Una lettera scritta dal parroco di Piano di Sorrento in data 22 ottobre 1956 apre una finestra sull’infanzia e la giovinezza di questo nostro confratello: “Lei mi ha chiesto notizie del seminarista. Vincenzo Cioffi che ha domandato di farsi Comboniano. Cosa debbo dire? Sarebbe una storia lunga… Accenno solo: era barbiere, poi è partito come marittimo, in seguito disse che voleva farsi sacerdote. L’ho considerato una vocazione tardiva e l’ho aiutato spiritualmente ed economicamente per 6 anni. Non ha molto ingegno, ma ha molto buona volontà. La sua famiglia è povera ma buona. Solo il papà lavora, pur avendo a carico la moglie, la suocera e quattro figli. I genitori, che in un primo momento si erano mostrati addolorati per la scelta del figlio, ora sono contenti. Io pure sono addolorato per la sua partenza, ma se questa è volontà di Dio…”.
Vincenzo era nato a Piano di Sorrento, Napoli, il 13 novembre 1933. Il papà si chiamava Giuseppe e la mamma Maria Immacolata Gargiulo. Il ragazzino aveva frequentato le elementari al paese e il ginnasio da alunno esterno presso il seminario di Sorrento.
Una vocazione contestata
Al momento dell’entrata tra i Comboniani frequentava la seconda liceo nel seminario regionale di Salerno, ma non era stato promosso alla terza. A questo punto ha chiesto di entrare tra i Comboniani. “Però – assicura il rettore Mons. Antonio Verrastro – dice di sentire da tempo la vocazione alla vita missionaria e che la bocciatura in questo seminario gli fa solo affrettare la realizzazione del suo sogno che avrebbe realizzato dopo il liceo. Non so fino a che punto il giovane sia sincero. È un po’ riservato, ma docile con i superiori e gioviale con i compagni. Due anni or sono ha perduto tragicamente un fratello di 13 anni, che dopo tre mesi è stato trovato cadavere in un pozzo. Probabilmente si è trattato di una disgrazia che, tuttavia, ha influito negativamente sul seminarista, togliendogli la completa serenità. In sostanza non saprei quale giudizio dare sulla sua vocazione missionaria”.
Da alcune lettere di P. Leonzio Bano sappiamo che il primo a contattare il seminarista Cioffi era stato P. Enrico Farè nei suoi giri di animazione vocazionale nei seminari d’Italia. Negli scritti che il giovane rivolse ai superiori dei Comboniani ci sono le motivazioni della sua scelta vocazionale: “La mia ferma decisione è quella di donare la mia giovinezza al Signore come strumento di salvezza per tante anime lontane dalla fede… Sono già due anni e più che domando alla Mamma Celeste di illuminarmi sulla mia scelta e, in questi giorni, lo faccio con maggior insistenza ai piedi del tabernacolo… Parto col fermo proposito di rimanere in codesto Istituto, benché indegno, per tutta la vita voluta da Gesù e per portare la luce del Vangelo a quanti, non per loro colpa, lo ignorano… Capisco che può fare brutta impressione nel Seminario regionale di Salerno sapere che il vostro venerabile Istituto riceve uno che è stato respinto agli esami, ma questo non c’entra con la mia scelta vocazionale”.
Fu accettato e, il 2 novembre 1956, all’età di 23 anni, entrò nel noviziato di Venegono Superiore. P. Pietro Rossi lo trovò “un giovane padrone di sé, uomo d’azione, un po’ timido e riservato ma con i confratelli molto allegro. Ha desiderio di progredire nella virtù. Ha un buon carattere e pietà sufficiente”.
Emise i primi voti il 9 settembre 1958, poi passò a Verona e a Venegono per completare gli studi. Fu ordinato sacerdote a Milano dal Card. Montini il 30 marzo 1963.
Destinazione Ecuador
Dopo sei mesi trascorsi a Verona facendo pratica di ministero, ricevette la destinazione per l’Ecuador. Le tappe del suo ministero missionario sono le seguenti: San Lorenzo (1964-1966); Quinindé (1967-1968); Quito (1969-1979); Esmeraldas (1980-1981); Guayaquil (1982-1983).
Nel 1984 volle fare un’esperienza a servizio di una diocesi ecuadoriana come sacerdote secolare. Nel 1996 rientrò in Istituto e fu destinato a Cali, Colombia.
P. Vincenzo, appena messo piede in Ecuador, si è dimostrato molto intraprendente, zelante ed attivo. Scrisse al Superiore Generale: “Come vede, anche nella parrocchia di Inaquito, affidata al nostro Istituto e non al vicariato di Esmeraldas, cerchiamo di fare onore al nostro fondatore con la costruzione di un collegio che porta il nome di Comboni. Lei ci suggeriva di fare qualche opera di carattere sociale per dare testimonianza di promozione umana. Quest’opera vuole essere una valida risposta al suo desiderio... Avrà sentito che stiamo costruendo anche la nuova chiesa parrocchiale che sarà segno di vitalità spirituale a un settore di circa 20 mila abitanti” (agosto 1972). Il Superiore Generale, pur congratulandosi per le sue iniziative, gli raccomandava di “non fare il passo più lungo della gamba”.
Tutto sembrava procedere bene quando, nel gennaio del 1973, P. Vincenzo tornò precipitosamente al suo paese per assistere il padre che era grave. “Stando così le cose, giacché non me la sento di lasciare mio padre, ho deciso di rimanere definitivamente nel paese natio lasciando pur con tanto rammarico la carissima Famiglia Comboniana. Al più presto mi metterò in contatto con il vescovo”, scrisse nell’ottobre del 1973.
La cosa fu subito appianata. P. Ottorino Sina, vicario generale, scrisse al provinciale dell’Ecuador (P. Fantin): “P. Cioffi ha dovuto fare uno sforzo grande per lasciare la famiglia, e soprattutto il papà che versa in condizioni molto gravi. Si tratta di cancro e ha i giorni contati. Sarebbe bene che scriveste anche voi alla famiglia e al papà per ringraziarlo del grande atto di fede che ha fatto nel ridonarvi il figlio. Sono certo che lo accoglierete con gioia fraterna, ignorando le sue recenti titubanze, forse più malintesi che titubanze”.
Con tanta amarezza in cuore
P. Vincenzo tornò in Ecuador e fu assegnato alla parrocchia di Inaquito, ma certamente gli era rimasta qualche amarezza nel cuore. In questo periodo, infatti, venne a contatto con l’Amministratore Apostolico Mons. Antonio González con il quale si trovava molto bene. E andò a lavorare nella sua diocesi, quella di Machala, parrocchia di Chilla, alle sue dipendenze. Sentendosi a suo agio, cominciò a domandarsi se non fosse meglio diventare sacerdote diocesano (ottobre 1976). In una lettera di dicembre dello stesso anno dava le ragioni di questo suo comportamento: “Una comunità di Esmeraldas mi respingeva come indesiderato, incapace e ignorante; in un’altra casa dove ero di passaggio fui spedito con un tratto inumano in un albergo della città per passare la notte…”.
Non dobbiamo far troppo caso a queste parole di un uomo amareggiato. Può darsi che qualche confratello lo abbia trattato male, ma ciò non toglie che la generalità si sia sempre mostrata accogliente e cordiale nei suoi confronti.
Nel 1977 Mons. Antonio González scrisse ai superiori che era disposto ad accogliere nella sua diocesi P. Vincenzo per un’esperienza di tre anni. I superiori risposero che non ritenevano sufficienti le ragioni che P. Vincenzo portava per fare questo esperimento. Propaganda Fide, inoltre, non accolse la domanda di esclaustrazione semplice, anche se accompagnata dalla raccomandazione dell’Amministratore Apostolico di Machala, “soprattutto perché il summenzionato P. Cioffi è fuggito dalla sua missione senza dialogo con i superiori”.
Sia il provinciale come i superiori di Roma scrissero a P. Vincenzo lettere molto delicate e incoraggianti che lo invitavano a non drammatizzare il comportamento di qualcuno che, per la stanchezza o lo stress, aveva i nervi a pezzi e lo aveva trattato male.
P. Vincenzo percepì questa delicatezza da parte dei superiori e, scrivendo al Superiore Generale nel marzo del 1978, disse: “Avrei dovuto io per primo scrivere per chiedere perdono per la spirituale sofferenza recata al suo nobile cuore di padre”.
Ma le cose sono andate avanti tra alterne vicende finché, nel 1984, P. Vincenzo ha lasciato l’Istituto per essere incardinato nella diocesi di Quito dove era diventato arcivescovo Mons. Antonio González. Nel 1987 fu chiesto a Propaganda Fide la dispensa dai voti perpetui, che fu concessa, e P. Vincenzo lavorò da buon parroco nella diocesi di Quito.
Sono il figlio prodigo
Nel 1994, dopo dieci anni di servizio alle dipendenze dell’arcivescovo di Quito, nel cuore di P. Vincenzo si riaccese la fiamma dell’amore all’Istituto Comboniano. E il 21 agosto 1994 scrisse al Superiore Generale una lettera commovente: “Reverendissimo P. Generale David Glenday, sono Vincenzo Cioffi, sconosciuto a lei, ma senza dubbio Comboniano dal 1958. Per un mistero del cuore umano, mi trovo ad essere come il figlio prodigo dal mese di settembre del 1987 quando ufficialmente lasciai la casa materna.
Ora, con l’umiltà dello sviato, oso chiedere di entrare dove avrei sempre dovuto stare. Chiedo questo perché, in primo luogo, credo di non aver mai perso la vocazione comboniana; in secondo luogo soffro nel vedere chi sta offrendo a Dio la sua vita ad Esmeraldas (probabilmente P. Vincenzo si riferisce a Mons. Bartolucci che in quel periodo stava morendo di cancro proprio ad Esmeraldas).
Con la speranza che questa mia petizione sia benevolmente accolta mi raccomando di tutto cuore alle sue preghiere. Dev.mo Vincenzo Cioffi”.
Questa lettera era accompagnata da quella dell’Arcivescovo che lasciava libero il P. Vincenzo di “reincorporarse a la Comunidad de Misionero Combonianos”.
Fu accettato e, mentre si preparava ai voti perpetui, fece parte della comunità della casa provincializia di Quito e, intanto, fungeva da cappellano nella clinica Pasteur. L’8 dicembre 2000, poté emettere nuovamente i voti perpetui. E fu festa grande.
Un dono del Giubileo e del beato Comboni
Sei mesi prima il nuovo Superiore Generale dei Comboniani, P. Manuel Augusto Lopes Ferreira gli aveva scritto: “Carissimo P. Vincenzo, ti saluto e ti abbraccio nel Cuore del Signore Gesù. In questo suo mese di giugno egli ci invita a contemplare il suo Cuore trafitto e per te chiede un amore grande, sempre più grande e fedele.
Ti scrivo per comunicarti che in questa consulta di giugno abbiamo considerato la tua richiesta di fare la tua consacrazione perpetua per la missione nell’Istituto Comboniano. Abbiamo considerato anche i pareri favorevoli dei superiori provinciali dell’Ecuador e dell’Italia. Ringraziamo il Signore per averti accompagnato nel cammino di questi anni e per l’intercessione del Beato Comboni gli chiediamo di benedire la tua persona e il tuo servizio missionario.
Così, con gioia ti comunico che, col consenso dei consiglieri generali, sei stato ammesso ai voti perpetui nel nostro Istituto.
Ti assicuro anche la mia amicizia e il mio ricordo nella preghiera. In questo anno giubilare ti auguro un ‘ripartire’ nella tua vita missionaria con l’audacia e la generosità del nostro Fondatore, il Beato Daniele Comboni. Tuo nel Cuore di Cristo”.
Dopo i voti, P. Vincenzo venne inviato in Colombia, a Cali, come addetto all’animazione missionaria e alla cura del Santuario di Nostra Signore di Fatima.
Missionario della Madonna
Nella sua attività missionaria e sacerdotale, P. Vincenzo Cioffi si è distinto per la costruzione di belle chiese alla Madonna. Sono opera sua la chiesa dell’Immacolata a Inaquito, poi ha iniziato la parrocchia dedicata al Cuore Immacolato di Maria al Guasmo. Da qui è stato nuovamente inviato ad Esmeraldas dove ha terminato la chiesa-santuario della Madonna della Mercede, che era stata iniziata da Mons. Olindo Spagnolo e che nessuno era riuscito a terminare. Dal 1994 è stato cappellano della clinica Pasteur di Quito, dove poi è morto.
Con la sua presenza in Colombia, il santuario della Madonna di Fatima, ormai abbandonato, ha ripreso vita e ha cominciato ad essere visitato dai fedeli che trovavano sempre P. Vincenzo disponibile per le confessioni e per profonde riflessioni sulla Madre di Dio. E la Madonna se l’è preso in un sabato in cui si iniziava lo speciale anno comboniano in vista della canonizzazione del Fondatore.
P. Vincenzo era andato a Quito per una conferenza, poi avrebbe dovuto proseguire per l’Italia. Era il 10 marzo 2003. Aveva riso e scherzato con i confratelli fino alle 14.00. Alle 16.00, mettendo un piede in fallo è caduto, ha battuto la testa ed è andato in coma. “Mi hanno chiamato da un ospedale – scrive P. Enea Mauri – e, dopo i primi soccorsi, l’abbiamo portato gravissimo nella clinica Pasteur dove l’hanno operato al cervello per togliergli il coagulo. Non ci fu niente da fare. L’ematoma gli fu fatale. È spirato il 15 marzo, giorno in cui ricorre la nascita di Comboni. È stato sepolto in Ecuador”.
Dai fatti della vita di questo nostro confratello impariamo che il Signore ci conduce per strade impensabili, ma alla fine ci porta tutti, e singolarmente, a fare l’esperienza che “nelle tue mani è la mia vita”. (P. Lorenzo Gaiga, mccj)
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Fr. Vincenzo Cioffi was born in Sorrento, Southern Italy, on 13 November 1933. He grew up in his native town and joined the diocesan seminary. In 1955 he came in contact with the Comboni Missionaries and after a time of discernment, he entered the noviciate of Gozzano. He took his first vows on 9 September 1958, his perpetual vows four years later and was ordained a priest on 30 March 1963. His first mission assignment was Ecuador.
He worked in the Guasmo of Guayaquil, in Esmeraldas and in Quito, always showing a great sense of responsibility in his pastoral work and a special love for the liturgy and for preaching. Gifted with a very creative and independent character he found it difficult to live in community and in 1983, after a long period of reflection, he decided to leave the Institute and to be incardinated in the diocese of Quito, where he took the pastoral care of a large parish in the city.
Despite the geographical distance that his decision brought about, Fr. Vincenzo never ceased (as he himself would later say) to be a Comboni Missionary: “I continued to be one in my own way…”. He never cut his ties with the province of Ecuador. In 1995, when Fr. Angel Irigoyen Lafita was provincial, Fr. Vincenzo began the process that eventually brought him back to the Institute. In 1996 he was assigned to Cali, Colombia. Here he took up the care of the shrine of Our Lady of Fatima, where he distinguished himself for seven years for his generous dedication to the pilgrims, his Marian spirit and his love for prayer. Lately, a congenital illness that had already surfaced some years earlier, got worse to the point that it began to impair his sight and his movements. In April 2002 he suffered a mild heart failure that obliged him to follow a strict diet and medical therapy. He accepted these limitations with courage, helped by his faith and by his devotion to the Blessed Mother, offering it all for the missions.
On 5 March he left for his holidays and, on his way to Italy, he stopped in Quito to see his friends and to rest for a few days at the provincial house. He was supposed to continue his journey on 10 March, as he had planned to celebrate his 40th anniversary of ordination in Sorrento with his family and with other priests he knew. But God had different plans… On the morning of 9 March he suffered a serious stroke that made him fall down and left him in a deep coma from which he never recovered. He underwent emergency surgery at the Pasteur Clinic in Quito, but died five days later on 15 March 2003, on the very day when the entire Institute was celebrating the beginning of the Comboni year in preparation for the canonisation… From heaven may he pray for us.
Da Mccj Bulletin n. 220 suppl. In Memoriam, ottobre 2003, pp.127-134