Zaccheo è ricco e non proprio onesto. Questo capo dei pubblicani si portava dentro il tormento delle malefatte compiute, e voleva incontrare Gesù eventualmente per risolvere questi grossi problemi della sua coscienza ingarbugliata...

Apriamogli le porte, come Zaccheo

Sap 11,22 - 12,2; Salmo 144; 2Ts 1,11 - 2,2; Lc 19,1-10

Il tema della prima lettura tratta dal libro della Sapienza dà l’intonazione alla parola di Dio di questa domenica. L’autore sacro ci offre profonde riflessioni sulla misericordia di Dio, che ama appassionatamente le sue creature ed è paziente con i peccatori. Dio perdona perché è misericordioso. Egli usa misericordia perché è onnipotente.

Lo stesso argomento viene ripreso in forma narrativa nell’episodio evangelico di Zaccheo, piccolo di statura, ma potente e pienamente affermato nella vita, che accoglie Gesù in casa sua, dove riceve l’annuncio della salvezza.

Zaccheo è ricco e non proprio onesto. Questo capo dei pubblicani si portava dentro il tormento delle malefatte compiute, e voleva incontrare Gesù eventualmente per risolvere questi grossi problemi della sua coscienza ingarbugliata.

Il suo progetto viene impedito dalla folla che costituisce come una barriera tra lui e Gesù. Per poterlo vedere, egli sale su un sicomoro. Quando Gesù arriva dove si trova Zaccheo, alza lo sguardo, lo vede e lo invita a scendere subito con questa motivazione: “Oggi devo fermarmi a casa tua”.

Zaccheo scende in fretta e accoglie Gesù in casa sua “pieno di gioia”. Fa esperienza dell’amore gratuito di Dio e prende la sua decisione: “Ecco, Signore, io dò la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. La restituzione dei beni rubati corrisponde alla normativa della legge biblica, ma la distribuzione dei beni ai poveri è un atto di liberalità che rientra nella logica della sequela evangelica.

All’impegno di Zaccheo Gesù può quindi rispondere con questo annuncio: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anche egli è figlio di Abramo; il figlio dell’uomo è infatti venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”. Con queste parole Gesù risponde anche a quelli che mormoravano: “è andato ad alloggiare da un peccatore”.

Zaccheo cercava prima di “veder” Gesù, ma più che vedere, “viene visto”. Lo sguardo di Gesù l’ha raggiunto e l’ha snidato mentre lui stava sul sicomoro. La folla vedeva in lui l’avido esattore delle imposte, un ladro; lo sguardo di Cristo è diverso, penetra in profondità e non si ferma alla crosta dei difetti. Perciò inventa uno Zaccheo inedito, il vero Zaccheo. Gesù risveglia il suo essere autentico, reale. Il suo sguardo profondo si trasforma spesso in un incontro di salvezza e manifesta allora all’uomo stesso le sue possibilità, la sua vera dimensione.

Zaccheo passa dalla curiosità alla fede, come risposta a Gesù che ha creduto in lui. E questa fede si manifesta con due principali caratteristiche: la liberazione dalle cose e la guarigione dalla cecità. Adesso Zaccheo riesce a vedere gli altri: “Ecco, Signore, io dò la metà dei miei beni ai poveri e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto”.

Per lui la fede si traduce immediatamente in distacco. Adesso si sente figlio di Dio e vede gli altri come fratelli e comincia per la prima volta a coniugare il verbo “condividere”, a usare le mani non per prendere, ma per dare.

Le cose, i beni e il denaro non sono più oggetto di conquista, rapina e possesso, ma diventano subito strumento, sacramento di fraternità e di amicizia. A causa delle ricchezze accumulate Zaccheo era un separato, ora nella condivisione, dopo lo sguardo di Gesù che è riuscito prima a trovarlo, egli diventa l’uomo dell’incontro, l’uomo nuovo in Cristo, un fratello tra i fratelli. Agli occhi di Dio nessuno è irrimediabilmente cattivo e irrecuperabile.
Don Joseph Ndoum

Di nuovo a casa

Nel giro di pochissime righe, per ben tre volte il Vangelo parla di casa. In quella di Zaccheo Gesù si autoinvita, suscitando clamore tra la folla, poiché si trattava della «casa di un peccatore». Eppure, anche «per quella casa è venuta la salvezza».

Se il Signore salva la casa, salva tutto. Essa è il luogo dove fin da subito siamo stati nutriti e abbracciati, abbiamo ricevuto e ricambiato i primi sguardi e sorrisi; siamo stati ascoltati con attenzione nonostante i nostri incomprensibili farfugli. In casa, al nostro grido d’aiuto, la mamma e il papà rispondevano sempre, senza tradirci. In casa abbiamo imparato a metterci in piedi, a muovere i primi passi, fidandoci del pavimento che ci sosteneva e delle mani che, dall’alto, tenevano le nostre. Perciò abbiamo cominciato ad affidarci, a credere, a non avere paura. Sì, perché la casa è il luogo dove non si ha paura, dove non si dà ragione alla paura. In casa abbiamo appreso a parlare, facendo eco alle parole di chi ci amava. Oltretutto in casa non parlano solo le persone, ma perfino le cose: dai giocattoli di quando eravamo bambini, agli oggetti che custodiscono le memorie più care. In casa perfino le cose sono familiari, parenti, amiche della nostra vita. La casa delle nostre origini ha motivato e mosso il nostro corpo, ha acceso la nostra anima. Ci ha iniziati a credere che nel mondo, la casa più grande, avremmo incontrato persone e cose affidabili.

Forse, dietro ad ogni cattivo e ingiusto, come Zaccheo, sta uno tradito nelle promesse fatte dalla casa, sicché si sente in diritto di risarcirsi a piacere, magari trasformando la propria dimora in tana, in nascondiglio dove ripararsi da tutto e da tutti.

Non sappiamo cosa Gesù disse a Zaccheo durante il tempo in cui abitò da lui; non sappiamo come lo convinse a fidarsi nuovamente della gente che si era sentito in diritto di derubare. Una cosa però è certa: stando col Signore il pubblicano si sentì nuovamente a casa, chissà dopo quanto tempo, e smise di dar ragione alla sua paura.
[Giovanni Cesare Pagazzi – L’Osservatore Romano]

Annunciare un Dio ecologista, “amante della vita”

Sapienza 11,22-12,2; Salmo 144; 2Tessalonicesi 1,11-2,2; Luca 19,1-10

Riflessioni
Onnipotenza che crea e misericordia che risana e ri-crea: sono due fra i titoli divini che l’autore del libro della Sapienza (I lettura) mette in risalto. L’autore è teologo e poeta: con abilità ed eleganza stilistica, approfondisce e rende accessibile il mistero di Dio, creatore e padre, “amante della vita” (v. 26). Un Signore davanti al quale “tutto il mondo è come polvere sulla bilancia, come una stilla di rugiada mattutina” (v. 22); un Dio che dà sussistenza, esistenza, conservazione e vita ad ogni sua creatura (v. 25-26). Accanto a questi titoli di grandezza e onore, l’autore mette in evidenza il volto di questo Dio: ama tutte le cose esistenti, ha un cuore tenero, ha “compassione di tutti”, usa il suo immenso potere per perdonare chi si pente dei suoi peccati (v. 23-24).

Oltre ad essere compassionevole e misericordioso, Dio è innamorato della sua creazione, deciso a proteggere tutte le cose, perché le ha fatte Lui. Oggi diremmo che Dio è il primo ecologista, perché è “amante della vita” (v. 26). Quindi è definitivamente superata, anzi senza senso, l’idea di un Dio geloso della felicità e del potere dell’uomo, quasi fosse un suo rivale o concorrente. Anzi! Quanto più l’uomo è felice e coronato di frutti, tanto più Dio sarà orgoglioso della sua creatura più bella.

A piena voce il Salmo canta a Dio “misericordioso e pietoso, lento all’ira e grande nell’amore”, un Dio buono e tenero verso tutti, che “rialza chiunque è caduto”. Al salmo fanno eco le parole di S. Ireneo, vescovo e martire del II secolo: “La gloria di Dio è l’uomo vivente” (gloria Dei vivens homo). Veramente, la gloria di Dio trova la sua pienezza nella vita dell’uomo!

Ritroviamo la stessa pienezza di vita nella drammatica storia di Zaccheo (Vangelo). Luca ne narra la conversione con abbondanza di dettagli e di verbi di movimento: correre, salire e scendere da un albero, sguardi che si incrociano, parole che si scambiano, porte che si aprono per una festa (v. 4-6), e soprattutto… scrigni che si aprono per la restituzione e la condivisione (v. 8). La salvezza è entrata pienamente nella casa di Zaccheo (v. 9), “capo dei pubblicani e ricco” (v. 2). Ma ancor più è entrata nel suo cuore ormai trasformato: si è realizzato, infatti, l’incontro fra il suo desiderio di vedere Gesù (v. 3) e l’auto-invito di Gesù che deve (cioè, vuole) fermarsi a far festa in casa di un peccatore, il quale lo accoglie “pieno di gioia” (v. 6). Non è una conversione intimista, ma totale, aperta agli altri, condivisa nella festa; una conversione autentica fino al punto che Zaccheo restituisce e distribuisce i soldi… Quanto sono rare e difficili, decisioni come queste!

Fissiamo ora lo sguardo sul movimento degli occhi dei protagonisti. Zaccheo cerca strategicamente un posto elevato per vedere il Signore. Quando giunge sul luogo, Gesù alza lo sguardo, vede Zaccheo sull’albero e lo invita a scendere subito. “Dall’alto Zaccheo cercava di vedere Gesù, ma ora è Gesù che, dal basso, lo vede per primo. Di fronte al peccatore Gesù alza lo sguardo, perché la sua posizione è quella del servo che si è umiliato per salvare… Anche quando rimane solo con l’adultera Gesù alza il capo verso di lei (Gv 8,10), la guarda dal basso, perché chi ama non si atteggia mai a giudice, si abbassa, sceglie l’ultimo posto, si inchina davanti alla persona amata per lavarle i piedi” (F. Armellini).

Nella storia di Zaccheo trionfa la vita! La vita nuova che Gesù dona al peccatore convertito; la vita che Gesù è venuto a portare nel mondo per tutti. La vita piena - fisica e spirituale! - la vita in abbondanza (cfr. Gv 10,10) è il grande tesoro che Gesù affida alla Chiesa e ai suoi missionari perché la portino a tutti, ovunque. Per questo compito Egli cerca gente di buon cuore, testimoni che, con la vita e la parola, aiutino altre persone nel cammino del Vangelo, mostrando loro il volto di Dio. Per questo la missione è annuncio del Dio “amante della vita”: Creatore di cose belle, Padre che ci dona il suo Figlio Gesù, Signore ricco in misericordia, Salvatore che perdona e rinnova, Redentore che accoglie e sana, Pastore che cammina con i peccatori, Amico che fa causa comune con i poveri, gli esclusi, gli ultimi… L’annuncio del Vangelo è sempre una scelta per la vita! Ogni scelta per la vita è un servizio missionario alla famiglia umana. È il miglior servizio della Chiesa!

L’annuncio e l’impegno per la vita includono necessariamente la “Cura della Casa Comune”, cioè la creazione, il cosmo, la vita della natura, la casa di tutti, secondo l’insegnamento di Papa Francesco nell’Enciclica “Laudato Si’” (24 maggio 2015). Con parole appassionate, il Papa fa appello a tutti gli uomini e donne di buona volontà circa il male che provochiamo alla “nostra madre Terra… a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei” (n. 1.2). Oggi, alla luce dell’odierna Parola di Dio, diamo più spazio alla parola del Papa su questo tema, (*) che ha profondi legami con l’annuncio missionario e con una spiritualità cristiana per i tempi moderni.

Parola del Papa

(*)       La destinazione comune dei beni

“Oggi, credenti e non credenti sono d’accordo sul fatto che la terra è essenzialmente una eredità comune, i cui frutti devono andare a beneficio di tutti… Ogni approccio ecologico deve integrare una prospettiva sociale che tenga conto dei diritti fondamentali dei più svantaggiati” (n. 93).

            Conversione ecologica

“La crisi ecologica è un appello a una profonda conversione interiore… Vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di un’esistenza virtuosa” (n. 217).

            Sobrietà versus consumismo (sono parole che il Papa usa decine di volte)

“La spiritualità cristiana propone un modo alternativo di intendere la qualità della vita, e incoraggia uno stile di vita profetico e contemplativo, capace di gioire profondamente senza essere ossessionati dal consumo… La spiritualità cristiana propone una crescita nella sobrietà e una capacità di godere con poco” (n. 222).
Papa Francesco
Enciclica Laudato Si’ (2015)

P. Romeo Ballan, MCCJ