Martedì 17 dicembre 2019
Questa mattina abbiamo celebrato il funerale di Fratel Giuseppe Zamboni, un fratello buono e sorridente, umile e gentile, un grande lavoratore e un uomo di preghiera. Ci ha lasciati sabato scorso 14 di dicembre all’età di 83 anni. Di lui ci rimane la bella testimonianza di un fratello comboniano pienamente identificato con la sua vocazione comboniana. Così l’ha ricordato P. Renzo Piazza nell’omelia.

Funerale di Fr. Giuseppe Zamboni

Mi chiamo Giuseppe Zamboni, sono nato a Scardevara iI 25 Settembre 1936.
Sono pure vissuto quasi sempre nel paese fino a quando sono entrato nel Noviziato dei Missionari Comboniani a Firenze per farmi fratello missionario all’età di 19 anni, il 5 Settembre 1955.
Prima di farmi religioso ho lavorato per 4 stagioni nella ditta Vittorio Meneghini.
Da piccolo volevo farmi sacerdote missionario, così ho passato un periodo di tempo in seminario, ma poi sono stato consigliato ad uscire per mancanza di vocazione …? Poi più tardi, all’età di 18 anni, un missionario mi ha chiesto, così all’improvviso: “Perché  non ti fai fratello missionario?” Gli risposi: “E perché no?”
Poi quante lotte interiori si susseguirono e per casualità (voluta da Dio) ho trovato nel noviziato come confessore, lo stesso Padre che mi aveva consigliato ad uscire per non sicura vocazione. Ma il Signore ha messo nel cammino un santo sacerdote, che ancora vive oltre i cento anni, assicurandomi in nome di Dio che la mia vocazione era sicura. Così ho sempre camminato con gioia e fiducia in mezzo a non poche difficoltà ma nella gioia di Gesù che, per sua grazia mi avrebbe sempre sostenuto. E così è stato e spero lo sia fino all’ultimo respiro della mia vita. Quindi ho tanto da ringraziare il Buon Dio per questa bella vocazione che tanto amo.
Dopo il noviziato e 6 anni passati in Italia, ho girato un po’ il mondo solo e sempre per obbedienza, nel servizio di Dio e dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. Sono stato un anno in Inghilterra, 11 anni in Brasile, 6 anni in Spagna, quasi 7 in Messico, Baja California, e i restanti qui in Malawi e Zambia. Da oltre tre anni mi trovo nel noviziato di Lusaka, conoscendo ed amando Dio ed i fratelli, e preparandomi alla Buona Morte … ringraziando tanto il Signore per questa vocazione … per Ia mia buona famiglia, specialmente nonna Augusta, i parroci e tutta la buona gente di Scardevara.
Con grande gioia, anche se lontano con il corpo, ma vicino e in mezzo a voi con lo spirito, siamo tanto e tanto con voi tutti per questa bella ricorrenza.
San Filippo e San Giacomo, nostri protettori ci guidino sempre sul retto cammino da buoni cristiani, nella giustizia e nella gioia di servire Dio e le sorelle e i fratelli bisognosi. Sempre con voi nella preghiera, nella gioia e nella pace.
Fratel Giuseppe Zamboni
Missionario Comboniano

Il giorno in cui fr. Giuseppe è passato da questo mondo al Padre, la Parola ascoltata nella Liturgia diceva: “Beati coloro che si sono addormentati nell’amore”. Senza dubbio fr. Giuseppe ha lasciato questo mondo circondato da persone che lo hanno amato e che sono state testimoni che la sua è stata un’esistenza vissuta nell’amore.
Così ha scritto un confratello: “Sono ancora qui a pensare e a pregare per il buon Bepi. A me ha insegnato le cose più fondamentali della vita missionaria e cioè lavoro e preghiera, nella massima umiltà. Non ha mai imparato il chichewa e neppure l’inglese ma ha parlato sempre con la sua vita la lingua che noi di certo non abbiamo ancora imparato bene e cioè quella dell’Amore. Ha amato tanto. Forse anche per questo il suo cuore a furia di amare si è stancato. Lo porto nel cuore. Lui dall’alto continuerà  a pregare per noi. Ne sono certo”. 

Due parole sintetizzano l’esperienza umana e spirituale del discepolo del Signore: amare e servire. Amare e servire è anche la sintesi della vita di Giuseppe Zamboni, di anni 83, di cui 62 spesi come fratello missionario comboniano per amare e servire i fratelli dell’Inghilterra, del Brasile, della Spagna, del Messico, del Malawi-Zambia e dell’Italia. 

La prima lettura, tratta dall’Apocalisse, ci ha ricordato l’ultima beatitudine: “Beati i morti che muoiono nel Signore”. Da qualche anno Fr. Giuseppe si preparava alla buona morte e questo, immagino, lo faceva soprattutto con la preghiera. Possiamo dire che è stato esaudito, visto che si è spento serenamente, dopo aver ricevuto l’unzione dei malati attorniato dai confratelli e in compagnia anche dei parenti. 

“Sì, dice lo Spirito, essi riposeranno dalle loro fatiche”. Nel 1985 così scriveva alla famiglia: “Di salute sto benissimo anche se una stanchezza cronica sempre mi sta addosso e non mi lascia fare sempre lo che tanto desidero”. La vita di fr. Giuseppe si è riempita di lavoro, di servizio e di fatica, senza sosta. Ora è il tempo del riposo, che, per il cristiano non consiste nel non far niente, ma nello stare con Gesù. E’ entrato nella Terra Promessa e finalmente può dedicare tutto il suo tempo a Lui che ha cercato e amato con tutto il cuore e con tutte le sue forze. Stare con Gesù è il destino ultimo di ogni creatura, è l’unica cosa necessaria. Ora lo può vedere, contemplare, toccare, essere davvero in comunione con Lui. Ora lo può pregare senza distrazioni e intercedere per le persone che ha conosciuto e amato, per la missione, per i novizi, per gli ultimi compagni di viaggio di Castel d’Azzano. Si è allenato per tutta la vita a stare con Gesù. Non gli sarà difficile continuare sul sentiero tracciato. 

Una seconda beatitudine è stata proclamata dal Vangelo: “Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica”. “Queste cose” sono il lavare i piedi ai fratelli, il servizio umile, il prendere su di sé il peso degli altri”. E’ quanto fr. Giuseppe ha fatto durante tutta la sua vita. Beato perché uomo mite, beato perché servo fedele, beato perché il padrone arrivando lo ha trovato ancora desto e vigilante, nonostante le infermità. 

La terza beatitudine è per la famiglia e ci viene suggerita da San Daniele Comboni che ricordava a suo padre:   “Non mi dite che sono beati quei genitori che vivono accanto ai loro figli. (…) Questo vostro unico figlio fu diretto da voi pel cielo, questo vostro figlio, ch’era tutto il vostro patrimonio in terra, l’avete consacrato interamente a Dio, non riserbando per voi che un perenne sacrifizio della sua lontananza, ed anche della sua perdita per amore di G. Cristo”. 

Scriveva Fr. Giuseppe nel 1985: “Se sapeste quanto vi voglio bene e come spesso penso a voi col grande desiderio di rivedervi e passare assieme almeno un poco di tempo; però la vita missionaria che il Signore nella Sua infinita bontà e misericordia mi ha dato, richiede anche questi sacrifici e rinunce”.

Famiglia sana e beata, quella di Fr. Giuseppe: insieme con lui nella fede, insieme con lui nella missione, insieme con lui nell’assisterlo, visitarlo e accompagnarlo fino all’ultimo respiro. Che Dio sia ringraziato per i buoni esempi di vita che ci ha offerto. 

Un ultimo pensiero di riconoscenza va ai confratelli del Malawi-Zambia. Hanno saputo creare situazioni di amicizia e di fraternità in cui anche i parenti di fr. Giuseppe sono rimasti partecipi e coinvolti, associandosi e collaborando al lavoro missionario.  Hanno mantenuto negli anni rapporti di stima e di riconoscenza con fr. Giuseppe, venendolo a visitare e ricordando i buoni esempi della sua vita per l’edificazione di tutti. (Casagrande, Guarino, Zuin, Moroni, Cometti, Maran). Certamente un esempio di fraternità missionaria che avrà fatto gioire nello spirito anche il santo fondatore, Daniele Comboni.

Beppino pregava molto. Oggi noi preghiamo molto per lui, per dire grazie a lui e a Dio. La sua vita offerta sia accolta dal Padre. Lo lodiamo e lo benediciamo perché in lui ha fatto opere grandi e il suo nome è santo. 
[combonianum]