Mercoledì 16 luglio 2025
La pesante lastra si sposta lentamente. Sotto, uno spazio vuoto. Poi, la cassa. Ma, sorpresa: poco sopra, un favo di api colmo di miele. Gli agronomi non sanno spiegarsi quella presenza. Qualcuno tra i fedeli parla di un segno divino. La scoperta lascia esterrefatti, perché in quella tomba è sepolto Giuseppe Ambrosoli, medico e missionario comboniano amatissimo in Uganda, dichiarato beato nel 2022, e membro della più nota famiglia produttrice di miele in Italia: gli Ambrosoli. [...]
Dalla Fondazione Ambrosoli servizi medici per la popolazione bisognosa del nord dell’Uganda
A Kalongo un ospedale per oltre 50.000 pazienti
La pesante lastra si sposta lentamente. Sotto, uno spazio vuoto. Poi, la cassa. Ma, sorpresa: poco sopra, un favo di api colmo di miele. Gli agronomi non sanno spiegarsi quella presenza. Qualcuno tra i fedeli parla di un segno divino. La scoperta lascia esterrefatti, perché in quella tomba è sepolto Giuseppe Ambrosoli, medico e missionario comboniano amatissimo in Uganda, dichiarato beato nel 2022, e membro della più nota famiglia produttrice di miele in Italia: gli Ambrosoli.
«È difficile, in situazioni come queste — afferma Giovanna Ambrosoli, nipote del missionario e presidente della Fondazione Ambrosoli — definire il confine con la scienza. Leggo questo ritrovamento ancora una volta come un segno tangibile di quell’operosità infinita e amorevole che padre Giuseppe ci ha lasciato, e che ci ricorda di guardare al prossimo, di rimanere accanto ai più bisognosi e di costruire un futuro migliore per le nuove generazioni».
Proprio la Fondazione Ambrosoli continua, nel solco tracciato dal comboniano, a lavorare a fianco degli ultimi di Kalongo, città dell'Uganda settentrionale, dove padre Giuseppe diresse l’ospedale dal 1959 fino alla sua morte nel 1987. «Era un uomo semplice — ricorda Giovanna — ma pieno di coraggio e fede. Non parlava molto, ma faceva tantissimo». Un raro esempio di coerenza: un medico che ha scelto di vivere e morire accanto ai poveri, e che oggi continua a salvare vite attraverso la sua opera costruita con amore e dedizione.
Ogni anno l’ospedale assiste oltre 50.000 pazienti, molti dei quali donne e bambini. La scuola per ostetriche, oggi a lui intitolata, forma giovani professionisti che restano a lavorare sul territorio, contribuendo a ridurre la mortalità materna e infantile. Da tre anni la struttura si occupa anche delle persone con disabilità, grazie al progetto “You Are Not Alone”, finanziato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo.
Secondo il censimento del 2014, in Uganda vivono 34,6 milioni di persone, di cui il 12,5 per cento ha almeno una forma di disabilità. Le più comuni riguardano la vista (6,5 per cento), le capacità cognitive (5,4 per cento), la deambulazione (4,5 per cento) e l’udito (3,1 per cento).
Nel distretto di Agago, dove si trova Kalongo, il 22 per cento della popolazione presenta una disabilità. Nella regione di Acholi, il 24,7 per cento delle persone con disabilità tra i 6 e i 24 anni ha abbandonato la scuola, mentre l’11 per cento non l’ha mai frequentata.
«Il progetto si propone di affrontare la disabilità in tre ambiti fondamentali — mentale, oculistico e ortopedico/neuromotorio — in un contesto dove lo stigma e l’abbandono rappresentano ancora la norma», osserva Giovanna Ambrosoli. «La disabilità, spesso invisibile e taciuta, è ancora fonte di emarginazione sociale in molti villaggi ugandesi. Un tempo i disabili venivano nascosti o, nei casi peggiori, eliminati. Oggi — prosegue — la situazione sta lentamente cambiando grazie a un modello d’intervento che combina prevenzione, diagnosi, cura e sensibilizzazione».
Tra i risultati più significativi, la creazione di una clinica oculistica presso l’ospedale di Kalongo, che offre anche screening per il diabete, patologia che spesso comporta disturbi visivi. In collaborazione con CBM Italia e l’ospedale Saint Joseph di Kitgum, nel solo 2024 sono state effettuate circa 1.589 visite oculistiche e 469 interventi di chirurgia oculistica.
Il progetto ha inoltre attivato un centro di fisioterapia per trattare disabilità ortopediche e neuromotorie, spesso dovute a incidenti, malformazioni o traumi da guerra (4.036 prestazioni). I casi che richiedono interventi specialistici pediatrici, grazie alla formazione presso l’ospedale CoRSU di Entebbe, dal 2025 potranno beneficiare di chirurgia riabilitativa direttamente a Kalongo.
«È però sul fronte della salute mentale — continua Giovanna Ambrosoli — che l’iniziativa ha prodotto uno degli impatti più evidenti. Il distretto di Agago registra uno dei tassi di suicidio più alti dell’Uganda, retaggio dei traumi della lunga guerra civile e dell’isolamento geografico. Nel 2024 sono stati seguiti 1.597 pazienti con disturbi psichiatrici. La presenza costante di personale specializzato, terapie farmacologiche, counseling familiare e attività di outreach nei villaggi ha portato a un risultato sorprendente: il tasso di mortalità nei ricoveri per tentato suicidio è sceso dal 13 per cento allo 0 per cento».
Il progetto è accompagnato da attività di sensibilizzazione realizzate tramite radio locali, talk show, parrocchie e reportage fotografici, con l’obiettivo di combattere lo stigma e informare le comunità sull’importanza della diagnosi e della cura. «Stiamo lavorando a un’iniziativa di comunicazione e sensibilizzazione in Italia — conclude Giovanna — attraverso la quale vogliamo documentare cosa significa vivere con una disabilità in un contesto rurale africano. Il nostro impegno non si ferma, secondo l’esempio di padre Giuseppe».
Enrico Casale – L’Osservatore Romano