Lunedì 28 ottobre 2024
Il libro scritto da padre Francesco Chemello, intitolato “Un’esperienza missionaria in zona di guerra”, presenta gli eventi vissuti dal così detto “Gruppo del New Sudan”, dal 1990 al 1998. Questo gruppo dei Missionari Comboniani ha avuto il suo inizio nel luglio 1990, su decisione del superiore generale P. Francesco Pierli e del suo Consiglio, per prendersi cura della missione tra la gente nelle così dette “Zone Liberate” dal movimento di liberazione SPLA (Sudan People Liberation Army). È iniziato nella diocesi di Torit e si è esteso verso le altre diocesi del Sudan del Sud. Il gruppo faceva parte giuridicamente della provincia del Sud Sudan, che esercitava la sua missione nelle zone controllate dal governo di Khartoum, ma aveva uno statuto speciale che lo collegava direttamente al consiglio generale per motivi pratici di gestione. [Vedi allegato]

PREFAZIONE

Ho accettato volentieri l’invito di P. Chemello a scrivere qualche nota di prefazione a questo “resoconto storico” sull’esperienza molto significativa di un gruppo di comboniani nelle zone cosiddette “liberate” del Sudan.

Per decisione del consiglio generale di quel tempo (1985-91) avevo seguito questa esperienza e visitato di persona le zone colpite dalla guerra e in mano allo SPLA. L’apertura di missioni in quella zona non è stata facile anche per le resistenze di diversi missionari, sia al sud che al nord del Sudan, paventando in ritorsione una espulsione di missionari da parte del governo di Khartum. Nulla è avvenuto.

L’esperienza fatta, anche giudicandola oggi, è stata molto significativa e ha accresciuto la stima e la riconoscenza della gente nei nostri confronti, perché abbiamo vissuto con la gente gioie e sofferenze e il tentativo di avere un paese libero e nella pace. Quando avvenne la liberazione, i comboniani erano già a casa loro.

Le ragioni della nostra presenza erano state definite dal Consiglio generale come “testimonianza di amore e solidarietà con i fratelli e le sorelle Sud Sudanesi, provati dalle inevitabili sofferenze a causa della guerra” e “segno di speranza e di fiducia in un futuro migliore”.

La metodologia dell’azione era quella di evangelizzare come comunità apostolica, testimoniando e rendendo presente tra la gente la comunione fraterna dello Spirito. In ogni campo non si trattava di lavorare per, ma con: nell’analisi delle situazioni, nella progettazione, nella realizzazione e nella valutazione di quanto fatto. Operare con la gente e con la chiesa locale. Comboni avrebbe detto “far causa comune” con loro in tutto.

Un sincero grazie a p. Chemello per la solerzia e la costanza che ha avuto nel ricercare i documenti riguardanti questa storia. È il resoconto di una esperienza, quasi stile diario e quindi talora ripetitivo, carico di dati, di non scorrevole lettura, ma meritevole di essere stampato per non perdere il contenuto valoriale dell’esperienza. È una storia non relegabile al passato perché ricca di stimoli e indicazioni anche per il presente.

Papa Francesco nella “Lettera apostolica per l’anno della vita consacrata” ricorda che raccontare la propria storia è indispensabile per rendere sempre viva la propria identità e per riaffermare l’unità della Famiglia e il senso dell’appartenenza dei suoi membri... È anche un modo di prendere coscienza di come il carisma è vissuto… Raccontare la propria storia, è rendere lode a Dio e ringraziarlo per tutti suoi doni.

P. Venanzio Milani
Missionario comboniano

INTRODUZIONE

IL SUDAN

La storia del SUDAN è sempre stata travagliata fin dal tempo del nostro fondatore San Daniel Comboni. Egli stesso ha detto che la ‘Missione dell’Africa Centrale’ è la più interessante del mondo[1] e anche “una delle missioni più difficili, impegnative, sublimi e importanti [2].

Questa realtà è continuata fino ai nostri giorni, soprattutto nel Sud del SUDAN, e i figli e le figlie di Comboni hanno dovuto trovare sempre nuovi modi di presenza secondo le situazioni storiche, ma sempre guidati dallo stesso spirito di amore e dedizione del nostro fondatore. La “Croce[3] portata ogni giorno e l’amore che trova la sua sorgente nel “cuore trafitto di Gesù[4] che “batte anche per gli Africani[5] erano le uniche ragioni di tutto il nostro impegno, dedizione, sofferenze e gioie.

Questa è stata la ragione per cui nacque il “Gruppo del Nuovo Sudan” in un tempo, quando i sudanesi del Sud Sudan erano perseguitati, umiliati, maltrattati e uccisi in una guerra genocida. Era necessario prendere decisioni chiare su come diventare per loro “segni di speranza, segni dell’amorevole e rassicurante presenza salvifica di Dio in mezzo alle loro atroci situazioni.

Il presente racconto storico darà un’idea di come si sviluppò in quel periodo di guerra il desiderio di essere “segni di speranza”, della speranza di Cristo Gesù che attraverso di noi camminava con loro, accanto a loro e al loro servizio. Esso cercherà di illustrare il periodo di tempo che va dall’inizio del “Gruppo del Nuovo Sudan” dal luglio 1990 fino alla fine dell’anno 1998.

P. Francesco Chemello Odiongo Gatwic [6]
Missionario comboniano in Sud Sudan

Note
[1] Scritti n. 981 “m’accorgo che la Miss.e dell’Africa Centrale è la più interessante del mondo”. N. 131 (126) – a P. FRANCESCO BRICOLO ACR, A, c. 14/9. Parigi, 22/1 = 65; N. 3006.
[2] S. 5897, “Lo stabilimento di Verona, destinato a provare e formare allo spirito di sacrificio, ed alle virtù apostoliche necessarie agli evangelici operai dell’ardua e santa missione dell’Africa Centrale, è della più alta importanza” N. 898 (855) – al cardinale GIOVANNI SIMEONI AP SC Collegi d’Italia, FF. 1265-1266. N. 2. Verona, Istituto Africano, 16 gennaio 1880.
S. 6338 “una delle più ardue e laboriose, e delle più sublimi ed importanti dell’universo è senza dubbio la nostra missione dell’Africa Centrale” N. 1005 (963) al cardinale LUIGI DI CANOSSA ACR, A, c. 18/38. Relazione Sulla Carestia E Pestilenza dell’Africa Centrale nel 1878-79.
[3] Scritti n. 1982, 1555, 1621, 1673, 1710, 3128, 4972-4975, 5559.
[4] S. 3136, 3170, 3202, 3203, 3207, 3250, 3412.
[5] S. 6381 “La croce è la via regale che mena al trionfo. Il Cuore sacratissimo di Gesù palpitò altresì pei poveri negri”.
[6] Odiongo (Lotuko) = nato al tempo del raccolto; Gatwic (Nuer) = figlio del villaggio, cittadino, “uno di noi” e Missionario Comboniano.