Sabato 18 agosto 2018
Questa mattina ci siamo congedati dal nostro confratello Emilio Prevedello, deceduto giovedì sera, 16 agosto 2018, all’età di 76 anni. Era stato ricoverato d’urgenza in mattinata, per complicazioni gravi dovute ad una caduta avvenuta giorni prima, con frattura di alcune costole. Questo si è rivelato fatale per la già precaria condizione di salute.  La sua rapida dipartita ci ha sorpresi tutti. [combonianum.org]

Il funerale si svolgerà lunedì mattina al suo paese natale, San Giorgio delle Pertiche (PD), per volere dei famigliari.

Emilio ci lascia una bella testimonianza di fratello missionario identificato con la sua vocazione comboniana. Ha lavorato in Uganda, Messico e Kenya durante una quarantina di anni, e dal 2009 in Italia. Ha dato un prezioso contributo alla formazione dei candidati fratelli. È stato superiore (per la prima volta nella storia dell’istituto) della comunità del CIF (Centro Internazionale per Fratelli) di Nairobi ed ha collaborato con P. Francesco Pierli nell’apertura dell’ Institute of Social Ministry al Tangaza University College di Nairobi.

Ecco il testo dell’omelia di P. Renzo Piazza, superiore della nostra comunità di Castel d’Azzano, durante l’Eucaristia, presieduta da P. Giovanni Munari, superiore provinciale. 

Sono stanco di soffrire, Signore,
dammi vita secondo la tua parola

Ieri abbiamo iniziato il rosario per fr. Emilio con il vangelo di Luca e un brano di Comboni:

Gesù pregava dicendo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc  22, 40-42).

Quando si sa con piena certezza di fare la volontà di Dio, ogni sacrificio, e tutte le croci, e la morte stessa sono il più soave conforto ai nostri animi, il più dolce compenso ai nostri patimenti (S 3683).

Pensando agli ultimi mesi di fr. Emilio, mi sono chiesto se li ha vissuti più da discepolo di Gesù o di Comboni… E’ prevalsa in lui la preghiera angosciata di Gesù di essere liberato dal calice amaro o lo slancio audace di Comboni? E’ stato un missionario inossidabile e blindato “alla comboniana”, o uomo debole, di vita breve, marcato dalla paura, dalla debolezza e alle volte dalla tristezza?

Il salmo 68, pregato ieri, diceva: Salvami, o Dio: l’acqua mi giunge alla gola… Sono sfinito dal gridare, i miei occhi si consumano nell’attesa del mio Dio… salvami dal fango, che io non affondi… non mi sommergano i flutti delle acque…

Sono le parole di un uomo nella sofferenza, ma sono anche la preghiera di Gesù e della chiesa. Probabilmente parole ripetute spesso da fr. Emilio, che si rispecchiava nelle parole della Scrittura.

Qualcuno mi confidava: Ho conosciuto fr. Emilio a Nairobi: gioioso, allegro, accogliente. Un altro riprendeva: Ho conosciuto fr. Emilio a Castel d’Azzano: intristito, tribolato, mortificato dalla malattia.  Ma era anche l’amico che inviava messaggini e brevi filmati fatti di delicatezza, finezza di spirito, dolcezza.

Qual era il vero fr. Emilio?

La maniera con cui una persona gestisce la malattia, la solitudine, la sofferenza non è materia da giudicare dall’alto, ma è una terra santa in cui possiamo entrare solo dopo esserci tolti i sandali, con rispetto, con venerazione.

Non sappiamo quale sarà l’effetto in noi della diminuzione, della debolezza, della malattia, del perdere importanza, capacità di servire. Sappiamo che fr. Emilio ha molto sofferto in questa situazione. E’ stata forse la notte del suo spirito…

Ma è bene sapere che ogni situazione della nostra vita è conosciuta da Dio, è amata da Lui, in ogni situazione lui si fa presente per asciugare le nostre lacrime, lenire la nostra sofferenza.

Emilio non voleva disturbare. Non accettava di essere ammalato, perché questo avrebbe portato un aggravio a chi gli stava vicino.

Oggi la Parola ci dice che Dio stesso si impegna a non lasciarci soli e a venire in nostro aiuto.

Dalla prima lettura, il libro dell’Apocalisse: a chi Dio asciuga le lacrime?  A chi offre gratuitamente acqua viva?
A fr. Emilio piegato dalla malattia e dalla sofferenza, alle persone care, attristate per la sua perdita, alle persone amiche che forse pensano di non essere riuscite a offrirgli sufficiente conforto e consolazione.

Dal Vangelo: Chi sono gli stanchi e gli oppressi, invitati ad andare verso Gesù?
Le stesse persone.
Siamo invitati oggi a prendere il giogo del Signore che è il suo amore di Padre, la misericordia e l’amicizia del Figlio, la consolazione dello Spirito Santo.

Fratello Emilio, oggi non sei più tu che porti pesi, ma Gesù stesso, che ti dice “Vieni a me, tu che siete affaticato e stanco. Io ti darò riposo”.

In questa celebrazione, siamo noi che ti portiamo da Gesù e gli chiediamo di dare a te il meritato riposo. Riposo perché hai lavorato gratuitamente per lui e per il suo Regno. Riposo perché la malattia ti ha rubato le forze. Riposo perché i tuoi occhi si sono stancati nell’attesa del tuo Dio.

Ti diciamo grazie per gli anni belli spesi nella missione in Uganda, Messico e Kenya, quando la gioia, l’allegria, l’accoglienza marcavano i tuoi giorni.

Grazie per il servizio reso in Italia, in particolare nella comunità di Firenze, finché ne hai avuto le forze.

Grazie perché sei stato uomo fedele alla tua vocazione, e hai messo i tuoi talenti, la tua intelligenza e il tuo senso pratico a servizio della missione, sempre.

Grazie perché hai servito la missione come fratello e hai intuito l’importanza di una missione ministeriale, fatta di doni e carismi diversi.

“La congregazione sia una gran comunità di fratelli, nella differenza di lavori, di ministeri, essenziali per lo sviluppo della fede e della popolazione”. “Se muore il fratello, muore la congregazione comboniana”… dicevi al P. Generale in visita alla nostra comunità.

E vorrei dire grazie anche a coloro che hanno preso cura di te nei momenti difficili della malattia, ai familiari che ti sono stati vicini e a qualche caro amico che è stato per te l’angelo della consolazione.

C’è un tempo per ogni cosa. E’ giunto per te il tempo del riposo e per chi ti ha voluto bene, il tempo della consolazione. Non è facile portare assieme il peso della vita, soprattutto quando la strada è lunga, non vi è nessuna prospettiva di luce, ma tutto tenebre (Comboni).

E’ bene per tutti orientare lo sguardo e il cammino verso il Signore Gesù, per cercare in lui e nella mitezza del suo cuore il luogo del risposo e del ristoro.
Rimanendo con lui continueremo ad imparare a donarci e a trovare la consolazione di cui abbiamo bisogno noi e i fratelli con cui condividiamo il cammino.

[combonianum.org]

Testimonianza su Fratel Emilio Prevedello

Ecco come Suor Maria Teresa Ratti, comboniana, ricorda Fratel Emilio,
con chi ha collaborato a Nairobi.

Carissimo Emilio,
è con il cuore colmo di tristezza che mi accingo a scriverti queste poche righe. Solo ieri sera ho saputo da mia sorella Romy che ci avevi lasciato già da un giorno.

Il solo sapere che te ne sei andato così di fretta, non mi ha lasciato riposare questa notte. E mi sono detta che dovevo almeno scrivere alcune righe per dirti il mio grazie e il mio arrivederci.

Purtroppo, pur essendo in Italia in questo tempo, non mi è possibile essere presente di persona nel sacro momento in cui la tua vita viene consegnata per sempre nelle Mani di Dio.

Per riposare per sempre in Dio, e con i tuoi Amatissimi Genitori, con il nostro Santo Fondatore Comboni, con tutta la schiera comboniana e con la moltitudine delle persone e delle Chiese che hai incontrato, cammin facendo. Con le quali hai condiviso la tua grandissima capacità fraterna. Proprio come un Fratello Comboniano è chiamato a essere e a fare, sempre e ovunque!

Da dove iniziare a rendere conto alla comunità, che ora ti sta accompagnando verso il viaggio finale di ritorno presso il Cuore di Dio, di quanto ho potuto conoscere della tua personale dimensione nel vivere la vocazione comboniana, della bellezza dell’averti incontrato e condiviso alcuni anni di vita, di quanto bene mi hai voluto (e che anch’io ti ho voluto!) e di quanti passi (e pasti…. e rosari… e raduni) abbiamo fatto insieme in quel del Comboni Brother Centre e del New People Media Centre?

Di aver insieme riso e faticato, pregato e celebrato, pazientato e tessuto… e mille altre dimensioni ancora… mentre cercavamo di capire come dar vita a quel meraviglioso dono del Social Ministry, nel quale ‘il menarrosto di Francesco Pierli’ (come tu benevolmente lo chiamavi) ci aveva coinvolti con entusiasmo e coinvolgimento, e a volte, con ritmi davvero impensabili…

Voi due, poi, nati lo stesso mese, dello stesso anno, con un giorno di differenza, avevate una capacità di sintonia unica. Quella che è tipica dei gemelli! Si, tu e Francesco siete stati come gemelli che, nati dal grembo misterioso della comune chiamata missionaria, avete saputo camminare in comunione, comprensione e creatività sui sentieri non sempre facili del tempo di fronte a voi.

A noi, che come Famiglia Comboniana, cercavamo di accogliere la novità di quel segno dei tempi che è stato, ed è tuttora, l’Istituto del Social Ministry al Tangaza di Nairobi. Ed è stato bello vedere come questo grande sogno si è potuto realizzare anche perché voi due vi siete davvero voluti bene.

E, anch’io ho potuto godere di questa creatività generativa, perché, misteriosamente come sempre fa la Provvidenza (e quasi sempre anche l’Obbedienza!) mi aveva incamminata sulle strade di quel nuovo che veniva alla luce nell’Areopago della Missione, a metà anni Novanta, a seguito della Prima Assemblea dei Vescovi dell’Africa, tenutasi in Roma nell’aprile-maggio 1994.

Sì, Emilio, Fratello Amatissimo, insieme –pamoja, siamo stati non solo testimoni oculari di quanto possa la vocazione missionaria, ma anche artigiani e artigiane nel suo divenire, sulla scia dell’esempio e dell’insegnamento del nostro Fondatore, nel tessere i legami della collaborazione, della competenza, della creatività, della com-passione con tutte e tutti coloro che si sentono parte attiva del divenire del Regno di Dio in mezzo a noi.

E tu, ora, quasi sommessamente, hai fatto la valigia ultima (ne hai fatte parecchie, quale figlio di tre continenti!!!) ma io non posso pensare che tu in Cielo te ne starai tranquillo e beato. Sai che, stanotte, dopo la botta che ho preso alla notizia della tua morte, ti ho sognato che eri in bicicletta, davvero!!! Insomma, a onor del vero, se c’è una cosa che proprio non ho visto di te, è questa di averti visto andare in bicicletta!!!

Ma appena desta, mi sono chiesta cosa puoi avermi detto con questo tuo simbolo… e siccome, come tante volte me lo avevi detto anche tu, l’immaginazione creativa e carismatica non mi manca, penso che tu abbia voluto ricordarmi l’importanza di queste ‘due ruote’ – la dimensione religiosa e la dimensione sociale della fede! L’una senza l’altra non va da nessuna parte.

Ed io voglio pensarti che in Paradiso tu continuerai a fare da cassa di risonanza affinché il nostro operato sia sempre sostenuto all’unisono da queste due essenziali componenti. Nelle nostre comunità come nel nostro ministero. Sempre e ovunque.

Ricordo che ti chiamavamo ‘Pinche’ e ancora oggi non mi ricordo il significato di questo termine. Voglio perciò dirti, Pinche carissimo, che è stato bello averti conosciuto e aver camminato le strade della Missione con te. Grazie per tutto ciò che sei stato e per quanto mi hai insegnato con la tua vita e il tuo esempio.

Mi dispiace non poter esserti vicina fisicamente in queste ore. E so che anche P. Francesco Pierli, come pure Fr. Alberto Parise (in Kenya con i giovani del GIM) e tanti altri Confratelli da Nairobi, non possono stringersi attorno a te come vorremmo. Ma so che il tuo grande cuore saprà comprendere…

Una delle tue espressioni che amavi ripetermi, quando ci siedavamo a condividere come stavano andando le cose, era ‘adelante, animo’ e io mi sentivo incoraggiata da questo tuo ottimismo, molto realista e molto fraterno.

Sì, animo e adelante sempre, Fratel Emilio amatissimo! I confini sono una costruzione umana, ma per chi sa vedere oltre gli steccati, a chi, come te, ha viaggiato da San Giorgio delle Pertiche lungo i cammini sempre nuovi della Missione in Europa in Africa, in America, a Castel d’Azzano sa che il Cielo e la Terra sono sempre insieme…

Dunque, animo e adelante sempre, con un grazie sempre, e un tuko pamoja sempre!

Tua sorella comboniana Maria Teresa Ratti