Roma, lunedì 17 ottobre 2011
“Ancora non ho fatto molto, ma sono qui. Penso che la cosa fondamentale della nostra missione sia essere capaci di stare accanto alla gente emarginata. Gente che vive con pochissimo, quasi niente, ma che canta, balla e ride”, scrive Élia Gomes, infermiera professionale, che lavora come Laica Missionaria Comboniana nella Repubblica Centrafricana.

Pubblichiamo, di seguito, alcuni stralci della lettera che Élia Gomes ha inviato ai Laici Missionari Comboniani (LMC) portoghesi:
“Siamo a fine settembre. Da tempo si è concluso il corso di lingua sango e il periodo di integrazione. Ma ancora non me la sento di parlare sango. Anche per quanto riguarda il lavoro, sto facendo molto poco, ma non ho fretta di “fare”. Per ora, collaboro con alcuni militari francesi che ogni quattro mesi, per una settimana, aiutano la missione nella campagna contro il Pian, una malattia infettiva contagiosa, soprattutto fra i pigmei.

Il mio primo contatto col paese è stato positivo. Ho trovato molte somiglianze con l’Africa che già conoscevo: il calore, l’umiltà, la terra rossa, i colori, le case di argilla, i mercati e le “bancarelle” per strada all’imbrunire; i tamburi durante la notte e i profumi, in particolare l’odore forte della manioca messa a seccare, e, soprattutto, l’allegria delle persone e il sorriso dei bambini.

In questo periodo, più che imparare la lingua o cominciare a fare tante cose, è stato importante il contatto con un popolo e una realtà completamente diversi. Parlo dei pigmei Aka. Ho accompagnato le suore comboniane alle lezioni di cucito negli accampamenti e ho aiutato a ripulire i campi per la semina. Ho seminato il miglio e ho piantato banani. Le ho accompagnate anche nelle visite alle scuole della missione. Il Venerdì Santo ho partecipato ad una Via crucis, alle sette del mattino, in un accampamento nella foresta. È stata un’esperienza unica. Non ho parole per descrivere ciò che ho provato. Ancora non ho fatto molto, ma sono qui. Penso che la cosa fondamentale della nostra missione sia essere capaci di stare accanto alla gente emarginata. Gente che vive con pochissimo, quasi niente, ma che canta, balla e ride.

Anche a Mongoumba ho fatto alcune esperienze gratificanti. Fin dalla prima settimana ho avuto l’opportunità di prendere parte alla visita pastorale del nostro vescovo, Mons. Guerrino Perin, alla parrocchia. La seconda settimana, abbiamo avuto la visita del dottor Onimus, ortopedico francese, che per cinque giorni ha visitato e operato i bambini ricoverati nel Centro di Riabilitazione della missione. A fine maggio, in collaborazione con l’esercito francese, ho partecipato alla campagna contro il Pian, facendo vaccinazioni in cinque accampamenti.

Intanto ho cominciato a fare piccole cose in campo sanitario, ma non molto perché il dispensario della missione è chiuso da tempo. Il nostro lavoro è, principalmente, far sì che i malati Aka siano ben curati nell’ospedale e integrati nel sistema sanitario nazionale, perché qui c’è ancora una grande discriminazione. In collaborazione con la Caritas diocesana, sosteniamo sei Presidi sanitari – per ora ne conosco solo due – e un deposito di medicine.

Come occupazione nel tempo libero, preparo il latte per i bambini malnutriti e gli orfani di cui ci prendiamo cura. Nei giorni liberi accompagno la mia collega nelle visite alle scuole. Finora sono sempre stata accolta bene e sono contenta di essere qui. Al Signore chiedo soltanto la forza di continuare a lavorare con umiltà e amore”.