Sabato 24 marzo 2018
La primavera di ogni due anni è marcata per la celebrazione del Forum Sociale Mondiale (FSM) arrivato quest'anno alla sua 16a edizione. Iniziato in contrapposizione al Forum Economico Mondiale nel 2001 a Porto Alegre (Brasile) è ritornato in Brasile dopo Tunisi e Montreal, a Salvador de Bahia per essere precisi. La scelta non è dovuta alle marcate e bellissime caratteristiche culturali e storiche di questa città ancora impregnata da ricordi coloniali e afro-brasiliani, ma a motivazioni politiche. E questo in contrasto con la supposta apoliticità e areligiosità proclamata nella Carta dei principi orientatori di quella che è, purtroppo ancora, l’unica libera piattaforma di movimenti e idee. Il motto inspiratore, “Un altro mondo è possibile” è risultato quasi assente. Le vicende degli ex-presidenti Lula e Dilma e il difficile momento politico che vive il Brasile hanno infatti dominato questo FSM. Nella foto: Famiglia comboniana al Forum Sociale Mondiale a Salvador de Bahia (Brasile).



Suor Rita Zaninelli, comboniana,
e P. Joseph Mumbere, comboniano,
al Forum Sociale Mondiale,
a Salvador de Bahia, Brasile.

 

Il Partito dei Lavoratori (PT nella sigla brasiliana), è un partito di sinistra che ha governato per 13 anni. Durante questo tempo c’è stata una maggiore distribuzione della ricchezza che ha diminuito la forbice tra poveri e ricchi, ma con il grande limite di aver creato sviluppo con il saccheggio e lo sfruttamento delle materie prime e senza, o quasi, nessuna inversione produttiva. Era l’applicazione del cosidetto Patto dell’estrattivismo latino americano seguito anche da Chavez in Venezuela (con i risultati che tutti sanno), in Ecuador (con un presidente rifugiato in Svizzera per accuse di corruzione), e in Bolivia (dove Evo Morales si aggrappa a un potere ormai oligarchico dei cocaleros).

Nel 2016 c’è stato quello che è ricordato come il “golpe bianco”. Dilma Rousseff, la presidente del Brasile, venne sostituita senza nessun tipo di consultazione popolare, dal suo vice, Michel Temer. In questi due anni, Inácio Lula da Silva, Dilma ed alcuni rappresentati del governo di Lula, sono stati denunciati per atti di corruzione in cui, l’attuale presidente Temer risulta stranamente sempre presente. Il governo attuale sta smontando le politiche sociali costruite in questi 13 anni. Temer “gode di un consenso” che non va al di là del 3%; la militarizzazione di alcune zone (come Rio de Janeiro) ricorda i tempi della dittatura, il dibattito politico si incentra sulla sicurezza, mentre gli assassinii di oppositori politici si ripetono e restano impuniti. E' il caso, proprio durante il FSM, della consigliera municipale di Rio, Marielle Franco, 38 anni, del Partito oppositore del Socialismo e della Libertà.

Ad ottobre ci saranno le elezioni presidenziali. Lula, che ha attualmente il 42% di consenso, ne è escluso per una condanna di secondo grado che il popolo brasiliano considera senza nessuna base giuridica. Ne risulta che oggi il Brasile è un paese diviso politicamente, frammentato economicamente, con una conferenza episcopale non sempre all’altezza.

Cattolici e cristiani di altre chiese e molta gente, anche se areligiosa, hanno ricordato l’elezione di papa Francesco come un giorno speciale: era il 13 marzo del 2013 e il FSM di quest’anno si svolge dal 13 al 17 marzo.

Il FSM, con tanti eventi positivi e con il clima di accoglienza e festa abituali, ha risentito positivamente della prospettiva sociale di papa Francesco perché era come se il FSM medesimo stesse per perdere la sua memoria storica e la sua capacità di critica.

La teologia della Liberazione è sempre stata l’anima ispiratrice con una presenza, a volte nascosta ma sempre feconda, dei FSM per la sua capacità di resistenza, creazione e trasformazione. Il motto del FSM 2018 “Resistere è creare, Resistere è trasformare” ne è un eco. E richiama senza dubbio i messaggi di Papa Francesco ai movimenti sociali e politici per cui oggi si parla di “Spiritualità politica liberatrice”. Il contesto è però poco entusiasmante in America Latina come in tante altre parti del mondo: povertà e disuguaglianza aumentano, la finanza schiaccia l’economia reale, le risorse si accentrano in poche mani, il mercato è diventato un dio assoluto e onnipotente, che può tutto ed è servito da tutte le istituzioni. Le conseguenze sono l’aumento esponenziale del razzismo, soprattutto verso i migranti, gli indios e i neri; il peggioramento delle condizioni di vita, la persecuzione e in diverse parti del globo l’assassinio dei leader sociali di opposizione.

La Chiesa ha un debito storico con i poveri, perché con una certa teologia ha legittimato schiavitù, povertà, guerre, e colonialismo allontanandosi dal messaggio evangelico. Questo inspira oggi umiltà, consapevolezza della propria debolezza, e richiesta di perdono. Ma non basta.

Oggi si tratta di riorientare i paradigmi di riflessione, rivisitare i “luoghi teologici” centrali della nostra fede liberando il messaggio di Cristo dalle incrostazioni filosofiche e ideologiche frutto di ideologie più che della rivelazione. Il linguaggio, l’analisi, una certa espressione dogmatica della nostra fede frena e forse anche impedisce l’accettazione della Buona Notizia di Gesù. La linea del “sacrificio riparatore”, ricorda per esempio Marcelo Barros, traspira una mentalità di violenza, mentre la linea del “martirio liberatore” ci riporterebbe alla gratuità dell’amore reciproco.

Non si può mettere alla base della spiritualità cristiana l’idea di un peccato delle origini che accomuni tutti sotto una vaga schiavitù del male: cosa hanno in comune i pigmei del Congo con i nord-americani? Bisogna interrogarci sulla relazione tra la comunione eucaristica e il nostro impegno nella storia; rivedere il concetto di creazione come fatto del passato quando Gesù nel Vangelo parla di un Dio che sempre opera nell’oggi delle persone e ci rimanda al futuro quando Dio sarà tutto in tutto e in tutti, secondo l’espressione di san Paolo; ripensare la risurrezione che non è legata sopratutto ad una tomba materiale, ma all’evento di “riunire nell’unità i figli di Dio che erano dispersi” come si esprime san Giovanni (11, 52).

Se il FSM può essere visto persino come un movimento ecclesiale perché il Regno di Dio è sempre oltre e altro anche della Chiesa, vi si sente una mancanza di spiritualità capace di accompagnare questa esperienza che ormai la teologia della liberazione sembra incapace di suscitare. C’è oggi bisogno di scoprire che la misericordia e la gioia sono esperienze necessarie per aprire nuovi spazi di cristianesimo e di vita sociale, e vivere l’intima relazione tra i poveri e la fragilità del pianeta; la convinzione che tutto nel mondo è intimamente connesso; la critica al nuovo paradigma e alle forme di potere che derivano dalla tecnologia; l’invito a cercare altri modi di intendere l’economia e il progresso; il valore proprio di ogni creatura; il senso umano dell’ecologia; la necessità di dibattiti sinceri e onesti; la grave responsabilità della politica internazionale e locale; la cultura dello scarto e la proposta di un nuovo stile di vita.

Marielle Franco è il simbolo di quella gioventù civica e di una Chiesa che è capace di uscire dalle proprie illusioni ed interessi ed esporsi perchè il sogno di un altro “mondo possibile” diventi realtà. Forse anche il comitato organizzatore del FSM e anche la teolgia della liberazione devono imparare da Marielle: abbandonare scelte ideologiche per centrarsi sulla costruzione di un “Nuovo mondo possibile” che è ricerca del bene comune, di tutti, ed è il sogno del Regno del Padre nel mondo di oggi.
P. Gian Paolo Pezzi, mccj
Newark 23 marzo 2018