Ritiro della comunità della Curia per l’inizio della Quaresima

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Mercoledì 10 febbraio 2016
Oggi, mercoledì delle ceneri, P. Jorge García Castillo [nella foto] ha orientato una giornata di preghiera per i confratelli della comunità della Curia, a Roma. Nella sua riflessione si è soffermato sui temi del “sognare” e “convertirsi”, ispirati a due testi biblici [Ezechiele 37, 1-6 e Apocalisse 21, 1-2] e richiamandosi ai numeri dal 20 al 43 degli Atti Capitolari 2015. “Sognare e convertirsi – ha detto P. Jorge – in tempi come i nostri, caratterizzati dalla fine delle utopie, dalla liquidità, dall’individualismo, dalla globalizzazione dell’indifferenza, dall’incapacità di commuoversi anche di fronte ai mali più terribili, non può in alcun modo essere il risultato di una decisione più o meno consistente, dell’ascesi, del volontarismo. È piuttosto risposta allo Spirito che lavora in noi come persone e come comunità, che ci convoca per trovare e seguire strade nuove per portare a tutti, specialmente ai più poveri la gioia del Vangelo e il Vangelo della vita. Così lo ha inteso e vissuto il nostro padre e fondatore”.


LO SPIRITO CI CHIAMA
A SOGNARE E A CONVERTIRCI


(Atti Capitolari 20-43)


“Fondamentalmente sappiamo d’essere tutti della stessa razza, di far parte di uno stesso popolo, il popolo umano, tessuto di debolezza, di fragilità e di forza, d’intelligenza e di bellezza. E, in ognuno di noi, c’è un certo numero di sogni: sogniamo un mondo migliore, ma sappiamo anche che la realtà in cui viviamo non è una realtà molto piacevole. E vorrei dire che in questa ferita che ognuno di noi porta in sé, c’è la salvezza… Tutti ci portiamo dentro una sensazione di solitudine, qualunque sia l’età, lo stato di vita: sposati o celibi, portiamo dentro una profonda insoddisfazione. Così è la condizione umana. Eppure possiamo scoprire che nel cuore di questa ferita c’è una presenza di Dio”. [Jean Vanier, La paura di amare, p. 31].

Provvidenzialmente questa mezza giornata di ritiro spirituale capita proprio all’inizio della Quaresima. Tempo forte della liturgia che non deve essere visto a sé stante ma come parte integrante di un cammino pasquale.

Nel contesto del dopo-Capitolo e della quaresima, il tema che oggi ci viene proposto è “Lo Spirito ci chiama a sognare e a convertirci:


SOGNARE

Non come un processo alienante ma come atteggiamento che suscita in noi la speranza. Forza che scatena le energie migliori. Che ci fa sperare-costruire quello che è il sogno di Dio e questo in momenti non proprio belli per il mondo e per il nostro Istituto.

Infatti, al n. 31 degli Atti Capitolari 2015 (AC), con grande coraggio e molta umiltà, i capitolari riconoscono che ci sono “molti elementi negativi che svuotano la nostra vita e ne minacciano l’equilibrio: individualismo, fragile maturità umana, poca cura della vita interiore, superficialità per vivere i valori della nostra consacrazione, scarso senso di appartenenza e responsabilità. Stili di vita inadeguati, perdita di passione per il servizio missionario”. Ma non solo. Gli AC confessano che ci sono “comportamenti incoerenti con la vocazione alla vita consacrata e missionaria da parte di alcuni confratelli che sono un’ombra che ci accompagna e causano dolore, ferite e contro testimonianza” (AC 32).

Di fronte a questa realtà, gli AC ci invitano a sognare “un istituto di missionari in uscita; pellegrini con i più poveri e abbandonanti; evangelizzati ed evangelizzatori; testimoni della gioia e della misericordia; ispirati al Cuore di Gesù appassionato per il mondo; in ascolto di Comboni e dell’umanità”. Un Istituto che sa leggere i segni dei tempi e dei luoghi. Con strutture semplici, condivise e accoglienti.

Per alimentare questo sogno possiamo guardare la storia del popolo eletto della prima alleanza; un popolo colpito nella sua identità più profonda, in esilio, devastato. È in questa situazione che Dio si fa presente per mezzo del profeta che dice: “La mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella pianura che era piena di ossa; mi fece passare accanto a esse da ogni parte. Vidi che erano in grandissima quantità nella distesa della valle e tutte inaridite. Mi disse: «Figlio dell’uomo, potranno queste ossa rivivere?». Io risposi: «Signore Dio, tu lo sai». Egli mi replicò: «Profetizza su queste ossa e annuncia loro: “Ossa inaridite, udite la parola del Signore. Così dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete. Metterò su di voi i nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete. Saprete che io sono il Signore” (Ez 37, 1-6).

È lo stesso sogno del Popolo di Dio della Nuova Alleanza in una esperienza di dolore, persecuzione, smarrimento e martirio del quale parla il libro della Rivelazione: “E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c'era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo” ( Ap 21,1-2). Siamo dunque chiamati a sognare ma anche a


CONVERTIRCI

  • In primo luogo, gli AC ci invitano a “convertirci dalla paura che tende a farci ripiegare su noi stessi, alla fiducia in Dio e negli altri, che ci porta a osare sogni grandi, nonostante la nostra piccolezza” (AC 24).
  • A lasciare da parte la tendenza al protagonismo e all’autoreferenzialità per diventare membri di una Chiesa ministeriale, comunitaria, che collabora (AC 25).
  • A scegliere i poveri come compagni di strada e nostri maestri per promuovere la globalizzazione della fraternità e della tenerezza (AC 26).
  • A metterci in camino per andare incontro agli altri lasciando da parte l’individualismo (AC 27).
  • Alla spiritualità comboniana del Buon Pastore in atteggiamento di uscita verso l’altro (AC 28)
  • A nuovi stili di vita e scelte evangeliche.
  • A una spiritualità che ci guarisce e umanizza, Basata sulla Parola di Dio ascoltata, vissuta, celebrata, annunciata; che tocchi tutte le dimensioni della nostra vita (AC 30).
  • A recuperare il senso di appartenenza, la gioia e la bellezza di essere vero  cenacolo di apostoli, comunità di relazioni profondamente umane (AC 33).
  • A riscoprire la famiglia comboniana come luogo carismatico (AC 34).
  • Ad andare alle periferie umane con il gusto di rimanere vicini alla vita della gente (AC 36).
  • Ad avere cura dei nostri confratelli anziani e ammalati e a saper essere riconoscenti per la loro testimonianza di serenità e saggezza missionaria (AC 38).
  • Ad una riorganizzazione che ci porti a essere audaci e creativi e a ripensare obiettivi, strutture, stile e metodi di evangelizzazione e animazione missionaria nella collegialità, la sussidiarietà, la corresponsabilità, l’interazione tra le circoscrizioni e una leadership condivisa (AC 39.41).

Non basta dunque compiere dei piccoli gesti: non bere vino, smettere di fumare o di mangiare dolci o affettati. Forse ci conviene di più pensare alle tante persone che rischiano di morire di fame (in Siria e Sudan, per esempio) e fare qualcosa di più concreto ed efficace.

Sognare e convertirsi in tempi come i nostri, caratterizzati dalla fine delle utopie, dalla liquidità, dall’individualismo, dalla globalizzazione dell’indifferenza, dall’incapacità di commuoversi anche di fronte ai mali più terribili, non può in alcun modo essere il risultato di una decisione più o meno consistente, dell’ascesi, del volontarismo. È piuttosto risposta allo Spirito che lavora in noi come persone e come comunità, che ci convoca per trovare e seguire strade nuove per portare a tutti, specialmente ai più poveri la gioia del Vangelo e il Vangelo della vita. Così lo ha inteso e vissuto il nostro padre e fondatore.

Così li concepiscono Anselm Grün che afferma: “Inserendo nel mondo il nostro sogno e, attraverso di esso il sogno di Dio riguardo al mondo, collaboriamo alla sua trasformazione e sentiamo che la nostra vita è preziosa, che con i nostri sogni contribuiamo a cambiarlo e renderlo un po’ più umano e luminoso” (I sogni della vita, p. 85) e Friedrich Nietzsche che dice: “Nei processi dei suoi sogni, l’uomo si esercita per la vita futura”.