In Pace Christi

Meneguzzo Albino

Meneguzzo Albino
Data di nascita : 29/04/1927
Luogo di nascita : Isola Vicentina
Voti temporanei : 09/09/1950
Voti perpetui : 09/09/1953
Data ordinazione : 12/06/1954
Data decesso : 05/09/2003
Luogo decesso : Schio/I

La Pasqua di P. Albino Meneguzzo, il suo passaggio da questo mondo al Regno del Padre, è avvenuta nella maniera in cui si è svolta tutta la sua vita: nella semplicità e discrezione, in linea con le “sorprese evangeliche” che lui stesso amava preparare, con spirito scherzoso e sempre ben disposto. La nostra famiglia missionaria Comboniana era raccolta nel Capitolo Generale (settembre 2003) e P. Albino iniziava la sua vacanza a Isola Vicentina, il borgo natale al quale ritornava fedelmente con gioia e spirito giovanile. Le attese, per lui e per tutti noi Comboniani, erano molte: la celebrazione del suo cinquantesimo anniversario di ordinazione sacerdotale che aveva già cominciato a programmare con tante aspettative, il buon esito del XVI Capitolo Generale, l’evento storico della canonizzazione del nostro fondatore Beato Daniele Comboni, attese che portava nel cuore e viveva intensamente nella preghiera e in comunione con l’Istituto. Invitato a scendere a Roma per la canonizzazione, non programmò nulla al riguardo: forse aveva il presentimento che c’era un posto migliore per lui per celebrarla, accanto al Fondatore in cielo! Di fatto, il suo cuore non ha retto al terzo infarto, in atto da vari giorni in modo insidioso, e si è fermato il giorno 5 settembre 2003 all’ospedale di Schio. P. Albino era appena arrivato da Lisbona, che dal 1974 era la sua comunità, ed era a casa del fratello Beniamino, a Schio, per la solita vacanza. Prima della partenza da Lisbona non si era sentito bene, ma in ospedale non gli avevano riscontrato niente di grave che potesse impedire il viaggio e la vacanza già programmati. Così è partito, con la promessa di tornare e l’agenda piena di impegni, come sempre. Ma a Schio, i familiari hanno notato che P. Albino non era lo stesso di sempre. Siccome il malore continuava, è stato portato in ospedale dove gli è stato diagnosticato un infarto con principio di ischemia. Dopo un piccolo intervento per liberarlo dell’embolo che gli aveva paralizzato le gambe, apparentemente riuscito, il suo cuore si è improvvisamente fermato. La sua ora era arrivata ed egli si era preparato al grande incontro con il Signore, come aveva confidato a Don Marcello Rossi, parroco di Isola, che era andato a trovarlo qualche ora prima: “Sono pronto!”, aveva detto.
P. Albino Meneguzzo era nato a Isola Vicentina (VI), il 29 aprile 1927, figlio di Luca ed Ernesta, genitori di sette figli (cinque maschi e due femmine). Dopo le scuole elementari a Isola e le medie a Malo, era entrato nel Seminario Minore della diocesi di Vicenza dove rimase fino all’anno scolastico 1846/1947 per il liceo e gli studi filosofici. Ha seguito così l’inclinazione che aveva fin da piccolo di servire il Signore e la sua Chiesa. Di carattere era discreto, allegro, amabile, e di sentita pietà. Era di intelligenza vivace e aveva facilità di rapporto con gli altri, la sua salute era normale, anche se non robusta.

La chiamata missionaria
Il 15 settembre del 1948 Albino prende la decisione di lasciare il seminario diocesano di Vicenza ed entrare nell’Istituto Comboniano. Dopo avere ottenuto la benedizione del suo direttore spirituale e il permesso del suo vescovo e del suo rettore, chiede di entrare nell’Istituto “per consacrarsi alla salvezza delle anime affidate alle cure dei missionari”. In una lettera del 6 maggio 1948, scritta al Superiore Generale dell’Istituto, spiega le ragioni della sua scelta e rivela le difficoltà del suo discernimento: “Un’ansia, che da molto tempo mi tormenta, mi spinge a scriverle. (…) Da molto tempo ho il desiderio ardente di farmi missionario e meglio Figlio del Sacro Cuore. Da molto tempo e sarei per dire, prima ancora di entrare in questo seminario. Ma ora più che mai il mio desiderio si fa impellente e quasi un comando. Tutto questo ho espresso al mio padre spirituale dal quale attendo una risposta. Il mio ardore giovanile la vorrebbe immediata… e freme nel sentirsi dire: aspetta, c’è tempo. Per conto mio sono deciso a venire ancora quest’anno. Che devo fare? Il pensiero delle missioni alle volte mi assale così fortemente da farmi piangere, pensando che sono così tardivo all’appello, ed allora vorrei partire immediatamente. Altre volte, invece, mi si passano innanzi tutte le difficoltà e allora tentenno un po’. Ed è questo quello che più mi preoccupa… temo che il mio sia un fuoco di paglia. Ma penso pure che alla mia età, di 20 anni compiuti, i fuochi non ci dovrebbero essere… ed il tempo avrebbe spento questi vaghi fuochi… invece si fanno sempre più sentire e vivi. Poi, mi assale anche il pensiero di non essere degno di sì grande vocazione… Ebbene, padre, preghi e faccia pregare per me perché si faccia sentire sempre più manifesta la voce di Gesù”.
Il discernimento vocazionale si conclude positivamente e il rettore del seminario vescovile di Vicenza poteva scrivere così al rettore dell’Istituto Comboniano: “Rev.do P. superiore, le regalo un altro figliolo che verrà a rinforzare la squadra vicentina nel suo Istituto africano. Godo che le relazioni tra le nostre due famiglie si facciano sempre più strette, perché questo vincolo sarà benedetto dal Signore.”

Il cammino formativo
Il cammino formativo comboniano lo ha visto entrare nel noviziato di Firenze il 1° novembre del 1948. Lì fece i primi voti il 9 settembre del 1950. Passato allo scolasticato di Venegono, emise i voti perpetui il 9 settembre 1953. Fu ordinato sacerdote il 12 giugno del 1954, dal Cardinale Schuster, arcivescovo di Milano. Furono per lui anni di crescita spirituale, personale e di identificazione con la tradizione comboniana: si rafforzarono il suo senso di pietà schietta e sentita (senza esagerazioni, dicono i suoi superiori), la sua laboriosità, la prontezza e lo spirito di sacrificio, la sua amabilità di carattere, il suo spirito di iniziativa e di entusiasmo per la missione. “L’avviamento al seminario diocesano è stato ottimo” concludevano i superiori, ed il giovane Meneguzzo ha potuto crescere “nel suo entusiasmo per la vita religiosa e missionaria e nell’attaccamento alla congregazione con un vivo interessamento sia per le vocazioni che per la parte materiale.” Spuntavano così le due note caratteristiche del servizio missionario di P. Albino, particolarmente negli anni passati in Portogallo: un forte senso di identità missionaria comboniana e grande capacità nel coltivarla negli altri, doni che hanno fatto di lui un promotore vocazionale e un animatore missionario esimio. Nella sua richiesta per fare i voti perpetui ha scritto con la schiettezza che lo caratterizzava: “Attesto di essere spinto a fare questo passo solo dal desiderio di santificazione e di dare tutto me stesso a pro della Nigrizia”. E per l’ordinazione sacerdotale ha scritto: “Da Gesù non chiedo altro se non che mi faccia sempre più degno della vocazione che mi ha dato”. La sua formazione, come lui stesso scriveva alla fine del suo itinerario formativo, lo ha condotto ad una certezza di vita che ha poi sempre conservato e lo ha aiutato a guardare al futuro con ottimismo e speranza: “Il mio ardente desiderio e costante volontà è corrispondere sempre di più alla mia vocazione sacerdotale, religiosa e missionaria, per la santificazione mia e di quelli che mi attendono…”.

Vita missionaria: la prima fase, in Portogallo
La vita missionaria di P. Albino si è intensamente sviluppata in tre tappe ben definite. La prima, subito dopo l’ordinazione sacerdotale, in Portogallo, dal 1° luglio del 1954 al 30 giugno del 1960. Fu l’epoca dell’entusiasmo giovanile e dell’intensa attività svolta a Viseu prima (1954-1958) e a Maia poi (1958-1960).
Sacerdote novello, arrivato a Viseu alla giovane età di appena 27 anni, P. Albino si rivelò una figura emblematica di missionario e di Comboniano, nella linea della ricca tradizione e testimonianza che i nostri missionari fondatori avevano inaugurato nella città che per prima ospitò i Comboniani in Portogallo. Si dedicò subito alla formazione dei giovani seminaristi e si rivelò un ottimo insegnante (di matematica e non solo). Coltivò un animo apostolico. Infatti, dopo aver imparato bene la lingua, si dedicò all’apostolato della predicazione, al ministero sacerdotale e all’animazione missionaria: la bicicletta fu il primo mezzo di trasporto in questo suo ministero di presenza e animazione nelle parrocchie vicine. Inoltre, P. Albino si rivelò soprattutto e subito un promotore vocazionale molto capace: il suo cuore grande, il suo sorriso sempre aperto hanno fatto di lui il promotore efficace che portò in seminario alcuni dei nostri primi confratelli portoghesi. P. Albino ha dato prova di grande fedeltà agli impegni assunti e di grande creatività, specialmente, appunto, nel lavoro di animazione missionaria e promozione vocazionale. Erano gli anni dell’intensa attività svolta dai Comboniani a Viseu. Il seminario era stato costruito, avviato, e ora bisognava farlo funzionare, mantenerlo pieno di giovani seminaristi, la speranza del nostro impegno nel Portogallo, un impegno tutto teso verso la missione nel Mozambico. Erano anni difficili, che esigevano creatività, spirito di sacrificio e identificazione con la causa comune. In questi primi anni egli mise a frutto i talenti del suo carattere e i valori appresi durante gli anni della formazione: i buoni rapporti con tutti, il forte senso di identità comboniana e sacerdotale, lo spirito di donazione e sacrificio, il forte desiderio di attrarre altri alla missione e all’Istituto hanno segnato la sua personalità e il suo modo di essere sacerdote e missionario.
Nel 1958 P. Albino fu mandato nella comunità di Maia, l’importante località alla periferia di Porto che vide nascere il seminario filosofico, la quarta presenza comboniana in Portogallo. Egli fu professore dei seminaristi e superiore della comunità, assieme a P. Raffaele Signoretti, incaricato degli studi, a P. Pietro Albertini, direttore spirituale e a Fr. Mario Metelli. A Maia fece fruttificare l’esperienza di Viseu, con un grande senso di adattamento e spirito di sacrificio, atteggiamenti richiesti dalle difficoltà degli inizi. I seminaristi di allora ricordano P. Albino come un insegnante con uno spiccato senso pratico, un missionario con una grande capacità di avvicinamento alle persone e alle situazioni. Diede anche inizio alle giornate missionarie nelle parrocchie della diocesi. Era un passo innovatore, che P. Albino seppe fare riuscendo ad ottenere, soprattutto dal vescovodi Porto, Don Antonio Ferreira Gomes, l’esponente di maggiore spicco fra i vescovi portoghesi di quel tempo, i necessari permessi e il “nihil obstat”. P. Albino iniziava così a Maia quella che sarebbe stata, in futuro, una delle caratteristiche più significative di questa comunità comboniana: l’azione di animazione missionaria e di promozione vocazionale in una delle diocesi più importanti del paese.

La seconda fase: in Mozambico
L’ora della missione in Africa arrivò il 1° luglio del 1960, quando P. Albino partì per il Mozambico e fu destinato a Mossuril come superiore locale; lì rimase fino al 1968; il 1° luglio dello stesso anno, infatti, ricevette la destinazione della parrocchia di Netia come vice parroco. Quell’anno, con data 1° luglio, ricevette la destinazione alla parrocchia di Netia come vice parroco e vi rimase fino al 30 luglio del 1973.
Gli anni del Mozambico furono per P. Albino anni di intenso lavoro apostolico. Parrocchia, scuola e ospedale furono parole che significarono per P. Albino e per i missionari del suo tempo nel Mozambico il cuore della missione. L’ambiente che toccò a P. Albino era quello segnato in modo particolare dalla presenza islamica sulla costa nord del Mozambico. Erano anche gli anni della lotta armata dei movimenti di liberazione in quelle che allora erano le colonie portoghesi, un contesto che poneva i missionari in una situazione tutta particolare. Il modello missionario del tempo non era quello del dialogo interreligioso o della denuncia profetica. C’era molta contenziosità per frenare l’avanzata islamica nel nord del Mozambico e si cercava di concordare un modus vivendi con le autorità portoghesi. P. Albino si è sempre fatto conoscere per l’abilità nello stabilire rapporti amichevoli con tutti, sia con i mussulmani che con i portoghesi. Il senso pratico lo aiutò a risolvere i problemi della mancanza di mezzi che segnarono quelli anni di missione: ricorreva alla caccia, da quel grande cacciatore che fu, e alla pesca, incoraggiando l’inizio di una cooperativa di pescatori, per trovare le provviste necessarie per la missione e per le scuole e per aiutare le popolazioni locali a migliorare le loro condizioni di vita; inoltre, scriveva molte lettere per trovare e coltivare amici e benefattori per la missione.
In quegli anni di vita missionaria, non certamente facili, bisogna registrare una nota caratteristica in cui P. Albino si è sempre distinto: il senso di comunione, di amicizia e di “cameratismo” che regnava tra i comboniani del Mozambico e al quale lui stesso ha dato un contributo notevole con il suo senso dell’umorismo, il suo piacere di stare in compagnia con i confratelli, la sua facilità di comunicazione e la sua abilità nel raccontare il vissuto.

Terza fase: il ritorno in Portogallo
Nel 1974 suona per lui l’ora della rotazione e, il 1° gennaio 1974, è destinato di nuovo al Portogallo. Comincia la terza fase della sua vita missionaria, la più estesa nel tempo e certamente la più proficua nell’attività di animazione missionaria. Rimarrà in Portogallo, prima a Lisbona, poi ad Aveiro (per un anno) e di nuovo a Lisbona fino alla morte, per un totale di 30 anni. Uno sviluppo non previsto, questo, stando alla lettera di destinazione. L’allora Superiore Generale, infatti, dopo averlo ringraziato per aver accettato il cambiamento, gli indica l’animazione missionaria come un lavoro a cui si dedicherà e parla di destinazione “temporanea”. Quel “temporaneo” durò, di fatto, per tutto il resto della sua vita!
A Lisbona, P. Albino non perse tempo a lamentarsi della destinazione o delle condizioni particolarmente difficili in cui dovette portare avanti l’animazione missionaria: si rimboccò le maniche e cominciò un’intensa attività di animazione e di giornate missionarie che lo portarono a conoscere come nessun’altro le diocesi di Lisbona e Algarve nel sud e quelle di Madeira e delle Azzorre, dove ogni anno portava la presenza comboniana. La sua iniziativa missionaria fu determinante, come ci ricorda il superiore provinciale dell’epoca, P. Ramiro Loureiro da Cruz: “P. Albino ha dato all’Istituto e alla Chiesa un eccellente servizio di animazione missionaria, in modo particolare nelle diocesi di Lisbona e in quella dell’Algarve al sud. Inoltre, è stato pioniere nell’animazione missionaria nelle Azzorre e a Madeira. Ha sempre mantenuto dei buoni rapporti con parroci e vescovi. Era simpatico e familiare con tutte le persone che incontrava, riuscendo a stabilire un rapporto di simpatia e spontaneità. Riusciva, grazie al suo senso dell’umorismo, a comunicare con tutti, progressisti inclusi, senza lasciarsi influenzare dalle loro idee e posizioni”. Nel Portogallo, ha trovato la sua patria di adozione, la terra della sua “missione” come sottolinea l’attuale superiore provinciale, P. Manuel Alves Pinheiro de Carvalho: “P. Albino aveva una grande conoscenza della storia, della lingua e della cultura portoghese. Egli ha adottato il Portogallo come sua patria e si è inculturato: conosceva bene i nostri limiti, sapeva apprezzare la nostra gente, i nostri valori culturali e religiosi. Per questo era amato e stimato dalla gente”.
Nella fase matura della sua vita missionaria, P. Albino si è rivelato uomo sicuro nella fede e capace di relazioni umane. Il suo apostolato poggiava su una forte coscienza di identità sacerdotale. La sua animazione testimoniava una forte coscienza missionaria, un senso di identità e appartenenza Comboniana ed ecclesiale. Sapeva trattare con tutti, ma non era solo un diplomatico, era anche e soprattutto un testimone, che rendeva la sua testimonianza a Cristo e alla missione a modo suo: ha avuto amici e benefattori, ha animato collaboratori e collaboratrici, ha aiutato tanti giovani a trovare la loro strada di donazione al Signore e di servizio nella Chiesa, ha contribuito a costruire quel senso di fraternità per la missione che è caratteristica della nostra famiglia missionaria Comboniana. La sua personalità era di spicco senza essere profetica: non ha lasciato indifferenti quanti si sono avvicinati a lui, come mostra il numero di amici che ha lasciato, dentro e fuori della comunità comboniana. Guidato dal suo senso pratico, viveva fortemente il presente con una coscienza viva della consacrazione religiosa e dei valori della fede cristiana e della tradizione comboniana. Si distingueva perciò nell’arte di raccontare la vita, di leggere la storia, di valutare la tradizione. Al di là delle ideologie, delle differenze di età e dello status sociale, ha saputo stabilire rapporti speciali con tutti, come attestano il numero e la varietà delle sue amicizie e l’intenso contatto epistolare che riusciva a mantenere con tante persone in Portogallo e in Italia. In molte parrocchie e ambienti di Lisbona, P. Albino è diventato un punto di riferimento. Durante i suoi ultimi anni, per la comunità Comboniana di Lisbona, è stato una presenza costante che aiutava con discrezione nel quotidiano e richiamava ai valori che restano per sempre, con un umore e una simpatia che né la malattia né l’età hanno esaurito. Per tutto questo è ricordato con molto affetto. (P. Manuel Augusto Lopes Ferreira, mccj)

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Fr. Albino Meneguzzo died on 5 September 2003. He was in Italy since 14 August on holiday. While there, he began to feel a light ailment, which he attributed to a digestive problem. He had undergone medical tests in Portugal before leaving for his hometown, and the results only showed that he had to be careful about his diabetes, from which he had been suffering for the past few years. A week later he felt very ill and was admitted to a clinic in Schio. Diagnosis: heart failure. For a few days he was in intensive care. Following a complete medical check-up, he was found to be suffering from a thrombus phlebitis of the abdomen. He immediately underwent surgery in the attempt of finding the damaged vein, but the operation was not successful. Fr. Albino died at 22.30, shortly after coming out from the operating room. Cause of death: cerebral embolism.

He was very much missed, in particular by the Lisbon community, where he had practically passed his last thirty years and where he was known for his pleasant character and extraordinary missionary activity.

Fr. Albino was 76 years of age and was born on 29 April 1927 at Isola Vicentina, in the diocese of Vicenza. He had arrived in Portugal in 1954, immediately after his priestly ordination, which took place on 12 June 1954. He was then 27 years of age. Sent to Viseu, he taught mathematics to the seminarians and cooperated in missionary animation for four years. In 1958 the Comboni Missionaries bought an estate called “Quinta dos Leões” in Catassol (Maia). Fr. Albino became the first superior of the students’ philosophy course and started the work of missionary animation in the Porto area. He was the first to start mission appeals in Portugal.

Two years later, in 1960, Fr. Albino left for Mozambique, where he worked for nearly thirteen years, almost all of them in the vast Nampula Diocese. He was at first in the difficult and unexplored mission of Mossuril on the Indian ocean, an area under Islamic influence, and later on he worked in Netia, in the interior. Fr. Albino was an excellent hunter and often told how he used to provide meat for his mission schools and the confreres from other missions by hunting wild game.

Fr. Albino returned to Portugal in 1973. During this period he was always a member of the Lisbon community, except for the year of 1977 when he accepted to assist in opening the new community of Aveiro (closed down two years later). The times were hard and Fr. Albino dedicated himself to missionary animation in the Lisbon region, but also in the Azores, Madeira and in the Algarve, especially during the summer holidays, in order to collect funds for the Lisbon community and the confreres in the missions. A diplomat by nature and gifted with an extraordinary pleasant character, he used to make a good impression on those who came to know him. He made many friends and collaborators and encouraged a number of young people to become missionaries. In his last years, sensing that his strength was leaving him, he dedicated himself more to local ministry by helping in the nearby parishes.

Da Mccj Bulletin n. 222 suppl. In Memoriam, aprile 2004, pp. 96-105