Roma, domenica 27 novembre 2011
Il vescovo di Brescia, monsignor Luciano Munari, ha recentemente partecipato alla cerimonia annuale di consegna del Premio Cuore Amico, definito a ragione il Nobel dei Missionari. Fra i premiati ci sono i comboniani P. Renato e P. Alberto Modonesi. Per P. Renato si ricordano i suoi 35 anni in Africa, in particolare nella Repubblica Democratica del Congo, dove la Chiesa è diventata punto di riferimento per tutti. Suo fratello Alberto, ancora in Egitto, dal 1967 è vissuto in Sudan per molti anni condividendo la vita e le attese di quei popoli dell’Islam ora in cerca di un rinnovamento storico per una libertà condivisa.

Il Premio alle opere preziose svolte in Africa e Sudamerica, istituito 21 anni fa dalla Associazione Cuore Amico, viene assegnato a sacerdoti e religiosi, suore e laici che vivono la loro vocazione a fianco di sofferenti e bisognosi. Per il 2011 la scelta di Cuore Amico è caduta sui sacerdoti comboniani Alberto e Renato Modonesi, due fratelli da molto tempo missionari rispettivamente in Sudan e nella Repubblica Democratica del Congo. La religiosa scelta è suor Maria Lucia Bianchi, attualmente missionaria in Burundi. La missionaria laica che verrà premiata è Ernestina Cornacchia che presta la sua opera missionaria in Brasile. Quest’anno è stato, inoltre, deliberato di proporre una menzione speciale in memoria della dottoressa Maria Grazia Buggiani, medico in Zimbabwe. Il premio viene consegnato nel mese di ottobre, mese missionario.

L’obiettivo del Premio Cuore Amico, "Nobel missionario", è segnalare, attraverso figure esemplari di missionari, la grande opera di civilizzazione promossa dalla chiesa attraverso l'evangelizzazione a favore dei poveri del terzo mondo.

Criterio ispiratore dell'iniziativa è quello di valorizzare figure di missionari che con la loro vita siano testimoni fedeli al Vangelo e di amore agli ultimi attraverso la condivisione della povertà e il lavoro finalizzato alla loro crescita ed autonomia nel rispetto di ogni cultura e tradizione. Obiettivo che si realizza attraverso iniziative comunitarie non di pura assistenza ma di autentica promozione umana a vari livelli.

"La rivendicazione del rispetto dei diritti umani, di libertà, di giustizia, di dignità, di superamento del razzismo – si legge nel regolamento del premio – sono solo alcune delle linee guida dei missionari che si impegnano, in spirito di cooperazione, ad ogni iniziativa che esalti la dignità di ogni singolo essere umano."

 

PADRE RENATO MODONESI
“È sempre Dio che chiama e vuole la salvezza di tutti. Leggendo le vicende di Abramo, di Samuele, di Geremia, mi sono accorto, una volta di più, che è Dio che chiama chi vuole e quando vuole!”. Si presenta con queste parole, sintetiche e significative, padre Renato Modenesi, nato 73 anni fa a Corticelle Pieve in provincia di Brescia. “Avevo 21 anni e tanti progetti in testa … non avevo altri diplomi che la quinta elementare… Quando avevo deciso, in cuor mio, di fare qualcosa anch’io come mio fratello Alberto, in molti hanno cercato di impedirmi di entrare in seminario a Crema, tra le vocazioni adulte. Ma divenni sacerdote missionario comboniano nel 1969”. Padre Renato è partito per lo Zaire nel 1975. Poi si è spostato, in vari Paesi dell’attuale Repubblica Democratica del Congo. Ed in Africa è rimasto in tutto 35 anni. “Quando penso che il Congo, otto volte l’Italia, potrebbe sfamare tutto il mondo e che quattro milioni di abitanti senza colpa non sanno niente di Gesù, mi viene da piangere”.

 

PADRE ALBERTO MODONESI
Nato nel 1942 a Corticelle Pieve, nel bresciano, è stato ordinato sacerdote comboniano nel 1967 e nel 1970 è andato in Sudan dove è rimasto fino al 2010, con alcune interruzioni per studiare al Centro universitario di Nairobi e per dirigere il Centro di Studi Arabi ed islamici al Cairo, in Egitto, dove si trova tuttora, in una piccola parrocchia di copti cattolici alla periferia della capitale. Oltre alla cura pastorale dei pochi cristiani cattolici di questa zona, l’attività di padre Alberto si svolge nell’ambito del dialogo con il mondo musulmano e nell’impegno ecumenico. “Il cristiano egiziano deve saper uscire dal sentimento del vittimismo e della paura della persecuzione che paralizza ogni suo movimento e deve essere aiutato a lanciarsi verso la scoperta di un Cristianesimo senza frontiere che testimoni la gioia di conoscere e di amare Cristo e di farlo conoscere ed amare”.