In Pace Christi

Cisternino Mario Salvatore

Cisternino Mario Salvatore
Data di nascita : 16/12/1939
Luogo di nascita : Castellaneta-TA/I
Voti temporanei : 09/09/1958
Voti perpetui : 09/09/1963
Data ordinazione : 28/06/1964
Data decesso : 17/06/2011
Luogo decesso : Castellaneta-TA/I

P. Mario Cisternino era nato a Castellaneta, provincia di Taranto, il 16 dicembre 1939. Dal 1951 al 1956 studiò nel seminario arcivescovile di Bari. Entrato dai Comboniani, per il noviziato fu mandato a Sunningdale, in Inghilterra, dove emise i primi voti il 9 settembre 1958 e fece anche i primi due anni di scolasticato. Completò gli altri due anni a Verona, dove fu ordinato sacerdote dal Cardinale Gregorio Pietro Agagianian il 28 giugno 1964, con il gruppo più numeroso di ordinandi nella storia dell’Istituto.

Fu poi mandato nuovamente a Londra, in Inghilterra, per un corso di specializzazione in “Antropologia ed Educazione Linguistica”. Seguirono altri Corsi di specializzazione in Uganda e a Roma (“Ricerca sull’Antropologia Bantu”, 1970-1972) e una specializzazione a Swansea, in Galles (“Politica dello Sviluppo e Pianificazione Sociale”, con una tesi sul popolo Karimojong, 1978).

Uganda
Nel 1965 fu assegnato all’Uganda. Qui P. Mario lavorò nella regione del Kigezi, nelle missioni di Makiro e Rwanyena. Parlando di Makiro, scriveva: “È una parrocchia di 800 km quadrati, 600 dei quali fatti di colline sui 2500 metri da farsi tutti a piedi. Prima che arrivassero i Comboniani, la gente aveva costruito una chiesa di mattoni, non bella ma enorme… e una casa di mattoni, grande e decorosa. Ma loro, gli africani, sono rimasti nelle capanne fatte di fango. La gente di qui è fatta di montanari rudi, forti, decisi. Una volta erano molto temuti. E sono rimasti seri. Le pareti della chiesa rimbombano delle loro voci. Il ‘Credo nella Chiesa, una, santa e cattolica...’, reso nella loro lingua e musica, fa fremere. Signore, grazie d’aver purificato questo popolo forte senza rammollirlo.

Nella parrocchia tutti sono obbligati al catecumenato, battezzati e non battezzati. Partecipare al catecumenato non è un titolo d’inferiorità. C’è l’obbligo per tutti, adulti e ragazzi, d’imparare a leggere e a scrivere; chi sa già alla perfezione insegna agli altri. Naturalmente l’impegno principale è lo studio della religione. Qui c’è il vero comunismo cristiano. Si coltivano assieme i campi della comunità (i cui frutti serviranno per quelli del corso successivo). Si cucina a turno, si va a prendere acqua e a cercare legna a turno. Tornati alle loro case, continueranno ad agire con lo stesso spirito”. (Nigrizia, settembre 1967)

Da una lettera ai suoi compagni di ordinazione
Scrivendo ai suoi compagni di ordinazione, P. Mario ricordava: “L’attività pastorale dei primi anni d’Africa è stata su per giù quella di ogni missionario in Africa: visite alle comunità, gioventù, catecumenati, scuole. Poi l’attività ha preso un tono più personale, che impegnava più nel cuore: assistere la gente in attività di sviluppo sociale ed economico, col sistema delle cooperative che aiutava la povera gente e la liberava dallo sfruttamento. Credo che ci sia stata un’evoluzione in me nel corso dell’apostolato: dalla sicurezza dogmatica al relativismo in tante cose, dalla condanna moralizzante di pulpito sicuro all’amicizia con un bicchiere di birra africana in mano, dall’atteggiamento di apostolo a quello di fratello e padre.

Ho costruito con loro scuole di paglia e fango, ho dato soldi per mandare bambini a scuola, ho insegnato, oltre al catechismo, a cucire, a saldare, a riparare motori, imparando tutto assieme a loro. Ho messo su cooperative a tutto spiano, ho fatto il banchiere privato e organizzato casse di risparmio e credito per loro.

Altre cooperative che ho fatto sono quelle agricole. Una volta a settimana la gente lavora insieme. C’è un senso di socializzazione che parte dal basso. Poi quelle dei mulini, per sostituire le pietre su cui si macina con oggetti migliori, che non causano il mal di schiena alle donne. Poi cooperative di diesel e benzina e ne hanno fatto parte tutti quelli che possedevano una macchina nella mia contea (120.000 abitanti, 800 Km quadrati) e poi ho realizzato con loro anche una cooperativa abbastanza grande di falegnami (lì c’è la foresta) che usa macchinari. Ho lasciato a metà il progetto per la produzione di prodotti (maglie) fatti con il cotone. Lì fa freddo, siamo oltre i duemila metri”.

Dopo il Corso di Aggiornamento a Roma, dal 1977 al 1979, P. Mario frequentò un corso di specializzazione in Gran Bretagna. Scriveva il 27 maggio del 1978: “Vado all’Università di Swansea, nel Galles, per un post-graduate in economia sociale (socio-economics) di un anno sulla ‘Politica dello Sviluppo e Pianificazione Sociale’, un corso offerto a ufficiali governativi del terzo mondo, incaricati dai loro governi di studiare e applicare piani di sviluppo in una data zona”.

Terminato il corso, ritornò in Uganda nella diocesi di Moroto, tra i Karimojong del nord-est dell’Uganda. Qui iniziò e portò avanti il dipartimento dei Servizi Sociali e Sviluppo della Chiesa cattolica nella diocesi di Moroto. Fu il responsabile dello Schema Agricolo per inserire 40.000 Karimojong e renderli autosufficienti. Nel campo della salute pubblica, coordinò il lavoro di due ospedali e sette dispensari. Per quanto riguarda l’educazione, iniziò una sessantina di scuole. Portò avanti ricerche nel distretto riguardanti l’ecologia, l’antropologia e l’economia. Aprì delle industrie su piccola scala: tessitura, gomma arabica, artigianato locale e lavori in ferro. Per queste sue qualità, gli fu persino chiesto di diventare consulente (con tanto di retribuzione) di un’Organizzazione Internazionale per il Lavoro.

Viaggio in Malawi-Zambia
Assegnato all’Italia, rimase nella comunità di Lucca e poi in quella di Brescia come professore. Nel 1987 fu inviato dal Superiore Generale in Malawi-Zambia per una ricerca e un rapporto sui profughi mozambicani che si erano rifugiati lì per sottrarsi alla guerriglia e ai massacri del loro paese. A questo scopo, incontrò i vescovi coinvolti nella tragedia, suggerì una lista di organizzazioni da contattare e, per quando riguardava i Comboniani, la formazione di un team di padri e suore per rispondere all’emergenza.

Uganda e Italia
Nel 1990 ritornò nuovamente in Uganda, nella casa provinciale di Kampala, con l’incarico di insegnante.

Nel 1998, il Superiore Generale gli affidò l’incarico di bibliotecario della Curia a Roma (1999-2006).

Terminato questo periodo, P. Mario fu di nuovo assegnato alla provincia italiana ma, dopo qualche tempo, chiese ed ottenne il permesso di assenza dalla comunità per assistere la madre anziana.

Una decina di giorni prima della morte, P. Mario aveva avuto un incidente, si era scontrato con un altro veicolo. Nell’impatto si era rotto una costola, aveva riportato diverse contusioni e un ematoma alla testa che aveva richiesto alcuni punti di sutura. Il conducente dell’altra vettura non aveva avuto alcun danno di rilievo. Portato all’ospedale di Taranto, P. Mario era stato dimesso perché, secondo i medici, la sua situazione non era preoccupante: doveva stare un po’ a riposo e prendere qualche antidolorifico in caso di bisogno. P. Mario, invece, aveva chiesto di prolungare il ricovero perché non riusciva a respirare bene. Evidentemente, la sua situazione è stata sottovalutata. Infatti, qualche giorno dopo, le sue condizioni si sono aggravate. Portato all’ospedale di Castellaneta, è deceduto il 17 giugno 2011. I parenti hanno richiesto l’autopsia che ha stabilito che la morte è avvenuta per embolia polmonare.

Giovedì 23 giugno a Castellaneta c’è stata una veglia di preghiera presieduta dal vescovo locale, Mons. Pietro Maria Fragnelli. Il giorno seguente, venerdì 24 giugno, alle ore 17.00 si sono svolti i funerali, alla presenza del vescovo, di numerosi confratelli, della maggior parte dei sacerdoti della diocesi e di molta gente.

Testimonianza di P. Ravasio
Tre giorni dopo aver appreso la notizia della morte, P. Pietro Ravasio ha scritto una lettera a Fr. Gianni Albanese riguardo al lavoro svolto da P. Mario nella Biblioteca della Curia e ai libri che aveva scritto, sottolineando come: “Con P. Mario, abbiamo perduto uno dei nostri più grandi intellettuali. La memoria della sua vita di bibliotecario si compone di due parti. È introdotta da un elenco dei suoi scritti, perché è proprio partendo da queste “sudate opere” che si capirà la seconda parte, nella quale cercherò di ricordare i momenti salienti e specifici della sua gestione della biblioteca.

Scritti di P. Mario Cisternino. Nella Biblioteca della Curia sono elencati ben trentasei suoi contributi, pubblicati in Italia e altrove. Possiamo ricordare il suo lavoro d’interesse antropologico, come i proverbi del Kigezi e dell’Ankole (Leadership, Kampala 1987, p. 471), la sua ricerca sulle pratiche tradizionali dell’iniziazione e sulla pedagogia di alcune tribù africane (I segreti della serenità. Pedagogia tradizionale nel cuore dell'Africa, EMI, Bologna 1993) e la sua opera maggiore, frutto di vent’anni di ricerca: Passione per l'Africa. Carte missionarie e imperiali sulla prima evangelizzazione in Uganda e Sudan 1848-1923 (Urbaniana University Press, Roma 2001, p. 571), tradotta qualche anno dopo in inglese.

Bibliotecario - missionario ricercatore. È facile immaginare quale sia la vita di un bibliotecario. Ciò che è doveroso evidenziare è la modalità specifica che P. Mario ha espresso in questo monotono ufficio, dopo trent’anni di Africa e una carriera di scrittore-ricercatore.

- Accoglienza sia di confratelli come di esterni che si presentavano per la ricerca. P. Mario non solo era felice di collaborare ma s’immedesimava nella loro ricerca, che sembrava diventasse sua. Molti studenti e studentesse dell’Università dell’Aquila sono stati guidati da lui nella ricerca e nell’analisi dei testi e gli hanno dimostrato la loro riconoscenza invitandolo alla difesa della tesi, invito che di solito P. Mario accettava con gioia. La stessa cosa, anche se in misura minore, si è verificata con altre università.

- Proposte di temi comboniani per la ricerca. Con diversi studenti è stato lui stesso a proporre temi “africani” che partivano in modo specifico da figure della nostra storia che rimangono modelli – in modo diverso, in tempi e situazioni diverse – per sempre. Basti pensare alla tesi su Don Daniel Sorur, su P. Filiberto (Gero) Giorgetti, sui diari di P. Giuseppe Zambonardi, ecc.

- Profondità di rapporti personali con i ricercatori. P. Mario generalmente non abbandonava più gli studenti ed essi continuavano ad avere contatti con lui, specialmente quelli di paesi storicamente più in difficoltà, come ad esempio Iraq, Ucraina, ecc. Diventava per loro un amico, un confidente e un aiuto prezioso. Inoltre, privilegiava sacerdoti, seminaristi, suore provenienti dall’Africa che erano a Roma per gli studi, li seguiva con grande affetto e rispetto, proprio secondo lo spirito di san Daniele Comboni.

- Rapporto con grandi studiosi. In una lettera che mi aveva scritto lo scorso anno, evidenziava con grande gioia un fatto che a me sembrava del tutto normale. Scriveva: “La notizia più bella che mi dai è quella dell’arrivo della biblioteca africana del Prof. Richard Gray. Oltre al valore materiale c’è soprattutto quello spirituale: l’arricchimento reciproco che abbiamo vissuto, animati da una fede che univa e produceva amore apostolico. Con quanta semplicità e profondità ho vissuto l’amicizia con Gray! Ricordi, ad esempio, quando andai sul Po a fare un convegno sul “Fiume Nilo e i Comboniani”? Furono entusiasti di quella ricerca sulle prime foto comboniane”.

Terminando, posso affermare che per me e per il Sig. Alessandro Giovannetti, con il quale continuo a portare avanti questo impegno della biblioteca, la sua figura rimarrà sempre una memoria fraterna, talora impulsiva ma sempre autentica e profondamente comboniana.

Altre testimonianze
Don Domenico Giacovelli, rettore del Mater Domini, ha scritto: “In questi ultimi anni, per motivi familiari, P. Mario era a Castellaneta e qui si è messo a servizio della nostra Chiesa diocesana, collaborando presso il Santuario Mater Domini, in modo particolare mettendosi a disposizione per il sacramento della riconciliazione e occupandosi direttamente di alcuni profughi nigeriani accolti dalla Diocesi”.

Quattro studentesse universitarie che P. Mario ha seguito nella preparazione della tesi.

- Caro Padre Mario, grazie a te, nella mia vita ho fatto delle esperienze e delle scelte importantissime. Attraverso i tuoi occhi e le tue parole m’infondevi fiducia, anche nei momenti di difficoltà. Ero affascinata dalle tue infinite conoscenze e dalla tua passione per lo studio, veniva voglia di leggere e studiare anche a me! Sei stato un esempio e una guida veramente speciale. (Alice Celletti)

- Mi hai insegnato a calmare le angosce causate dalle ingiustizie che ho scelto per la mia tesi; mi hai raccomandato sempre di osservare, pur non cedendo mai a nessun compromesso. Mi hai dimostrato che solo lo studio e la preparazione possono darci gli strumenti per lottare contro queste ingiustizie. Mi hai accompagnata passo passo nel periodo in cui ero in Malawi, dove per la prima volta ho messo in pratica i tuoi consigli. (Gemma Salvetti)

- Ciao Padre Mario! Ciao alla tua grinta appassionata, all’attenzione sempre accesa, alla vivacità dei tuoi interessi. Ciao al tuo coraggio, a quel parlare schietto, all’essere indefesso in prima linea. Ciao alla tua cura per i nostri tormenti, ai consigli sempre attenti, all’ambizione di vederci crescere. Ciao alla tua dedizione per i nostri amici d’Africa, al tuo desiderio di unirci tutti in un mondo uguale, giusto, libero, in cui non si misurano le latitudini e si considerano le molteplici espressioni solo per riconoscerne e apprezzarne la varietà dei colori, dei profumi, dei sorrisi. (Lucia Sorrentino)

- P. Mario è stato per me un amico, un confidente e soprattutto una guida e un maestro di vita. Mi ha infuso il suo amore per la sociologia, la ricerca, la missione e, soprattutto, il senso dell’aiuto e della solidarietà fraterna. Non solo il suo contributo è stato essenziale ai fini della ricerca bibliografica, della scrittura e della revisione, ma lo è stato tanto di più per la compagnia amica che mi ha fornito nei giorni in cui scrivevo e avevo lui come “compagno di banco” e come esperto nella materia. Padre Mario è stato per me un modello di vita e un amico vero, che mi ha fatto crescere e mi è stato sempre vicino, nei momenti felici e in quelli più difficili. Sarà sempre nel mio cuore e nei miei ricordi più belli. Grazie di tutto, P. Mario, e riposa in pace, tra i tuoi amati fratelli. (Martina Andretta)
Da Mccj Bulletin n. 249 suppl. In Memoriam, ottobre 2011, pp. 92-99.