P. Gian Paolo Pezzi: “Buon Natale a tutti, in particolare a chi cerca e costruisce la pace”

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Martedì 20 dicembre 2022
La pace e le benedizioni che la nascita di Cristo ha portato al mondo siano su di te e i tuoi cari. Vorrei condividere con te due eventi che hanno arricchito la mia vita e una nostra preoccupazione. Durante i mesi di luglio e agosto ho diretto due settimane di esercizi spirituali ai sacerdoti diocesani di Butembo-Beni: 84 nel primo gruppo, 110 nel secondo.

Durante due pomeriggi abbiamo avuto un’esperienza sinodale di ascolto reciproco e dialogo per cogliere quanto lo Spirito chiede a questa Chiesa in mezzo ai conflitti e alle violenze interne e internazionali. Ho potuto così approfondire la mia conoscenza della realtà ecclesiale. Il clero diocesano vive in comunità sacerdotali: unica casa, unica tavola, unica cassa. Cassa comune anche per le malattie, il sostentamento clero, lo sviluppo di nuove parrocchie e la “Casa comune” nell’ambito diocesano.

P. Gian Paolo Pezzi (al centro nella foto)

La gente pur nella povertà e nell’insicurezza collabora con generosità nella gestione della comunità ecclesiale. L’insicurezza è il grande ostacolo ad ogni iniziativa, al progresso e al cammino sinodale. Le bande armate che infestano il nostro territorio sono infiltrate da elementi ugandesi e soprattutto ruandesi che cercano profitto nelle miniere artigianali dell’oro, dei minerali preziosi, del coltan. Per questo ho deciso di aderire al progetto diocesano "Pace e sicurezza per Butembo-Beni".

La diocesi rigurgita di vocazioni religiose e sacerdotali, ma risente di un ritorno a pratiche pagane e tradizionali –stregoneria e feticismo, magia- e soffre di anti valori: irresponsabilità, violenza, menzogna, banditismo: fenomeni, una ventina d’anni fa quasi sconosciuti. C’è una certa infatuazione per tutto quanto è “novità”: canzoni, moda, telefonino magari scarico sempre in mano. La gioventù e le donne hanno un posto di rilievo nella vita comunitaria, ma nella società e nella Chiesa domina ancora la concezione sacrale e patriarcale. Ne nasce un misto di formalismo e ritualismo che si trasmette alle cerimonie religiose e alle relazioni fra fedeli e clero. Diventa allora difficile affrontare i fenomeni sociali d’importazione e della chiamata nuova etica mondiale come la prostituzione, la tratta delle ragazze attirate dalla campagna con l’illusione di lavoro e di scuola e poi immesse nei “tora”, i locali dove si spacciano alcolici e sesso. Proprio vicino alla cattedrale è nato il Quartiere Generale, il “QG” dove la polizia organizza bande di ragazzini per furti su ordine, ricompensandoli con pochi spiccioli. Una società ed una Chiesa viva quindi, ma anche bisognosa di una rivoluzione morale e sociale per far fronte alla realtà, agli effetti della globalizzazione ormai presenti ovunque, e ai conflitti che destabilizzano la società, generano povertà, odio e vendetta.

Verso la fine dell’anno ho partecipato al corso chiamato dell’anzianità. Eravamo una decina. Insieme riunivamo quasi 500 anni di esperienza e di vita missionaria, ognuno con la sua personalità egregiamente manifestata e solidamente difesa come faceva Comboni, il nostro fondatore. C’era il missionario raffinato e giocondo arrivato dalle Ande peruviane, e il giramondo dall’aria trasandata; il pacifico che parla sottovoce ma lancia frecciatine e chi si presume rispettoso mentre fa dispetti a tutto andare; il tuttofare, incapace però di prepararsi un panino e chi trascina i piedi consumati sui fangosi sentieri africani; e chi mette continuamente i puntini sugli “i”. Una varietà umana, seria e giocosa, a cui deve essersi ispirata l’enciclica Evangelii Gaudium.

Tutti avevamo passato la soglia dei 70 e i più quella degli 80. Nel corso qualcuno cercava la serenità per fare il punto del proprio cammino spirituale, un altro per rileggere la propria vita. Chi si preparava a tirare i remi in barca e chi rivedeva il passato per riconciliarsi con i tanti motivi di soddisfazione o di frustrazione. C’erano gli eterni ‘giovani’: ottantenni allegri, spensierati e pieni di progetti per chi il “riposo spirituale” è pur sempre la ricerca di esperienze che nutrano d’attualità la lettura della Bibbia e gli orientamenti della Chiesa. Presenti anche i perenni soddisfatti: il mondo sembra fatto per loro e loro per il mondo, con lo spirito, anche quello con la maiuscola, a gonfiare le loro vele. Una tonica per l’igiene mentale del nostro gruppo.

Un’esperienza gioiosa e intrisa di tristezza, rinfrescante e ammonitrice al contempo, è stato visitare Castel d’Azzano, la casa di accoglienza dei missionari non più autonomi. Rivedere amici di gioventù, ex superiori provinciali e generali, fondatori e direttori di riviste, animatori di ‘città dei ragazzi’ e parrocchie, al lucignolo della vita è stato triste e consolante. Missionari che dopo aver ascoltato andate ed annunciate, ed essere stati sale e luce del mondo con opere buone vivono il quando lo avrete fatto tutto, ditesiamo servi inutili’. Inutili in un senso profondo: la missione e il Regno sono di Dio, c’erano prima di noi e saranno dopo e senza di noi. Inutili, ma liberi dal dubbio di essere a volte usati, per il bene che si fa, dal potere politico o dalla Chiesa per idee che sanno di ideologia. Inutili, che non servono a nulla, scartati direbbe il Papa. Eppure segno dell’essenziale: amare ed essere amati per quello che si è e non perché si è utili. In questo ogni vita ha senso.

Anche quando sta per spegnersi. Diceva il Matto a Gelsomina nel film “La strada” di Fellini: “Prendi quel sasso lì.... Anche questo serve a qualcosa”. “A cosa?”. E il Matto: “E che ne so io? Se lo sapessi sai chi sarei?”. Gelsomina: “Chi?”. “Il Padreterno che sa tutto... quando nasci, quando muori? No. 'Un lo so ma a qualcosa deve servire: se questo è inutile, allora è inutile tutto”. Missionari, ‘servi inutili’ eppure… con un ‘senso’ nell’universo degli uomini e… soprattutto in quello di Dio. E che senso ha quanto succede tra noi?

Arrivo a Goma –ritornando in Congo-, quando il movimento ribelle M23, sponsorizzato dal Ruanda, è a 20 km e minaccia di riprendere la città come dieci anni fa. Sul terreno dei salesiani sono ammassate 6.000 famiglie che fuggono dalla guerra, non lontano da dove è stato ucciso l’ambasciatore italiano. A Butembo, il giorno dopo il mio arrivo ad un incrocio di strade appare la testa d’un decapitato. La terza in una settimana, immagine d’una difficile, cruenta e incomprensibile situazione politica e militare che domina nell’Ituri, all’est del Paese. Sembra di vivere quanto la liturgia diceva in queste settimane: Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno terremoti, carestie e pestilenze. Vicini contro amici come in un Walmart della Virginia (Usa) dove un impiegato uccide prima di suicidarsi; come in Ucraina dove una bomba uccide un neonato ancora in maternità; come a Gerusalemme dove si risponde con vendetta agli attentati dinamitardi. Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno. Sì, anche questo nella nostra diocesi di Butembo-Beni. E’ continua la violenza contro sacerdoti - 3 rapiti 10 anni fa di cui non si sa nulla, altri uccisi durante o al termine dell’eucarestia-, contro religiosi e religiose, contro laici, catechisti, agenti pastorali, responsabili di comunità.

All’inizio del 2022 Papa Francesco rivolgeva una preghiera e un invito alla fratellanza. Oggi, invece, ci ritroviamo a parlare di guerre, a guardare immagini sconvolgenti, ad assistere a scene che stentiamo a riconoscere come nostre.  "Riconosciamo che la guerra, qualsiasi guerra, è sempre e ovunque una sconfitta per l'intera umanità", disse Papa Francesco al Congresso ebraico mondiale. La pace non può essere “una promessa per l'altro mondo, ma una realtà in questo”. “L’ira di Dio si accenderà contro i responsabili dei paesi che parlano di pace e vendono le armi per fare la guerra”. La guerra è “un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male”: “ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato”, con vittime, profughi, mamme che perdono i figli, bambini mutilati e privati dell’infanzia, gente che si combatte e si dilania, giovani che non conoscono altro che violenza (Fratelli tutti).

Segni di un’umanità sempre più miserabile che ha bisogno più che mai che la fratellanza e la compassione prendano il sopravvento sull’interesse economico e sull’ambizione di pochi. Cosa si può fare? La mente e il cuore si perdono in questa domanda. Tutto sembra senza senso. Eppure no. Una risposta c’è e ci viene dal Natale, da questo Natale, perché “Dove nasce Dio, nasce la speranza: Lui porta la speranza. Dove nasce Dio, nasce la pace. E dove nasce la pace, non c'è più posto per l'odio e per la Guerra” (Papa Francesco).

Buon Natale a tutti, in particolare a chi cerca e costruisce la pace.

P. Gian Paolo Pezzi, mccj
Butembo, Dicembre 2022, nel mio 80mo compleanno