Lunedì 14 settembre 2020
“Ministerialità è una parolona per descrivere ciò che la Chiesa ha sempre fatto fin dai suoi inizi. È il servizio che la Chiesa offre al mondo, alla società, all’umanità e oggi sappiamo anche al Creato, con la ministerialità ecologica. È collegata alla trasformazione della società in tutte le dimensioni e a tutti i livelli”, dice P. Stefano Giudici, missionario comboniano che lavora in Kenya. [
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Il magistero di papa Francesco insiste sulla visione di una Chiesa ministeriale, cioè fraterna, intrisa “dell’odore delle pecore”, sinodale, collaborativa e che testimonia la gioia del Vangelo con l’annuncio, con lo stile di vita e con il servizio. Una Chiesa che intraprende un cammino di conversione e che supera il clericalismo e il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così” (EG 33). Il XVIII Capitolo Generale ha accolto questo orientamento della Chiesa universale e lo ha fatto proprio, auspicando un cammino di rigenerazione e riqualificazione del nostro impegno missionario nel senso della ministerialità (AC ’15, 21-26; 44-46).

Padre Stefano Giudici, formatore allo scolasticato comboniano di Nairobi (Kenya).

2020: Anno della ministerialità

Padre Stefano Giudici:
“Ministerialità e dinamiche interculturali”

Ministerialità è una parolona per descrivere ciò che la Chiesa ha sempre fatto fin dai suoi inizi. È il servizio che la Chiesa offre al mondo, alla società, all’umanità e oggi sappiamo anche al Creato, con la ministerialità ecologica. È collegata alla trasformazione della società in tutte le dimensioni e a tutti i livelli.

Abbiamo oggi l’occasione di approfondire la nostra comprensione, rivisitare il nostro servizio a un mondo che è cambiato completamente e che continua a cambiare velocemente, divenendo molto complesso.

Sta avvenendo più o meno – oserei dire – ciò che è accaduto negli anni ’60 con il Vaticano II. Giovanni XXIII disse che avevamo bisogno di un “aggiornamento” per essere rilevanti per il mondo contemporaneo.

Come comboniani dobbiamo comprendere come continuare la nostra missione nel mondo complesso e multiculturale di oggi.

Sto facendo una ricerca per il dottorato di ricerca sul collegamento tra l’azione per la trasformazione sociale – la ministerialità – e il retroterra che ciascuno di noi si porta dietro (la sua cultura, formazione, storia personale) che condizionano molto il modo in cui leggiamo la realtà e interpretiamo i vari segni dei tempi.

Il problema è che noi diamo tutto questo per scontato e tendiamo a saltare direttamente al carisma comboniano, assumendo che per il fatto di essere tutti comboniani necessariamente leggiamo la realtà allo stesso modo. Invece non è così.

Il fatto che sono italiano, ho avuto una certa formazione, un certo retroterra familiare, informa molto il mio approccio alla realtà. Dovremmo considerare questi elementi quando parliamo di ministerialità perché come comboniani viviamo in comunità sempre più multiculturali e tutti questi aspetti hanno un loro peso quando assieme ci accostiamo ad una realtà per trasformarla.

C’è anche un invito a riconoscere che ci sono dei ministeri orientati alla società oltre che quelli orientati alla Chiesa, come il ministero della Parola, dell’Eucaristia, o il ministero della catechesi, che offrono un servizio per la Chiesa, all’interno della Chiesa. Abbiamo parecchi altri ministeri, professioni svolte da cattolici motivati dalla loro fede. Dovremmo riconoscere anche quei ministeri, riconoscere che la Chiesa è già presente in ambiti come i media, l’istruzione, la sanità, non perché ci sia un presbitero, ma perché i laici già lavorano lì animati dalla loro fede.
Padre Stefano Giudici