In Pace Christi

Bini Francesco Saverio

Bini Francesco Saverio
Date of birth : 26/01/1886
Place of birth : Medicina BO/I
Temporary Vows : 07/10/1906
Perpetual Vows : 07/10/1906
Date of ordination : 26/07/1908
Date of consecration : 07/12/1930
Date of death : 11/05/1953
Place of death : Venegono VA/I

Nato a Medicina (Bologna) il 26 gennaio 1886, primogenito di numerosa famiglia distinta per pietà e professione, entrò presto nel Seminario di Bologna, attrattovi dal­l'esempio di sacerdoti di vita integerrima, brillando sempre per la sua aperta intelligen­za. Durante il liceo, mentre attendeva una domenica in una chiesa di città per la fun­zione vespertina, il suo confessore gli dava una copia degli Annali della Propagazione della Fede dicendogli: a te piacciono le missioni... leggi. Vi si narrava la morte di Monsignor Antonio M. Roveggio a Berber il 2 maggio 1902, mentre viaggiava in treno. Mai avrebbe pensato che un giorno gli sarebbe successo come vescovo a Khartoum, ma quella lettura decise del corso della sua vita. Voleva farsi missionario, ma in Africa: ora sa­peva che c'era un Istituto per le Missioni Africane anche in Italia (ed era disposto ad andare anche all'estero per realizzare il suo ideale); indirizzò la sua domanda a Ve­rona e, accettato, vi entrava il 13 settembre 1904.

Fece il noviziato sotto il P. Federico Vianello ed emise la professione religiosa il 7 ottobre 1906; subito dopo fu mandato dal R.mo P. Angelo Colombaroli a Roma come convittore nel Collegio tenuto dai Figli di Maria Immacolata in via del Mascherone, per frequentare la Pontificia Università Gregoriana, conseguendovi la laurea in filosofia e teologia. Venne ordinato sacerdote dopo il III anno ad Innsbruck il 26 luglio 1908.

Ritornato a Verona, il R.mo P. Vianello se lo tenne come segretario fino al 1916 quando, causa la guerra, il Superiore Generale dovette trasferirsi a Savona. P. Bini, allora trentenne, restò a Verona come Superiore della Casa Madre e degli aspiranti Fra­telli, con 2 Padri e 3 Fratelli, perché tutti gli altri erano sotto le armi o sfollati a Savona.

Partecipò al Capitolo Generale del 1919, fungendo da Segretario, e appena rimessosi da un attacco della cosiddetta «spagnola», il 1° marzo 1920 salpò da Napoli per il Bahr-el-Ghazal, destinato come Padre Spirituale a Wau, restandovi però solo fino al marzo 1922, perché il R.mo P. Paolo Meroni, allora Superiore Generale, lo richiamò per affi­dargli l'incarico di delicate trattative con la S. Sede a Roma, nominandolo ufficialmente Procuratore Generale nel 1924. Nel Capitolo del 1925 fu eletto Assistente Generale e continuò a risiedere a Roma, come Procuratore, anche dopo che il R.mo P. Meroni lo nominò Vicario Generale nel novembre 1928.

In questo periodo P. Bini esplicò la sua massima attività a favore dell'Istituto, e soprattutto per la sua espansione con l'apertura e sviluppo delle Scuole Apostoliche: in questo settore egli ebbe una parte preponderante e un grande merito. Dopo la prima guerra mondiale, con l'afflusso di vocazioni dai Seminari diocesani, specie per opera del compianto P. Beduschi, si era quasi formata la persuasione che le Scuole Apostoliche fossero superflue o comunque di scarso rendimento. P. Bini fece presente ai Superiori Maggiori l'incertezza dell'apporto di vocazioni da altre istituzioni e insistette sulla ne­cessità che la Congregazione provvedesse al reclutamento con Seminari propri, fidu­cioso nel loro rendimento. Per incarico del R.mo P. Meroni si diede allora ad esplorare tutte le possibilità che si offrivano, e visitò a varie riprese molti centri, specie dell'Ita­lia centrale e meridionale, con viaggi lunghi e spesso disagiati. Dovette scartare quasi tutte le offerte, perché inadatte per la posizione, i locali o le condizioni, ma riuscì a combinare per l'apertura delle Case di Sulmona (1927), Troia (trasferitavi da Bovino nel 1927), Riccione (nel 1940 trasferita a Pesaro), Trento (1926) e Padova (1931) e l'ingran­dimento di quella di Brescia.

Nel 1928 fu inviato dal R.mo P. Meroni come visitatore nel Vicariato di Khartoum (che allora comprendeva anche la Missione degli Scilluk), e fu in quella circostanza che fu decisa l'apertura del Collegio Comboni a Khartoum come opera della Congre­gazione.

Nel 1930, dopo la sua visita alle nostre Missioni del Sudan, S. E. il Card. Hinsley, allora Delegato e Visitatore Apostolico, propose Mons. Bini a Vicario Apostolico di Khar­toum. Nominato il 29 novembre, consacrato il 7 dicembre 1930, nel gennaio 1931 era già nel suo vicariato.

La Missione non godeva prestigio nella capitale del Sudan: non vi aveva neppure un edificio conveniente per il culto (erano adibite a chiesa alcune stanze del vecchio locale della scuola maschile chiusa nel 1925); alla Stazione e Procura erano addetti 2 Padri e 2 Fratelli, e 1 Padre al Collegio Comboni con i 4 Fratelli canadesi della Congre­gazione del S. Cuore. Le Suore avevano a Khartoum una scuoletta di 70 alunni, compreso l'asilo, e le scuole delle Suore ad Atbara e Port Sudan erano agli inizi, in locali d'affitto, inadatti o affatto insufficienti. Fu allora che Mons. Bini diede prova di tutta la sua energia e (diciamolo pure) del suo coraggio.

Avendo visto quanto i nostri Fratelli avevano fatto a Venegono, credette che avreb­bero potuto fare altrettanto e più a Khartoum: ne chiese alcuni al R.mo P. Meroni e affi­dò loro la costruzione della chiesa dì Khartoum: mostrò loro fiducia, li incoraggiò e so­stenne nelle inevitabili difficoltà, e in 3 anni poté inaugurare la Cattedrale di Khartoum, completa con decorazioni e campanile (3 dicembre 1933), sistemare i locali della Casa, e della scuola e residenza delle Suore, che in breve ebbero centinaia di alunne nelle classi primarie e poi anche secondarie. Si fabbricarono ex novo locali ad Atbara e Port Sudan per scuole, chiese e residenze, e impresse a tutto il Vicariato un ritmo di movimento che ha già portato i suoi frutti in un risveglio di vita cristiana, prima quasi sopita.

Lo sviluppo della parte settentrionale del Vicariato non fu a detrimento delle Sta­zioni degli Scilluk e Nuer, che nel 1933 potevano venire erette in Missione indipendente.

Gli svolgimenti politici degli anni successivi imposero una sosta nel lavoro di espan­sione, che si poté riprendere solo nel dopoguerra con l'apertura della Stazione di El Obeid e la sistemazione e ingrandimento di quella di Omdurmàn e altre.

Non è facile apprezzare quanto la prudenza, tatto e abilità di Mons. Bini, in tempi tanto difficili, abbiano valso a mantenere le buone relazioni con tutti gli elementi delle varie nazionalità e specie con le autorità, nonostante il suo schietto patriottismo e la sua parentela con un personaggio allora molto in vista. Rispetto e fiducia che le autorità civili e militari gli dimostrarono sempre, anche durante l'ultima guerra mondiale, e che gli permisero di restare al suo posto e di svolgere opera benefica e disinteressata, di­rettamente e per mezzo dei suoi missionari, non solo a favore dei fedeli del Vicariato, ma anche dei militari di ogni nazionalità che la guerra portò nel Sudan, e soprattutto ai prigionieri italiani ivi internati: benemerenze che i beneficati non potranno mai dimenticare.

Aveva ripetutamente espresso il desiderio di ritirarsi dopo la guerra, sentendosi fisicamente stanco; ma la S. Sede lo incoraggiò a restare nei momenti difficili che il Sudan stava attraversando, e nel ventennio d'episcopato (1950) il S. Padre gli testimonia­va la sua fiducia nominandolo Assistente al Soglio. E Mons. Bini restò a Khartoum fino al limite estremo delle sue forze, perché quando i medici gli imposero una vacanza in Italia il suo cuore era ormai in condizioni disastrose. Non poté più lasciare l'ospedale di Tradate, in cui era ricoverato da parecchi mesi, che per andare a morire nella nostra Casa di Venegono, che gli era tanto cara, e dove spirò, sereno com'era sempre vissuto, l'1 maggio 1953.

Chi ha conosciuto Mons. Bini non potrà mai dimenticare il suo carattere aperto, buono, senza pose, ma sempre corretto e delicato; la vivacità della sua intelligenza che brillava in quei suoi occhietti indagatori; la sua prontezza e profondità di penetrazione: afferrava con immediatezza l'essenza delle cose, quasi per istinto coglieva prontamente il nodo dei problemi più complicati, semplificandoli. Pari alla limpidezza e prontezza dell'intuizione era la forza dialettica del suo ragionare, pacato e serrato ad un tempo, ma sempre amabilmente venato di mite umorismo: lucido sempre, espressione d'un equi­librio perfetto dello spirito.

Soprattutto  era  psicologo  e  diplomatico nato: senza sforzo e senza urtare, sapeva penetrare, insinuarsi e imporre il suo parere; e non solo per cavarsi d'imbroglio, ma per riuscire nelle imprese affidategli e convincere gli altri ad accettare la causa che pro­pugnava; come sapeva anche prudentemente tacere o dissimulare quando la lotta o la pertinacia non avrebbero apportato che danno o pericolo all'opera che gli stava a cuore.

Era uomo retto, leale, di cui ci si poteva fidare fino in fondo. Amico e consigliere, al quale si sentiva di potersi confidare. Di conversazione piacevolissima, mimico insu­perato, narratore instancabile. Di pietà e virtù soda, schiva di lenocini, ma di quella tempra che si rivela maggiormente e soprattutto nei momenti di crisi e di sofferenza.

Se si vuole però individuare la caratteristica della sua vita e della sua virtù, bisogna cercarla nel suo amore alla vocazione missionaria e alla nostra, da lui tanto amata, Con­gregazione, per la quale sempre visse e lavorò, anche da Vicario Apostolico: forse mai si saprà quanto Mons. Bini abbia fatto per il nostro Istituto.

A conclusione, riportiamo la lettera che la S. C. di Propaganda gli indirizzava nell'accettarne le dimissioni:

 

SACRA  CONGREGATIO DE  PROPAGANDA FIDE

Prot. N. 865/53

Roma, 11 marzo 1953.

Eccellenza Reverendissima,

le notizie circa lo stato di salute di V.E. sono state apprese con vivo di­spiacere da questa Sacra Congregazione, la quale ha dovuto, esclusivamente per tale ra­gione ed assai a malincuore, accettare le dimissioni presentate da V.E. con la lettera del 4 c.m.

La Propaganda vuole in tale circostanza far pervenire all'E.V. il suo plauso ed in­sieme il suo più vivo ringraziamento per la diuturna, multiforme e sapiente opera svolta nel Vicariato Apostolico di Khartoum durante 23 anni, con singolare dedizione alla causa missionaria ed esemplare fedeltà alle direttive di questo Sacro Dicastero.

È ben noto infatti come l'E.V. abbia dedicato ogni energia alla elevazione morale e spirituale di quelle popolazioni quasi esclusivamente musulmane, sparse in un vastis­simo territorio, e come tale generosa attività abbia efficacemente concorso a creare un clima sempre più favorevole alla Chiesa Cattolica.

A tal proposito merita una particolare segnalazione il coraggioso progetto cosi feli­cemente attuato del Collegio Comboni per il quale in quella regione ha fiorente vita la più frequentata Scuola Superiore Secondaria della Delegazione Apostolica di Mombasa,

L'istituzione infatti ha determinato benefici effetti educativi suscitando inoltre la più cordiale estimazione degli alunni e gli apprezzamenti più significativi del Governo locale.

Nel ricordare pertanto queste benemerenze la Propaganda intende confortare il cuore sacerdotale di un valido Vicario Apostolico al quale può ben riferire ciò che S. Paolo riconosceva per se: «Bonum certamen certavi, cursum consummavi, fidem servari». (2Tim. 4, 7).

Da Bollettino n.41, novembre 1953, p.424-27