Sabato 15 aprile 2017
“Vi racconto – scrive P. Francesco Nascimbene – che da un po’ più di un mese si è realizzato un sogno che stavo alimentando da quando sono a Bogotà: formare una piccola equipe con cui lavorare e condividere la vita, la ricerca, il cammino in questo quartiere. Cercavo una persona e ne sono arrivate tre. Due sono suore di una congregazione nata a Bogotà, che si ispira alla spiritualità dell'apostolo Giovanni: si chiamano Nidia e Norma, hanno entrambe 52 anni. La terza è una laica di nome Marisol, ha 48 anni, e si ispira alla spiritualità di Charles de Foucauld”. […] Buona Pasqua.

Cari amici che mi accompagnate dall’Italia,
vi racconto che da un po’ più di un mese si è realizzato un sogno che stavo alimentando da quando sono a Bogotà: formare una piccola equipe con cui lavorare e condividere la vita, la ricerca, il cammino in questo quartiere. Cercavo una persona e ne sono arrivate tre. Due sono suore di una congregazione nata a Bogotà, che si ispira alla spiritualità dell'apostolo Giovanni: si chiamano Nidia e Norma, hanno entrambe 52 anni. La terza è una laica di nome Marisol, ha 48 anni, e si ispira alla spiritualità di Charles de Foucauld.

Hanno affittato una casetta a pochi metri dalla mia e stiamo tentando, un po’ alla volta, di costruire una vita di comunità apostolica.

Anche loro stanno cercando di vivere del loro lavoro, anche loro vivono con la porta aperta e hanno spesso ospiti che vengono a condividere con loro qualche giorno.

Per ora abbiamo deciso di pranzare insieme tre volte a settimana, di fare un'oretta di preghiera insieme altre tre volte e di dedicare un pomeriggio a settimana ad una “lettura” della realtà del quartiere e alla programmazione del lavoro pastorale.

Nidia, Norma e Marisol stanno cominciando a conoscere il quartiere e, come primo impegno comune, abbiamo iniziato due gruppetti di catechesi afro per bambini e adolescenti neri, in cui cerchiamo di aiutarli a conoscere Gesù partendo dalla storia, dalla cultura e dalle tradizioni nere. Ogni gruppo è guidato da una delle suore e da una signora del gruppo nero che viene ad aiutarmi da più di un anno.

La settimana scorsa ero in casa con le tre sorelle nel pomeriggio dedicato alla lettura della realtà. È passata una donna di circa 35 anni, ha visto la porta aperta ed è entrata: aveva il volto sfigurato dalla sofferenza e l’abbiamo fatta sedere. Ha cominciato a raccontare. Ha un tumore in uno stato abbastanza avanzato e veniva da una seduta di chemioterapia che l'aveva distrutta. Il marito è in carcere, uno dei 4 figli è disabile e lei vende sacchetti per la spazzatura, quando la salute glielo permette.

Siamo rimasti in silenzio perché vedevamo che aveva bisogno di parlare ed era inutile continuare a riflettere sul venerdì santo quando Gesù sofferente era appena entrato dalla porta di casa. Stava andando a casa, aveva un po’ di minestra che le avevano regalato, ma non aveva gasolio per accendere la stufa e scaldare la minestra. Le abbiamo dato un po’ di soldi e lei ha continuato a parlare per un'altra mezz'oretta, poi ha ripreso il suo cammino, dopo averci ringraziato e abbracciato uno ad uno. Abbiamo terminato l'incontro celebrando la Messa e la figura di quella donna ha continuato ad occupare la nostra mente ed il nostro cuore durante tutta la celebrazione.

Nel quartiere continua a farsi sentire la presenza di una banda giovanile che vende droga, va in giro armata, assalta, ruba, minaccia e uccide.

Quindici giorni fa cinque di loro erano davanti a casa mia. È arrivato un cliente, per la droga, e hanno litigato. Alla fine lo hanno buttato per terra prendendolo a calci. Lui ha cercato di fuggire ma l’hanno sbattuto di nuovo a terra e ho capito che volevano ucciderlo. Per un momento mi sono chiesto se potevo far finta di niente; d’alta parte, non sapevo come affrontare cinque giovani armati. Alla fine ho deciso di uscire di casa e mettermi in un posto lì vicino, dove mi vedessero bene, e osservare la scena intensamente. Non ho detto una parola ma quando i giovani si sono accorti che li stavo osservando, hanno smesso di prendere a calci la loro vittima che è riuscita ad alzarsi e a fuggire. I giovani l’hanno lasciata fuggire e si sono allontanati in silenzio, con gli occhi bassi. Ho ringraziato il Signore per avermi ispirato la mossa giusta che mi ha permesso di salvare una vita senza aggiungere violenza a violenza.

Durante questo tempo di Quaresima il testo biblico che più ha richiamato la mia attenzione è stato quello di Ezechiele 37,12-14: “Sto per aprire le vostre tombe, popolo mio... Vi farò alzare dalle vostre tombe”. Quante volte, pensavo, viviamo come rinchiusi in una bara, le cui pareti sono i nostri limiti, le nostre debolezze, la nostra cecità o la situazione che ci circonda. Quante volte neppure crediamo che sia possibile venirne fuori e ci accomodiamo senza speranza tra le pareti di questa nostra bara.

Chiedo al Signore che in questa settimana santa ci aiuti tutti a scoprire in che bara ci siamo messi, rinnovi in noi il desiderio di venirne fuori e ci tenda la mano per darci la forza di alzarci e così risuscitare con Lui.
Buona Pasqua
P. Franco Nascimbene, mccj