Lunedì 19 giugno 2017
Ieri, a Verona, i Missionari Comboniani della Provincia dell’Italia, con la presenza delle Missionarie Comboniane e della Chiesa di Verona, hanno festeggiato il 150° anniversario della fondazione del loro Istituto con una solenne Eucaristia, presieduta dal vescovo di Verona, Mons. Giuseppe Zenti [vedi l’omelia in allegato], nella Basilica di San Zeno, e concelebrata da molti sacerdoti, tra cui P. Tesfaye Tadesse Gebresilasie, superiore generale dei Comboniani. Dopo la comunione, P. Tesfaye ha avuto l’opportunità di salutare i presenti: “Oggi, in questa chiesa, vorrei esprimere, a nome del nostro Istituto, il nostro grande e profondo GRAZIE a Verona e alla sua Chiesa e ai suoi figli e figlie”.

 

Basilica di San Zeno, a Verona.

L’Istituto dei Missionari Comboniani
compie 150 anni. Per ricordare l’importante anniversario della fondazione è stata celebrata il 18 giugno 2017, nella Basilica di San Zeno, a Verona, una solenne eucarestia presieduta dal vescovo mons. G. Zenti.

 

L’Istituto per le Missioni dell’Africa nasceva a Verona il 1° giugno del 1867. La nuova opera, sorta inizialmente nella chiesa di San Pietro Incarnario, iniziava i suoi primi passi alla luce di un grande sogno: l’evangelizzazione del continente africano: RIGENERARE L’Africa con l’Africa. Inizialmente, istituto missionario e sogno, descritto nel “Piano per la rigenerazione dell’Africa con l’Africa stessa”, si fondano su due figure, un sacerdote, don Daniele Comboni, che nell’agosto del 1877 diventerà il primo vescovo dell’Africa centrale, e il rettore del neonato collegio, l’ex missionario mazziano e compagno di missione di Comboni, don Alessandro Dal Bosco. L’istituto diocesano è composto sin dalla nascita sia da sacerdoti che da “fratelli coauditori”, uomini di diversa nazionalità, senza voti religiosi, ma vincolati da un giuramento di appartenenza e fedeltà all’istituto e alla sua missione.

Quando Comboni muore, il 10 ottobre del 1881, a soli 50 anni, i missionari sono trentacinque (quattordici in Sudan, cinque al Cairo e sedici a Verona) e le suore, il cui Istituto viene fondato nel 1872 (le Pie Madri della Nigrizia), sono quarantuno, ventidue le professe. Ma un altro passaggio attende i missionari di Comboni: nel 1885 l’Istituto si trasforma in Congregazione religiosa, assumendo il nome di “Figli del Sacro Cuore di Gesù” e rendendosi operante in quattro continenti.

Alla Casa Madre di Verona, sorta nel 1892 accanto alla chiesa di San Giovanni in Valle, in Vicolo Pozzo 1, se ne aggiungono delle altre, su e giù per l’Italia (Bressanone, Brescia, Roma, Trento, ecc.). In Europa nascono comunità comboniane in Inghilterra, Germania, Portogallo, Spagna, ecc.; così come si moltiplicano le comunità in Africa (Sudafrica, Eritrea, Etiopia, Mozambico, Congo, Burundi, ecc.), in America (Perù, Messico, Ecuador, Brasile, Usa) e in Asia (Filippine, Macao, Taiwan e Vietnam).

Oggi i missionari comboniani sono 1.540, provengono da quarantaquattro nazionalità differenti e operano in 43 paesi (in Africa 18, America 12, Europa 9 e Asia 4). I comboniani di origine italiana sono 592: undici vescovi, 472 sacerdoti e 105 fratelli. Accanto a loro, operano le suore missionarie comboniane, le secolari missionarie comboniane, le laiche e i laici che camminano spinti dallo stesso sogno e carisma di Daniele Comboni.

Dal 2015, per la prima volta nella storia, a guidare la Congregazione è un africano: il Superiore Generale dell’Istituto è l’etiopico padre Tesfaye Tadesse Gebresilasie. «Chi contempla i 150 anni di vita dell’Istituto e soprattutto la storia della vita comboniana dei nostri confratelli passati e presenti, è provocato a dire GRAZIE», ha affermato padre Tadesse Gebresilasie, durante il simposio romano di celebrazione dei 150 anni che si è tenuto a Roma, dal 26 maggio al 1° giugno, presso la Curia generalizia dei Missionari Comboniani.

 

Omilia di Mons. Giuseppe Zenti, Vescovo di Verona
per i 150 anni di fondazione dei Comboniani
Basilica di San Zeno, 18 giugno 2017

 

Fedeli nell’oggi
al carisma del Comboni

È stata una felice determinazione quella di celebrare una data tanto significativa, da annali, i 150 anni dalla fondazione dei Comboniani, nella basilica di San Zeno, figlio della terra d’Africa che è stata la passione, la vita e il martirio quotidiano del Comboni e dei suoi figli, eredi del suo carisma.

Questi 150 anni che ci stanno alle spalle sono segnati da un immane travaglio che ha coinvolto l’Europa, l’America e l’Africa! Focalizziamo il pensiero oggi sull’Africa, nella quale il Comboni ha visto la prima terra assolutamente bisognosa di evangelizzazione, con il suo inedito e splendido progetto di salvare l’Africa con l’Africa! 

L’Europa debitrice dell’Africa

L’Africa di questo secolo e mezzo evoca gretto, miope e inumano colonialismo, sfociato poi nel neocolonialismo, anche peggiore del colonialismo: l’Africa è stata saccheggiata, sfruttata, derubata delle miniere, delle foreste, delle sconfinate terre da coltivazione, prima da parte degli Stati europei, poi degli Stati d’America, della Russia, della Cina, delle multinazionali in genere. Terra di schiavismo nel passato e di sfruttamento bieco nell’oggi, abbandonata al suo crudele destino di fame, di guerre civili e tribali, di epidemie. 

Oggi ondate di Africani, specialmente dell’area sub sahariana, hanno adocchiato nell’Europa l’Eldorado. I fenomeni sono sotto gli occhi di tutti: naufragi, campi di accoglienza, problemi su problemi in gran parte ingovernabili; polemiche a non finire, senso di impotenza, motivi di tensione e di scontri politici, come si trattasse di una invasione di barbari.

Eppure, l’Europa ha a che vedere con l’Africa (a onor del vero, anche con la Siria, il Medioriente, l’estremo Oriente): non può permettersi di fingere di non sapere ciò che i vari suoi Stati hanno fatto a queste aree del pianeta e, in particolare l’Africa. Non può permettersi di voltare la faccia da un’altra parte, avvitandosi sempre più su se stessa. Non sarebbe il caso che la politica internazionale a cominciare da quella europea cambiasse strategia?

Mentre su noi tutti incombe il dovere civile dell’accoglienza dignitosa dei rifugiati, scampati ai naufragi, almeno perché l’emergenza non diventi strutturale, siamo convinti che occorre passare da una strategia di sfruttamento ad una strategia della promozione umana, fatta di investimenti aziendali di imprese sostenute dagli Stati. Tali investimenti, nel volgere degli anni, allenterebbero, fino ad arrestarli, i flussi migratori, come esodi di massa; farebbero costare assai di meno in termini economici gli attuali e futuri interventi che gravano sulle spalle dell’Italia e dell’Europa; trasformerebbero in protagonisti del loro progresso e del loro benessere gli Africani stessi. L’Africa va restituita agli Africani! Mi rendo conto che tali prospettive sono l’uovo di Colombo per chi è abituato al senso del bene comune, mentre per chi è prigioniero e idolatra degli interessi individuali è una follia. Salvo restando, ovviamente, il diritto di emigrazione per ogni cittadino del mondo. 

Promozione umana, evangelizzazione, sacramentalizzazione eucaristica inscindibili

In ogni caso, carissimi padri e fratelli Comboniani, voi ci siete dentro. Voi condividete la vita e i travagli di quella gente che vi è entrata in cuore non meno che i vostri stessi familiari di sangue. Questa gente è la vostra vita, la vostra missione, la vostra passione. Vi siete sentiti chiamare da Dio alla missione per loro, per servirli nel nome di Dio Amore trinitario. Giustamente, voi sentite il dovere profetico di elevare la voce in difesa di questi poveri, impoveriti e immiseriti dalla rapacità dell’egoismo occidentale, ma nei fatti siete costretti a constatare che “gli sfruttatori” non sono per nulla intenzionati a darvi ascolto.

Comunque stiano le cose, nei Continenti e nei Paesi dove la Provvidenza vi ha inviati, per il tramite dell’obbedienza, voi siete chiamati a testimoniare un carisma, quello dei padri missionari, “Figli del Sacro Cuore di Gesù”, che, nella sua identità, coniuga inscindibilmente promozione umana, evangelizzazione, sacramentalizzazione eucaristica, come compimento di quella battesimale, proprio  come atto di benevolenza verso i poveri da voi serviti, nel nome del Sacro Cuore, cioè di Gesù Misericordioso, personificazione delle viscere materne del Padre.

Siamo davanti ad un trittico, proprio come quello del Mantegna che ci campeggia davanti. Ogni riquadro ha una sua identità, ma il suo valore sta nell’essere un insieme. Non c’è dubbio che la legge dell’incarnazione vi suggerisce di partire dalla testimonianza di vicinanza concreta, fatta di opere di promozione umana: anche in questo campo siete esemplari. Ma, appena ne intuite le opportunità, sentite il bisogno di annunciare in nome di Chi operate in un modo così altamente umano: nel nome di Gesù Cristo, di cui annunciate il Vangelo della carità, cioè dell’amore di Dio. La gente ha bisogno di saperlo. Alla gente, a tutti i poveri, è congeniale il Vangelo: è il suo più fedele interprete e il più sicuro baluardo di difesa. 

Ma con il Vangelo della Verità intera sull’uomo, nel Mistero di Dio, voi portate l’Eucaristia, “fonte e culmine, radice e cardine” della vita cristiana,  come la definisce il Concilio Vaticano II. Precisiamo ulteriormente: l’Eucaristia è inseparabile dalla Parola di cui è il contenuto. In effetti, la Parola svela chi è l’Eucaristia nella sua identità e nella sua funzione salvifica mondiale. Mi permetto di affermare, con serie ragioni, che la Parola senza Eucaristia sarebbe una larva; e che l’Eucaristia senza Parola sarebbe un enigma. Al punto che nella stessa struttura liturgica della celebrazione dell’Eucaristia le due dimensioni della presenza del Verbo, Parola, Pane-Vino Eucaristici, formano un dittico.

Carissimi missionari, consideratevi sempre missionari liturghi: annunciatori e celebranti. Con la coscienza che siete i più grandi benefattori dell’umanità, dovunque esercitate il vostro ministero. Di fatto, anche quando celebrate in una capanna o sotto un grande albero in mezzo ad una foresta, non compite un gesto privatistico, ma universale, non meno universale di quella concelebrata questa mattina in San Zeno o quella eventualmente presieduta dal Papa. Come presidenti della celebrazione dell’Eucaristia, voi riversate un fiume di grazie di Dio, di benevolenza divina sull’intera umanità. Solo infatti in virtù della celebrazione dell’Eucaristia in ogni momento delle giornate, in ogni parte della terra, l’umanità sopravvive e non inabissa: l’Eucaristia si fa carico istante per istante di ciò che accade nel mondo, del suo travaglio e del suo impatto con il mistero dell’iniquità in atto, come svela Paolo nella seconda ai Tessalonicesi. La gente ne ha necessità vitale: è “il Pane della vita … è la carne e il sangue” del Figlio di Dio che ci rende concorporei e consanguinei di Lui, per vivere di Lui, per vivere in Lui, per vivere Lui, per vivere per Lui: “Chi mangia di me vivrà per me!”, ci ha precisato il Vangelo di Giovanni.

L’umiltà ci fa entrare in empatia con l’Eucaristia

Siamo tutti convinti che la celebrazione dell’Eucaristia non si risolve in un rito, in una cerimonia religiosa. Per sua natura incide nella vita del cristiano. È destinata ad abilitare il cristiano a vivere eucaristicamente qui, nella giornata terrena, ma simultaneamente e attraverso la fase terrena vissuta eucaristicamente predisponendo il suo animo alla vita oltre il confine della morte, nel mondo dei risorti: “Chi mangia di questo pane vivrà in eterno … Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”.

Carissimi padri e fratelli comboniani, ecco il segreto del vostro eroismo testimoniale, fino al martirio di sangue come è accaduto a non pochi confratelli, in continuità storica con quello del Comboni. Quando pensiamo a voi, vi pensiamo così: eucaristicamente dediti alla vostra gente, per offrire il triplice pane di cui ha bisogno vitale, come risposta all’uomo concreto considerato dall’angolatura dell’antropologia di Paolo: “Tutto ciò che è vostro, spirito, anima e corpo” (1 Ts 5,5): il pane materiale per il corpo, il pane della Parola per l’anima, il pane dell’Eucaristia per lo spirito, cioè per le relazioni umane cariche di amore dello Spirito. In ogni caso non perdete mai di vista il primato di Gesù Eucaristia, da voi assicurata il più diffusamente e assiduamente possibile, anche a costo di ulteriori fatiche e sacrifici: la vostra gente è abituata a fare kilometri e kilometri a piedi per partecipare ad una celebrazione dell’Eucaristia, esempio e monito per molta della nostra gente abituata alle comodità, abituata a non frequentare o a frequentare quando se la sente! Se l’Eucaristia è cibo per la vita non può essere risposta agli umori: è necessità vitale per non vivere da anoressici.

Cari Padri, celebrate sempre l’Eucaristia, ogni giorno e dovunque, con quel fervore di fede che essa merita e che riesce a coinvolgere i fedeli. Abbiate coscienza di celebrare come atto di Chiesa, nella fedeltà assoluta alla sua forma canonica, soprattutto nelle parole del canone; l’inventiva che non vi manca riguarda altri aspetti di coinvolgimento, quasi da cornice del quadro, per farne esaltare il contenuto. 

Carissimi Comboniani, voi siete missionari, “i Missionari per eccellenza”, nel leggendario della gente. Voi siete dei mandati, secondo le parole di Gesù, riportate dall’evangelista Giovanni: “Come il Padre ha mandato me, io mando voi: ricevete lo Spirito Santo … Il Padre ha mandato me e io vivo per il Padre.. chi mangia di me vivrà per me!”. Il Messia, il Mandato del Padre, il Missionario del suo Amore è con voi.

Ed ora, una indicazione rivolta a tutti, a cominciare da me: realizzeremo al meglio il nostro mandato di uomini eucaristici se saremo umili, per servire adeguatamente il mistero dell’Eucaristia, icona vivente dell’humilis Deus, divenuto Eucaristia per fare dell’uomo superbo un umile, a servizio del Regno. Solo chi è umile, come Maria, capisce l’Eucaristia, si lascia trasformare in Eucaristia, serve con amore e passione l’Eucaristia. Vive per l’Eucaristia. Mi permettete: sta davanti all’Eucaristia a lungo, per assimilarne la sensibilità. Come non pensarvi in certi momenti travagliati, nella solitudine e in ore di sconforto, proprio davanti al tabernacolo, davanti all’Eucaristia generata dal vostro ministero di presbiteri? L’Eucaristia ci salva dallo sconforto e dallo scoraggiamento.

Infine, sento il dovere, carissimi Comboniani, di manifestare, a nome della diocesi di San Zeno, ammirazione e la riconoscenza per ciò che siete, per ciò che rappresentate, per ciò che fate, in qualità di figli, profeti e testimoni del carisma del Comboni nell’oggi. Vi affido alla benevolenza di Dio, perché ne siate degni figli e perché lui dal cielo sia fiero di voi. E vi ottenga la grazia di essere santi. Non meno di santi.
Giuseppe Zenti, Vescovo di Verona

Di seguito pubblichiamo il testo dell’intervento del superiore generale, P. Tesfaye Tadesse Gebresilasie [secondo da sinistra, nella foto sotto], alla fine della Santa Messa ieri, domenica 18 giugno 2017, a Verona.

Il nostro grande e profondo GRAZIE

“Lodate Dio nel suo santuario, lodatelo nel suo maestoso firmamento.
Lodatelo per le sue imprese, lodatelo per la sua immensa grandezza”.

(Salmi 150)

Eccellenza Reverendissima Mons. Giuseppe Zenti, Autorità del governo locale, Signor Sindaco, Abate di San Zeno e partecipanti, saluto tutti nel nome del nostro Istituto dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù.

Il nostro fondatore e padre San Daniele Comboni, in questa Basilica dedicata a San Zeno, missionario africano a Verona, il 22 agosto 1880 pronunciò queste parole:
“Salve adunque, o Santo venerato, inclito Proteggitore di questa illustre Città; salve, o Santo Padre Zenone. Deh! se ti torni accetta la mia preghiera, a Te rivolto, io ti supplico dal fondo del cuore, a volere in questo giorno solenne in più larga misura sopra questo popolo far discendere le benedizioni del cielo… Ma un'altra preghiera io vo' deporre, o gloriosissimo Santo, su quella sacra Tomba, che da oltre quindici secoli è sorgente feconda di tante grazie e misericordie. Uno sguardo rivolgi pietoso a quelle genti dell'Africa Centrale… Da questa diletta Verona partì la poderosa scintilla di quel sacro fuoco destinato ad illuminare quelle nazioni, e a dar vita ed incremento a quella vasta e desolata vigna di Cristo, irta di tante spine, che da Dio venne affidata alla mia indegnità, ed alle fievoli ed inette mie pastorali sollecitudini, e per la quale pure palpitò il Cuore Sacratissimo di Gesù, e morì sulla Croce” (Scritti 6079-6080, Omelia in San Zeno 22.8.1880).

Oggi in questa chiesa, vorrei esprimere a nome del nostro Istituto, il nostro grande e profondo GRAZIE a Verona e alla sua Chiesa e ai suoi figli e figlie.

“Il Fondatore dei nostri Istituti, Don Nicola Mazza, eresse a Verona del 1837 un'opera per fanciulli, in cui raccoglie quei fanciulli poveri che per mancanza di mezzi non possono avere un'educazione completa… A questi fanciulli egli imparte un'istruzione completa secondo la vocazione che essi devono scegliere deliberatamente e da se stessi... Noi abbiamo avuto così già parecchie centinaia di sacerdoti, professori, giuristi, ingegneri etc., i quali lavorano per sé e per la loro famiglia, per lo Stato e per la Chiesa. Anzi alcuni per loro desiderio furono mandati come missionari nell'Africa Centrale” (Scritti 746)

Grazie all’Istituto di Don Nicola Mazza di Verona, Comboni è stato formato alla missione per l’Africa. Grazie a tutti i veronesi che hanno contributo alla vita e alla formazione del nostro Padre Comboni. Grazie di aver preparato un grande dono alla missione di Dio in Africa centrale. Le nostre Chiese locali ringraziano per il dono che Verona ha fatto ai fratelli africani e alle sorelle africane.

“Nel 1867 ho aperto a Verona l'Istituto delle Missioni per la Nigrizia e alla fine dello stesso anno ho aperto due case per neri al Cairo... Io dovevo provvedere all'Opera un corpo di ecclesiastici per fornire sempre il personale della Missione: dovevo provvedere a far sì che la salute dei Missionari europei potesse conservarsi il più a lungo possibile in questi paesi brucianti dell'Africa Centrale” (Scritti 3303)

Da più di 150 anni, la citta di Verona ha accolto Comboni, i comboniani e le comboniane. Grazie a tutti i vescovi, pastori di questa Chiesa veronese e, oggi, a Sua Eccellenza e a tutta la diocesi di Verona per aver sostenuto San Daniele Comboni e i suoi figli e le sue figlie e la missione comboniana in tutti questi anni.

Grazie a tutte le congregazioni e agli istituti presenti nella Chiesa veronese, per tutta la collaborazione realizzata insieme a Comboni e al suo Istituto.

Grazie ai Comboniani e alle Comboniane, Missionari, religiosi e religiose, missionarie secolari e laici che provengono dalla Chiesa veronese, che hanno detto sì alla chiamata del Signore e sono diventatati un grande dono per le missioni comboniane in Africa, Asia, America e Europa.

Grazie a tutti i genitori, parenti, amici e benefattori dei comboniani veronesi e di tutti comboniani, che hanno sostenuto le molteplici iniziative della nostra Casa Madre qui a Verona e della missione. Verona è rimasta, per il nostro Istituto, una citta referenziale per la maggior parte delle attività provinciali: gli uffici amministrativi della provincia d’Italia si trovano qui, come pure le nostre riviste missionarie sull’Africa e sulla missione: Nigrizia e PM (il Piccolo Missionario), Combonifem delle nostre sorelle comboniane, il Museo Africano, le attività GIM, l’Animazione missionaria della Chiesa locale e l’accoglienza dei nostri confratelli anziani e ammalati. Il cimitero di Verona custodisce la memoria di moltissimi comboniani e comboniane, nostri antenati nella vocazione, che hanno servito il popolo di Dio: che oggi intercedano da Verona per tutto il mondo. Grazie Verona.

Ringrazio P. Venanzio Milani, per tutto il suo impegno, insieme con i suoi collaboratori, nell’organizzare questo evento celebrativo per i 150 anni del nostro Istituto. Grazie a P. Giovanni Munari, Superiore Provinciale, a P. Teresino Serra, Superiore della Comunità di Verona, e a tutti i confratelli della comunità, per il sostegno all’iniziativa.

Chiedo a Sua Eccellenza, Monsignor Giuseppe, e a tutti i partecipanti, di sostenerci con la preghiera affinché possiamo realizzare quanto detto nell’ultimo Capitolo generale: “Ci chiediamo come annunciare la gioia del Vangelo in solidarietà con i popoli… Sogniamo un istituto di missionari ‘in uscita’ (EG 20), pellegrini con i più poveri e abbandonati (RV 5), che evangelizzano e sono evangelizzati attraverso la condivisione personale e comunitaria della gioia e della misericordia, cooperando allo sviluppo di una umanità riconciliata con Dio, con il creato e con gli altri (EG 74). Veri discepoli-missionari-comboniani, ci ispiriamo al Cuore di Gesù appassionato per il mondo. Vogliamo continuare nell’ascolto di Dio, di Comboni e dell’umanità, per cogliere e indicare nella missione di oggi i segni dei tempi e dei luoghi” (AC 2015, 20-22).

Preghiamo che San Zeno missionario interceda per tutti i missionari e le missionarie presenti nel continente europeo affinché, come ci ricorda il nostro Capitolo generale “anche in Europa siamo chiamati ad avere il ‘coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo (EG 20)’” (AC 2015, 46.1). GRAZIE.


Basilica di San Zeno, a Verona.