Coronavirus a Castel Volturno, p. Moschetti: “Immigrati a rischio fame”

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Giovedì 26 marzo 2020
Il racconto di un missionario comboniano, p. Daniele Moschetti, da uno dei Comuni più a rischio del Sud d’Italia, dove vivono oltre 10mila stranieri di origine africana. “Il Comune ha distribuito dei pacchi alimentari e alcuni commercianti di Castel Volturno hanno donato del cibo. Ma non è sufficiente, è poca roba. Bisogna creare un fronte unico: tra Comune, Caritas, parrocchie e volontariato laico e cattolico. Noi siamo disponibili a partecipare ad un gruppo di coordinamento”, spiega p. Daniele.

L’emergenza sanitaria per la pandemia di Coronavirus rende particolarmente difficile la vita nella comunità di immigrati di Castel Volturno, provincia di Caserta, dove le persone contagiate finora sono sei e una è deceduta. Le condizioni già precarie per gli oltre 10mila africani (su una popolazione totale di 26mila abitanti), sono aggravate dalla quarantena e dalla povertà. Ce lo racconta al telefono padre Daniele Moschetti, missionario comboniano, che vive e opera in uno dei comuni più a rischio del Sud d’Italia. Da qualche giorno a Castel Volturno è sceso in strada anche l’esercito.

“Il sindaco qui ha sempre voluto l’esercito in strada – precisa padre Daniele –. La polizia controlla tutti, ma se la gente non va a lavorare non ha soldi e quindi non mangia. Negli ultimi giorni la via Domitiana è ancora più deserta del solito”. A Destra Volturno (frazione poverissima del Comune ndr.) dove la vita è dura anche in tempi normali, non è facile per nessuno comprendere l’emergenza del momento.

“Si tratta anche di una questione culturale – spiega il missionario –, qui la maggior parte della gente vive in case diroccate e in abitazioni di fortuna”. Gli abitanti di Destra Volturno vengono soprattutto dalla Nigeria, non parlano italiano, molti non hanno un lavoro nè un reddito e inoltre “non sono abituati a mantenere le distanze fisiche”, spiega padre Moschetti.

“Il Comune ha distribuito dei pacchi alimentari e alcuni commercianti di Castel Volturno hanno donato del cibo. Ma non è sufficiente, è poca roba. Bisogna creare un fronte unico: tra Comune, Caritas, parrocchie e volontariato laico e cattolico. Noi siamo disponibili a partecipare ad un gruppo di coordinamento”, spiega.

“Gli avvisi alla cittadinanza non si possono dare in modo tradizionale – aggiunge – bisognerebbe trovare un’altra modalità per comunicare con la comunità africana, spiegando a voce le regole sanitarie da seguire”. Il rischio è che si infettino uno con l’altro, rendendo ancora più invivibile il ‘ghetto’ dove ormai sono relegati da anni: “e non si tratta solo di popolazione africana, ci sono moltissimi abitanti di origine italiana che soffrono il disagio della povertà e della disoccupazione“.

Le strutture della Chiesa rimangono operative: oltre alla casa dei comboniani, dove per ora vivono in due, c’è il Centro Fernandes, gestito dalla Caritas, che però in questo momento ha sospeso le normali attività e ospita una quindicina di persone, tra cui una donna vittima di Tratta e il suo bambino. “Noi comboniani assistiamo alcune persone tossicodipendenti; c’è ad esempio una donna italiana che da tempo è tra le nostre preoccupazioni, e in questi giorni è in astinenza. Anche stanotte è venuta a bussare alla nostra porta, noi facciamo quello che possiamo…”, racconta padre Daniele.

Sulla via Domitiana, arteria principale lungo la quale si snoda anche il Comune di Castel Volturno, gli alberghi a ore si alternano ad ex hotel a quattro stelle, alle connection house (case d’appuntamenti) e agli store per immigrati che vendono riso, frutta e verdura. In questi giorni di emergenza la vita sembra sospesa.

“Noi comboniani siamo chiusi in casa, io esco solo per andare al Centro Fernandes dove sono rimasti una quindicina di immigrati e alcuni anziani ammalati. Lì ci sono ancora le suore filippine, dico messa nella cappella la domenica e la trasmetto via facebook”.
[Ilaria de Bonis – Missio Italia]