Sabato 27 giugno 2020
P. Claudio Crimi (nella foto à sinistra) è morto il 19 giugno a Milano dopo una lunga malattia. In Mozambico, quando muore qualcuno di importante, dicono che è caduto un baobab. P. Claudio ha vissuto per quasi 30 anni nella regione dei baobab in Mozambico, la provincia di Tete. Possiamo dire che un baobab è caduto a Milano. [
Vedi allegato: Lettera di P. Claudio Crimi, scritta il 29 giugno 2007]

P. Claudio Crimi.

Era nato il 28 novembre 1940 a Trieste, ma ha sempre vissuto a Genova, dove il suo papà lavorava nella polizia marittima. Nel 1964 si era fatto prete diocesano, sempre a Genova e, più tardi, missionario comboniano. Aveva fatto il noviziato a Gozzano e, dopo qualche anno in Italia, nel 1971 era partito per il Mozambico, aveva 31 anni. Fino al 1986 ha sempre lavorato a Tete. Ha vissuto in Mozambico il tempo dell’indipendenza, nel 1975, e poi il periodo della guerra civile, che era cominciata nel 1976 ed è durata fino al 1992.

Ha lavorato in Spagna dal 1987 a 1992, quando è tornato in Mozambico, dove è rimasto fino al 2006. Io l’ho conosciuto durante questo periodo. Lui era a Tete, io a Nampula.  Nel 2006, a 66 anni, è tornato in Italia, per alcuni seri problemi di salute. Ha lavorato all’ACSE e poi a Gozzano fino alla sua morte. Per quello che ho conosciuto di lui, posso dire tre cose.

Era un grande lavoratore, non si stancava, non si riposava, non risparmiava la sua salute. Era sempre disponibile, gli piaceva essere al servizio degli altri. Ricordo che quando andavo a Tete per le visite alle comunità, era sempre disponibile ad accompagnarmi e anche a visitare i rifugiati in Malawi. A quel tempo, la provincia del Mozambico aveva due comunità in Malawi, tra i rifugiati mozambicani.

Aveva una grande attenzione per i problemi della giustizia e della pace. Aveva una grande sensibilità per le situazioni di ingiustizia e si arrabbiava facilmente quando qualcosa gli appariva come un attentato ai diritti della persona. Anche a livello della comunità comboniana, cercava che ci fosse giustizia nelle relazioni e rispetto per ogni persona. Qualcuno che ha vissuto con lui diceva che sotto questo aspetto era un comboniano doc!

“Ho sempre vibrato per la giustizia e la verità – scriveva in una lettera ai fratelli e agli amici il 29 giugno 2007, in occasione del suo 43° anniversario di sacerdozio – ho sempre sentito una grande voglia di fare qualcosa per lottare contro le ingiustizie. Il mio cuore ha sempre sentito il desiderio di dare la libertà e la dignità a chi non l’avesse”.

Sulla stessa linea, era attento alla promozione umana. Sfortunatamente alcuni dei progetti iniziati da lui, per mancanza di accompagnamento e di pianificazione, non hanno avuto successo. Penso che P. Claudio si lasciasse portare dall’entusiasmo del cuore e non fosse molto realista in questi progetti. Un più efficace uso dei mezzi e del lavoro di squadra e una programmazione comunitaria accurata avrebbero potuto dare risultati migliori, anche se accompagnare certi investimenti esige uno sforzo molte volte oltre le nostre forze.

Aveva passione per la gente e per la missione. Ha mantenuto vive, subito dopo la fine della guerra civile, le comunità cristiane sulla riva del lago Cahora Bassa, il grande lago formato dall’omonima diga, a Tete. Le missioni di Zumbo, Mukumbura, Maravia erano state abbandonate durante il periodo della guerra. P. Claudio è stato il primo sacerdote e missionario a far visita a quella gente per sapere come stava e com’era sopravvissuta alla guerra. In queste missioni la sua persona e il suo nome sono vivamente ricordati.

Per il suo carattere irruente, molte volte ha sofferto e ha fatto soffrire gli altri. Soffriva soprattutto quando non erano appoggiate le sue idee o i tempi che proponeva per realizzarle. Quando i confratelli e anche il vescovo di Tete non erano d’accordo con lui, si irritava e protestava. Dei progetti di pesca che ha iniziato, rimangono ancora due barche che trasportano la gente lungo la riva del lago, da Songo fino a Zumbo, alla frontiera con lo Zambia.

P. Claudio non si riposava mai. Era molto irrequieto e anche impaziente. Doveva inventare sempre qualcosa da fare, qualche viaggio, qualche persona da visitare. Si è speso generosamente per il Vangelo, certo con le sue esagerazioni, ma anche a scapito della sua salute, sempre con la retta intenzione di aiutare e dare una mano ai più bisognosi (i bambini, i giovani e le donne) che molte volte lo ingannavano o derubavano; lui però non si lasciava vincere da queste situazioni.

Preghiamo per lui, perché ci dia la sua stessa inquietudine e passione mai spenta per il lavoro missionario. Il Signore della missione dia a P. Claudio la ricompensa delle sue fatiche e dolori per la missione e la gente del Mozambico.
P. Jeremias dos Santos Martins

Comunità comboniana di Gozzano
ricorda p. Claudio Crimi

Nell’ora del tramonto del venerdì 19 giugno, festa del Sacro Cuore di Gesù a cui è dedicata la comunità comboniana di Gozzano, è stato richiamato alla Casa del Padre a riscuotere il compenso del suo lungo lavoro nella vigna del Signore, padre Claudio Crimi, superiore della Casa, o meglio, coordinatore, come preferiva definirsi lui per sottolineare che siamo tutti uguali, ma con diversi ruoli.

I funerali, presieduti dal cardinale Angelo Bagnasco, suo amico, sono stati celebrati lo scorso 23 giugno alle ore 11.45 nella basilica dell’Assunta di Sestri Ponente. A Gozzano padre Claudio sarà ricordato con una Messa venerdì 26 alle 20.30 in basilica.

P. Claudio Crimi era giunto a Gozzano nel 2013 concluso il suo impegno missionario ad extra nel 2006 e poi a Roma come assistente dell’Acse, l’associazione che si occupa di giovani immigrati. Aveva lasciato il Mozambico per motivi di salute, divenuta sempre più cagionevole per la concomitanza di più patologie. Le sue condizioni si sono aggravate da un anno a questa parte e gli ultimi mesi li ha trascorsi in vari ospedali, a Borgomanero, Novara, Veruno, Milano.

Classe 1940, ordinato sacerdote nel 1963 dal cardinale di Genova Giuseppe Siri, la sua attenzione per i deboli e i poveri, in particolare del Terzo Mondo, lo portano alla scelta missionaria dei Missionari Comboniani. Frequenta il biennio del noviziato a Gozzano e dopo un periodo in Spagna parte per l’Africa. Nel 2013 torna a Gozzano come superiore della piccola comunità di missionari anziani, spendendosi in toto per il Vangelo e per la giustizia. Porta il suo messaggio evangelico nelle parrocchie della diocesi di Novara e del Piemonte. Cosa possiamo fare noi, ognuno di noi per vincere le ingiustizie, è la domanda insistente e appassionata delle sue omelie calorose e delle conversazioni.
[Rocco Fornara]

Addio a padre Claudio Crimi,
«testimone della radicalità del Vangelo»

Il 19 giugno è mancato a 79 anni padre Claudio Crimi, comboniano che dal 2013 collaborava con la comunità parrocchiale di Gozzano. Le sue condizioni di salute nell’ultimo anno erano via via peggiorate: dopo essere stato ricoverato più volte all’ospedale di Borgomanero, poi a Novara, a Veruno ed infine a Milano, dove è mancato.

Il suo legame la diocesi di Novara era molto stretto, tanto che era stato chiamato, come religioso, a partecipare al XXI Sinodo diocesano, cui ha contribuito con passione e impegno. Una passione, quella del missionario che era stato anche superiore della sua comunità religiosa, ricordata dal parroco di Gozzano don Enzo Sala: «ha sempre lavorato in modo infaticabile con un carattere ed uno stile di vita energico e determinato sui valori autentici del Vangelo».

«Nei suoi interventi e nei suoi scritti esprimeva sempre vivacità e passione – aggiunge il vicario episcopale per il clero e la vita consacrata don Gianluigi Cerutti, esprimendo il cordoglio di tutta la comunità diocesana –. Con la sua personalità, comunicativa ed estroversa, sapeva coinvolgere gli interlocutori. Generoso e disponibile nel ministero richiesto, ha testimoniato la radicalità evangelica in favore dei poveri e degli ultimi».

Ad unirsi al cordoglio anche padre Massimo Casaro, direttore del centro missionario diocesano, con l’intera Equipe Fraterna Itinerante, unendosi «nella preghiera per colui che è stato appassionato e generoso sostenitore durante i nostri periodici incontri».

La parrocchia lo ricorderà nelle messe festive di questa domenica, «ringraziandolo nella preghiera per tutto il bene che ha compiuto in questi anni nella Comunità Pastorale di Gozzano», riprende don Sala.

A Gozzano padre Claudio sarà ricordato in una celebrazione eucaristica venerdì 26 giugno, in basilica, alle ore 20.30, concelebrata dai sacerdoti che lo hanno conosciuto e apprezzato.
Andrea Gilardoni

Padre Claudio Crimi
è andato incontro al Signore

da P. Vittorio Farronato

Ho appena avuto notizia che il nostro P. Claudio è andato incontro al Signore. Sì, lasciamolo partire: ha combattuto la buona battaglia, ha compiuto la sua corsa, ha annunciato il Signore. Ora, nella casa del Padre, incontrerà, oltre a tanti di famiglia, tanta gente del Mozambico e di altrove che gli farà festa. Davvero per lui le parole di Paolo vanno bene: Ha combattuto la buona battaglia. Dio gli ha dato energia e generosità e lui ne ha fatto buon uso: la grazia di Dio in lui non è stata vana.

Ci siamo incontrati con P. Claudio a Gozzano (NO), che allora era sede di noviziato. È arrivato nel settembre del 1964 che era da poco ordinato e aveva chiesto di essere missionario comboniano. Veniva da Genova ma si portava dentro sangue cosmopolita. Noi novizi di primo pelo l’abbiamo accolto come un fratello maggiore, ma poi lui era nuovo e io cominciavo il secondo anno, così il P. Maestro (P. Antonio Zagotto) me l’ha affidato, ossia, nel gergo di casa, io ero il suo angelo custode, per introdurlo nei modi di vita di convento, e fare terna nelle ricreazioni o passeggiate. Infatti, c’era il terzo, un bergamasco abituato ai monti e alla vita: loro facevano finta di fare i piccoli che hanno bisogno di consigli, io, fresco di liceo, facevo finta di rispondere con serietà, e poi ci facevamo le nostre risate.

Dopo i due anni di noviziato, già prete e pronto per l’uso, P. Claudio è stato incaricato di iniziare il GIM, Giovani Impegno Missionario. Qualcosa da inventare, semplice nell’idea: non è più tempo di piccoli seminaristi, dobbiamo rivolgerci ai giovani, che hanno fatto un loro cammino di scuola o di gruppo, e a loro rivolgere l’invito di Gesù: “Lascia tutto e seguimi”, “ma se tu lo vuoi”. P. Claudio, a cui non veniva facile fare il timido, si è buttato dentro con fantasia e creatività, e diceva ai giovani: “Sentite, il mondo è grande, e c’è un sacco di gente. Nel Cuore di Dio c’è posto per tutti, e Dio ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio. Ma tanti non lo sanno, e hanno diritto di saperlo. Come Gesù diceva alla samaritana: Se tu conoscessi il dono di Dio! Resta il fatto che l’esperienza ravvicinata, per popoli interi, non è che Dio gli vuole bene, ma che i grandi del mondo gli vogliono male. Gente, qui c’è da rovesciare il mondo, mettere in disparte chi calpesta i poveri come il fango della strada, e far vedere che è vero che ogni nato da donna per Dio ha il prezzo di Gesù. Se hai paura delle zanzare, questa vita non è fatta per te. Ma se hai una voglia matta in corpo che ogni persona faccia una esperienza bella della vita, e che arrivi a rendere grazie al Signore che l’ha fatto nascere, allora dobbiamo darci da fare, qui e lì. Cominciando da qui, perché bisogna mettere la scure alle radici di un albero cattivo; ma poi, se il Signore vuole, se tu lo vuoi, il mondo è grande, e tu consumerai tante paia di scarpe lungo la strada”.

P. Claudio ha disboscato il sentiero e altri hanno continuato. Poi i superiori l’hanno mandato in Mozambico e lì è diventato l’Ippopotamo dello Zambesi. Lì c’era spazio per davvero. La vita comunitaria è un dono grande, qualche volta la casa religiosa è uno spazio più piccolo, lui provava a mettere insieme le due cose, ma a volte la casa gli stava stretta e la camicia stretta gli si rompeva sulle spalle. Il mondo coloniale provava a resistere a colpi di mitra, chi voleva farla finita faceva il cattivo a modo suo, la terra ha bevuto tanto sangue e la gente scappava dove poteva. Pochi missionari sono morti ammazzati ma tutti hanno avuto il cuore ferito come il Popolo amato.

P. Claudio era missionario nelle regioni del Nord del Mozambico, dove il fiume Zambesi cerca strada verso l’Oceano Indiano; e nelle gole di Cabora Bassa i nostri hanno costruito una diga da far paura. Naturalmente tanti contadini sono stati fatti sloggiare. Poi le Grandi Opere servono alle Grandi Economie, e i piccoli della Terra cercano il posto dove mettersi. Ma se c’è un grande lago vuol dire che ci saranno tanti pesci, qui bisogna formare le cooperative dei pescatori, e avere barche grandi col motore che urta.

No, non è questione di fare l’impresario, non è questione di fermarsi al capitolo del Vangelo dove Gesù regala pani e pesci e tutti gli vogliono bene: è che le parole parlate da sole non bastano. Dio sa come è fatto il mondo: l’ha fatto lui, come un uccellino che fa il nido e già pensa ai piccoli che ci metterà dentro; e Dio pensava a chi avrebbe abitato questo mondo che gli era riuscito bene. E poi questa terra è diventata la casa di Gesù, e Dio sa bene come è fatta la vita di un bambino, e dei suoi genitori. Il fatto è che la vita missionaria è fatta affinché ognuno arrivi a sentirsi amato, a sentirsi importante agli occhi di Dio. Perché i poveri hanno l’impressione di essere in più e che nessuno perda tempo a guardarli negli occhi. Ecco, gli occhi, sono lo specchio in cui vediamo il nostro valore, la nostra importanza. Solo gli occhi di chi ti ama ti riconciliano con la vita, ti danno il gusto di riprendere il filo delle giornate. Si vive o si muore per lo sguardo di una persona. E P. Claudio voleva che chi lo incontrava, lui, così ippopotamo dello Zambesi, avesse un po’ l’esperienza di incontrare il volto di Gesù, l’unico che sa raccontare che prezzo grande abbiamo per Dio. Un missionario sa tanta teologia non scritta; e sa che chi lo incontra ha diritto di gustare qualcosa della bontà del Signore. Con P. Claudio abbiamo fatto noviziato insieme.

L’aratro, per quanto è usato, è lucido e un po’ alla volta si consuma. P. Claudio è diventato un vecchio missionario. O, per dirla con san Paolo: “Il mio uomo esteriore si è fatto logoro come un vestito vecchio; ma il mio uomo interiore è sempre più vivo”. P. Claudio era nato per combattere e per vincere, e ha sofferto l’umiliazione di sentirsi impoverito, già un peso per gli altri, un povero cristo. Dio l’ha purificato, raffinato come oro sul fuoco. P. Claudio, che ha sempre voluto aiutare, alla fine ha accettato di essere aiutato. “Ora lascia che il tuo servo vada in pace”. Nei momenti della stanchezza, la voglia di andare nasce dalla fatica di vivere; ma per chi ha l’abitudine di cercare il volto del Signore, la carta subito si gira e mostra il desiderio profondo di incontrare il volto di chi abbiamo sempre seguito, ma quasi di spalle; e di riposare il cuore dove Gesù ci ha preparato il posto. “Vieni, servo fedele”. E P. Claudio ha riascoltato le parole antiche: “Lascia tutto, e seguimi”.
[P. Vittorio Farronato]