Al vaglio del Pluralismo e della Transizione

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La nostra riflessione sulla spiritualità è divisa in due parti: la prima presenta l’orizzonte del mondo dentro il quale tale spiritualità dovrà operare; la seconda focalizza le caratteristiche di tale spiritualità. 

                                 Spiritualità nel Mondo, nella Chiesa, nella Famiglia Comboniana

La nostra riflessione sulla spiritualità è divisa in due parti: la prima presenta l’orizzonte del mondo dentro il quale tale spiritualità dovrà operare; la seconda focalizza le caratteristiche di tale spiritualità. All’inizio del terzo millennio e in situazioni di cambio epocale, è fondamentale prevedere verso quale mondo siamo incamminati. Un mondo ancora da configurarsi in pieno, ma già presente attraverso i segni dei tempi. Noi siamo convinti che la missione prevede e causa il futuro. Se cerchiamo di configurare una spiritualità missionaria per l’inizio del terzo millennio, non possiamo non chiederci verso quale futuro siamo incamminati. Altrimenti, ciò che ne uscirà sarà una spiritualità di sopravvivenza, consolatoria e devozionale, dunque alienante e per ‘tirare avanti’, ma non missionaria e ministeriale. Urge quindi riflettere sulla spiritualità nel nostro tempo per sostenere la vita personale, comunitaria e ministeriale della Famiglia Comboniana, che sta transitando e guadando – con non poche incertezze – verso una fase storica del mondo, della missione e della Chiesa decisamente nuova.

Pluralismo: sfida ineludibile
Non abbiamo altra alternativa: il pluralismo è l’orizzonte del terzo millennio, del nostro futuro, prossimo e lontano, nel mondo, nella chiesa, e nella Famiglia Comboniana. E la spiritualità è la capacità di vivere in pienezza, con serena speranza e incisività ministeriale, in tale mondo, chiesa e Famiglia Comboniana. La spiritualità ci fa capaci di apertura a Dio e capaci di entrare in solidarietà verso gli altri, l’ambiente e il tempo dove ciascuno/a di noi si trova. Il nostro tempo, dunque, è caratterizzato da un pluralismo complesso liquido e la spiritualità è abilitazione dall’alto e dal basso, verticale e orizzontale, per vivere in tale situazione. È importante rendersi conto di tutto questo per essere in grado di vivere con significato e in pienezza la nostra vita.
Viviamo in un mondo trascinato dalla logica dell’oltre, da un ritmo di cambio e di trasformazione che – lo capiamo anche attraverso il contributo della scienza – sono parte costitutiva della creazione. Cambio e trasformazione, in continuazione, fino alla pienezza del Regno di Dio, alla cui costruzione contribuiamo con il nostro ministero missionario. La missione ci dà la coscienza e la metodologia per essere coinvolti/e nella costruzione di quel futuro che la scienza oggi ci descrive con notevole precisione e realismo. Un futuro che la speranza ci assicura, nonostante le non poche apocalittiche previsioni. Siamo convinti che la fase ultima di tale trasformazione è una escatologia che ha nel Regno di Dio le sue componenti e ingredienti e che la missione è legata, come causa ed effetto, al sempre aperto processo di trasformazione del mondo.
Di conseguenza, essere missionari/e è prima di tutto un modo di vivere e di sentire la vita, e in secondo luogo, questo implica il lasciarvisi coinvolgere come discepoli/e di Cristo e come apostoli/e al modo di Comboni. La spiritualità è chiamata ad assicurare relazioni positive con tutto e con tutti, in un mondo che sarà senz’altro pluralista e molto diverso dal presente.

Pluralismo nel cosmo e nel mondo
Il pluralismo ci stimola e sfida come non mai. Un certo pluralismo a livello cosmico e planetario c’è sempre stato, ma non era mai stato visibile ed esperimentabile come oggi; non ti dava gomitate nelle costole; oggi te le rompe, perché l’altro con la sua alterità religiosa, culturale, sociale, politica, economica… vive accanto a noi; nel passato, stava in un altro continente, oggi vive nello stesso palazzo, la porta accanto, fa lo stesso lavoro, frequenta lo stesso negozio. I mass media ce lo portano in casa a ritmo crescente. Nel passato, era una alterità che non sfidava, non minacciava. Oggi non più. La spiritualità missionaria deve essere, prima di tutto, a servizio dell’imparare a convivere con questa novità sconvolgente.
Non pochi membri della Famiglia Comboniana vivono a disagio in tale mondo emergente, e manifestano un rifiuto della storia attraverso un continuo pessimismo e mugugni, che, oltre a spaventare i membri più giovani delle nostre comunità, tarpano le ali all’entusiasmo comboniano – che è parte integrante della nostra identità e tradizione – e allontanano possibili nuove vocazioni alla nostra famiglia.

Alcuni tipi di pluralismo:

  • Pluralismo cosmologico: dal geocentrismo di Tolomeo (II secolo d. C.) si è passati a quello eliocentrico di Keplero (nel 1500) e oggi la cosmologia, attraverso l’astronomia, ci sta abituando ad un mondo multicentrico e con miliardi di galassie.
  • Pluralismo politico: non più mondo bipolare (Guerra Fredda), o uni-polare (post crollo del Muro di Berlino), ma multi-polare. Per esempio, il presidente americano, Barack Obama, non può dettare leggi al resto del mondo, come ancora il suo predecessore G. W. Bush pensava di poter fare;
  • Pluralismo di religioni e di culture: accentuato dalla globalizzazione e che ci introduce alla conoscenza di valori e di sensibilità ‘altre’;
  • Pluralismo di condizioni di vita e di stratificazioni sociali: il ritmo veloce delle mobilità di massa a cui assistiamo, l’aumento della popolazione mondiale e le conseguenze derivanti al tipo di sviluppo che un paese/continente privilegia…
  • Pluralismo di chiese locali con proprie liturgie, teologie e rispettivi sistemi giuridici;
  • Pluralismo di ministeri dentro la Chiesa e nel rapporto della Chiesa con la società civile e quella politica;
  • Pluralismo nella Famiglia Comboniana: che, in misura crescente, sta diventando per la prima volta veramente internazionale e cattolica e che dovrà ricompattarsi, in quanto Famiglia, con l’accentuarsi del ministero proprio del Fratello, della Suora, e dei Laici.

    Una spiritualità per vivere in un mondo pluralista, in una convivenza delle diversità che accentuerà l’urgenza della riconciliazione e l’accettazione dell’altro in una sua alterità non addomesticabile. Non dimentichiamo che in passato, anche nella Famiglia Comboniana, tanti hanno visto la missione come la via per distruggere il pluralismo religioso, e in un certo senso, anche quello culturale, attraverso la diffusione della fede cristiana, l’imposizione di una sola liturgia, un solo rito, una sola teologia, un solo modello di Chiesa, quello romano. Questo insieme di visione teologica, di atteggiamenti mentali ed emotivi rendono impossibile la convivenza serena e costruttiva che il pluralismo richiede. Da ciò l’urgenza di una teologia nuova e di una spiritualità nuova.
    Un pluralismo ci ha sorpresi; non vi siamo preparati. Si vedono esplosioni di etnicismo e razzismo ovunque: in occasioni di elezioni politiche, oppure durante una partita di calcio; su cerca l’appoggio di partiti politici che rifiutano il pluralismo… Nel mese di aprile, 2009, le Nazioni Unite hanno organizzato la Conferenza sul Razzismo e questa ha fallito nel suo intento nel senso che, soprattutto i grandi imperi non sono pronti ad accogliere il pluralismo che si tradurrebbe anche in nuovi rapporti di forza e di potere.
    Anche i fondamentalismi presenti in tutte le religioni sono resi nervosi e aggressivi dal pluralismo. Pluralismo a cui la storia non ci ha preparati. Tutti, si credeva, sarebbero diventati cristiani, o tutti mussulmani. Ora, il Dio delle sorprese ci fa intuire – il Dio trino – che il pluralismo (anche) religioso, potrebbe fare parte del suo disegno di salvezza e costituire una delle caratteristiche del suo Regno.
    Sono i grandi imperi teocratici, politici e commerciali, la cui epitome è la Torre di Babele, a non volere il pluralismo. Ma la Babele descritta nel capitolo 11 della Genesi fa da pandan al capitolo 10: una litania di nomi e di nazioni che poi la Pentecoste (Atti degli Apostoli) ci ripropone e consacra come forma definitiva del Regno di Dio. La Apocalisse, con i suoi squarci di futuro – terra nuova e cieli nuovi – esalta il pluralismo e canta la vittoria su ogni impero. Sempre attuale il famoso romanzo-profezia di George Orwell: 1984 sul grande fratello…

    Pluralismo nella Chiesa - Pluralismo Ministeriale
    Al pluralismo intraecclesiale portano le grandi piste aperte dal Vaticano II attraverso il dialogo ecumenico della Unitatis Redintegratio. Si tratta di una unità cattolica, quindi pluralistica e non di uniformità. E al dialogo interreligioso – che riconosce una legittimità a tutte le religioni – portano la Nostra Aetate e Dignitatis Humanae con una presenza e azione dello Spirito Santo, che è il primo agente della Missione e che va aldilà dei confini visibili della chiesa.
    Una spiritualità per sostenere una ministerialità multipla nelle comunità cristiane, che supera la ministerialità intesa ‘solo’ del ministro ordinato, e che porta, una volta per sempre, al superamento del clericalismo, causato da una visione teologica che vedeva solo nel sacerdote il ministro, e tutti gli altri coadiutori o aiutanti; clericalismo che relegava soprattutto i laici nel ruolo di eterni bambini e prete-dipendenti in tutto.
    Al centro del ministero c’è il rapporto interpersonale, l’attenzione alla persona. La persona che vive tale ministerialità rappresenta la persona del Padre, la compassione del Padre, al modo di Gesù Cristo, e non, prima di tutto, una istituzione, sia pure quella ecclesiale. La frase di Gesù: il sabato per la persona è fondamentale per la comprensione di tale ministerialità.
    Una spiritualità a sostegno della collaborazione ministeriale, dentro e fuori della Chiesa e della società civile. Una spiritualità che sostenga la realizzazione della collaborazione uomo-donna; religioso-sociale; locale-globale; religiosa-laicale. Tale collaborazione deve essere la nota caratteristica che esige grande maturità umana, libertà e serenità nel rapporto fra uomini e donne.

    Pluralismo di appartenenze (fedeltà) nella Famiglia Comboniana
    Ciascuno di noi appartiene a una nazione, a un continente, a una cultura, a una famiglia, a una chiesa locale, a una congregazione, a una parrocchia, con una professione diversa, dei talenti diversi... Come integrare tutto questo senza assolutizzare una appartenenza a scapito delle altre?
    Prima del Vaticano II, l’appartenenza era molto cementata sul contro: appartengo a una religione e quindi sono contro un’altra. Non deve essere più cosi! Questo ‘tipo’ di appartenenza era rafforzato da motivazioni errate, da componenti emotive che assicuravano ‘stabilità’ proprio perché altre appartenenze erano presentate come ‘negative’. Nella vita religiosa, per esempio, la fedeltà al voto di castità era ‘rafforzata’ da una concezione negativa della sessualità. Oggi non è più cosi! E questo rende la fedeltà più problematica soprattutto in momenti di crisi. Anche perché la parola ‘fedeltà’ è quasi scomparsa dal vocabolario come ‘virtù’ mentre in passato era ritenuta cruciale. Sappiamo bene quanto oggi l’espressione ad vitam sia culturalmente debole. Quindi, quale spiritualità?
    Oggigiorno, l’unico che si vanta di essere fedele sembra essere il Dio della Bibbia. Tutto è divenuto liquido quindi, fragile, dalla corta durata, dai legami famigliari minacciati dalla separazione e dal divorzio. Nelle congregazioni religiose le entrate e le uscite costituiscono un carnevale frenetico e spesso uscire sembra essere l’unico mezzo per risolvere problemi e tensioni. Come il divorzio ad ogni tensione e crisi famigliare.
    La pazienza, la gratuità, la trascendenza di sé sembrano non avere peso come valori per i quali investire tutta la vita. Il senso di giustizia applicato a sé stesso, il senso dei diritti propri separati da quello dei doveri, la coscienza della propria dignità personale, interpretata in modo individualista, senza la componente sociale e comunitaria, minano ogni senso di appartenenza e la possibilità di fedeltà quando qualche cosa si incrina nei rapporti interpersonali o ministeriali.
    Spiritualità o schizofrenia?
    In una situazione religiosa, culturale e ministeriale cosi pluralistica e quindi spesso frammentata, il pericolo della schizofrenia – cioè della frammentazione interna, delle contraddizioni negli atteggiamenti esterni, della mancanza di integrazione e di unificazione della persona – può essere veramente reale. Da ciò l’impegno serio, metodico e duraturo per ricompaginare una spiritualità missionaria comboniana nuova, che, per un verso, è dono dall’alto: di Dio, come germoglio nel ceppo del carisma comboniano attraverso l’intercessione del nostro fondatore San Daniele Comboni e, dall’altro verso, è frutto dal basso, di un impegno coordinato di tutte le componenti della Famiglia Comboniana, che attinga ad una molteplicità di risorse, per assicurare un alto livello di professionalità, fondata su un’etica adeguata, componente indispensabile della ministerialità missionaria nel terzo millennio. (prima parte)

    Francesco Pierli missionario comboniano, e Maria Teresa Ratti, missionaria comboniana
  • Francesco Pierli, mccj e Maria Teresa Ratti, smc