In Pace Christi

Serale Bruno

Serale Bruno
Data di nascita : 27/02/1952
Luogo di nascita : Frazione Ronchi (CN)
Voti temporanei : 05/06/1976
Voti perpetui : 18/03/1980
Data ordinazione : 20/07/1980
Data decesso : 28/07/1997
Luogo decesso : Burgersfort (RSA)

Prima il papà, poi il fratello Giovanni, quindi p. Bruno: tre lutti che colpirono duramente la famiglia Serale nella quale, tuttavia, la fede era sovrana. "Davvero non sappiamo che cosa tu voglia da noi, Signore", pregarono nella chiesa di Centallo durante la messa funebre per il giovane missionario. "Ti chiediamo solo di aiutarci a dire: sia fatta la tua volontà." Mamma Caterina, in una lettera scritta dopo il funerale, ai confratelli ed amici di P. Bruno, condivise il dolore e la fede: "Per tutti noi familiari è stato un colpo durissimo, come pensiamo anche per tutti quelli che a lui erano legati. Soltanto nella preghiera possiamo trovare la forza per accettare la volontà di Dio, e quindi chiediamo a tutti voi di pregare insieme a noi per poter superare questa tristissima prova. Anche per lui domandiamo preghiere, perché possa incontrare, per la misericordia del Padre, quella gioia piena e quella pace vera che il suo cuore desiderava. Più che mai uniti nell'amore di Cristo e nel nome di p. Bruno, vi salutiamo anche a nome suo, ringraziandovi per il bene che gli avete voluto e che ancora gli vorrete".

Venerdì 24 ottobre, dopo una giornata trascorsa nelle sue abituali occupazioni, mamma Caterina venne colpita da emorragia cerebrale. Prontamente ricoverata in ospedale, cessò di vivere sette ore dopo, nelle prime ore di sabato 25 ottobre. Ci resta ora la testimonianza di questa mamma cristiana e missionaria, una mamma orgogliosa di avere un figlio sacerdote e missionario, una mamma che ogni giorno pregava la liturgia delle ore per sentirsi maggiormente unita al figlio sacerdote, una mamma dalla messa quotidiana, dai tanti rosari, dagli esempi luminosi di silenzio, di pazienza, di rassegnazione. Sembra che con la morte di Bruno, anche lei abbia completata una missione speciale; e il Signore l'ha chiamata al premio.

Una famiglia di lavoratori

Papà Giovanni Battista e mamma Caterina Dutto, entrambi provenienti da famiglie contadine, hanno sempre lavorato i campi. Dopo alcuni anni di matrimonio vissuti in seno alla famiglia paterna a Cuneo, si trasferirono a Centallo quando Bruno aveva poco più di un anno. E' nato, infatti, il 27 febbraio 1952, mercoledì delle Ceneri di un anno bisestile. Due anni prima era arrivato il fratello Giovanni. Nel 1953 fu la volta di Mariangela, nel 1958 apparvero due gemellini, che spiccarono subito il volo verso il Cielo. Nel 1965, quando Bruno era già in seminario, giunse Rosalba.

Dimorando a Centallo nella casa colonica della famiglia Barbero, di cui il papà era giardiniere, presero in affitto alcuni appezzamenti di terra che coltivavano particolarmente a frutteto, ma si dedicarono anche all'allevamento del bestiame. Un ambiente familiare povero, ma dignitoso, come in tante altre famiglie in quel periodo.

Papà Giovanni morirà nel 1968, a 45 anni (come p. Bruno) intossicato dagli antiparassitari che, 30 anni fa, non venivano impiegati con le precauzioni che oggi vengono insegnate e consigliate agli agricoltori. Quella morte sarà una prova terribile per il ragazzino tanto sensibile, tuttavia contribuirà a temprarlo rendendolo più capace di accettare i sacrifici che la vita gli avrebbe fatto esperimentare.

Fede vissuta

La fede della famiglia Serale era molto semplice e genuina, ma sicuramente autentica. E' lo stesso p. Bruno a raccontare come egli e il fratello Giovanni, nonostante il molto lavoro in casa per aiutare la mamma e il papà, fin dalla più tenera età fossero incitati e invogliati a partecipare alla messa mattutina e alla benedizione serale. In un momento di confidenza la mamma ha confessato come, da giovanissima, le fosse sembrato di percepire i segni di vocazione alla vita religiosa. Sposatasi e divenuta mamma, dopo l'ordinazione sacerdotale del figlio ha creduto di capire perché di fronte a lei non si fosse aperta la porta del convento. "Si vede che il Signore aveva più bisogno di un missionario che di una suora".

Papà Giovanni, pur assorbito dal molto lavoro, non ha mai trascurato i suoi doveri religiosi ed è stato a più riprese "massaro" di una delle compagnie religiose della parrocchia. In famiglia, oltre a p. Bruno, ci sono altre due vocazioni religiose: una zia di papà Giovanni, ora ultra novantenne, e una sorella di mamma.

Nei ricordi di p. Bruno, spesso richiamati nelle sue omelie o messi su carta, era frequente e vivo il riferimento alla sua precoce vocazione di chierichetto. Via in chiesa, tutte le mattine, in sella alla sua fedele bicicletta; e poi, tardi a scuola (godendo di un permesso speciale!). Alla domenica, quando mancavano gli altri chierichetti, si fermava a tutte le messe (9.00, 10.00, 11.00), digiunando dalla mezzanotte in quei tempi, come voleva la regola. Non ci fu verso di costringerlo a prendere un po' di cibo prima dell'ora di pranzo.

Il compagno di giochi preferito era il fratello Giovanni, anche se Bruno ebbe spesso a confidare che di tempo per giocare ne ebbe ben poco, impegnato com'era dopo la scuola ad aiutare i genitori nei lavori dei campi.

Per sua stessa ammissione, Bruno era piuttosto timido, anche se si sforzava di prendere parte attiva nelle compagnie dei coetanei. Questa timidezza lo ha accompagnato per tutta la vita, soprattutto negli anni del seminario.

Vocazione missionaria

La vocazione missionaria di Bruno risale alla visita di un missionario proveniente dal vicino seminario comboniano di Barolo, che fece le proiezioni ai ragazzi della parrocchia mostrando le missioni del Sudan. Bruno aveva in cuore una certa predisposizione al sacerdozio, e fu infiammato dalle parole del missionario che parlò di missioni, di Africa, di gente da salvare facendo loro conoscere Gesù.

Proprio nel seminario di Barolo frequentò le medie, dimostrandosi subito un ragazzino di intelligenza superiore alla media e di grande pietà unita a una straordinaria bontà di carattere. P. Eugenio Petrogalli, che fu suo educatore a Barolo, dice: "Non l'ho mai visto litigare con i compagni perché, quando sorgeva qualche discussione, egli preferiva cedere, piuttosto che imporre il proprio modo di vedere. Se qualche compagno soffriva per un brutto voto preso a scuola, o perché sentiva la nostalgia della mamma lontana, si avvicinava e sapeva dirgli parole di incoraggiamento. Noi formatori vedevamo in lui la stoffa di un vero futuro missionario per la sua bontà di cuore, la sua rettitudine e l'impegno nella vita. Scherzosamente, parlando tra noi, dicevamo che Bruno, era come Gesù: cresceva in sapienza, età e grazia".

Il parroco, che aveva avviato molte vocazioni alla vita religiosa sacerdotale, più volte ripeteva scherzando che, invitando quel comboniano in parrocchia, aveva privato la diocesi di un bravo sacerdote!

La mamma non poté che essere contenta della vocazione del figlio e sempre si mostrò orgogliosa di essere "mamma di un sacerdote e di un sacerdote-missionario". Nessuno in famiglia ha presente ora la reazione del papà. E' stato lo stesso p. Bruno a ricordare in uno scritto, che sul letto di morte papà Giovanni disse: "Se Bruno vuole continuare a studiare per diventare sacerdote, fate qualsiasi sacrificio, ma lasciatelo continuare".

Dopo Barolo (1963-1966), Bruno passò a Brescia per il ginnasio (1966-1969). Qui dovette ripetere un anno. La morte del papà, infatti, gli procurò una forte crisi i cui riflessi si notarono soprattutto nel rendimento scolastico. Terminato il ginnasio con gli esami pubblici presso il Collegio Dante Alighieri di Crema, rimase nella stessa città per il liceo (1969-1973). Quindi passò a Firenze per la filosofia (1973-1974).

Novizio a Venegono

Dal 1974 al 1976 Bruno fu novizio a Venegono Superiore. Il p. maestro scrisse di lui: "E' un giovane che desidera formare comunità, anche se deve lavorare il suo carattere per non imporre agli altri il suo parere. E' interessato a ciò che avviene di nuovo nella Chiesa locale e nel mondo intero e sa valutare con senso critico la storia contemporanea, e vede il tutto nella prospettiva della storia della salvezza. Ama la musica classica e l'arte. E' convinto dell'importanza della vita basata sulla fede e della preghiera per essere un valido missionario.

Studia con passione gli scritti del Fondatore e legge con interesse le riviste che parlano di missione. Con i compagni ha saputo vincere la sua naturale timidezza per cui si sente identificato nella vita comunitaria.

Nonostante qualche momento di incertezza, è sempre stato ben orientato e sicuro nei confronti della vocazione. I compagni stanno volentieri con lui perché è buono, rispettoso e gentile". Ma è pure interessante vedere cosa diceva lui di se stesso: "Mi sento chiuso, pessimista, privo di senso pratico, passivo all'interno della comunità, conformista... Quanto cammino devo fare per diventare come il Signore mi vuole!".

Durante il noviziato andò per alcuni mesi di esperienza a Londra, e studiò la lingua. In seguito imparerà anche il tedesco e, in Sudafrica, il pedi e il tsonga. Aveva una buona predisposizione per le lingue.

Nella formula dei Voti, che emise il 5 giugno 1976, esprime alcuni bei concetti: "Faccio voto di povertà che non vuol dire solo mancanza di beni, quanto piuttosto scegliere la situazione dei poveri e lottare con loro per un futuro migliore. Faccio voto di castità che non vuol dire solo tenere le distanze con l'altra metà dell'umanità, quanto piuttosto aiutarla a raggiungere pienamente la sua dignità e libertà. Faccio voto di obbedienza che non vuol dire scaricare le responsabilità della propria vita su qualche altro, quanto piuttosto riconoscere che noi non siamo gli ultimi possessori della nostra vita...".

Scolastico ad Innsbruck

Dal 1976 al 1980 frequentò lo scolasticato ad Innsbruck dove maturò interessanti esperienze che lo preparavano alla vita missionaria e conseguì la Licenza in Teologia. A Innsbruck Bruno si trovò a studiare e a vivere fianco a fianco con i giovani tedeschi che aspiravano alla vita missionaria come comboniani "M". Con essi Bruno, insieme ad altri compagni, "esperimentò" l'unificazione tra i due rami dell'Istituto che diventerà ufficiale nel 1979.

Lo scolasticato, autogestito dagli studenti stessi, aiutò anche Bruno ad un uso responsabile dei mezzi economici. Egli, da buon piemontese, dava esempio di parsimonia evitando sprechi e spese non necessarie. I formatori videro che si era inserito bene, e che sapeva scoprire i valori delle altre culture.

Nel 1979 ci fu il Capitolo generale della Congregazione comboniana, quello della "riunificazione" tra i due rami dell'Istituto. Bruno fu scelto dai suoi compagni come loro rappresentante e "osservatore" in quella storica assemblea - tenendo presente che un Capitolo è sempre un avvenimento molto importante. Il fatto di essere eletto da scolastici di tutta l'Europa dimostra che Bruno godeva già di una buona fama.

Sacerdote e missionario

Il 19 marzo 1980 venne ordinato diacono e, in luglio, rientrò a Centallo dove, il 20 dello stesso mese, venne ordinato sacerdote da Mons. Severino Poletto, vescovo di Fossano.

Il 15 agosto era nuovamente a Londra per perfezionarsi nella lingua inglese e fare gli ultimi preparativi in vista della missione. Al padre generale che gli aveva dato come destinazione il Sudafrica, rispose: "Sogno di raggiungere l'Africa che finora ho percorso soltanto col dito sull'atlante". L'anno dopo tornò a Centallo per ricevere dalle mani del parroco, don Barbero, il crocifisso e il mandato missionario (6 settembre 1981). Era destinato alla missione di Glen Cowie nel Nord-Est del Sudafrica, al confine con il Mozambico.

Arrivò in Sudafrica in ottobre e di là scrisse al suo parroco: "Ogni giorno ringrazio il Signore per avermi dato questa grazia, per aver esaudito quel sogno che mi ha affascinato per tanti anni. Io sono contento e non ho mai rimpianto neanche per un minuto di aver preso questa decisione".

Non ebbe neppure il tempo di guardarsi attorno e di ambientarsi, che venne raggiunto dalla straziante notizia della morte del fratello Giovanni, folgorato mentre stava spostando una scala di metallo, a poco più di 30 anni, il 20 novembre 1981. Bruno fu devastato, e conobbe anche il dolore di trovarsi tanto lontano da casa, e di non poter sostenere la mamma e le sorelle.

Dopo quattro anni passati nella missione di Glen Cowie (1981-1985) p. Bruno annotò: "A Glen Cowie, mio primo amore, ho svolto il lavoro pastorale nella parrocchia che si trova nella riserva dei Bapedi. Anche se è vero che ogni inizio è difficile perché non si conoscono né lingua né costumi della gente, ho avuto tante e intense consolazioni quanto a ministero pastorale. La gente mi ha voluto bene e ascoltava con interesse la parola di Dio. Io, inoltre, mi sono fatto le ossa per esperienze successive".

Dopo una breve vacanza in Italia, ripartì nuovamente per il Sudafrica. Questa volta andò nella missione di Acornhoek.

"Sono stati gli anni più belli trascorsi in Africa. Acornhoek è una parrocchia grande, con due lingue e con quasi mezzo milione di abitanti di cui solo il due o tre per cento sono cattolici. Ci sono anche molti cristiani di altre confessioni o sette. La parrocchia, dunque, è terra di prima evangelizzazione".

P. Bruno, anche se per natura non fu un missionario costruttore, tirò su varie cappelle nel vasto territorio. "Per la costruzione della chiesa - scrisse - aspetto che la gente sia preparata a fare da sé altrimenti i muri resterebbero senza senso. Insomma, prima voglio costruire la chiesa dentro di loro, poi verrà anche quella di mattoni".

Tra i rifugiati mozambicani

Durante la permanenza del Padre, la parrocchia si popolò di rifugiati dal Mozambico. Trentamila disperati privi di tutto, affamati, spesso ammalati. P. Bruno si consumava per loro. Prima di tutto imparò la loro lingua e poi cercò di coordinare gli aiuti che sollecitava da tutte le parti del mondo.

Le difficoltà furono immense, anche perché, nel frattempo, gli era venuto fuori un terribile male alla schiena che qualche volta lo bloccava nei movimenti. Eppure scriveva: "Quello di cui ringrazio maggiormente il Signore è il fatto di essere missionario. Mai, neppure per un momento, ho pensato di aver sbagliato strada".

Dopo tre anni di questo lavoro che bruciò le energie al Padre, venne dirottato alla missione di Bronckhorstspruit dove le sue capacità e la sua facilità per apprendere la nuova lingua lo avrebbero reso adatto alla diffusione del messaggio evangelico.

"Ho conosciuto p. Bruno al mio arrivo in Sudafrica nel 1982 - scrive p. Manuel Casillas. - E' stato lui ad introdurmi nella lingua Pedi. Con me era arrivato p. Carranza. Tutti e due siamo stati fortunati di averlo come insegnante. I 6 mesi passati insieme a Glen Cowie furono dedicati unicamente allo studio di questa lingua bantu, ma mi hanno permesso di conoscere da vicino p. Bruno. Egli mi ha sostituito ad Acornhoek e poi nel Consiglio provinciale quando andai in Messico alla fine dell'86".

Mentre era parroco ad Acornhoek serviva anche la vicina missione di Waterval dove c'erano molti profughi usciti dal Mozambico in preda alla guerra e alla persecuzione. Il Padre si prodigò come meglio poté e con tutte le sue forze per venire incontro a quella povera gente.

P. Bruno era un uomo intelligente, schietto nel dire ciò che pensava, entusiasta della vocazione missionaria e con un grande desiderio di servire la gente di quella parte del Sudafrica che il Signore gli aveva affidato.

Io l'ho sentito amico e fratello. Perciò ringrazio il Signore per averlo conosciuto e per essere vissuto con lui. Mi ha insegnato tante cose, più che con la parola, con la sua vita semplice e lineare, tutta dedita agli altri anche se questa dedizione qualche volta gli costava notevoli sacrifici".

P. Bruno si era appena ambientato a Bronkhorstspruit, quando gli arrivò una "tegola in testa".

Formatore ad Innsbruck

Il p. Generale gli chiese di diventare formatore dei chierici comboniani di Innsbruck, in Austria. Il Padre accusò il colpo, ma obbedì.

Arrivò a destinazione nel 1989 e vi rimase fino al 1994. Essere formatore di giovani che si preparavano ad essere missionari comboniani non era facile con i tempi che correvano. Il nuovo incarico costituì per p. Bruno un grosso sacrificio e un'obbedienza non facile che, tuttavia, eseguì con docilità pur dichiarandosi inadeguato a un compito così importante.

"Non dimenticatemi in Europa, perché il mio posto è la missione", scrisse. E poi: "Molte volte mi ritrovo a sognare ad occhi aperti la realtà africana che ho lasciato. In questo ufficio mi sento fuori posto. Sono inadeguato, incapace e impreparato a formare gli altri".

Solo dopo quattro anni e dopo un corso di psicologia a Londra ebbe via libera per il Sudafrica. Trascorse il Natale del 1994 con la famiglia. "Chissà quando potrò trascorrere un altro Natale con mamma e con tutti voi", disse in quell'occasione. "Il mio posto è in Africa... E se mi dovesse succedere qualcosa dovrete lasciare che mi diano sepoltura là, insieme alla mia gente", raccomandò ai parenti. Pareva presentisse la sua morte.

Gioioso ritorno

Partì alla volta dell'Africa alla fine di gennaio del 1995. Venne assegnato alla missione di Burgersfort, dove giunse il 13 aprile 1995. Gli parve di essere tornato "a casa", perché la nuova missione confinava con quella di Acornhoeck. "Invidiatemi pure - scrisse - perché sono di nuovo dove ho sempre voluto essere".

Dopo i primi mesi scrisse a casa parlando delle 24 cappelle che doveva visitare periodicamente, del Bollettino parrocchiale che intendeva scrivere, delle liturgie che voleva più partecipate, del grande lavoro che condivideva con p. Raffaele e con p. Gunther.

Tornò in Italia nel marzo del 1996 per la beatificazione di mons. Comboni come delegato dei missionari della zona. Passò da casa per un brevissimo saluto alla mamma: aveva fretta di tornare in missione perché il lavoro che doveva fare era molto, e poi, quando un missionario sta male (aveva ancora i dolori lancinanti alla schiena), è bene che non si fermi troppo in Italia perché c'è il pericolo che venga bloccato. Fu grande la sua gioia quando poté comunicare ai familiari che "la schiena va decisamente meglio", e che il Vescovo della sua diocesi aveva disposto l'acquisto di una nuova automobile, più confortevole rispetto al camioncino, che gli consentisse di raggiungere con minor fatica le varie cappelle disseminate in un raggio di parecchi chilometri.

Grandi avvenimenti

Il 17 settembre 1996 il Papa arrivò in Sudafrica e p. Bruno scrisse: "La sua visita è stata per la parrocchia una benedizione perché è servita a unificare la gente. L'aver visto 300.000 cattolici tutti insieme, dove sono abituati a vederne 50 o 100, è stata un'esperienza indimenticabile".

L'avvenimento della visita del Vicario di Cristo era stato preceduto da altri non meno importanti come l'abolizione dell'apartheid, la scarcerazione trionfale di Nelson Mandela, l'elezione di De Klerk, l'uscita dei Neri dalle riserve e l'eliminazione della classificazione della gente in base al colore della pelle... "Quanti cambiamenti in questi anni! Ed io ne sono stato testimone oculare".

Gli è sempre andata bene... "Davanti a me vedo il seme di avocado che ho messo in un bicchiere d'acqua appena giunto in Africa. Ha messo radici e germogli, ed ora è una bella pianta che porta frutto. Quella dell'avocado è la storia di questa Chiesa, è la mia storia".

Nel suo giovanile entusiasmo il Padre faceva nuovi progetti: "Stiamo facendo le carte per una nuova chiesa e facciamo anche lavori qui in casa". Pensava ad un nuovo altare e ad un organo per la sua chiesa. La gente capiva e corrispondeva in sintonia con il loro Padre.

La morte

Lunedì 28 luglio 1997, mentre con una collaboratrice delle missioni e con p. Vitus Grohe si stava dirigendo nella sede del vescovo di Witbank, distante 250 chilometri dalla sua missione, veniva coinvolto in un incidente stradale. Si scontrò frontalmente con un'altra auto che veniva in senso opposto. Non ci furono superstiti.

La notizia della morte è stata comunicata lunedì sera dai Superiori della Congregazione al parroco di Centallo, don Giovanni Aimetto, che ha avvisato i familiari. La tragedia gettò nel lutto la famiglia, la comunità centallese, la diocesi di Fossano, la Congregazione comboniana e le comunità nelle quali p. Bruno, con tanto slancio missionario, si era dedicato all'attività pastorale investendo le sue energie migliori.

Alle ore 10.00 di sabato 2 agosto, in contemporanea con i funerali che si svolgevano nella missione di Burgersfort, veniva celebrata una messa funebre a Centallo con massiccia partecipazione di clero e di fedeli. Alla concelebrazione erano presenti 26 sacerdoti e missionari, il Vescovo di Fossano e il p. Provinciale. La salma di p. Bruno è rimasta nella sua tanto amata missione del Sudafrica, come aveva desiderato.

P. Bruno è morto a 45 anni portandosi nel cuore la Chiesa africana di cui era profondamente innamorato. Che dal Cielo, unito ai suoi genitori e fratelli, interceda per questa Chiesa, in modo che si attui il profetico sogno del beato Comboni: salvare l'Africa con l'Africa.                         P. Lorenzo Gaiga, mccj

Da Mccj Bulletin n. 198, gennaio 1998, pp. 105-113