Padre Minoli è entrato dai Comboniani quando era già prete diocesano. Della sua famiglia e della sua infanzia, nei documenti a nostra disposizione, non c’è neppure un accenno.
Ordinato sacerdote il 15 marzo 1930 dal vescovo di Parma, prestò il suo servizio presso il collegio Alberoni di Piacenza, dove aveva compiuto gli studi liceali e teologici.
Da questa sede, in data 22 luglio 1930, scrisse al p. Generale dei Comboniani:
“Il sottoscritto Minoli don Giovanni di Francesco, della diocesi di Piacenza, parrocchia di Bedonia (Parma), rivolge alla P. V. Rev.ma, umile domanda per poter essere accolto in cotesta comunità, sentendosi ad essa chiamato dal Signore. A tal fine invierà i documenti necessari.
Supplicherei umilmente V.P. Rev.ma di sollecitare la risposta perché mons. Vescovo non abbia a ritirare il permesso che mi ha concesso”.
Quest’ultimo timore di Minoli aveva fondamento se il rettore del collegio Alberoni scrisse nella stessa lettera: “Accompagno la buona notizia data dal nostro caro don Minoli con la mia conferma. Dopo anni di domande inutili, mons. Vescovo ha acconsentito al desiderio del figliolo. Ma assai a malincuore perché il giovane è buono, pio, intelligente e su di lui il Vescovo aveva poste tante speranze. Per mio conto sono contento che uno dei nostri alunni venga nel vostro Istituto. Spero che sarà un valoroso apostolo della verità e della carità di nostro Signore...”.
Lo stesso rettore dichiarava che: “In tutto il tempo della sua dimora in questo collegio, cioè dall’ottobre 1923 ad oggi, il sacerdote don Giovanni Minoli ha sempre tenuto buona condotta, ottimo spirito di pietà e senso profondo di disciplina. Nel collegio Alberoni don Giovanni ha compiuto i suoi studi filosofici e teologici distinguendosi per diligenza e profitto”.
Don Minoli coltivava da anni la vocazione missionaria. Ne abbiamo avuto conferma nelle parole del rettore e anche dalla sua lettera del primo agosto 1930 con la quale fissava il giorno dell’entrata in noviziato. “Ho ricevuto con somma gioia la sua desideratissima. Già considero la Congregazione come mia da parecchi anni. Sarò costì il giorno 14 c.m. non potendo partire prima per diversi impegni di ministero”.
Tra Egitto e Sudan
Entrato nel noviziato di Venegono Superiore il 13 agosto (si vede che aveva potuto anticipare la partenza da casa di un giorno), emise i Voti l’11 febbraio 1932, quindi con l’anticipo di 6 mesi rispetto alla data di normale scadenza dei due anni. Ciò è spiegabile perché si trattava di un sacerdote, ma ci indica anche l’impegno e la serietà con cui il Padre ha affrontato il noviziato e il profitto che ne ha ricavato.
Il 31 dicembre del 1934 p. Minoli, in compagnia del p. Generale, (p. Pietro Simoncelli) giunse in Egitto, al Cairo, dove rimase un anno per apprendere le lingue araba e francese, quindi, nel dicembre del 1935, venne trasferito ad Helouan come insegnante di italiano e addetto al Circolo giovanile.
Nell’ottobre del 1936 quando arrivò p. Vignato, ex prefetto apostolico, come insegnante di inglese, p. Minoli poté tornare al Cairo per coprire l’incarico di superiore locale.
Ma la sua permanenza nella capitale fu relativamente breve. Infatti, nel 1937 venne inviato a Malakal, nel Sudan meridionale, come codiutore ed economo.
Prigioniero
Anche quell’esperienza fu di soli due anni. Nel 1939 lasciò il paese degli Shilluk (Sudan) perché destinato ad essere direttore del collegio di Helouan, carica che assumerà il 30 giugno 1939. Il 30 agosto successivo sarà anche superiore religioso della comunità. Una testimonianza di fratel Cremona ci dice che “p. Minoli mi fu sempre padre e mai fece pesare il suo ruolo di superiore. Così intesi anche dagli altri confratelli”.
Con la venuta di p. Minoli, uomo capace e di lunghe vedute, il Collegio riprese vita curando in modo particolare i concorsi di ginnastica che tanto piacevano alle autorità civili le quali non mancavano alle esibizioni e alle feste per ammirare la preparazione degli alunni.
L’11 febbraio 1940 il collegio venne consacrato al sacro Cuore, devozione molto sentita e ampiamente diffusa dal Padre. “Del Sacro Cuore - scrisse fr. Ceriotti - il Padre imitava le virtù, specie la carità nella quale eccelleva”.
Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, come gli altri italiani, anche p. Minoli venne fatto prigioniero dagli inglesi. Ecco come sono andate le cose: il 19 settembre 1940, verso sera, tutti i missionari, eccetto p. Pschorn, vennero internati. Prima nelle scuole italiane di Bulacco e dopo tre giorni nel seminario francescano di Ghizah. I prigionieri erano: p. Minoli, p. Franceschin, p. Binda, p. Villani e i fratelli Varotto, Bonomi e Cremona. Qui il diario, fedelmente riportato da fr. Benetti, registra un episodio edificante: “Quando il domestico Aziz, ignaro del fatto, incontrò per strada i missionari in fila indiana tra i poliziotti, si mise a piangere come un bambino. Egli poi, ogni settimana si recava a Ghizah a portare ai prigionieri la biancheria e qualche bottiglia di ‘acqua della sorgente di Helouan’ (grappa)”.
Anche durante la prigionia p. Minoli non dimenticò il collegio che tanto gli stava a cuore. Perciò incaricò il signor Gouzot, ufficiale dell’aviazione francese e professore al collegio, di far continuare l’attività scolastica anche per gli esterni. Questo si verificò fino al 25 dicembre quando venne liberato fr. Bonomi il quale poté assumere la direzione del collegio.
Le autorità inglesi avevano stima dei missionari tanto che, il primo ottobre del 1940, la scuola riaprì con 60 alunni, saliti poco dopo a 91. Per l’occasione (citiamo il diario): “P. Minoli, giorno e notte, sotto la sorveglianza di due poliziotti, cura la consegna dell’amministrazione del collegio a quattro professori laici, poi riparte per Ghizah. L’operazione è durata tre giorni”.
Nel 1943 il collegio venne trasformato in prigione e adibito come ospedale della “mezza luna rossa” (croce rossa).
Nel 1944 troviamo p. Minoli a Tanta, nel Delta, come cappellano militare. Quello che fecero i nostri missionari in favore dei prigionieri durante gli anni della prigionia è stato scritto altrove. Diciamo solo che si sono comportati in modo da far conoscere, stimare e amare i missionari comboniani.
Un uomo “insostituibile”
Il 3 ottobre 1944 finalmente p. Minoli poté tornare ad Helouan con tutta la comunità al completo. Ma quale brutta sorpresa! Il collegio aveva i muri scrostati e sporchi, i pavimenti rovinati, il filo elettrico asportato, le lampadine sparite... una devastazione! A fine dicembre 1944, in aggiunta, ci furono piogge torrenziali che costrinsero i missionari ad usare l’ombrello in camera, in casa e anche nelle aule scolastiche. Per giunta il 13 maggio successivo una tromba d’aria asportò persino il tetto del collegio, fatto di lamiere zincate, facendolo finire nel cortile e sopra i tetti delle case vicine.
In tutta questa confusione, il Padre non perse la calma ma, una dopo l’altra, sistemò le cose in modo da rendere il collegio perfettamente funzionante.
Nel 1945 p. Minoli venne eletto vice superiore di delegazione per cui lasciò il posto di direttore del collegio a p. Franceschin, sostituito nel 1946 da p. Saleeby.
Nel 1950 p. Bombieri scrisse di lui: “P. Minoli è un religioso che dimostra di possedere doti di governo per l’amabilità e la prudenza di cui è dotato, unite a un buono spirito religioso, all’amore alle Regole e alle nostre tradizioni. Anche come economo riuscirebbe bene per l’ordine e la precisione con cui tiene e registra le cose che lo riguardano. Sia gli esterni come i confratelli hanno una grande stima di lui perché è più amabile di quanto non dimostri. Credo che al presente non ci sia nessuno in Egitto che lo possa sostituire”.
P. Antonino Orlando ci rilascia la seguente testimonianza:
“Quando nel 1953 andai al Cairo per la prima volta, provenendo da Khartoum, p. Minoli era direttore della scuola Sacra Famiglia di Helouan. Recatomi là con altri confratelli, nel pomeriggio dopo il pranzo ci fu data la possibilità di riposare in alcune stanze. Sotto di noi c’era un garage dove si continuò a lavorare durante tutto il tempo del nostro riposo: un fracasso assordante e un caldo insopportabile. Sorpreso, chiesi se era così ogni giorno. Mi fu risposto di sì. Rimasi impressionato dal fatto che i nostri missionari, e quindi anche p. Minoli, dovessero vivere in un ambiente così rumoroso. Eppure non protestavano, non si lamentavano. Erano davvero degli uomini di Dio, votati al sacrificio per il bene di quella gente”.
Il 6 febbraio 1953 morì al Cairo p. Pschorn. Fu assistito proprio da p. Minoli il quale, ad un certo punto, gli disse: “Coraggio, speriamo in un miracolo. Ci sono dieci comunità che pregano a questo scopo”. Il morente rispose: “No, no! Perché un miracolo? Ora sono pronto, so quello che faccio ed è meglio che muoia adesso”. Semplicità missionaria!
Provinciale a Khartoum
Nel settembre del 1953 p. Minoli andò per la seconda volta in Sudan, a Khartoum questa volta, dove era stato eletto superiore provinciale (1953-1959). Prosegue p. Antonino Orlando: “In seguito al Capitolo generale del 1953, ci furono dei cambiamenti nel personale. P. Minoli andò a Khartoum come regionale, dove rimase per 6 anni. Sua residenza era la procura di Khartoum Nord. Io lavoravo come insegnante al Collegio Comboni, quindi i miei contatti con lui erano frequenti. Lo ricordo come un padre molto buono, cordiale, espansivo e sempre sorridente. Senza essere pedante, si interessava dell’andamento della scuola, del profitto degli alunni, della salute degli insegnanti”. Nel 1959, scaduto il suo mandato, tornò in Egitto.
Fu per 10 anni a Zamalek come superiore locale, parroco della chiesa di san Giuseppe e vice superiore di delegazione, fino al 1969.
Si dimostrò un grande animatore, specie tra i giovani del Centro dove confluivano i cattolici che in Egitto si sentivano minoranza. Il bene che fece questo Centro è incredibile. Tuttavia fu causa di sofferenze per p. Minoli (e anche per altri confratelli) specialmente ai tempi in cui era p. Provinciale p. Capovilla, uomo insigne, religioso perfetto, amministratore avveduto, ma dalle idee piuttosto strette e persuaso di possedere, lui solo, la verità tutta intera. Quindi non sentiva il bisogno di consigliarsi o di dialogare.
Un ballo... eroico
Come tutti gli altri anni, anche per il carnevale del 1960 p. Minoli aveva preparato la festa-incontro delle famiglie cattoliche presso il Centro giovanile. La festa si concludeva con un ballo, un ballo pulito naturalmente, entrato ormai nella tradizione. Ma p. Capovilla questa volta ci mise il dito e fece inceppare l’ingranaggio.
Scrive p. Minoli in una lettera al padre Generale: “In meno di due mesi p. Capovilla mi impose ben due volte di agire in virtù di santa obbedienza, e una volta per telefono”. Alle feste del Centro, qualche volta prendevano parte il nunzio, mons. Oddi, che aveva permesso questo genere di balli per tutto l’Egitto, e il vescovo, mons. Cayer, che pure era favorevole per il suo vicariato. Anzi, la spinta a organizzare queste feste veniva proprio da loro, ma p. Capovilla era contrario e allora, giù ordini in virtù di santa obbedienza al parroco, p. Minoli, il quale, ad un certo punto, minacciò le dimissioni dicendo al Provinciale che venisse lui a fare il parroco. Gustiamoci la scenetta così come è stata scritta:
“Alla sera - scrive p. Minoli - ho voluto per gentilezza, mettere al corrente telefonicamente p. Capovilla della festa alla quale partecipavano il Vescovo e il Nunzio con altre autorità. Non mi lasciò neppure finire la frase che, tutto eccitato, mi disse: ‘Pigli penna e calamaio e scriva: Io p. Capovilla, superiore Regionale, le comando sotto formale obbedienza di disdire il ballo fino al mio arrivo. Io parlerò al Vescovo e decideremo’. Ho voluto insistere, ma egli replicò: ‘Questa è l’obbedienza’. Solo se il Vescovo le comanda di fare il ballo sotto obbedienza, lei potrà farlo”.
Il Vescovo si mise a ridere e, pro bono pacis, lasciò perdere. E il ballo non ebbe luogo scatenando il pandemonio al Centro affollato di famiglie cattoliche. Ciò fu uno smacco per il povero Padre.
P. Briani, superiore Generale, saputa la cosa, scrisse a Minoli: “Se crede rimettere il ballo, vada dal Vescovo con p. Capovilla che le vuole bene e la stima molto. So che non ha un carattere tanto felice, ma ha anche belle qualità. Punti negativi ne abbiamo tutti, come anche punti positivi. Di fronte agli ordini del Vescovo, il Provinciale non avrà da obiettare.
Intanto lei ha obbedito compiendo un atto altamente meritorio, anche se ha sentito tanta ripugnanza. Lavoriamo con dedizione per il bene delle anime, che è lo scopo che ci siamo prefissi chiedendo di essere sacerdoti. La croce ci garantisce che il nostro lavoro è gradito a Dio”.
Analogo filo da torcere derivò a p. Minoli, sempre da p. Capovilla, per il cineforum. Il guaio era sempre provocato dallo scontro di competenza tra il Vescovo e il Provinciale, animato dalle migliori intenzioni ma dotato di un rigorismo che non era capito in quel contesto ecclesiale e sociale di pochi cattolici che cercavano motivi di unione in una società musulmana.
Superiore di delegazione
Dal 1969 al 1972 p. Minoli passò al Cairo come superiore di delegazione, superiore locale ed economo.
Dato il continuo aumento degli alunni (nel settembre del 1969 erano già 750, tutti esterni) p. Minoli studiò con i confratelli la possibilità di fabbricare un’ala nuova della scuola del collegio di Helouan. I lavori iniziarono nel 1971.
A questo punto, p. Antonino Orlando aggiunge: “Nel 1972, per dissensi con la generazione giovane di missionari, p. Minoli, a malincuore, lasciò l’Africa”. Cos’era successo?
Venuto in Italia nell’estate del 1972 per la prima riunione dei superiori di circoscrizione, che in seguito si chiamerà “intercapitolare”, la Direzione Generale discusse con lui il progetto di dare alla delegazione d’Egitto qualche nuovo orientamento. Il Padre non si sentì di sostenere simili nuovi orientamenti per cui decise di rimanere in Italia. Certamente non fu una decisione facile e, da alcune sue reazioni successive, sembra che non sia stata neanche tanto serena. Negli anni ’80 il superiore provinciale d’Egitto (p. Ballin) chiese alla Direzione Generale che p. Minoli tornasse in Cairo, ma tale richiesta non fu esaudita.
Diciamo che il Padre lasciò l’Egitto in “buona” compagnia. Ricordiamo per esempio p. Michelotto, p. Belli, p. Mango, p. Naponelli... Tutta gente per la quale l’Egitto, pur così grande, era diventato stretto... Senza approfondire le cose diciamo che il 1972 ha avuto la disgrazia di arrivare dopo il 1968. E tutti sappiamo che cosa è stato il 1968.
Una valutazione
Scrive fr. Aldo Benetti: “A Helouan p. Minoli è ricordato come il direttore buono, sorridente, pur serio quando occorreva, che si faceva voler bene da tutti. Uomo intelligente, non riprendeva mai gli alunni con mezzi forti, ma usava la via della convinzione. Tutti gli ex allievi che l’hanno conosciuto, hanno un grato ricordo di lui.
Mr. Elias Sadeq, ex allievo, professore dal 1954 e, dal 1964 direttore del collegio, ripete sempre che tutto quello che ha e che è, lo deve ai missionari e, in particolare, a p. Minoli. Fu proprio p. Minoli che, vedendolo presso la bottega di falegname del papà, e intuendo che si trattava di un ragazzino molto intelligente, lo invitò a frequentare la scuola presso i missionari.
Il signor Elias andò a trovare il Padre in Italia e voleva che tornasse ad Helouan per le feste centenarie della scuola.
Io personalmente - prosegue fr. Benetti - ricordo anche una certa sofferenza di p. Minoli quando era parroco a Zamalek, e p. Capovilla era superiore maggiore: si trattava di caratteri differenti e anche di metodi diversi. P. Minoli era un uomo comprensivo che sapeva capire le persone e anche i confratelli per cui il ricordo di lui è certamente più vivo e circondato da un alone di amore e di gratitudine. Uomo di notevole intelligenza, aveva imparato bene l’arabo, il francese, l’inglese e lo shilluk.
Esempio raro: Helouan si distinse per avere un superiore, un parroco, un direttore della scuola capaci di realizzare una vera convivenza, un vero Cenacolo di apostoli. Ciò soprattutto per la virtù di p. Minoli”.
La lunga stagione italiana
Nel 1972 p. Minoli terminò, dunque, la sua permanenza in terra africana e passò a Milano come superiore (1972-1981). Questo suo periodo milanese fu molto importante per il santuario Madonna di Fatima e, di conseguenza, per il Centro Ammalati che gli sarebbe sorto accanto.
“La sua permanenza a Milano - scrive p. Silvio Bressan - si intreccia con lo sviluppo della nostra opera e la costruzione del santuario. Egli seppe animare il comitato dei fedeli e si adoperò per superare tutti gli ostacoli, ed erano tanti: cavilli procedurali, pratiche burocratiche, terreno agricolo e non edificabile. Basti pensare che il consiglio di zona cercava di espropriare il terreno dei Comboniani per costruire case popolari, che il comune, la curia milanese e anche i superiori dei Comboniani erano contrari alla costruzione del santuario.
Fu una lotta dura, lunga, paziente, ma p. Giovanni non si perse mai di coraggio. In Africa aveva superato difficoltà anche più grandi, e andò avanti. Il santuario e la casa dei missionari, costruita in prefabbricato, furono divorati dalle fiamme. Sembrava che la sconfitta fosse palese e dichiarata. Invece la disgrazia diede nuovo vigore alla gente e anche ai missionari. Il Cardinale di Milano e il p. Generale dei Comboniani (Agostoni) vedendo tanto interesse nei fedeli, diedero il loro consenso e oggi l’opera è una realtà”.
Cinquantesimo di ordinazione
Mentre era a Milano, p. Minoli celebrò il cinquantesimo della sua ordinazione sacerdotale. P. Calvia, allora Generale della Congregazione, e suo compagno di missione in Egitto, gli scrisse una lettera nella quale sfiorò i momenti di sofferenza che si conclusero con l’uscita del Padre dall’Egitto.
“Caro p. Minoli, la vita ci ha messo in relazione tante volte, in circostanze molto differenti, ed è per noi un dovere vedere in queste relazioni, nonostante i nostri limiti, la volontà di Dio che ci ha guidati e ci guida per il vero bene delle nostre anime e di quelle che la Provvidenza ci ha affidate... Penso che un’occasione come questa, quella del tuo 50°, sia il momento opportuno per rivedere tutto e per sanare tutto ciò che ci può essere stato di incomprensione o, diciamo, di colpa.
Io non ho che da mettermi davanti a te a cuore aperto, ringraziarti per tutto il bene che hai fatto all’Egitto che hai tanto amato e che anch’io ho tanto amato. Ti ringrazio anche del bene che hai fatto a me personalmente in tante circostanze nelle quali sei stato per me tanto buono e tanto comprensivo.
Permettimi anche di domandarti perdono se, qualche volta, anche indirettamente, posso esserti stato causa di qualche dolore. Vorrei che in questo momento tu avessi presente tutto il mio amore, la mia stima, la mia amicizia... Ti auguro tutto il bene che un sacerdote, un missionario può desiderare, e una lunga vita di pace e di gioia. Non farmi mancare il ricordo nella tua preghiera...”.
Parole profetiche quelle di p. Calvia. P. Minoli avrà davanti ancora 18 anni di sacerdozio.
Alla lettera del Generale il Padre rispose: “La tua lettera mi ha fatto tanto bene perché scritta con tanto amore e umiltà. Sì, forse ero troppo attaccato alla missione d’Egitto e il Signore ha permesso che ne fossi staccato... bruscamente. L’Egitto ed il Sudan, specie il Sud Sudan, sono tra i più bei ricordi della mia vita. Prego ogni giorno per le due mie ex missioni e moltissime volte mi sogno di essere ancora in Egitto. E questo mi fa tanto bene...”.
Minacciati di morte
Una sera quattro giovani mascherati irruppero in casa dei Comboniani a Milano con le pistole spianate. Volevano i soldi e l’oro che la gente aveva portato per placcare i vasi sacri. Riporta il giornale:
“La drammatica sequenza è iniziata alle 19,30 quando i tre missionari della Madonna di Fatima, chiuso il tempio, si erano ritirati per la cena. P. Minoli, p. Figini e p. Cestaro erano seduti a tavola da pochi minuti quando furono aggrediti dai quattro entrati dalla porta che con una modesta spinta si era aperta.
I missionari furono perquisiti, ma addosso non avevano neanche un soldo. Allora furono legati, stesi a terra e, mentre uno faceva la guardia con la pistola puntata, gli altri perquisirono le tre povere stanze del prefabbricato. Trovarono 180.000 lire e alcune monete d’oro. Con quel magro bottino, i banditi si sono allontanati”.
“Dopo 40 anni di missione dovevo venire nella civilissima Milano per provare una cosa simile”, disse p. Minoli. Ma non mancò di sottolineare l’episodio con il suo solito sorriso.
A Pordenone
Dal 1981 al 1992 p. Minoli fu a Pordenone come addetto al ministero. Anche lì lasciò un vivo ricordo di sé, di un missionario che sapeva entrare in amicizia con i parroci presso i quali si recava per predicare giornate missionarie o per ministero, che attirava la gente per la sua semplicità e la testimonianza di una vita vissuta per gli altri.
A Pordenone lo raggiunse la lettera di p. Pierli, superiore Generale, per i suoi 60 anni di sacerdozio. Ripercorrendo la vita del Confratello, il Generale mette a fuoco il cammino della Chiesa in Sudan e in Egitto, sicuro che ciò avrebbe arrecato tanta gioia al festeggiato.
“La Chiesa a Khartoum è cresciuta enormemente con migliaia e migliaia di fedeli e migliaia e migliaia di catecumeni. Ormai la divisione tra il Sud animista e cristiano e il Nord arabo e musulmano non tiene più, perché la guerra ha rimescolato completamente le carte e quindi abbiamo ormai nel Nord milioni di neri.
Quello che è provvidenziale è che alcune tribù come i denka, i nuer e gli shilluk dove hai lavorato, fintanto che restavano nel loro habitat naturale non accettavano il cristianesimo, ma ora, catapultati fuori a causa della guerra, vedono nel cristianesimo l’unico punto di riferimento, per cui stanno ritrovando una nuova identità nella Chiesa cattolica. Lo sconvolgimento socio politico, pur causando tante sofferenze, aiuta ad attenuare il fenomeno tribale.
Anche in Egitto c’è qualcosa di nuovo: a Sakakini abbiamo una parrocchia e un Centro per lo studio dell’arabo che è frequentato ora da una decina di Congregazioni, e c’è pure un Centro di teologia insegnata in arabo, e quindi con l’aiuto di Dio un po’ alla volta si sta formando una letteratura cattolica in arabo che non potrà non avere un positivo impatto sul mondo arabo...”.
Queste parole che confermavano il progresso della Chiesa nella terra dove il Padre aveva profuso sudore e fatica, non potevano che fargli del bene e infondergli nuova energia.
Fu testimone delle vicende della casa di Pordenone, che si conclusero con il trasferimento della comunità dei Comboniani a Cordenons (primo novembre del 1992).
Ritorno a Milano
Dopo tre anni di permanenza nella nuova sede, nel dicembre del 1995, ormai anziano e pieno di acciacchi, il Padre tornò a Milano presso il Centro Ambrosoli.
Scrive p. Bressan: “P. Giovanni Minoli ha potuto usufruire meritatamente di questa infermeria e avere tutta l’assistenza di cui aveva bisogno”. Visse gli ultimi anni nella serenità, nella preghiera, in un continuo rendimento di grazie a Dio per quanto aveva operato in lui, e interessandosi fino all’ultimo della vita delle missioni.
In due lettere scritte al superiore Generale troviamo questi pensieri:
“Ringrazio il Signore così buono con me per avermi fatto due grandi regali: Sacerdote e Missionario. Due titoli che mi piacciono e ai quali non ho corrisposto come avrei dovuto. Ma il Signore è tanto buono e perdona”.
“Ringrazio la nostra cara Congregazione che mi accoglie e mi cura con amore in questa bella casa. Davvero il Signore è stato troppo buono con me. Mi occorrerà un’eternità per dirgli grazie. Ah, se tutti potessero gustare quanto è bello essere missionari, avremmo i nostri seminari in situazioni ben diverse!
Quanto a me, se per giustizia devo cantare il Miserere, confesso che mi viene più spontaneo il Magnificat”.
Ricoverato all’ospedale Niguarda per emorragia , si è spento dopo circa tre ore, assistito da fr. Zabeo, il 17 gennaio 1998. Aveva 93 anni. Dopo i funerali nel santuario della Madonna di Fatima presso il Centro Ambrosoli dei Comboniani a Milano, la salma è stata portata al paese natale dove riposa accanto ai suoi familiari e parenti. Di lui ci resta il ricordo di un confratello buono, mite e gioviale che ha consumato la sua lunga esistenza operando il bene e facendo conoscere Cristo agli africani. P. Lorenzo Gaiga
Da Mccj Bulletin n. 199, aprile 1998, pp. 115-119
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Fr. Minoli was already a secular priest when he entered the Comboni Missionaries. He was ordained on 15 March 1930 by the Bishop of Parma, and then served in the Alberoni College in Piacenza, where he himself had studied Humanities and Theology. It was from here that he wrote to the Superior General on 22 July 1930:
"The undersigned, don Giovanni Minoli, son of Francesco, of the Diocese of Piacenza, parish of Bedonia (Parma), presents to you, Very Rev. Father, his humble request to be admitted to your community, since he feels called there by the Lord. And for that purpose, he will supply all the required documents.
I would humbly beg you, V. Rev. Father, to send an early answer, lest the Bishop withdraw the permission he has granted me."
There was a basis for this last fear, because the Rector of the College, in the same letter, wrote: Bishop was hoping for much from him. For my part, I am happy that one of our pupils is coming to your Institute. I hope he will be a brave apostle of the Truth and Charity of Our Lord...
Between Egypt and Sudan
He entered the Novitiate at Venegono on 13 August 1930, and made his Vows there on 11 February 1932 - so six months earlier than the usual two years of novitiate. Obviously, he was already a priest; but it also shows the serious commitment he must have put into his Novitiate, and the benefits he gained from it.
On 31 December 1934, Fr. Minoli arrived in Egypt in the company of the Superior General (Fr. Pietro Simoncelli), and spent a year in Cairo studying Arabic and French. In December 1935 he moved to Helouan, as teacher of Italian and director of the Youth Club (Circolo).
When Fr. Vignato, ex-Prefect Apostolic, arrived in 1936 to teach English, Fr. Minoli went back into the city of Cairo as local superior. But this stay in the capital was relatively short, since he was sent to Malakal, southern Sudan, in 1937, as assistant priest and bursar.
Prisoner
Even here, his experience was cut short. After just two years he left the land of the Shilluk because he had been appointed Principal of the College of Helouan. He took up his post on 30 June 1939, and the following 30 August he was also appointed religious superior of the community.
Bro Cremona remembers him. "Fr. Minoli was always a father, and never made himself a burden in his role as superior. I heard the same opinion from other confreres".
So, with the arrival of Fr. Minoli, an able and far-sighted man, the College took on new life. On 11 February 1940, it was consecrated to the Sacred Heart, to whom Fr. Minoli was very devoted, and spread the devotion widely.
The outbreak of World War II saw all the Italians interned by the British. But even during his internment, Fr. Minoli did not forget the college he that was his great concern. He delegated Mr. Gouzot, an officer in the French Air Force and teacher at the College, to keep all the teaching activities going, even for day pupils. And this was done until Christmas Day, when Fr. Bonomi was released, and was able to take over the running of the College.
In 1943 the College was turned into a prison, and also used as a hospital by the Arab Red Cross.
In 1944 we find Fr. Minoli at Tanta, in the Delta, as military chaplain.
"Irreplaceable"
Fr. Minoli was finally able to return to Helouan on 3 October 1944, along with his whole community. But what a nasty surprise! The college had peeling, dirty walls, cracked floors, all wiring and light fittings gone... it was devastated. At the end of December there was also torrential rain, which caused the missionaries to use umbrellas in their rooms and in the classrooms. As if that were not enough, in the following May a whirlwind took off the college roof, which was made of zinc-coated metal sheets, dropping some in the compound and others on the roofs of nearby houses.
Father never lost his calm in all this mayhem, and put things right one at a time, until the College was back to full running order.
In 1945 he was appointed Vice Superior of the Province, and handed over to Fr. Franceschin. The following year, Fr. Saleeby became Principal.
In 1950 Fr. Bombieri wrote about him: recise, and keeps records of everything he has to do with. Both outsiders and confreres esteem him greatly, because he is even kinder than he looks. I believe that, at this moment, there is nobody in Egypt that can replace him».
Provincial at Khartoum
But in September 1953, Fr. Minoli was in Sudan for the second time. This time at Khartoum, where he had been appointed Provincial Superior (1953-1959). Fr. Antonio Orlando takes up the tale: with him. I remember him as very good, warm, expansive, always smiling. Without interfering too much, he took an interest in the way the school was going, the progress of the pupils, the health of the teachers.»
At the end of his mandate in 1959, he returned to Egypt, and for 10 years was superior and Parish Priest of St. Joseph's in Zamalek, and Vice Superior of the Province.
He was a great animator, especially of the youth who came to the Centre. This was a gathering-place for Catholics in Egypt, who felt very much in a minority. The good done by this Centre is without measure. But it was the source of a lot of pain for Fr. Minoli (and other confreres, too) especially during the times in which Fr. Capovilla was Provincial.
Regional Superior
In 1969 Fr. Minoli became Regional Superior himself, and went to Cairo, where he was also local superior and bursar.
With the constant increase in pupils (in September 1969 there were already 750, all day pupils), he studied ideas with his confreres to extend the College of Helouan by building another wing. The work began in 1971.
Fr. Antonio Orlando explains the abrupt conclusion: "In 1972, because of disagreements with the younger generation of missionaries, Fr. Minoli regretfully left Africa". What had happened?
In the Summer of 1972 he went to Italy to attend the first meeting of Regional Superiors, which later became known at the "Intercapitular". The General Administration discussed some proposals with him to give the Region of Egypt a new direction. He felt that he could not support the ideas wholeheartedly, and decided he should remain in Italy. It was not an easy decision at all and, from some of his later reactions, it was not even a very serene one. During the 1980s the Provincial Superior of Egypt (Fr. Ballin) asked the General Council to assign Fr. Minoli to Cairo, but the request was not granted.
We have to say that Father left Egypt in good company! For instance, we can think of Fr. Michelotto, Fr. Belli, Fr. Mango, Fr. Naponelli... all people for whom Egypt had become a place not to be... Without going into useless detail, let us say simply that 1972 had the misfortune to come after 1968. And we all know what 1968 was.
A long season in Italy
So Fr. Minoli ended his long service in Italy and went to Milan as superior (1972-1981). This period was very important for the Shrine of Our Lady of Fatima and, consequently, for the Centre for Sick Confreres (Ambrosoli Centre) that would be built next to it.
writes Fr. Silvio Bressan, with all the form-filling, land designated as arable and not for building. The local council tried to expropriate the land so that they could build housing for rent, and that the City Council, the diocesan Curia and even the Comboni superiors did not view the building of a shrine with any favour.
It was a hard, long, patient struggle. Fr. Giovanni never became discouraged. He had overcome even bigger difficulties in Africa - so he pushed ahead. The shrine and the house, prefabricated, were destroyed by a fire. It seemed that the final blow had been struck, and that defeat was total. Instead, the disaster gave the people, and the missionaries too, greater determination. The Cardinal of Milan and the General of the Combonis (Agostoni), seeing this spirit, relented and gave their consent. Today the project is reality».
At Pordenone
From 1981 to 1982 Fr. Minoli was at Pordenone, engaged in ministry. Even here he left a vivid impression, of a missionary who easily made friendships with the Parish Priests he approached for Missionary Appeals or supplies; who drew people through his simple example of a life lived for others.
It was at Pordenone that he received the congratulatory letter from Fr. Pierli, the Superior General, for his Diamond Jubilee as a priest. Noting the salient points of his life, the General focuses on the progress made by the Church in Sudan and in Egypt, certain that the news would give great pleasure to the jubilarian.
Fr. Minoli also experienced the events affecting the house at Pordenone, which led up to the transfer of the Comboni community to Cordenons (1 November 1992).
Return to Milan
After three years in the new house, burdened by the weight of years and by ill-health, Fr. Minoli returned to Milan and entered the Ambrosoli Centre in December 1995.
Fr. Bressan writes: "Fr. Giovanni Minoli truly deserved to enjoy the facilities of this infirmary and have all the care and treatment he needed». He lived his final years serenely, in prayer and in thanksgiving to God for all He had worked in him during his life, and always keenly interested in Mission events.
He was taken to Niguarda hospital for a haemorrhage, and died there after about three hours, assisted by Bro. Zabeo, on 17 January 1998. He was 93. After the funeral in the church of Our Lady of Fatima next to the Centro Ambrosoli, the body was taken to his birthplace and buried there next to his relatives.