Lunedì 21 novembre 2022
Sulla COP27 di Sharm-el-Sheikh è calato il sipario. La conferenza si è conclusa ai supplementari di una partita molto tattica tra Nord e Sud del mondo. Una partita arbitrata con cauta diplomazia dalla presidenza egiziana, che solo alla fine si è data una leadership più decisa per indirizzare il processo verso l’obiettivo dell’implementazione pratica dell’accordo di Parigi.

I negoziati sono stati molto intensi ed estenuanti. Alla fine si è raggiunto un obiettivo fondamentale per i Paesi in via di sviluppo: quello di istituire una struttura finanziaria speciale per rispondere a perdite e danni associate agli effetti avversi dei cambiamenti climatici. É stata una lotta durissima, una decisione irrinunciabile per il Sud globale e per la giustizia climatica.

L’Organizzazione non governativa VIVAT International, che rappresenta 11 Congregazioni religiose cattoliche
presso le Nazioni Unite, ha partecipato alla COP27 a Sharm el-Sheikh, in Egitto, dal 6 al 18 novembre 2022.
I delegati sono stati
(foto) P. Paul Rahmat, verbita; Sr. Paola Moggi, comboniana, e Fr. Alberto Parise, comboniano.

L’accordo riconosce il bisogno urgente di risorse finanziarie nuove, aggiuntive, prevedibili e adeguate per aiutare i Paesi in via di sviluppo particolarmente vulnerabili a far fronte alle perdite e ai danni economici e non economici dovuti al clima. In quell’avverbio “particolarmente” vediamo il compromesso raggiunto a tutela degli interessi del Nord del mondo, che voleva circoscrivere il diritto a beneficiare di questi fondi.

La COP27 ha demandato ad un comitato di transizione il compito di definire struttura, funzionamento, criteri e fonti di finanziamento di questo fondo. La soluzione delle questioni più spinose è quindi rimandata all’anno prossimo. Sarà la COP28, che si terrà a Dubai, a dover approvare le proposte del comitato di transizione. Per cominciare a stanziare dei fondi, invece, non se ne parla fino al 2024.

È davvero un peccato, invece, che la COP27 non sia riuscita a raggiungere dei risultati chiave che avrebbero potuto accelerare l'azione per il clima per evitare i peggiori impatti della crisi climatica.

In un anno in cui le alluvioni in Pakistan hanno ricordato al mondo la necessità di agire con urgenza, la COP 27 non ha offerto nulla di nuovo sull'ambizione di ridurre le emissioni di gas serra.

In un momento in cui nazioni insulari come lo Sri Lanka stanno vacillando sotto la crisi economica e climatica, non si è riusciti a trovare il modo di accelerare la consegna del miliardo e settecento milioni di dollari all'anno promessi, men che meno qualsiasi assistenza finanziaria nuova o aggiuntiva.

In un momento in cui Bangladesh, Maldive e Nepal sono colpiti da molteplici disastri climatici, i Paesi ricchi, in particolare l’Arabia Saudita e Stati petrolieri, non hanno ascoltato l'appello dell'India e non hanno accettato di eliminare gradualmente tutti i combustibili fossili, carbone, petrolio e gas, per una transizione energetica pulita sostenibile ed equa.

Per questo, nel prossimo anno si intensificherà la richiesta della società civile di un nuovo trattato internazionale incentrato su un rapido ed equo abbandono di tutti i combustibili fossili.

Pur facendo alcuni importanti passi avanti, la decisione finale della COP27 è ben lontana da ciò che la scienza dimostra essere necessario. La traiettoria delle emissioni globali è pericolosamente fuori rotta per mantenere l'aumento della temperatura media globale entro 1,5 gradi Celsius sopra i livelli preindustriali e gli attuali impegni di riduzione delle emissioni dei Paesi non sono affatto sufficienti.

Inoltre, le nazioni più ricche continuano a non rispettare i loro obblighi di finanziamento per il clima, fondamentali per aiutare i Paesi a basso e medio reddito a ridurre le emissioni e ad adattarsi ai cambiamenti climatici. La retorica sull'importanza dell'obiettivo di 1,5 gradi Celsius, cavallo di battaglia del Nord globale, è vuota senza un impegno simultaneo da parte delle nazioni ricche a ridurre rapidamente i combustibili fossili e a fornire finanziamenti per il clima ai Paesi a basso e medio reddito per passare alle energie rinnovabili in modo equo.

Questa doveva essere una "COP africana", ma non è riuscita a soddisfare le esigenze e le priorità del continente. L'Africa è in prima linea nella crisi climatica ed è altamente vulnerabile ai suoi impatti. Stiamo già assistendo a perdite e danni terribili in tutto il continente. Ci aspettavamo di vedere più azioni per aumentare la resilienza dell'Africa, ma ancora una volta gli impegni finanziari per l'adattamento non sono stati rispettati.

L'aspetto forse più importante, però, è che la COP27 ha messo in luce la crescente forza del movimento per la giustizia climatica. In queste due settimane, le voci della società civile hanno chiesto l'eliminazione graduale dei combustibili fossili e hanno chiesto ai Paesi ricchi di pagare il debito climatico. Stiamo assistendo a una crescita massiccia dell'ampiezza e della profondità del movimento, speranza per una fine equa ai combustibili fossili e una giusta transizione verso l'energia pulita.

Uno spazio civico aperto non solo funge da necessario contrappeso agli interessi delle lobby dei combustibili fossili, ma è anche un prerequisito per negoziati sul clima che mettano al centro e sostengano i diritti umani, i diritti dei popoli indigeni e degli ecosistemi. Questa COP, infatti, ha risentito dell'impressionante squilibrio di potere e di voci in questo processo, come dimostra il numero di lobbisti dei combustibili fossili in crescita del 25% rispetto alla COP di Glasgow.

Infine, la grande notizia della COP27, che sta passando inosservata, è che per la prima volta i Paesi hanno inviato un segnale chiaro chiedendo la riforma delle banche multilaterali di sviluppo per sostenere uno sviluppo compatibile con il clima. Questa decisione fondamentale contribuirà a ridurre il rischio degli investimenti nei combustibili fossili; a rendere i fondi accessibili ai paesi in via di sviluppo; e a sbloccare migliaia di miliardi di finanziamenti per il clima.
Fr. Alberto Parise,
Missionario comboniano