Venerdì 4 agosto 2023
Festa grande a Castel d’Azzano (Verona) il 1°agosto, per i 100 anni di fratel Romano Maran. Erano presenti padre Tesfaye Tadesse [nella foto], superiore generale, padre Fabio Baldan, superiore provinciale, il sindaco e membri dell’amministrazione comunale di Castel d’Azzano, rappresentanti della parrocchia locale, numerosi membri della Famiglia comboniana – padri e fratelli della comunità di Casa Madre e della comunità di Padova, suore comboniane, secolari comboniane, laici missionari comboniani – e un folto gruppo di nipoti di fratel Romano. Tutti si sono uniti ai comboniani residenti nella comunità di Castel d’Azzano (una sessantina), assieme al personale sanitario.

Il programma dell’intrattenimento, iniziato alle 16.00, si è svolto in modo agile e piacevole, ritmato da intervalli musicali. A solennizzare la festa, è arrivata anche una lettera personale del vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla, letta dal padre provinciale, e la benedizione di Papa Francesco, consegnata a fratel Romano da padre Tesfaye.

Padre Tesfaye consegna a fratel Romano la benedizione di Papa Francesco.

Dopo l’intrattenimento, gli auguri, il taglio della torta e i brindisi, c’è stato un breve momento di tranquillità. Alle 18:00, tutti si sono spostati nella capace cappella del Centro per la celebrazione eucaristica, presieduta da padre Tesfaye.

Come Mosè

La prima lettura del giorno, tratta da Esodo 33 e 34, si presta molto bene a diventare il centro dell’omelia di padre Tesfaye. L’alleanza è stata infranta. Che altro può fare Mosè se non tornare a consultare Dio? E Dio entra in comunione con il suo grande condottiero, parlando con lui «faccia a faccia… come uno che parla con il proprio amico». Mosè, quindi, può ora tornare nel campo dove il popolo l’aspetta, e immergersi nella vita della sua gente, ascoltando i suoi problemi, per poi tornare di nuovo da Dio per intercedere per quel «popolo di dura cervice».

Ed ecco che Dio torna a donare la sua legge, ora però introdotta da parole che mettono i brividi: «Il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni». Un Dio d’amore, non un giudice castigamatti!

Padre Tesfaye ha parlato con persone che hanno conosciuto fratel Romano e costoro gli hanno garantito che «Romano ha sempre vissuto in profonda comunione con Dio, pregando a lungo e facendo silenzio davanti a lui». Commenta: «So che fratel Romano continua a fare questo anche oggi. Non può più fare missione in maniera attiva… ma continua ad essere un uomo di preghiera e di ascolto della Parola. Se non è missione questa, che altro è?». E conclude esortando tutti i confratelli a imitarlo, «dedicando tutte le proprie forze all’evangelizzazione diretta quando si è giovani, e intensificando la nostra preghiera di intercessione missionaria quando le forze vengono meno».

Fratel Romano, superate, in parte, le forti emozioni provate durante la “festa”, accetta di dire alcune parole sulla sua vita di missionario. Poche parole, che però riassumono non solo l’omelia del celebrante, ma tutta la sua vita in sintesi. Dice: «100 anni vita… 100 anni di carità e misericordia… Ecco quanto voglio dire».

Brevi cenni biografici

Fr. Maran nacque a Selvazzano, provincia di Padova. Crebbe in seno a una famiglia cristiana, dove imparò a pregare e a lavorare. A 15 anni cominciò a sentire il primo desiderio di farsi missionario. A 19 anni, nel 1942, entrò nel noviziato dei Missionari Comboniani a Venegono Superiore (Varese), dove fece la prima professione religiosa il 7 ottobre 1944. Erano anni di guerra, ed erano bloccate tutte le partenze per l’Africa.

Finalmente, nel 1947 fratel Romano poté partire per il Sudan, dove lavorò per 17 anni: dapprima nel nord (1947-1956 – a Khartoum, dove nel 7 ottobre 1950 fece i voti perpetui), poi nel sud del paese (1957-1964). Anch’egli conobbe lo straziante dolore dell’espulsione, quando, fra il 27 febbraio e il 9 marzo 1964, numerosi missionari e missionarie furono dichiarati “persone non grate” dal governo di Khartoum e costretti ad abbandonare le loro missioni, con la sola accusa di diffondere il Vangelo e di aiutare la gente più bisognosa.

Dopo una sosta di tre anni in Italia, fratel Romano partì per l’Uganda, dove trascorse altri 16 anni (1967-1983). La terza tappa, in Malawi-Zambia, fu la più lunga: dal 1984 al 2009.

Fr. Romano aveva 86 anni quando rientrò in Italia, “carico” di ben di 58 anni di attività missionaria in Africa. Visse dapprima nella Casa Madre dei Comboniani a Verona, per poi passare a Castel d’Azzano, presso il Centro “Fratel Alfredo Fiorini”, per missionari comboniani ammalati e anziani.

Favorito da una buona lucidità mentale e di una discreta salute, dedica il suo tempo alla preghiera di giorno e fino a tarda sera, alternando Rosari e lunghi periodi di adorazione davanti a Gesù nell’Eucaristia. Dice: «La missione non è mai finita. Ognuno se la porta nel cuore. E io la presento ogni giorno, nella preghiera, al Signore – che è il Padrone della Messe – perché susciti nuove vocazioni per le missioni e aiutare tutti i missionari nell’arduo ma entusiasmante lavoro dell’evangelizzazione».

Grazie, Romano, per la testimonianza della tua vita!