La povertà e la gestione carismatica e comunitaria dei beni materiali nella Regola di Vita

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Martedì 6 novembre 2018
«Avendo un impatto enorme sulla nostra vita di tutti i giorni, l’economia non può essere inclusa tra le “aree più recondite”, però è certamente una di quelle di cui si parla meno volentieri e intorno alla quale talvolta aleggia un’immotivata reticenza. La RV, nel suo impegno a incarnare una grande idealità nella complessità della vita reale, le dedica il quinto e ultimo capitolo con il titolo “L’Amministrazione dei beni dell’Istituto” (n. 162-175). (…) La scelta di rinunciare ad ogni bene materiale per un ideale e per vivere una povertà che è libertà, riecheggia le parole di Comboni: “il patire per Gesù e per guadagnargli anime, è la più gran risorsa del cuore del vero missionario” (S 5446)». P. Claudio Lurati, Economo Generale.

“PER ESSERE LIBERO DI…”
LA POVERTÀ E LA GESTIONE CARISMATICA
E COMUNITARIA DEI BENI MATERIALI
NELLA REGOLA DI VITA n. 162-175

È bello pensare che in questa fase della sua storia il nostro Istituto è impegnato in un processo di rivisitazione e revisione della Regola di Vita (RV), come la donna che “accende la lucerna e spazza la casa” per ritrovare la dramma perduta (una su dieci, cfr. Lc 15,8), riappropriarsi di ciò che ha di più prezioso e ricostituire l’integrità del suo patrimonio: per questa operazione la donna del Vangelo è disposta a mettere sottosopra la casa, spostare mobili e passare al setaccio le aree più recondite.

Avendo un impatto enorme sulla nostra vita di tutti i giorni, l’economia non può essere inclusa tra le “aree più recondite”, però è certamente una di quelle di cui si parla meno volentieri e intorno alla quale talvolta aleggia un’immotivata reticenza. La RV, nel suo impegno a incarnare una grande idealità nella complessità della vita reale, le dedica il quinto e ultimo capitolo con il titolo “L’Amministrazione dei beni dell’Istituto” (n. 162-175).

Il voto di povertà viene descritto nella RV ai n. 27-32 e viene delineato come una serie di condizioni limitanti che il missionario accetta in vista di un grande ideale, “per essere libero di portare il messaggio evangelico ai più poveri e abbandonati e vivere in solidarietà con loro” (n. 27).

L’impianto valoriale sviluppato in questi cinque numeri ha bisogno di una realizzazione concreta che troviamo nella Parte Quinta della RV, dove la dinamica amministrativa dell’Istituto prende forma, cercando di rimanere fedele ai principi enunciati nei n. 27-32.

Nella parte finale di questo articolo si mettono in evidenza alcune aree dove la RV avrebbe maggiormente bisogno di una revisione. Si tratta di integrazioni ad un impianto che è già ampiamente in linea con gli interventi recenti del Magistero e con le domande del mondo moderno.

1. I principi guida per vivere “poveri alla sequela di Cristo”

Volendo sintetizzare e schematizzare, credo di poter dire che la “Parte Quinta” della RV realizza tre principi fondamentali che trovano il loro fondamento nella descrizione del consiglio evangelico della povertà (n. 27-32):

a) Collegialità: nessuno decide da solo

b) Mission: tutto è per uno scopo

c) Trasparenza: tutti rendono conto di tutto

a) Collegialità (“Povertà comunitaria” – n. 29): nessuno decide da solo, ma sempre nella comunione con il corpo competente, sia esso la comunità, la provincia, un Consiglio di amministrazione, ecc.

Per questo la RV descrive i processi decisionali, le competenze di ciascuno e i limiti di queste. Nel nostro linguaggio corrente, il Fondo Comune Totale (FCT) è l’applicazione più prossima del principio di collegialità. Naturalmente, nella RV non troveremo alcuna menzione del FCT, che rientra in una terminologia adottata solo successivamente. Ma l’impianto ideale c’è tutto.

Il Direttorio Generale dell’Economia descrive il FCT come “lo strumento economico che dà concretezza alla programmazione comunitaria e «persegue obiettivi provinciali frutto di un discernimento comune (AC ’03 n. 102)». Attraverso il FCT si vuole raggiungere un livello sempre maggiore di condivisione e fraternità, trasparenza ed equità, senso di appartenenza e responsabilità” (DGE 4).

b) Mission (“Uso dei beni materiali” – n. 30): tutti i beni sono per uno scopo comune che è l’evangelizzazione. La qualità carismatica della gestione dei beni si misura in base alla loro effettiva destinazione allo scopo fondamentale.

Il termine “qualsiasi” riferito a beni acquistati o donati ribadisce la radicalità di questa opzione. L’uso per lo scopo fondamentale include anche la preparazione e il sostentamento dei missionari: pensiamo a quanto l’Istituto investe nella formazione dei candidati e nello studio delle lingue. I paragrafi direttoriali integrano la visione carismatica con l’opzione preferenziale per i poveri e la scelta di mezzi poveri. Questa urgenza impone uno stile di vita semplice, improntato alla “condivisione e autolimitazione dei beni” (n. 164).

Ritroviamo traccia di questa stessa preoccupazione carismatica anche al n. 31.6, dove si raccomanda che le offerte vengano “usate secondo il loro fine rispettando le intenzioni del donatore”. È un’attenzione fondamentale da esercitare perché “le offerte del popolo di Dio e il lavoro dei missionari” costituiscono le entrate principali dell’Istituto (n. 167), come in effetti avviene ancora oggi.

c) Trasparenza (“Voto di povertà” – n. 31): viene descritta spesso come il permettere a chi sta all’esterno della casa di vedere ciò che accade al suo interno. Il FCT è un processo di trasparenza: significa guardare gli uni dentro la casa degli altri, sperando che con il tempo la casa diventi una sola. Concretamente, tutti devono rendere conto di tutto e questo si realizza attraverso un sistema di preventivi, resoconti e controlli.

Il n. 31 è piuttosto complesso. I primi tre commi della parte direttoriale definiscono l’applicazione del CIC 668, indicando tempi e modi di scelte permanenti che riguardano il patrimonio personale del confratello. Il voto di povertà non implica la rinuncia alla proprietà radicale dei beni posseduti in precedenza o ricevuti in eredità da un familiare (RV 32).

I paragrafi 4-8, invece, affermano a chiare lettere che nella vita quotidiana o apostolica non c’è spazio per il “mio” o per il privato e che di tutto (ma veramente “tutto”) si deve rendere conto.

A mio parere, il dovere di rendicontazione, pur essendo affermato, manca della dovuta evidenziazione e trova una collocazione un po’ marginale nel testo come sottopunto di un paragrafo direttoriale (n. 31.5).

Nella revisione, si dovrà anche tenere conto della sensibilità giuridica contemporanea, la quale sottolinea che la mancata rendicontazione è una inadempienza grave sia da parte di chi non la fa, sia da parte di chi ha il dovere di esigerla con forza e non sanziona eventuali inadempienze.

2. L’applicazione dei principi nella struttura amministrativa dell’Istituto

Affinché i principi appena descritti vengano rispettati, occorre una struttura adeguata che li preservi e li promuova e dove ognuna delle membra agisca secondo il proprio compito per il benessere di tutto il corpo.

a)  Vi è anzitutto la funzione del governo, dove le decisioni finanziarie prendono forma e si consolidano.

Il n. 165 ci dice che esse “appartengono ai superiori e ai loro consigli ai vari livelli” e devono essere precedute dalla “consultazione dei rispettivi segretariati per l'economia”.

La facoltà di decidere non è illimitata. Anzitutto vi sono alcune decisioni per cui il voto “deliberativo all’interno del consiglio è richiesto espressamente: es. approvazione del preventivo e del bilancio, permesso per superare i limiti per l’amministrazione straordinaria (cfr. n. 127.2 e n. 139.6).

Se poi la decisione riguarda un intervento di natura straordinaria che supera i limiti stabiliti dal Capitolo Generale, “il permesso di superare questi limiti può essere concesso dal superiore generale con il consenso del suo consiglio dopo aver ottenuto il parere documentato dell'economato generale” (n. 170). Talvolta è necessaria l’autorizzazione della Santa Sede (170.1). Questo principio si fonda sul CIC 635 che afferma che i beni di un istituto religioso sono “ecclesiastici”, che cioè ultimamente appartengono alla Chiesa universale per il conseguimento dei suoi scopi e che il bene della Chiesa universale è prevalente.

Nella vita concreta di una comunità o di una provincia, la maggior parte delle decisioni sono contenute in un documento importante che universalmente chiamiamo “preventivo”. Esso fa seguito alla programmazione e ne rappresenta la traduzione in termini economici. Per questo il processo di elaborazione della programmazione/preventivo è strategico nella vita di una comunità/provincia ed esige che vi sia dedicata la necessaria cura.

La RV menziona i preventivi (n. 163.5, 164.2, 172.2) ma non elabora molto sulla loro funzione. Negli ultimi anni, grazie alla pratica del FCT, la consapevolezza sul ruolo del preventivo è molto cresciuta e forse dovrà trovare più spazio nella RV. I preventivi, insieme ai bilanci consuntivi, svolgono anche una funzione fondamentale nella valutazione di un’attività e nel controllo dello “stile di vita”.

b)  Ruolo consultivo ed esecutivo: tanto alle province quanto all’Amministrazione Generale la RV chiede di dotarsi di un segretariato per l’economia (n. 172-173).

Per qualsiasi organizzazione, il ruolo decisionale e quello esecutivo sono chiaramente distinti. Altrettanto vale per gli istituti religiosi, come stabilito dal CIC 636. La RV ribadisce il concetto ai n. 172.5, 173.1 e 174.1.

In pratica i due livelli fondamentali in cui si articola un’organizzazione sono:

Governo: ha il compito di decidere, orientare e controllare.

Gestione: svolge la funzione di offrire un parere tecnico, eseguire le decisioni e assicurare una rendicontazione accurata dell’attività.

A livello generale la RV prevede che la consultazione avvenga sia con l’Economato Generale che con il Consiglio di Economia. Quest’ultimo è un organo che non ha un parallelo nelle province e che garantisce un’ampia rappresentanza delle diverse componenti dell’Istituto. Ad esso la RV assegna il compito di “controllare i bilanci preventivi e le relazioni finanziarie; esaminare i programmi finanziari; verificare le procedure amministrative e l'organizzazione dell'economato generale e studiare i problemi fondamentali del settore finanziario dell'Istituto” (n. 172.2).

c)  A completare il quadro troviamo l’apparato normativo e di controllo. Per forza di cose la RV non può entrare nel dettaglio delle scelte economiche: essa offre i principi generali ma prevede un “Direttorio Generale dell’Economia” (DGE - RV n. 175), elaborato e aggiornato sotto l’autorità del Consiglio Generale.

Il Direttorio esiste, viene rivisto ogni sei anni alla vigilia del Capitolo Generale e contiene “ulteriori principi” e altre “norme”. La sua revisione periodica consente all’Istituto di tenersi al passo con i rapidi cambiamenti che si verificano nel mondo economico e di adeguarsi al continuo sviluppo che la missione impone.

Per esempio, nel caso degli investimenti finanziari, la RV afferma che essi costituiscono un’entrata “complementare” (RV 167.1) e affida il compito di regolarli al Direttorio Generale dell’Economia, dove infatti troviamo un intero capitolo dedicato all’argomento (DGE n. 33).

Il sistema di controllo mira a verificare l’uso effettivo dei beni secondo lo scopo assegnato e a tutelare il buon nome della Chiesa e dell’Istituto, ad evitare ogni minaccia per la luce del carisma e il suo servizio nel mondo.

La Regola di Vita raccomanda la responsabilità, la condivisione dell’informazione (RV 166) e indica alcuni metodi preventivi di controllo:

  • distinzione dei ruoli: superiore/economo (RV 173.1)
  • il voto deliberativo all’interno del Consiglio per approvazione del preventivo e del bilancio (cfr. n. 127.2 e 139.6)
  • limiti per l’amministrazione finanziaria ordinaria (RV 170).

Altri aspetti dell’apparato di controllo sono stati sviluppati successivamente dal Codice di Condotta e dai Direttori Generale e Provinciale, come ad esempio l’obbligo della firma congiunta.

I controlli a posteriori sono sostanzialmente affidati all’esame dei bilanci. Il Consiglio Provinciale ha l’obbligo di esaminarli, fare le opportune verifiche e approvarli.

La RV prevede anche che “l'economato a livello superiore provvede assistenza tecnica a quello di livello inferiore e ne esamina i registri” (n. 163.4).

Qui si prevede qualcosa che è praticamente impossibile realizzare: ogni anno l’Economato Generale “rivede” i conti delle province, ma questo servizio non è “l’esame dei registri”, che richiederebbe una presa di visione diretta in loco. A complicare la questione c’è la traduzione inglese, dove si parla di “audit”, un esercizio ancora più complesso dell’“esame dei registri”.

Negli ultimi Capitoli Generali, l’orientamento è andato in un’altra direzione e cioè verso l’opzione di una revisione esterna dell’amministrazione, questa volta tradotto correttamente con “audit”. Il Consiglio Generale o provinciale esercita il suo dovere di controllo sulla gestione attraverso una revisione annuale condotta da consulenti esterni a cui è chiesto di verificare:

  • l’accuratezza della relazione;
  • la sua coerenza con gli estratti conti bancari;
  • la coerenza tra preventivo e consuntivo;
  • le autorizzazioni per le operazioni economiche (preventivo, decisione del Consiglio o dell’Economato entro i limiti previsti dal Direttorio);
  • la disponibilità di ricevute e pezze giustificative;
  • la conformità con le leggi civili.

3. Dove la RV avrebbe bisogno di una revisione?

Alcune aree che hanno bisogno di un intervento sono già state evidenziate in precedenza e qui vengono solo riprese. Altre vengono menzionate per la prima volta.

a)  Preventivi e Bilanci. Il Fondo Comune Totale, gioia e dolore degli ultimi anni di cronaca comboniana, dovrebbe trovare una sua collocazione nel testo anche se non mi sembra indispensabile usare l’espressione “Fondo Comune Totale” che, a distanza di qualche anno, potrebbe risultare datata.

Il principio della condivisione di programmazioni e risorse è affermato chiaramente (n. 162 e 164). Ciò che deve essere messo in luce maggiormente sono le sue irrinunciabili implicazioni: preventivi e bilanci. Di condivisione e di programmazione si parla nel testo: meno evidente è il fatto che, senza preventivi e bilanci discussi e approvati comunitariamente, l’anelito alla condivisione rimane una chimera.

b)  La trasparenza e i controlli. Come già detto, l’obbligo della rendicontazione è centrale, ma appare un po’ in sordina nel testo (31.5).

Occorre certamente mettere un po’ di ordine sulla revisione dei conti al n. 163.

In generale, tutta la questione dei controlli è sempre più decisiva nei confronti sia dei confratelli incaricati sia dei laici ai quali è stato affidato un compito. Quando si delega, occorre assicurarsi di aver definito le responsabilità di ciascuno e di avere anche elaborato un sistema di controllo. Il sistema di controllo è una grande sfida per il futuro; le negligenze in questo campo si pagano care. Esistono responsabilità oggettive di fronte alle quali il “non sapevo” o “non capivo” non costituiscono giustificazione sufficiente.

Sempre in questo contesto, è opportuno non dimenticare mai la raccomandazione che viene dalla RV di attenersi sia alle leggi ecclesiastiche che a quelle civili nell’amministrazione dei beni (n. 45.1 e 169; cfr. CIC 22).

c)  Divisione del Patrimonio. Pur comprendendo le ragioni che stanno dietro ciascun articolo, bisogna riconciliare l’apparente contraddizione tra l’affermazione dell’“unicità del patrimonio” (n. 163) e quella della “divisione del patrimonio” (n. 168). Proprietà e responsabilità sono ben distinte da provincia a provincia, pur nel contesto di un fortissimo richiamo alla solidarietà.

d)  Il Magistero recente. Lo scorso marzo la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica (CIVCSVA) ha pubblicato il documento Economia a servizio del carisma e della missione.

Esso è frutto di un lavoro e di consultazioni durate quattro anni. Si tratta di “orientamenti”, volti a offrire indicazioni sulla gestione delle risorse economiche integrando le norme esistenti e il Codice di Diritto Canonico.

Fermo restando che c’è sempre da rinnovarsi, le principali raccomandazioni del documento trovano la nostra RV e la nostra pratica largamente adempienti:

  • Stesura di bilanci annuali
  • Direttorio
  • Segretariati
  • Patrimonio Stabile
  • Limiti per l’amministrazione straordinaria

Altre raccomandazioni dovranno essere recepite:

  • Limite al mandato dell’economo
  • Separazione dei ruoli dell’economo e del rappresentante legale

Il documento elabora molto sulla valorizzazione del patrimonio degli istituti religiosi in linea con le priorità del loro carisma e della mission che ne deriva. Si dilunga anche sulla collaborazione responsabile con i laici. Ma questi temi richiederebbero una riflessione molto ampia e non sono oggetto di questo articolo.

Conclusione: la perla preziosa

A conclusione di questa riflessione, mi piace riprendere un invito molto gradito che ci giunge dal succitato documento che a sua volta parafrasa una parabola evangelica: “Testimoniamo con la vita di aver trovato la perla preziosa” (Economia…, n. 98).

La scelta di rinunciare ad ogni bene materiale per un ideale e per vivere una povertà che è libertà, riecheggia le parole di Comboni: “il patire per Gesù e per guadagnargli anime, è la più gran risorsa del cuore del vero missionario” (S 5446).
P. Claudio Lurati
Economo Generale