermato da Mons. Comboni un secolo fa: "Salvare l'Africa con l'Africa": non solo l'opera è viva, ma è anche passata in mani africane. Tra le idee che accarezza da tempo ce n'è una che spera finalmente di realizzare nella capitale togolese: creare una cooperativa di cui faranno parte gli ex-apprendisti. Fr. Adone però non suppone che il Signore lo sta chiamando. Così il superiore provinciale, p. Antonio Del Pozo racconta le ultime settimane di fr. Adone: "Ecco, in breve, come è accaduta questa disgrazia che ci rattrista tutti. Fr. Adone ha cominciato ad accusare un po' di febbre il giovedì 14 aprile e così pure il venerdì e sabato seguenti. Si è pensato che, come al solito, fosse un colpo di malaria. La domenica si decide di condurlo all'ospedale dove fra analisi e cure trascorre una settimana, senza miglioramenti apprezzabili. La febbre non accenna a diminuire. A fr. Baudouin che lo visita, raccomanda: 'Ricordati di andare a Lomé a vedere a che punto è il problema dell'elettricità per Afanya ... Cerca di stare vicino agli apprendisti'. Offre mezzo milione di lire alle spese di viaggio di Thimotée, un ex-apprendista che deve essere operato d'urgenza a Parigi. Il 25 aprile il medico consiglia il rimpatrio. Ma è ormai troppo tardi. Alle ore 8.30 del 29 aprile, dopo aver ricevuto l'Olio degli Infermi, spira serenamente ... Ieri venerdì 6 maggio abbiamo dato cristiana sepoltura alla salma del nostro carissimo fr. Adone. E' stato sepolto ad Afanya, a pochi metri dalla chiesa che stava terminando e che avrebbe dovuto sostituire quella ormai insufficiente che egli aveva costruito oltre 20 anni fa. Come Provinciale di questa provincia comboniana voglio salutarvi e dirvi le condoglianze di tutti noi, i comboniani del Togo, e di tanta gente che mi ha chiesto di farvi arrivare le sue, dall'arcivescovo al prefetto, dal capo tradizionale d'Afanya ai presidenti dei comitati delle nostre missioni, e soprattutto di molta gente buona che con noi ha pianto questa partenza così prematura. Il funerale è stato grandioso. C'erano oltre cinquanta sacerdoti e altrettanti fratelli e suore e più di tremila persone. Fr. Santi ha incarnato la vocazione del Fratello comboniano in tutta la sua pienezza, concretizzando quanto indica la Regola di vita dei Missionari comboniani: 'Il Fratello realizza la sua consacrazione missionaria a Dio partecipando attivamente all'edificazione e crescita della comunità umana e cristiana, attraverso l'esercizio del lavoro professionale, la collaborazione al lavoro pastorale e la testimonianza evangelica della sua vita' (11,2). Fr. Santi ha dedicato i suoi 19 anni di vita missionaria al Centro di Afanya, nella costruzione di cappelle e scuole, nella perforazione di innumerevoli pozzi. La morte l'ha sorpreso sul solco senza lasciargli terminare la chiesa d'Afanya e la scuola di Kodjoviakope. Insegnava il catechismo ai suoi apprendisti e a un gruppo di giovani collegiali. La domenica collaborava nella pastorale assistendo le comunità cristiane di Atitogon e Assakondji. In quest'ultimo villaggio aveva diretto la preghiera domenicale per così tanto tempo che lo chiamavano il 'parroco di Assakondji'. Esigeva che i cristiani fossero fedeli all'incontro domenicale con la Parola di Dio. Il catechista che l'aiutava ricorda che ripeteva spesso che la domenica deve essere una cosa indispensabile per ogni cristiano. Non c'è lavoro che tenga. 'Se io fossi Dio - disse una volta - non permetterei che piovesse il giovedì, venerdì, sabato. Altrimenti la gente va in campi la domenica'!. E soprattutto con la testimonianza della sua vita: amico e confidente dei giovani, con i quali la sera, finito il lavoro, conversava a lungo, seduto davanti alla porta della sua stanza. Ci lascia la testimonianza d'un Fratello coscienzioso, esatto, responsabile, anche se talvolta un po’ testardo, impegnato nei compiti che gli venivano affidati. La missione d'Afanya aveva preso il suo nome. La gente la chiamava: "la casa di Santi". Sarà chiamata con il suo nome ancora di più in futuro, dato che aveva espressamente detto: "Se muoio in Togo, seppellitemi ad Afanya; i miei amici togolesi non mi dimenticheranno" .                 P. Neno Contran

Da Mccj Bulletin n. 161, gennaio 1989,  pp.50-56