P. Vittorio Farronato missionario comboniano a Yanonge in Rd. Congo

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Mercoledì 10 febbraio 2021
Gesù ha trovato gli amici che pulivano le reti e li ha chiamati. Adesso quelli che tirano le reti appartengono a tante barche. Faranno una cooperativa di pesca? Si faranno concorrenza? Come si puliscono oggi le reti? A Yanonge ci sono tanti gruppi cristiani: oltre ai cattolici c’è una ventina di piccole chiese locali. Siamo arrivati alla settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani [18-25 gennaio 2021], e le domande erano più numerose delle risposte.

O piuttosto, guardando un albero, vediamo il tronco ed è semplice, ci sono i rami più grossi e ci orientiamo, poi un’infinità di rametti e non sappiamo dove potare. Facciamo unità intorno a Gesù, lui ci racconta che Dio è “Padre nostro”, la Bibbia è il pozzo a cui tutti attingiamo. Allora, perché le divisioni?

Yanonge è sulle sponde del grande fiume Congo, scendendo da Kisangani. È una parrocchia dentro una diocesi, dove dal vescovo in poi sono quasi tutti congolesi: sono tra gli ultimi visi pallidi in circolazione. Dico alla gente: “Noi missionari siamo come un fiammifero che accende il fuoco, voi siete la legna; il fiammifero può anche consumarsi, la legna locale assicura che il fuoco continui”. Ma la vita missionaria non racconta solo il passato. Il carisma missionario ci spinge a essere “chiesa apostolica” nella continuità degli Apostoli: da Gesù a oggi il filo non si è rotto, la corrente arriva. La Chiesa continua il cammino lungo i secoli, “conservando il deposito” che ha ricevuto. Inoltre, la vita missionaria racconta i Popoli diversi, il loro modo di accogliere il Signore e il Vangelo, il loro modo di raccontare la luce che ha illuminato le loro tradizioni e le loro culture. “Una generazione racconta all’altra le grandi opere di Dio”. Ogni Popolo canta al Signore sui tamburi degli Antenati. La varietà si fa ricchezza, “le caravelle ritornano” portando i doni dei Popoli. Il prisma apre i colori della luce, il confronto arricchisce l’unica fede, e verifica la fedeltà.

Oltre a cattolici e protestanti ci sono diverse chiese “locali”, ognuna dal nome pittoresco per distinguersi. Sono il luogo dove un clan religioso crea il proprio clima di famiglia; ognuno si sente riconosciuto, sa come situarsi, non è perso nell’anonimato. La fiducia in Dio che è Padre si fa canto di lode in un clima di esultanza. Gesù è la prova che Dio è vicino e conosce la nostra vita, guarisce la nostra sofferenza, toglie il nostro peccato; non abbiamo più paura di essere castigati o male amati. La preghiera non esce dai libri ma dal cuore, è spontanea, magari chiudendo gli occhi, gridando a Dio il dolore e la speranza. Spesso pregano tutti insieme, ognuno con le sue parole, perché chi conosce il numero dei nostri capelli conosce anche i nostri pensieri. Gridando Amen dicono la fiducia, cantando Alleluia esultano per la sicurezza che viene da lui.

Missionari cattolici e missionari protestanti sono arrivati in Africa portando il bagaglio delle loro divisioni. La concorrenza era norma, parlare male degli altri era zelo, in paradiso ci andavano solo i nostri. Da divisione nasce divisione, e soprattutto dalle chiese protestanti sono nati molti germogli africani. La loro preoccupazione è come essere liberati dal male. Il male si chiama malattia, miseria, abbandono affettivo, incapacità di uscire dal buco, fragilità globale. Il male c’è e non vedi da dove viene. Le forze negative possono avere nomi diversi: stregoneria, spiriti malefici, anime di morti che cercano casa in persone nuove, diavolo, malocchio, maledizioni, magia nera, ossessioni. I sogni diventano incubo e minaccia, le forze della notte investono la vita, le persone che ti vogliono male dirigono contro di te i venti della morte. Le Sètte raccolgono le persone fragili di una società fragilizzata. La religione può fare il meglio e il peggio della vita. In un paese senza lavoro salariato, chi sa cantare e gridare domani arriva come pastore di una chiesa “locale” che è chiesa privata, sperando di vivere di offerte date in cambio della liberazione dal male.

Ogni nuova denominazione cristiana nata di fresco cerca radici antiche. Vogliono rifarsi alla primitiva chiesa degli Apostoli, alla semplicità di una comunità dalle poche strutture e dalle relazioni fraterne, dove solo la Parola di Dio conservata nella Bibbia fa testo. Questo mondo malfatto non va bene per Dio e non va bene per i poveri, la fine dei tempi è prossima, di nuovo il Signore verrà e ci darà posto in un mondo nuovo. Tutti i malvagi saranno eliminati e noi gli eletti entreremo nella festa di Dio. Abbiamo bisogno di “vedere Dio” attraverso profezie e miracoli, ma la chiesa cattolica è fredda e gestita da chi ha tradito la fede; infatti il Papa è l’anticristo 666 dell’Apocalisse e le chiese dei cattolici sono piene di idoli.

Il popolo dei poveri non è interessato alle dottrine raccontate da un pastore, e fa sempre meno attenzione alle parole polemiche. Ai poveri basta l’essenziale, che Dio ha tanto amato il mondo da mandare suo Figlio. È importante sentirsi ascoltati, liberati dal male, soccorsi nel bisogno. Ogni gruppo ecclesiale ha i suoi tempi di incontro, e mattino presto senti cantare di qua, senti tamburi di là. Dico: “Che la preghiera parta da questo luogo, o da un altro, si incontra per strada, e arriva insieme davanti a Dio. Quando diciamo Padre nostro, diciamo tutti fratelli”. Penso che il nostro mondo è reso più ricco dalla presenza di questi cristiani, che magari non sono migliori di nessuno, ma sentono il bisogno della bontà tra noi, della presenza di Dio nella vita. Dicono al Signore: “Se non ci sei tu, chi resta per noi?”

In famiglia, se è soltanto l’uomo a parlare, ha subito ragione. Se ascolta sua moglie, non è più sicuro. Come Chiesa, per vivere la convivialità delle differenze, abbiamo bisogno dello Spirito. Lui sa fare comunione, comune-unione. Quando la baruffa finisce sbattendo la porta, di sicuro c’è il nostro peccato. Non dico degli altri, dico nostro. E di baruffe ne abbiamo fatte. La crisi cristiana dell’Europa deve mettere nel conto anche le guerre di religione, con la voglia di farla finita con la religione. A c’è un vento nuovo che soffia sulle vele: un bisogno di umiltà per fare circolare il perdono, un bisogno di ascolto per scoprire, rallegrarsi, completarsi. Gesù ha detto che suo Padre è padrone del campo, e sa potare bene. Ci domandiamo cosa vuole potare.

Ho girato tra i quartieri per cercare i diversi responsabili di chiese: l’incontro è cordiale, comprende un momento di preghiera, con la fiducia che dove 2 o 3 si incontrano nel nome del Signore lui è presente. Proviamo a mettersi insieme, discepoli a parità ai piedi di Gesù, unico Maestro. Siamo cercatori di Verità, sapendo che ogni nostra conoscenza è parziale. Propongo un cammino di ricerca biblica, dando spazio a tutti. Invito a pregare insieme nella settimana ecumenica, e che ogni gruppo porti i suoi canti, la sua testimonianza. Pare funzioni; poi niente si muove. Lo so: hanno paura dei loro superiori, ancorati alla concorrenza; hanno paura tra loro, perché devono fare corpo davanti alla chiesa cattolica; hanno paura che i loro fedeli, usciti dalla chiesa cattolica, possano ritornare alla “casa madre”.

Allora abbiamo vissuto la settimana ecumenica tra noi cattolici, nei diversi quartieri e villaggi vicini; negli spazi aperti a tutti, sotto gli alberi; con canti e preghiere, interiorità e festa. Abbiamo toccato alcuni punti dove l’esperienza cristiana pare dividerci, raccontando come noi cattolici viviamo la nostra fede, illuminati dal Vangelo. Ogni incontro era bello, gioioso, corale, spontaneo. Il vicinato si radunava tutto, sotto l’unico nome cristiano, come prima delle divisioni. Restava il buono in bocca, la voglia di continuare, il desiderio di rispetto e di conoscenza reciproca. Quando ci si conosce, resta molto meno da perdonare.
P. Vittorio