Venerdì, 10 febbraio 2017
A Bangui, la capitale della martoriata Repubblica Centrafricana, la gente li chiama i “gemelli di Dio”. Eppure sono molto diversi. Uno, è il cardinale Nzapalainga, alto e robusto, arcivescovo di Bangui e, naturalmente, cattolico. L’altro è l’imam Kobine Layama, piccolo e magro, capo musulmano della capitale. Diversi ma uguali nella loro lotta per la pace attraverso il dialogo e per un futuro migliore e riconciliato per il loro popolo. [Video in spagnolo sull'incontro con il cardinale Nzapalainga e l’imam Kobine Layama].

I due “gemelli” sono a Madrid per ricevere il premio "Mundo Negro alla Fraternità 2016" e partecipare, come relatori, al “XXIX Incontro Africa”, organizzato ogni anno dalla rivista Mundo Negro dei Missionari Comboniani.

Il tema delle giornate di quest’anno, “Islam e cristianesimo, dialogo sotto lo stesso tetto” calza alla perfezione con ciò che pensano e vivono i due leader religiosi centrafricani che da anni si dedicano al conseguimento della pace, non solo in teoria, ma mettendo in gioco la propria vita.

Da quando, nel marzo 2013, le milizie Seleka (musulmane) hanno preso il potere e sono state contrastate dai soldati ‘anti Balaka’ (cristiani), l’arcivescovo e l’imam sono diventati costruttori di pace, mostrando chiaramente, con la loro esperienza, che non si tratta di un conflitto religioso. “La guerra in Centrafrica non è e non è mai stata una guerra di religione”, assicura con convinzione il cardinale Nzapalainga. E aggiunge: “La violenza, la subiscono i poveri in quanto tali e, per far fronte ad essa, cadono anch’essi nella violenza”.

E porta vari esempi di amicizia e di pace fra le due comunità religiose. “Abbiamo aperto le porte delle nostre case e delle nostre parrocchie, che si sono riempite di rifugiati musulmani, e la stessa cosa hanno fatto i musulmani con i cristiani, aprendo loro case e moschee, a rischio della propria vita” spiega il porporato.

Il cardinale, infatti, ha accolto nella sua casa, per oltre nove mesi, l’imam Lamaya e tutta la sua famiglia, perché i miliziani avevano incendiato la sua moschea e la sua casa.

Con il passare del tempo e dopo la visita di Papa Francesco, il desiderio di pace si è fatto più intenso, la gente ha cominciato a valorizzare il gesto e a chiamare “gemelli di Dio” il prelato e l’imam. A poco a poco, le persone hanno cominciato a capire che è possibile “trattarsi come fratelli” e i “gemelli di Dio” hanno creato una piattaforma interreligiosa, che opera come “i pompieri, spegnendo molti incendi nel paese”, ottenendo riconoscimenti all’estero, negli Stati Uniti, in Germania e in Olanda, dove hanno ricevuto vari premi.

Ovunque, presentano la loro “ricetta” dell’educazione per spezzare la spirale della violenza. “Bisogna educare e formare per convincere le persone che nella società non è la forza fisica ma sono la stima e il rispetto ad avere l’ultima parola. Perché, spesso, chi non risponde alla violenza con la violenza, viene considerato un debole, mentre invece è il contrario” dice Nzapalainga.

Dalla parte dell’islam, l’imam Lamaya dice che “la violenza riposa sull’ignoranza religiosa. Solo il credente che non conosce bene la propria religione può rispondere con la violenza. Molti estremisti sono ignoranti dal punto di vista religioso”. E cita, a sostegno della sua tesi, una sura del Corano. Proprio perché la considerano violenta, i due leader religiosi denunciano la decisione del presidente americano, Donald Trump, di chiudere le frontiere a sette paesi musulmani. “Una decisione per niente saggia. È un’ennesima dimostrazione della strumentalizzazione politica della religione. Bisogna chiamare le cose con il loro nome e distinguere fra il criminale e il credente”, spiega l’imam.

“Non è una buona soluzione, perché in questi paesi c’è gente per bene che non ha niente a che vedere con l’estremismo: fare di ogni erba un fascio è il modo migliore per far radicalizzare i buoni e far diventare ostaggi gli abitanti di un paese”, aggiunge il cardinale. E conclude: “Non vogliamo che i politici manipolino la religione né vogliamo fare noi politica, perché non siamo dei politici”.

Finita la conferenza stampa, i “gemelli di Dio” si alzano e si danno la mano per le foto. È palpabile il feeling che c’è fra questi due costruttori di pace e, proprio per questo, fratelli e amici.
Mundo Negro