Mozambico: Una Chiesa di martiri nella terra ferita dalla violenza

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Martedì 14 ottobre 2025
Una violenza che colpisce «tutti», «sia i cristiani sia i musulmani», volta a spingere la gente ad «andar via» per avere «terreno libero» e «occupare» una zona ricca di «gas, pietre preziose, oro, grafite, coltan». Parole di una missionaria comboniana che da venticinque anni opera in Mozambico. [
Giada Aquilino – L’Osservatore Romano]

È una furia generalizzata quella dei gruppi jihadisti affiliati al sedicente Stato islamico che con i loro attacchi continuano a insanguinare Cabo Delgado, la provincia settentrionale del Mozambico dove in otto anni l’insurrezione islamista ha provocato già oltre 6.000 vittime e più di 1,3 milioni di sfollati: così, in una conversazione con i media vaticani, la descrive una missionaria comboniana che da venticinque anni opera in Mozambico.

La religiosa, che per motivi di sicurezza ha scelto l’anonimato, oggi è a Nacala, nella vicina provincia di Nampula, la stessa dove sorge il campo per sfollati di Corrane. «Ci sono delle famiglie che già nel 2020-2021 erano state ospitate nel campo: venivano da Cabo Delgado, dalle zone di Muidumbe, Mocímboa da Praia, dove erano molto frequenti gli attacchi. Poi, pensando che la situazione si fosse normalizzata, erano tornate nelle loro terre, ma in questo ultimo mese – testimonia la suora - sono dovute scappare di nuovo. Hanno raccontato che ci sono stati nuovi assalti, i terroristi hanno ucciso persone, ne hanno rapite altre, hanno bruciato le case».

L’ultimo episodio è avvenuto venerdì scorso all’alba quando, secondo una fonte militare citata dall’agenzia di stampa Afp, gli estremisti hanno attaccato Nangade, quasi al confine con la Tanzania, uccidendo almeno due persone, bruciando una chiesa e diverse abitazioni, saccheggiando case e botteghe. Poco prima a Palma - non lontano dal sito dove a breve è in programma la riapertura di un vasto progetto di gas naturale liquefatto, sospeso dal 2021 proprio a causa dell’insicurezza - un’altra persona aveva perso la vita in un raid dei miliziani e 11 tra bambini e ragazzi erano stati sequestrati. I cristiani, riferisce la missionaria, «sono presi di mira ma vengono rapiti e uccisi anche i non cristiani, a volte senza nessun apparente motivo. È vero che se loro (gli estremisti islamici, ndr) incontrano una comunità riunita per la preghiera, per una celebrazione, lì fanno una strage. Ma questo – osserva - succede pure nelle moschee».

Al momento nelle strade, riporta ancora, «ci sono militari sia mozambicani sia rwandesi»: da quattro anni, forze provenienti da diversi Paesi africani, tra cui quelle di Kigali, sono infatti dispiegate per aiutare i militari di Maputo a contenere l’insurrezione. «Dovrebbero proteggere la popolazione, solo che – fa notare la comboniana - questi gruppi si muovono molto velocemente, è una “guerriglia” abbastanza difficile da controllare». Oggi vivere nel nord del Mozambico di fatto «significa non poter andare a lavorare nei campi, perché se ti prendono ti uccidono o ti rapinano, significa che dipende dai giorni andare a scuola o non, significa avere paura di notte e rimanere sempre svegli, perché quando si sente qualche rumore bisogna scappare e lasciare tutto, significa perdere figli, fratelli, familiari, amici, significa che alcuni bambini che non riescono a scappare vengono portati via alle loro madri».

La tensione d’altra parte è alta pure nell’area di Nampula, va avanti la missionaria italiana. A Chipene, lì dove il 6 settembre 2022 fu uccisa suor Maria De Coppi in un attacco terroristico alla locale missione comboniana, «le persone vivono ancora con molta paura, anche perché ultimamente ci sono stati movimenti “strani” di uomini, di persone sconosciute: la gente teme che (i jihadisti, ndr) stiano studiando il territorio», perché c’è il pericolo che la violenza si propaghi anche più a sud, «verso la parte settentrionale della provincia di Nampula, che confina con Cabo Delgado», spiega la suora.

Qualche giorno dopo la morte di Suor Maria, «che ha dato la vita per rimanere lì» evidenzia la religiosa, «in un villaggio vicino vennero uccisi altri tre cristiani» per non aver rinnegato la loro fede: «Crediamo che questa sia davvero una Chiesa di martiri, di persone che nella loro semplicità vivono la loro fede fino in fondo, con molta forza e determinazione». La Chiesa del Mozambico rimane accanto a tutta la popolazione, anche quella che fugge da Cabo Delgado. «Abbiamo lavorato molto nell’accoglienza dei profughi, sia nell’immediato con cibo e materiali di prima necessità, sia dopo. Come missionarie comboniane, assieme ad altre congregazioni, abbiamo continuato a seguire queste famiglie, aiutando le comunità a ricostruirsi e anche oggi visitiamo i malati, gli anziani, facciamo formazione per le donne, per i catechisti. Alcune famiglie si sono inserite nelle comunità locali, qui a Nampula, nelle parrocchie, da parenti, altre invece che sono ancora nel grande campo di Corrane, dove all’inizio ci sono state molte organizzazioni che hanno aiutato: adesso siamo l’unica presenza, noi della Chiesa cattolica, come segno di vicinanza e di speranza».
Giada Aquilino – L’Osservatore Romano

Incendiata una chiesa e rapiti undici bambini nella provincia di Cabo Delgado

Terrore fra i cristiani in Mozambico

Una chiesa data alle fiamme, tre persone uccise e undici bambini rapiti: è il nuovo, tragico bilancio della violenza jihadista che continua a devastare il nord del Mozambico di fronte all’indifferenza del mondo intero. Gli attacchi, compiuti nella notte tra giovedì e venerdì da miliziani affiliati al sedicente Stato islamico, hanno colpito i distretti di Nangade e Palma, nella provincia di Cabo Delgado, dove da otto anni si combatte una guerra che finora ha provocato oltre 6.200 vittime e più di 1,3 milioni di sfollati.

La chiesa data alle fiamme si trovava proprio a Nangade, dove gli assalitori hanno ucciso due civili e dato alle fiamme numerose abitazioni e botteghe. Poche ore dopo, un altro gruppo armato ha fatto irruzione a Palma, città strategica per la presenza di un importante progetto di gas naturale liquefatto del gruppo francese TotalEnergies. Qui, secondo fonti locali citate dall’agenzia di stampa Afp, una quindicina di uomini ha attaccato almeno quattro abitazioni, uccidendo una persona e rapendo undici minori — sette bambine e quattro adolescenti — prima di dileguarsi nella notte. Si tratta del primo assalto a Palma dal 2021, quando un attacco di grande portata aveva causato oltre 800 morti e costretto la compagnia francese a sospendere i lavori del terminal di Afungi, oggi in fase di riavvio. Secondo alcuni analisti, la nuova offensiva sarebbe collegata proprio alla ripresa del progetto energetico, che i ribelli vorrebbero ostacolare per dimostrare che la regione non è ancora sicura.

La provincia di Cabo Delgado, a maggioranza musulmana e tra le più povere del Mozambico, si conferma così epicentro di un conflitto che unisce motivazioni jihadiste, tensioni sociali e interessi economici legati allo sfruttamento del gas e dei rubini. In questo Paese si trovano la più grande miniera di rubini al mondo, quella di Montepuez, il 7 per cento delle riserve mondiali di grafite, materiale sempre più importante per l’industria delle auto elettriche, e ben 85 mila miliardi di piedi cubi di gas naturale.

Eppure, il Mozambico è uno dei Paesi più poveri al mondo. E, secondo l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, oltre 110.000 persone sono già state costrette a fuggire dalle loro case nel 2025: di queste, lo scorso settembre, 22.000 sono state costrette a scappare in una sola settimana.

L’Osservatore Romano