Mercoledì 12 dicembre 2018
La mattina del 11 dicembre, ci siamo congedati da P. Aladino Mirandola, insieme a P. Gianpiero Baresi. Il suo feretro è stato poi trasportato a Vigasio, un paese situato nelle vicinanze di Castel d’Azzano, per il funerale nella sua parrocchia di origine, alle ore 15:00. P. Aladino aveva 89 anni. Era nato a Vigasio (Verona) nel 1929.

Dopo il noviziato a Sunningdale (UK) ha professato come Fratello comboniano nel 1951 e, dopo altri tre anni in Inghilterra, nel 1954 è stato assegnato all’Uganda. Lì ha esercitato il suo ministero missionario, soprattutto nell’insegnamento, fino al 2014, con una interruzione di sei anni a Roma (1970-1976) per gli studi filosofici e teologici in vista dell’ordinazione sacerdotale (1976). Egli parlava spesso e volentieri della sua esperienza missionaria in Uganda.

P. Aladino aveva parecchi acciacchi da un po’ di tempo. A fine novembre era stato ospedalizzato dovuto a una infezione renale. È deceduto all’ospedale di Negrar (Verona) il 9 dicembre. La sua condizione di progressiva sofferenza e immobilità, particolarmente negli ultimi mesi,  ha pesato talvolta sul suo stato d’animo, divenendo un po’ taciturno. Infatti, gli piaceva uscire, nella misura che le sue forze glielo permettevano, per offrire il suo contributo nel ministero nelle parrocchie vicine che egli ben conosceva. Famigliari e amici lo visitavano spesso per parlare e avere un buon consiglio.  Ora continuerà questo suo ministero dal Cielo.

Ecco le parole che P. Renzo Piazza, il superiore della comunità di Castel d’Azzano, ha rivolto a P. Aladino, a mo’ di saluto finale, all’inizio dell’Eucaristia presieduta da P. Giovanni Munari, superiore provinciale.

P. Aladino, questa comunità in cui hai vissuto i tuoi ultimi tre anni e mezzo, ti vuole ringraziare e salutare per l’ultima volta. Arrivando a Castel d’Azzano, fin dal primo giorno hai inaugurato una pratica di cui siamo divenuti poi rapidamente esperti: le cadute. Sotto il sole cocente di quel tre giugno, forse memore della tua prima vocazione di fratello, sei uscito a controllare il lavoro degli operai che ultimavano l’asfaltatura. Hai lasciato qualche traccia di sangue sull’asfalto nuovo, un po’ di escoriazioni e tutto è passato. Molti hanno seguito il tuo esempio…

Hai dato spesso testimonianza della tua vita interamente donata alla causa missionaria e del tuo amore “monogamico” per l’Uganda:  vi hai lavorato per 16 anni come fratello, 38 come sacerdote, con la predicazione e l’insegnamento. Un totale di 54 anni! Ce ne hai insegnato la geografia, ricordando i nomi delle missioni che hai servito: Moyo, Pakwac, Koboko, Ombaci…; la politica, ricordando che avevi amicizie altolocate, come il presidente Amin…

Hai sostenuto progetti missionari di promozione umana e hai coinvolto gli amici a sostenerti (compresa la squadra del Chievo!), memore che “senza soldi non si piantano le opere di Dio” come diceva Comboni. Hai gioito raccogliendo i frutti del tuo lavoro: eri orgoglioso della riuscita di qualcuno dei tuoi chierichetti che, diventato missionario comboniano, è ora impegnato nel Sud Sudan…

Sei stato capace di invecchiare bene nella comunità di Castel d’Azzano: fedele alla comunità e alla preghiera: avevi gli occhi fissi nel tabernacolo e ti accorgevi subito se la lampada del Santissimo era spenta… Sei stato disponibile al ministero finché le forze te l’hanno permesso, sei rimasto legato alla famiglia e al paese dove sei nato, cresciuto, dove andavi a ballare da giovane… e soprattutto dove sei stato educato alla fede e all’amore per gli altri.  Mostravi con un pizzico di nostalgia le chiesette diroccate dove recitavi il rosario da ragazzo…

Grazie, Aladino, per la tua vita donata alla causa missionaria. Che il Padre dei ciel ti accolga nel suo Regno e ti dia la ricompensa promessa.
Combonianum