«Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». Il termine greco usato da Matteo per esprimere la “perfezione” indica il momento in cui qualcosa o qualcuno arriva al suo scopo, colpisce il bersaglio, perviene al suo fine autentico. Gesù dice quindi che l’amore ai nemici non è solo un sublime atteggiamento ma è il traguardo della nostra esistenza. Siamo nati per arrivare a questo amore.

Quale legge governa la nostra vita?

Matteo 5,38-48

Salita verso la vetta del monte

Domenica scorsa Gesù ci aveva rivelato lo scopo della sua missione: dare pieno compimento alla Legge e ai Profeti! E ci aveva presentato quatto esempi, in forma di antitesi, per spiegarci il senso e lo spirito della nova Legge. Oggi ci presenta altri due casi. Si tratta della vetta di questo percorso, che ci offre degli orizzonti straordinari, ma che può causare anche un senso di vertigine: Amate i vostri nemici! Se riusciamo, però, ad abituare il nostro sguardo a questo orizzonte, allora il percorso sulle alte cime del vangelo ci farà respirare un’aria nuova e offrirà un senso di leggerezza e di libertà che non abbiamo mai sperimentato!

Quinta antitesi: “Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio”.

Questa quinta antitesi parte dalla cosiddetta legge del taglione (Levitico 24,19-20). Il suo scopo era di impedire la sproporzione tra il crimine e il castigo, caso che vediamo ben esemplificato in Lamec, discendente di Caino: Ho ucciso un uomo per una mia scalfittura e un ragazzo per un mio livido. Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamec settantasette”.(Genesi 4,23-24).
A questo ‘progresso’ Gesù ne aggiunge un altro che, però, si presenta smisuratamente benevolente verso il colpevole: “Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra…”.

Sesta antitesi: “Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano”.

Questo sesto esempio antitetico è senz’altro il più sconvolgente. È anche l’apice del messaggio di Gesù e del suo vangelo. Diventerà il distintivo del cristiano. Non troviamo nel primo testamento questa legge, di odiare il proprio nemico, anzi ne troviamo dei belli esempi in contrario (cfr. Proverbi 25,21; Esodo 23,4). Si trattava di un modo di dire o di un comportamento diffuso. Tuttavia, l’amore per il prossimo era interpretato in un senso assai restrittivo. Talvolta l’odio per il nemico trovava addirittura una presunta copertura religiosa: “Quanto odio Signore quelli che ti odiano. Li odio con odio implacabile, li considero miei nemici” (Salmo 139,21-22).

Il cristiano… un cretino?!

Qualcuno potrebbe pensare che questi detti di Gesù siano un invito alla passività e alla sottomissione, un atteggiamento di debolezza, un arrendersi davanti al male. Non è così, ma è un modo inedito di reagire, la nonviolenza, che vuole spezzare la catena dell’odio e si rifiuta di sottomettersi alla logica del violento. Il cristiano vuole essere il capolinea del male!

Il cristiano non è un… cretino! L’origine di questa parola è “crétin”, cristiano (dal franco-provenzale, usato inizialmente con un senso di commiserazione: povero cristo!). Gesù ci chiede di disinnescare la violenza dell’altro con un amore più grande della sua violenza. Non si tratta, dunque, di un atteggiamento di debolezza, ma di una posizione di forza, che scaturisce dalla convinzione profonda che l’amore avrà il sopravvento sull’odio.

Il cristiano non sarà l’olio che rende più liscio il meccanismo del sistema che è all’origine dell’ingiustizia, ma il granello di sabbia che lo fa inceppare. Per questo il destino del cristiano vero sarà la persecuzione, dato che la sua sola presenza è una denuncia costante del male e dell’ingiustizia.

Quale legge governa la nostra vita?

Occhio per occhio, dente per dente? Questa massima ci sembra barbara e crudele e oggi nessuno si sognerebbe di applicarla, diremmo noi. Ma sarà proprio vero?! Sì, non strangoleremmo l’altro con le mani, ma con le parole… potremmo farlo rotolare nel fango! o nel pensiero coltivare il desiderio di fargliele pagare! o renderlo spregevole con la nostra indifferenza! o covare l’odio nel cuore e cancellare quella persona dalla nostra vita!

In realtà il cuore dell’uomo non è cambiato, è solo diventato più fine e raffinato! È inutile negarlo: la legge del taglione è ancora quella che regola spesso i nostri rapporti. E non illudiamoci, pensando che questo riguarda forse i non credenti o i fondamentalisti islamici, o i politici… No, no, ci riguarda tutti quanti: laici, preti, monsignori, vescovi, cardinali… E, purtroppo, tanto più ‘religiosi’ (da non confondere religione e fede!) quanto più rischiamo di cadere nella tentazione di strumentalizzare Dio per giustificare la nostra violenza (nelle sue diverse forme), l’odio e la guerra. Ne è un esempio lampante quanto sta succedendo qui a fianco, nella guerra Russia-Ucraina. È ben vero quanto affermava il filosofo e credente ebreo Martin Buber: il nome di Dio è il nome più insanguinato di tutta la terra!

Amare il nemico? Beh, io non ho nemici! si sente spesso dire. Anch’io, da giovane, lo dicevo, sinceramente. Oggi non lo dico più. Di nemici, li fabbrico ogni giorno. Una vera catena di montaggio. Le orecchie sentono una notizia (cattiva) o gli occhi vedono una immagine (spiacevole), il pensiero le elabora, l’immaginazione ci fantastica sopra, il giudizio detta la sua sentenza e il cuore reagisce in consonanza… Mi sono scoperto un giudice spietato. E quanto è difficile smontare questo meccanismo! Ci vuole una vigilanza continua. Sant’Agostino dice: “L’ira è una pagliuzza, l’odio è una trave. Ma alimenta la pagliuzza e diventerà una trave!”.

Liberare i prigionieri

Nel suo discorso programmatico secondo il vangelo di Luca, Gesù dice che è stato inviato a proclamare ai prigionieri la liberazione, a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore (Luca 4,18-19). Le prigioni che mantengono in schiavitù buona parte dell’umanità sono tante, ma il mio cuore non sarà diventato anch’esso una prigione? Troppo spesso nei bassifondi oscuri del nostro cuore abbiamo rinchiuso tante persone, condannate dalla legge “occhio per occhio, dente per dente”. Talvolta vi troviamo anche le tombe delle persone che abbiamo condannate alla pena capitale! Infatti. alcune volte si sente dire: quella persona per me è come se fosse morta, non esiste più! Ho incontrato gente che ha rifiutato di accogliere la mano tesa da un’altra che voleva morire riconciliata, perché quella persona, per loro, era già morta da anni! Incredibile!

Ecco un buon programma per la quaresima che stiamo per iniziare: aprire le porte della prigione del cuore e liberare i nostri prigionieri. E, se vi si trova qualche scheletro, che la luce della Pasqua lo riporti alla vita!

P. Manuel João, comboniano
Castel d’Azzano (Verona), febbraio 2023

[comboni2000]

Perfetti come un dio greco o come il Padre?

«Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

Se uno va in palestra, si allena regolarmente e segue una dieta equilibrata, si vede. Il corpo non mente: più ce ne si prende cura, più il fisico tende verso la perfezione. Quale sia però questa perfezione, in realtà non è proprio chiaro, perché  a seconda del tipo di allenamento si plasmano fisici anche molto diversi fra loro. Ad ogni modo tutti i palestrati degni di questo nome ambiscono a diventare — come si dice nel gergo — perfetti come un dio greco. Come è un dio greco? Chi ne ha mai visto uno? Quali sono i criteri che ci permetterebbero di paragonarci a lui? Chiaramente l’immagine del dio greco è solo un’idea, che nella testa di un palestrato diventa un ideale che si sposta sempre più in là e diventa sempre più irraggiungibile; un ideale di perfezione che, però, suscita una volontà di ferro e plasma muscoli d’acciaio.

Se uno va in chiesa, prega regolarmente e segue il Vangelo, si dovrebbe vedere. Nemmeno lo spirito mente: più ce ne si prende cura, più la vita tende verso la perfezione. Detto così può sembrare un po’ esagerato, eppure è proprio quello che Gesù dice nel Vangelo: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». Come è il Padre? Chi l’ha mai visto? In che senso possiamo diventare perfetti come lui? A partire da Gesù il Padre non è più un’idea, perché lui, il Figlio, ce lo ha rivelato e con la sua vita ce ne ha mostrato la perfezione. Quindi sì, possiamo diventare perfetti come il Padre perché possiamo allenarci a vivere come Gesù. E in teoria, come per la palestra, se uno mette in pratica il Vangelo e si fa guidare dallo Spirito, allora i risultati si vedono. Si vedono, sì, perché la fede non è una faccenda privata, ma condiziona il modo in cui stiamo al mondo. Non è solo questione di ciò che pensiamo e sentiamo, ma prende forma nella postura esistenziale con cui stiamo di fronte agli eventi della vita. Insomma, la nostra fede diventa visibile nel modo in cui amiamo.

La fede è il rapporto d’amore con Dio vissuto dentro l’intreccio dei rapporti umani che costituiscono la Chiesa. Allenare questi rapporti, approfondirli e modellarli sull’esempio dei rapporti di Gesù, porta a poco a poco a renderli visibilmente sempre più luminosi e liberi. E tutto ciò si vede. Si vede se perdoniamo i torti subiti, se rispondiamo al male con il bene, se siamo miti e magnanimi, se amiamo i nostri nemici. Si vede se abbiamo un occhio di riguardo per i più bisognosi, se non salutiamo solo chi ci sta simpatico, se sacrifichiamo noi stessi per il bene degli altri. Si vede perché è l’amore a renderci reali. Quando amiamo siamo realmente umani, proprio per questo, addirittura divini. O meglio, perfetti come il Padre, misericordiosi come Dio, uomini come Gesù. 
[Alberto Ravagnani - L'Ossorvatore Romano]

La rivoluzione della nonviolenza e dell’amore al nemico

Levitico 19,1-2.17-18; Salmo 102; 1Corinzi 3,16-23; Matteo 5,38-48

Riflessioni
Sconvolgente e rivoluzionario messaggio! Il più controcorrente di tutti! Gesù disse ai suoi discepoli (Vangelo): «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra… Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; Egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani?... Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (v. 38-39.42-46.48). Siamo ancora nel discorso della montagna (Mt 5-7), il programma di Gesù. Per molti studiosi della Bibbia “l’amore per i nemici” è il messaggio più originale, destabilizzante e più rivoluzionario dei Vangeli.

L’Antico Testamento conteneva già, in parte, questo messaggio di un amore grande. La I lettura dice: “Non coverai nel tuo cuore odio…” (v. 17). Impressionante questa immagine del ‘covare odio’, starci sopra come la gallina sopra l’uovo. Il Vangelo cita poi testi antichi: “Occhio per occhio e dente per dente” (v. 38); ma anche “vita per vita, mano per mano, piede per piede… ferita per ferita…” (Es 21,23-25; cfr. Lev 24,19-20). Queste parole non vanno intese come un’autorizzazione o un incitamento alla vendetta, bensì l’imposizione di un limite, un tentativo di contenere una violenza spietata: cioè, se intendi vendicarti per un’offesa, fallo alla pari, non andare oltre la misura dell’offesa ricevuta, ma che sia ‘proporzionata’. Era ovviamente una legge imperfetta, una concessione temporanea alla fragilità umana.

Gesù capovolge l’equilibrio imperfetto e precario della Legge antica; propone un cambio radicale: la non resistenza al malvagio, l’amore e la preghiera per i nemici, additando l’ideale supremo della perfezione stessa, Dio, Padre di tutti, dei cattivi e dei buoni. Nel testo parallelo, l’evangelista Luca, che scrive il suo Vangelo per destinatari provenienti dal mondo pagano, preferisce usare un’immagine più soave e comprensibile; per questo addita l’ideale della misericordia del Padre: “Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro” (Lc 6,36). È proprio vero che le Beatitudini e tutto il discorso della montagna sono l’autoritratto di Gesù, la sua autobiografia. Gesù propone e compie nei fatti quello che insegna a parole: non si vendica mai, non risponde male per male, ma risponde con amore a chi lo schiaffeggia, perdona chi lo offende e prega per chi lo uccide: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34). Gesù aveva detto poco prima a Pietro: “Riponi la spada nel fodero, perché colui che uccide con la spada di spada morirà” (Mt 26,52). L’invito di Gesù a porgere l’altra guancia (cfr. Mt 5,39) non va inteso come un atteggiamento di passività, ma come il coraggio di fare il primo passo, di perdonare, di ricominciare a vivere relazioni nuove, più vere, nella gratuità. A ragione, Nelson Mandela affermava: “Il perdono libera l’anima, rimuove la paura. È per questo che il perdono è un’arma potente”.

Nel suo Vangelo Gesù ci propone di escludere la categoria del “nemico”. Solo così si può iniziare a disarmare il mondo. Può esserci un “avversario”, qualcuno con cui possiamo anche scontrarci sul piano delle idee, sul modo di vedere le cose. Anzi il confronto può essere molto 'salutare’. Anche Gesù lottò con i suoi avversari sul piano delle idee e dei comportamenti; li combatté, ma non li considerò mai dei nemici da eliminare. Si può combattere l'avversario per quello che pensa. Considerarlo nemico, invece, vuol dire attaccare la sua persona, e come tale lo si elimina. Spesso nella storia socio-politica si ‘cova l’odio’, si creano i nemici e poi si "eliminano". Gesù invece risponde all'odio con l'amore. Odio, vendetta, nemici… non hanno spazio nel Vangelo di Gesù. Egli ci invita a generare amore, a ‘covare amore’.

Gesù ha vissuto le Beatitudini e, solo dopo averle vissute, le ha proposte come programma di vita verso la felicità vera e duratura. Con questa dottrina e testimonianza personale, Gesù ha tutta l’autorevolezza per insegnare e chiedere ai suoi discepoli di fare altrettanto: “Voi dunque, pregate così: Padre nostro… rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori” (Mt 6,12). Il messaggio di Gesù ha elevato il livello dell’insegnamento morale presente, in certa misura, nelle varie culture e religioni, toccando qui il punto più alto, e lo ha proposto così a quanti vogliono seguirlo, cristiani e non. In particolare, il Vangelo di oggi costituisce un solido fondamento per la dottrina e la prassi della nonviolenza attiva. Gesù l’ha insegnata e l’ha messa in pratica nella Sua vita. Per Gesù il perdono è l’unica forza che spezza la catena/spirale dell’odio e della vendetta.

Questo valore è presente, con forme ed espressioni diverse, in testi religiosi antichi e moderni (vedi i siti web sulla ‘nonviolenza’ e simili), soprattutto nelle religioni orientali asiatiche (Buddismo, Jainismo, Taoismo…). La parola ‘nonviolenza’ è la traduzione letterale del termine sanscritoahimsa’, composto da a privativa e himsa: danno, violenza. La parola ahimsa implica una sfumatura intenzionale che si potrebbe rendere con ‘assenza del desiderio di nuocere, di uccidere’.  Aldo Capitini (1899-1968), filosofo e attivista politico, cominciò a scrivere ‘nonviolenza’ come una sola parola, senza il trattino, perché la nonviolenza attiva non è la semplice negazione della violenza, bensì un valore autonomo e positivo, un impegno personale, uno stile di vita, una metodologia per il cambiamento sociale.

Questa è l’unica risposta coerente alla spirale di violenza che ci circonda. Oggi è superata la teoria plurisecolare di una “guerra giusta”: fortunatamente, Papa Giovanni XXIII, con la "Pacem in terris" ci insegna che “non esiste una guerra giusta”.  Papa Benedetto XVI spiega molto bene la portata cristiana dell’amore e della nonviolenza. (*) E Papa Francesco l’ha messo in evidenza in un messaggio per Giornata Mondiale della Pace (2017), con il tema: «La nonviolenza: stile di una politica per la pace». Ma non basta applaudire o sottoscrivere le dichiarazioni antibelliche degli organismi internazionali; occorre smobilitare i piccoli/grandi spazi personali di rifiuto, odio e contrapposizione verso gli altri. Possono sembrare irrilevanti, ma influiscono e fanno la differenza.

Mohandas Karamchand Gandhi (1869-1948), nella sua dottrina e prassi della nonviolenza attiva, mostrò ammirazione e si sentì in sintonia con il discorso della montagna, circa il perdono, la riconciliazione, l’amore al nemico… Con la sua strategia nonviolenta e senza sparare un colpo, Gandhi mise in ginocchio l’Impero Britannico, obbligando Londra a concedere l’indipendenza all’India (1947). In tempi moderni, si sono schierati per la ‘nonviolenza attiva’ autori e protagonisti di prestigio internazionale: Tolstoj (Russia), Simone Weil (Francia), Aldo Capitini (Italia), Martin Luther King (USA), Nelson Mandela (Sudafrica), Khan Abdul Ghaffar Khan (Pakistan), Aung San Suu Kyi (Birmania), Leymah Roberta Gbowee (Liberia)… Non hanno perseguito utopie o sogni impossibili: Gesù ci ha insegnato che l'amore può disarmare l'odio e trasformare il mondo
Le seguenti espressioni di Gandhi indicano la lucidità e forza morale e sociale delle sue intuizioni:

- “La nonviolenza è la più grande forza a disposizione dell’Umanità”.
- “Sono persuaso che se Cristo tornasse, benedirebbe la vita di molti che non hanno mai sentito il suo nome, ma che con la loro vita sono stati esempio vivente delle virtù da Lui stesso praticate”.
- “Credo di essere incapace di odiare. Attraverso una lunga disciplina basata sulla preghiera, da almeno quarant’anni ho cercato di amare tutti”.
- “Sulla Terra ci sono abbastanza risorse per tutti, ma non abbastanza per l’avidità di pochi. È tale avidità che genera la povertà”.

Secondo Gandhi, uccidere per raggiungere i propri scopi era sbagliato. Gandhi non condivideva l'espressione ‘resistenza passiva’, ma preferiva parlare della nonviolenza come di una ‘resistenza attiva’ contro il male. Per il movimento di indipendenza del suo Paese, coniò una parola indiana: Satyagraha, che letteralmente significa ‘forza della verità’. Satyagraha è la ‘nonviolenza del forte’: di chi può usare la violenza, ma preferisce ricorrere alla forza della verità, dell'amore.

Parola del Papa

(*) «Giustamente questa pagina evangelica viene considerata la magna charta della nonviolenza cristiana, che non consiste nell’arrendersi al male - secondo una falsa interpretazione del "porgere l’altra guancia" (cfr. Lc 6,29) - ma nel rispondere al male con il bene (cfr. Rm 12,17-21), spezzando in tal modo la catena dell’ingiustizia… La nonviolenza per i cristiani non è un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere della persona, l’atteggiamento di chi è così convinto dell’amore di Dio e della sua potenza, che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell’amore e della verità. L’amore del nemico costituisce il nucleo della ‘rivoluzione cristiana’, una rivoluzione non basata su strategie di potere economico, politico o mediatico…, ma è dono di Dio che si ottiene confidando unicamente sulla sua bontà misericordiosa. Ecco la novità del Vangelo, che cambia il mondo senza far rumore. Ecco l’eroismo dei ‘piccoli’, che credono nell’amore di Dio e lo diffondono anche a costo della vita».
Benedetto XVI
Angelus domenica 18.2.2007

P. Romeo Ballan, MCCJ

Mt 5,38-48
Una questione di rigenerazione

«Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». Il termine greco usato da Matteo per esprimere la “perfezione” indica il momento in cui qualcosa o qualcuno arriva al suo scopo, colpisce il bersaglio, perviene al suo fine autentico. Gesù dice quindi che l’amore ai nemici non è solo un sublime atteggiamento ma è il traguardo della nostra esistenza. Siamo nati per arrivare a questo amore.

Il cuore dell’uomo spera di ricevere questo amore, ossia di essere accolto incondizionatamente e trovare un perdono senza limiti. Infatti ne abbiamo tutti bisogno, perché il perdono è l’unica cosa che sbroglia la matassa delle cose irrisolvibili che ci portiamo dentro. Ancor di più: il nostro cuore spera di dare questo amore, perché solo quando questo amore entra in noi guariamo veramente dalle nostre ferite: perdonare, infatti, è diventare liberi dalla violenza subita o fatta.

Ma come si fa ad entrare in questa dimensione? Come si arriva all’amore al nemico? Abbiamo cercato di farne un dovere, un’esigenza etica verso cui risolversi e a cui applicarsi, e abbiamo fallito tante volte producendo un perdono “di testa”, forzato, insincero e, soprattutto, evanescente. Il Signore Gesù infatti, indica un’altra strada: il Padre. Non si tratta di produrre l’amore più grande affastellandolo sopra la nostra incompletezza, sfoderandolo dalla nostra insufficienza, ma tornando all’origine, ripartendo dal Padre.

L’amore al nemico è una conseguenza della figliolanza, è una questione di rigenerazione. Se l’origine dei miei atti è il mio impegno, non arriverò mai al mio bersaglio, perché io non sono principio ma creatura. Se invece parto dal Padre, Lui sì che è perfetto, perché è Padre Onnipotente e Creatore. E mi ama teneramente. Quando perdono chi mi ha fatto del male esprimo la mia natura battesimale di figlio di Dio. Nasco dall’amore, dalla generosità e dalla pazienza di Chi «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti».

La mia perfezione non sono io. È il Padre.
[Fabio Rosini – L’Osservatore Romano]

“Siate perfetti come il Padre celeste”

Lv 19,1-2.17-18; Salmo 102; 1Cor 3,16-23; Mt 5,38-48

Col brano di questa domenica si conclude la sezione dell’insegnamento di Gesù sulla «legge». Quindi, anche questa domenica ascoltiamo una parte del «Discorso della Montagna». Infatti, il testo evangelico odierno presenta le ultime antitesi e la conclusione dell’intera sezione. Queste due antitesi finali sono imparentate tra loro perché fanno leva sulla proposta paradossale di un amore che va contro il buon senso spesso invocato nella vita quotidiana a copertura degli egoismi più diffusi.

In modo generale, Gesù, nel Discorso della Montagna, insegna a chi intende seguirlo, la logica dell’«andare oltre». Soprattutto questa domenica, si tratta di andare oltre le valutazioni della ragione, del torto, del diritto, andare oltre il rigido perimetro della giustizia, andare oltre l’accertamento di chi deve fare il primo passo.

L’invito a non resistere al malvagio, espresso mediante la nota frase «Porgi l’altra guancia» suscita tutt’al più una benevola ammirazione. Ma esso viene relegato nel mondo dei gesti eroici che non interessano la vita quotidiana, dove vale la legge del più forte. Analogamente, l’invito ad amare i nemici non scalfisce il mondo dell’ostilità organizzata e diffusa, perché non viene preso sul serio come strategia efficace per superare i conflitti quotidiani. Ora, si tratta di andare oltre queste situazioni per non collocarsi inesorabilmente contro la «giustizia grande» o fuori dal comando biblico in cui si concentrano tutte le esigenze etiche: «Amerai il prossimo tuo come te stesso». «Avete inteso che fu detto: occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. Dà a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere la spalla». Gesù suggerisce modalità di comportamento che vanno oltre la Legge del taglione e della vendetta privata, irrazionale. Innanzitutto, ci propone la non-resistenza, la non-violenza, il pacifismo. In più, propone di prendere l’iniziativa creatrice dell’amore fraterno, che va oltre le attese e le pretese dell’altro. Sono gesti che colgono il nemico di sorpresa, in contropiede, lo sconcertano.

Uno dei punti fondamentali della logica paradossale del Discorso della Montagna, che è la Magna Charta dei cristiani, è appunto l’atteggiamento nei confronti dei nemici: «Avete inteso che fu detto: amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori…». Il riferimento alla preghiera per i persecutori dà concretezza alla formula generale di antitesi «amate i vostri nemici». Non si tratta solo di avere buoni sentimenti, ma di fare una scelta ed assumere un impegno a favore dei nemici. L’esempio primo è venuto dal Signore Gesù stesso: catturato, condannato, crocefisso, non ha chiesto giustizia, ma ha scusato i suoi crocifissori: «Padre, perdona loro, non sanno quello che fanno».

È un tale integro modo di amare gratuito ed universale che mostrerà che siamo figli del Padre nostro celeste, «che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra I buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti».
Don Joseph Ndoum