Lunedì 30 giugno 2025
In Uganda, le celebrazioni a cent’anni dalla nascita del missionario comboniano padre Pietro Tiboni [06-04-1925 – 13-06-2017], che ha formato generazioni di sacerdoti e dato vita a opere di carità e di educazione. Occasione per raccogliere la testimonianza di quanti lo hanno incontrato e camminato al suo fianco.
Il 25 maggio 2025, nella parrocchia di Cristo Re a Kitgum, nel Nord dell’Uganda, si è tenuta una messa solenne per i cento anni dalla nascita di padre Pietro Tiboni (Tiarno di Sopra, Trento, 6 aprile 1925), presieduta dall’arcivescovo di Gulu, monsignor Raphael P’Mony Wokorach, con la partecipazione di numerosi sacerdoti, parrocchiani, amici e fedeli, accorsi anche da Kampala per ricordare il missionario che per decenni ha segnato profondamente la vita della Chiesa ugandese. «Era una enciclopedia», ha detto l’Arcivescovo: «Poteva insegnarci qualunque argomento, senza appunti, cercando di rendere l’argomento comprensibile e concreto. Insegnava con la sua vita. Insegnava la fede».
Fu proprio a Kitgum, nei primi anni Settanta, che padre Tiboni visse una svolta decisiva nella sua vocazione missionaria. Incontrò prima un gruppo di giovani laici di CL e poi, nel maggio 1971, don Luigi Giussani. In un tempo in cui la missione attraversava una profonda crisi, segnata da tensioni teologiche e disorientamenti pastorali, quell’incontro gli ridiede respiro e slancio, offrendogli una visione della missione radicata nella testimonianza comunitaria e nella carità che si esprime nella educazione alla Verità. Lo raccontava lui stesso: «Non ricordo una parola riguardo al nostro incontro, ma l’impressione che ne ebbi fu della presenza di qualcosa di eccezionale… Per me è stata proprio una grazia straordinaria, perché in quel tempo, negli anni Settanta, la missione praticamente entra in crisi, per la teologia della liberazione, per una storia o l’altra. Quindi, l’aver incontrato Giussani e stato come un respiro grande per la vita missionaria. Da quel tempo la mia preoccupazione è di capire cosa mi è avvenuto».
Tiboni fondò il Pastoral Institute di Kitgum (PIK), seminario per vocazioni adulte, ma fu costretto a lasciare l’Uganda nel 1975 dal regime di Idi Amin. Padre Tiboni vi fece ritorno dopo la caduta del dittatore, riprendendo il suo impegno educativo, e proseguì la sua opera di formatore nei seminari. Parallelamente, affrontando la drammatica pandemia dell’AIDS, nacque l’esperienza del Meeting Point di Kitgum, guidato da Ketty Opoka – scomparsa poche settimane prima di padre Pietro, morto a Gulu il 13 giugno 2017 -, che si è poi diffuso in tutto il paese e continua ancora oggi a prendersi cura di migliaia di malati e orfani.
Nel 1981, durante una settimana teologica nel seminario di Katigondo, padre Tiboni comprese la necessità di generare una presenza cristiana vissuta come comunione e responsabilità personale. Nacque così Christ is Communion and Life (CCL), un movimento che si diffuse rapidamente in Uganda, coinvolgendo laici e sacerdoti in una vita cristiana concreta, radicata nella realtà e capace di attrarre a Cristo moltissime persone.
Le celebrazioni per il centenario sono proseguite a Kampala, con incontri nelle scuole St. Kizito e Luigi Giussani High School, trasmissioni radiofoniche su Radio Maria e, il 1° giugno, la presentazione del volume Padre Tiboni, uno degli uomini più santi che abbiamo presso la parrocchia di Nostra Signora dell’Africa a Mbuya. Alla presenza del Nunzio Apostolico, mons. Luigi Bianco, del vescovo di Arua, mons. Sabino Odoki, del Superiore Provinciale dei Comboniani, padre Anthony Kibira, e di numerosi amici e testimoni, sono state offerte testimonianze commosse e profonde.
Monsignor Giuseppe Filippi, comboniano, vescovo emerito di Kotido, ha ricordato il suo coraggio nel rinnovare la formazione dei sacerdoti, ponendo al centro la vita comunitaria e l’amicizia, «una parola chiave per Tiboni, una parola che rende le comunità reali e profondamente unite»; padre Alfonso Poppi della Fraternità San Carlo Borromeo ha raccontato come l’incontro con Tiboni abbia suscitato in lui una vocazione al sacerdozio libera e umanamente ricca: «L’incontro con lui ha suscitato in me un’espressione di meraviglia e nel mio cuore ho esclamato con gioia: “Questo è un uomo! Questo è un uomo davvero libero!”. Fin dall’infanzia avevo sviluppato una sorta di antipatia e pregiudizio nei confronti dei sacerdoti. La mia conversione cristiana era avvenuta tre anni prima, quando avevo incontrato il movimento di CL, ma l’incontro con “Tibo” mi fece ammirare quanto fosse umana e bella la vocazione sacerdotale»; Rose Busingye, fondatrice del Meeting Point International di Kampala, che si definisce “figlia di Tibo”, ha descritto il proprio cammino di fede e di dedizione al servizio dei poveri, iniziato con l’incontro di Tiboni, che le ha permesso di conoscere e seguire don Giussani: «Con lui ho vissuto una compagnia alla scoperta del mio cuore e del mio destino. Mi ha accompagnato nel 1990 in Italia, all’incontro che ha deciso la mia vita. Di quel giorno ricordo come Giussani e Tiboni mi guardavano: era lo sguardo di Dio»; infine, Donatella Whitney ha testimoniato la sua presenza paterna e amorevole fin dall’infanzia, sottolineando come la sua eredità spirituale continui ancora oggi a plasmare la vita di tanti: «Non ho mai incontrato una persona così pura in vita mia. Che benedizione essere nati in questa esperienza».
Il centenario è stato così un’occasione di memoria viva e riconoscente per una vita interamente donata, radicata nella certezza che «il mondo ha bisogno di vedere l’unità di coloro che credono. In padre Tiboni resta viva la testimonianza di una comunione che genera carità, educazione e missione, ancora oggi feconde in Uganda e nel mondo.
La preghiera di Consacrazione a Cristo attraverso Maria, che tanto si è diffusa ovunque, rimane il simbolo prezioso della consapevolezza che il mondo ha bisogno di testimoni lieti e pronti a donare la propria vita perché il mondo creda.
Filippo Ciantia
20.06.2025
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