In Pace Christi

Galeotti Giuseppe

Galeotti Giuseppe
Data di nascita : 07/10/1921
Luogo di nascita : Acqualagna
Voti temporanei : 19/03/1947
Voti perpetui : 29/06/1947
Data ordinazione : 19/03/1950
Data decesso : 28/12/2003
Luogo decesso : Pesaro/I

Gli ultimi giorni di P. Giuseppe

Il notiziario della diocesi di Urbino, nella sua prima edizione di questo anno 2004, così ricorda P. Giuseppe Galeotti: “Per il suo fervido servizio pastorale/missionario, viene ricordato con profonda gratitudine e stima, dall’arcivescovo, dal clero, dal Centro Missionario diocesano e dai fedeli della diocesi. La liturgia funebre è stata celebrata prima a Pesaro nella parrocchia di S. Luigi, poi a Urbania nella parrocchia di Monte San Pietro di Muraglione. Rimane il ricordo della sua vita sacerdotale/missionaria, spesa con sacrificio, tutta per l’evangelizzazione”.
Voglio far notare, con piacere e con l’intenzione di ringraziarne Dio, la circostanza in cui è avvenuta la dipartita del nostro confratello. P. Giuseppe aveva vissuto il giorno di Natale 2003 in uno stato d’animo pieno di gioia. Questo lo deduciamo dalla testimonianza delle Suore Piccole Ancelle del S. Cuore di Via Amendola dove aveva celebrato la S. Messa del mattino. Era apparso, sereno, tranquillo. Invitato a pranzo dai nipoti con la presenza della sorella Ada, era poi tornato a Pesaro in comunità, sul far della sera, allegro e più spedito del solito nel camminare. Cominciò a sentirsi male il 27 dicembre. Dopo una notte di sofferenza, nella mattinata di domenica 28, fu ricoverato all’ospedale di Pesaro dove si spense alle ore 22.00 dello stesso giorno, per blocco renale e crisi respiratoria. La parrocchia di S. Luigi, nel cui territorio si trova la nostra casa, si è offerta perché i funerali si svolgessero nella sua chiesa.
Ha presieduto la Messa il Superiore Generale, P. Teresino Serra (membro della comunità di Pesaro fino a marzo del 2002). P. Teresino si trovava già a Pesaro per la convivenza GIM. Era accompagnato dal provinciale, P. Francesco Antonini e dall’amministratore diocesano Mons. Romano Morini (la diocesi è vacante). Altri 18 comboniani e una ventina di sacerdoti diocesani hanno concelebrato. Presenti anche i giovani della convivenza GIM (150) che si stava svolgendo a Pesaro nei giorni di fine anno.
P. Giuseppe era rientrato definitivamente in Italia dal Sudafrica, il 6 settembre 1982, per problemi di salute, ed era stato destinato alla comunità di Pesaro, dove rimase in questi due decenni, assumendo l’incarico di economo e poi di vice superiore. Nel 1996 aveva sofferto molto per gravi problemi di salute. Operato all’ospedale di Pesaro, fu trasferito a Milano il 14 marzo all’ospedale Niguarda, dove fu nuovamente sottoposto a vari interventi. Poté tornare a Pesaro, ristabilitosi abbastanza bene, dopo sei mesi, il 18 settembre. Da allora la sua salute fu sempre precaria.
Presentare il quadro della vita di P. Giuseppe Galeotti non è difficile, perché ha lasciato uno scritto autobiografico, con una copia consegnata da lui stesso anche ai familiari. Questo documento ci offre la migliore garanzia per conoscere la sua storia. Estraggo, per questa circostanza, i passi più significativi. Possiamo distinguere cinque capitoli per facilitarne la comprensione.
Dalla vita in famiglia, alla vita di seminario diocesano a Urbania, Urbino e a Fano. Dalla vita comboniana, alla missione in Uganda e in Sud Africa. Infine il ritorno al Padre, conclusione di un cammino di vita spirituale intensa.

La famiglia
P. Giuseppe parla volentieri della sua famiglia. “Ero nato il 7 ottobre 1921, in un piccolo borgo chiamato “Barcone”. I miei genitori: Vincenzo e Marianna Bolognini: erano rimasti ambedue vedovi, durante la prima guerra mondiale. Iniziarono così la nostra nuova famiglia. La mia casa apparteneva al comune di Acqualagna. Frequentavo la parrocchia di Monte S. Pietro. Il mio era un mondo di povertà. Uno zio era immigrato in Canada, come anche mio padre andò a cercare lavoro in Svizzera. Il mio fisico è sempre stato piuttosto gracile. Il parroco, Don Enrico Rossi, mi incluse tra i chierichetti. A fine settembre 1933 ci fu in paese un’epidemia di tifo. Ebbi modo di vedere quanto la mamma si sacrificasse per tutti noi. Poi anch’essa si ammalò. Portata all’ospedale di Urbino, morì nella notte di capodanno del 1934. Lei non aveva ancora 40 anni. Perdere la mamma a soli 13 anni fu per me un’esperienza nuova e terribile. Mia sorella ne aveva appena 9, mentre Ada (nata dal matrimonio precedente) aveva 18 anni.
Frequentando la parrocchia sorse in me il desiderio di farmi prete. Nell’ottobre 1934 entrai nel seminario di Urbania”.

Il seminario
“La disciplina era severa, in un ambiente di povertà e freddo d’inverno, e in sovrappiù i molti rimproveri da parte dei superiori. Dopo 4 anni avevo deciso di uscire dal seminario come avevano fatto altri miei compagni. Fu una crisi forte, ma il rettore mi convinse a restare, e cominciò ad essere più amico e comprensivo. Con me rimase Antonio Paolucci, ancora attuale direttore del Centro Missionario Diocesano di Urbania/Urbino, e fratello del nostro P. Alfredo Paolucci. Terminato il ginnasio bisognava andare al seminario regionale di Fano. Arrivai a Fano il 18 ottobre 1939, dove c’erano i corsi di liceo e teologia. Eravamo 200 seminaristi.
I tre anni di liceo passarono bene, nella serenità e amicizia con tutti i seminaristi venuti dalle altre diocesi delle Marche. Il rettore era un uomo comprensivo, ma anche forte. Cosa nuova e gradita, che ci dava una forte spinta spirituale, era la visita dei Missionari Comboniani di Pesaro: P. Arnaldo Violini, P. Tito Tempestini, P. Alfredo Paolucci che veniva a trovare anche suo fratello Antonio.
Arrivò la guerra, ma senza grandi problemi fino al 1942. Dopo di che le cose peggiorarono e fummo consigliati a lasciare Fano e ritornare ciascuno alle proprie diocesi. Terminati gli esami di liceo, noi della zona, tornammo al seminario di Urbino, fino al 1944, facendo i primi due anni di teologia. Il 23 gennaio Urbania venne bombardata, e si susseguirono continui scontri tra partigiani e soldati tedeschi. Dopo che l’esercito tedesco si era ritirato nell’agosto del 1944, in ottobre ritornammo tutti a Fano, per il terzo anno di teologia. Durante tutto questo tempo coltivai sempre il desiderio di diventare Missionario Comboniano. Il rettore mi incoraggiava. Anche mio padre era consenziente.
Allora decisi di lasciare la diocesi per diventare missionario comboniano. Nell’ottobre del 1945 partimmo in due, io e Elvio Gostoli, per Bologna, in treno. Ci fermammo alla nostra casa di Casalecchio, aspettando il camion che doveva arrivare da Verona per portare i rifornimenti al noviziato di Firenze. Su quel camion arrivammo alla Villa Pisa. Qui rimasi per due anni di noviziato, sotto la guida di P. Stefano Patroni: uomo rigido ma anche comprensivo di grande esemplarità nella preghiera e serietà nel lavoro. Nel secondo anno continuai la teologia nel seminario diocesano di Fiesole.
Fui ordinato sacerdote il 29.06.1947. Era presente P. Domenico Pazzaglia, dei Comboniani di Pesaro. Grande festa nella mia famiglia e prima Messa, il giorno seguente, nella cappella dei Comboniani a Pesaro. Il 1° luglio, a Loreto nella Santa Casa. Il 6 luglio Messa nella mia parrocchia di Monte S. Pietro, presente P. Carlo Pizzioli, superiore di Pesaro”.

La missione con i Comboniani
“La preparazione era terminata. Cominciava il tempo dell’azione. Il mio primo lavoro, come economo, lo svolsi a Firenze, aVilla Pisa, dove avevo fatto il noviziato. L’anno seguente fui rimandato a Pesaro come incaricato dell’animazione missionaria per tutto il territorio delle Marche, spingendomi poi fino a Foligno e Terni. Per l’ottobre missionario, organizzammo con successo una mostra missionaria nel seminario maggiore di Fano.
Il giorno 11 luglio mi arrivò la lettera dei superiori con la destinazione all’Inghilterra come preparazione alla missione in Africa. Fu il primo salto culturale. Dopo un anno ottenni il diploma di lingua inglese, utile per entrare in Uganda e poter insegnare. Il 28 agosto 1951 partii da casa dopo un mese di vacanza, diretto a Verona, poi a Venezia per imbarcarmi sull’Esperia, con altri 5 missionari. Il 4 settembre segnava il nostro primo approccio con l’Africa: sbarcammo ad Alessandria, alle 11. P. Roberto Zanini ci aiutò alla dogana, lui che parlava arabo. Poi via con il treno per il Cairo. Dopo pochi giorni ripartimmo per Assouan. Wadi Alfa, e giù fino a Khartoum, dove arrivammo il 5 ottobre. Da lì ancora in treno fino a Kosti. Poi il battello passando per luoghi di missione conosciuti: Detwok, MalaKal, Tonga, Shambre, Kenisa (ex S. Croce). Terakeka. Finalmente arrivammo a Juba il 1° novembre 1951. Continuando dopo alcuni giorni, arrivammo a Loa, sul confine dell’Uganda, e di seguito a Gulu, meta del nostro viaggio missionario. Anche se le fatiche di questo lungo viaggio non furono poche, pensavo che certamente le difficoltà incontrate da Comboni erano stati ben maggiori. Eravamo ancora in 5: P. Giuseppe Santi, P. Mario Ruggeri, P. Francesco Cifaldi, P. Antonio Santinoli e il sottoscritto.
Il primo impegno era la lingua: ci dicevano che il metodo di studio era semplicemente quello di andare in mezzo ai ragazzi della scuola per ascoltare e scrivere le parole.
La prima esperienza amara fu quando mi fu comunicata la notizia della morte di mio padre Vincenzo. Il dolore fu grande. Grande anche l’ammirazione per gli esempi di fede che mi aveva dato! Dopo praticamente 10 anni, ritornai in Italia il 25 gennaio 1960. Fu un tempo di riposo, di racconti della vita trascorsa in Africa, di un approfondimento dei motivi che portano i missionari lontano, per vie tanto diverse da quelle dei nostri parenti e amici e degli stessi colleghi sacerdoti. Tutto divenne per me motivo di ricarica per ritornare a quella gente che aspettava da noi amore e Vangelo.
Ripartii questa volta di aereo: Roma-Entebbe. Nel 1968 di nuovo in Italia, per vacanze e poi ritorno il 25 aprile 1968: questa volta in nave per portare i molti bagagli. Genova-Barcellona-Canarie-Capo di Buona Speranza-Beira- Mombasa. In 30 giorni mi ritrovavo ancora in Uganda, a riprendere il lavoro per un altro quinquennio.
Di nuovo in Italia nel 1973 dopo che erano incominciati i problemi di salute. Ritorno in Uganda fino al 1978 quando rientrai in Italia, il 1 aprile, lasciando definitivamente l’Uganda.
Un anno dopo ebbi la fortuna di fare un pellegrinaggio in Terra Santa, con tante emozioni, ricordando anche l’esperienza fatta da Comboni sugli stessi luoghi sacri, prima di iniziare la sua grande missione africana.
In Italia fui destinato come economo a Pesaro. Ma rimase nella programmazione dei superiori un’altra destinazione per me: il Sud Africa. Il 25 gennaio 1981 viaggio in aereo per la nuova missione. Anche se era ancora l’Africa, l’ambiente era totalmente nuovo e soprattutto differente…i due confratelli che mi accolsero erano di nazionalità tedesca. Dopo un anno e mezzo dovetti ritornare “definitivamente” in Italia, perché la salute non reggeva più. Così è terminata, per non dire naufragata, questa esperienza in Sud Africa. Da notare che non basta la buona volontà. Passata una certa età è sempre più difficile adattare il proprio organismo e la propria personalità a un diverso tenore di vita. Venne a prendermi a Roma, P. Piero Lampetti, che mi portò a casa di mia sorella ad Urbania”.

L’esperienza spirituale e il ritorno al Padre
P. Giuseppe stesso si autodefinisce “missionario in Africa”. Espressione recepita dai familiari come immagine unica e semplice, ma di grande significato, dello zio. Questa dimensione missionaria l’aveva aggiunta alla vocazione sacerdotale che aveva coltivato fin da ragazzo. Il seminario aveva formato la sua personalità, sul ceppo famigliare: ceppo forte, sincero, metodico, affezionato alla sua terra. Il tempo di noviziato a Firenze era servito a ampliare la visione e la spiritualità del suo ministero sacerdotale cui aveva pensato per anni interi. Poi 30 anni di vita missionaria in Africa, con i relativi distacchi dalla famiglia e dalla patria. L’amore fattivo per popolazioni mai viste prima, lo aveva arricchito di una esperienza spirituale forte. P. Giuseppe aveva sofferto per il rientro forzato dalla missione, nel 1982, e soffrì ulteriormente nei periodi difficili della vita, a causa delle malattie. Però la preghiera e la fedeltà agli impegni lo hanno sempre sostenuto.

Testimonianze
P. Piero Lampetti ricorda: “Incontrai P. Giuseppe la prima volta in Uganda, nella missione dei Lango. Era felice e entusiasta del lavoro assegnatogli. Oltre al lavoro tipico della parrocchia di missione, aggiunse l’impegno di scrivere, e responsabilizzarsi del bollettino diocesano Acer. Nel 1980 lo ritrovai in Italia, a Pesaro, un po’ stanco, ma sempre entusiasta, tanto che era disponibile a ripartire per la missione. Infatti i superiori lo destinarono al Sud Africa. Rientrato definitivamente, dopo meno di due anni, per problemi di salute, fu destinato alla comunità di Pesaro come economo e propagandista, incaricato dei contatti con le parrocchie, gruppi, sacerdoti, missionari e benefattori. Dopo la ristrutturazione della casa, terminata nel 1991, P. Giuseppe, non fu più economo, ma vice superiore e responsabile della corrispondenza con i benefattori. Impegno che portò avanti fino agli ultimi giorni. Una delle note che ha distinto P. Giuseppe nella vita a Pesaro, fu la fedeltà e puntualità alla preghiera, e la disponibilità a qualsiasi servizio confacente alla sua età. Se qualcuno ha visto in lui un uomo all’apparenza un po’ riservato e alle volta esigente, deve però riconoscere a P. Giuseppe un animo sensibile, capace sempre di ringraziare per l’aiuto che riceveva”.
P. Francesco Lenzi, superiore a Pesaro dal 1993 al 2000, così lo ricorda. “P. Giuseppe è stato per me un amico. Volentieri partecipava ai gruppetti che cercavano allegria. Attaccato alla famiglia, che nelle feste veniva sempre a prenderlo per portarlo a Urbania. Negli ultimi anni poteva sentire un po’ di peso di fronte al movimento della casa di Pesaro, con tanti incontri, ma in realtà si sforzava di partecipare in sala alle conferenze, per tenersi aggiornato. Servizievole nella comunità: responsabilizzandosi della portineria, del telefono e dell’accoglienza dei visitatori. Coltivava con gusto fiori e piante. Sempre pronto al ministero: si preparava e scriveva le sue omelie domenicali. (si era preoccupato anche dell’ultima settimana, scrivendo l’omelia per la festa del 1° gennaio e dell’Epifania del 2004)”.
Anche Andrea, un giovane scout, lo ricorda con piacere a nome degli altri giovani che frequentavano la nostra casa. P. Giuseppe, pur non accompagnando direttamente i giovani li apprezzava, per il loro impegno missionario e li accoglieva con gentilezza.
Riassumendo soprattutto gli ultimi venti anni di vita passati a Pesaro, P. Giuseppe volle lasciar scritto nelle sue memorie una nota di ringraziamento: “A Pesaro ho trovato carità e comprensione. Adesso vivo aspettando il giorno della beata speranza e dell’avvento del Signore. Ringrazio per il bene che molti mi hanno voluto…”.
È così che vogliamo ricordare P. Giuseppe Galeotti: missionario contento e fiducioso in Dio. Anche la voglia di vivere che sempre manifestava, era espressione di questa fede. Nell’ultimo Natale, vissuto nel sollievo anche fisico, P. Giuseppe ha potuto esprimere nell’omelia della Messa questa gioia spirituale, a cui poté aggiungere anche un giorno di felicità umana per aver potuto celebrare con la famiglia il pranzo di Natale. È stata una prova di un dono che Dio gli ha concesso prima di chiamarlo a sé. Personalmente ricordo anche l’immagine serena del volto di P. Giuseppe e la composta dignità del suo corpo rivestito di tunica e stola, quale immagine di chi ha servito il Signore nel sacerdozio missionario e che è in attesa della risurrezione. (P. Pietro Bracelli, mccj)

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Fr. Giuseppe Galeotti had returned to Italy from South Africa in September 1982 due to health problems. He was then assigned to Pesaro where he stayed for the last 20 years of his life, first as the community’s treasurer and later as vice superior. In 1996, due to serious health problems, he underwent surgery in Pesaro. Later he was moved to Milan, where he underwent further surgery. He was able to return to Pesaro only in September 2003. Since then, his health had never been good.

On Christmas day 2003 he was feeling all right and had gone to say Mass at a Sisters’ community. He then had dinner with his nephews and returned home apparently in good form. Two days later, however, he began to feel sick and his health deteriorated as the day went on. The doctor was called and in the morning of 28 December it was decided to take Fr. Giuseppe to the hospital in Pesaro, where he unexpectedly died of kidney failure and respiratory complications at 10.00 pm.

The funeral was held in the parish church of San Luigi, where our house is located. Fr. Teresino Serra, Superior General, was the main celebrant, assisted by the provincial, Fr. Francesco Antonini, and by the administrator of the diocese of Pesaro, Mgr. Romano Morini. Beside 18 Comboni Missionaries, also 20 diocesan priests concelebrated. The young people who were taking part in the GIM’s end of the year gathering in Pesaro also attended. Following the Mass, the body was taken to his home town of Urbania, diocese of Urbino.

Fr. Giuseppe was born on 7 October 1921 in Urbania. In 1934, at 13 years of age, he entered the local diocesan seminary and in 1939 moved to the seminary of Fano. In 1942, because of the war, he returned to Urbino where he started his theology. At that time his missionary vocation was beginning to take shape, helped also by the visits of Fr. Arnaldo Violini, Fr. Tito Tempestini and Fr. Alfredo Paolucci. Thus in October 1945 Fr. Giuseppe entered the Comboni novitiate in Florence and completed his theology in Fiesole. He was ordained priest in Urbino on 29 June 1947 and the next day he said his first Mass in the Comboni seminary of Pesaro.

He was first assigned to Florence as local treasurer. The following year he was moved to Pesaro to do mission promotion. On 1 September 1951 he set off from Venice destined to the missions in Uganda, from where he returned 21 years later, on 2 April 1978. After a second period in Pesaro, again as treasurer, on 25 January 1981 he left for Africa, but this time destined to South Africa. He stayed there less than two years and, for health reasons, he returned definitively to Italy on 6 September 1982.

It is not difficult to know the personality of Fr. Giuseppe, because he himself left us personal notes about his life, his family and his missionary work. It is also easy to interpret his life, because, even in the silence of death, one can perceive his presence as a person who lived the time allotted to him by God with a strong self-image and with faithfulness for what he perceived as the will of God for him. His notes highlight the ties he always maintained with his family, with the diocese of Urbania-Urbino, with the Institute and with the Christian communities of Africa where he did his pastoral ministry. All “to the greater glory of God”.

Fr. Giuseppe some last words in his notes are: “In Pesaro I found kindness and understanding. I live awaiting for the day of blessed hope and of the coming of the Lord. I am grateful for the love many people have bestowed on me!”

Da Mccj Bulletin n. 222 suppl. In Memoriam, aprile 2004, pp. 131-139