In Pace Christi

Fiorini Alfredo

Fiorini Alfredo
Data di nascita : 05/09/1954
Luogo di nascita : Terracina/I
Voti temporanei : 17/05/1986
Data decesso : 24/08/1992
Luogo decesso : Miravale/MO

Era il primo dei quattro figli (Fabio, Patrizia e Roberta) di Elio e Tilde Braconi. Ragazzo vivace e assai intelligente, Alfredo è cresciuto tra famiglia e parrocchia - il papà, di mestiere tipografo, è stato per diversi anni presidente dell'azione cattolica -. È indubbiamente nell'educazione familiare e nelle attività del gruppo Scout cui si era iscritto, che ha maturato una sensibilità aperta e attenta alle necessità degli altri.
"... la vita quotidiana - ha spiegato lui stesso - con le sue oscurità e i suoi dolori, mi ha piano piano modificato un po’, trasformando quello che era, direi, il mio cuore di pietra giansenista in uno spazio più grande, capace di accogliere la grazia di Dio che passa attraverso la vita di ogni giorno, mediata soprattutto dalle persone che ci stanno accanto. La mia, come ogni vocazione, penso che prima di tutto vada messa in questo contesto grande del mistero di Dio che ci circonda e che vive nella sua Chiesa".
I ricordi che di lui hanno i numerosi compagni di scuola di Terracina coincidono nel sottolineare come sua dote spiccata la "generosità", che giungeva fino a passare di nascosto i compiti ai compagni che non ce la facevano!

Con grande determinatezza
Terminato il liceo, si iscrive alla facoltà di medicina dell'università di Siena. Esami fatti con regolarità e voti eccellenti, conclusisi il 23 luglio del 1980 con centodieci e lode.
Tre mesi dopo supera l'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di medico e comincia ad esercitare presso una clinica privata di Terracina. L'attende però il servizio militare, per cui il 7 aprile 1981 si presenta all'Accademia Navale di Livorno. Lo completerà a Taranto, dove saprà utilizzare i lunghi mesi di leva (18) impratichendosi nel pronto soccorso e terapia d'urgenza.
L'idea che si porta dentro da anni - lavorare come volontario in un paese del TM - si fa più insistente. In un primo momento pensa di aggregarsi al CUAMM; poi decide per una scelta più radicale.
Nell'ottobre 1982 entra nel postulato di Firenze. Ad orientarlo verso i comboniani hanno contribuito, oltre a degli incontri con qualche missionario, i fine-settimana che durante il servizio militare ha trascorso nel GIM di Lecce. Una mano gliel'ha data anche il parroco Don Giancarlo Masci, che ripercorre l'itinerario vocazionale di Alfredo - con queste parole: "Con grande determinatezza ha cominciato a camminare nella vocazione missionaria, un camminare che è diventato una corsa. Così lo ricordo: deciso, entusiasta, sempre non curante di sé, bisognoso di pochissime cose, con una sensibilità spiccata verso i più poveri, i più indifesi, insomma per i problemi di giustizia sociale”.
Due anni dopo comincia il noviziato a Venegono; il 17 maggio 1986 emette i primi voti.
Destinato allo scolasticato di Kampala, vi si prepara con un anno di lingua a Londra. Per l'inizio dell'anno scolastico '87-'88 è in Uganda, dove prosegue lo studio della teologia già avviato a Firenze presso lo Studio teologico fiorentino, nel seminario nazionale di Gaba. Il 17 aprile '88 riceve gli ordini del Lettorato e dell'Accolitato.

Come Fratello
Con il trasferimento dello scolasticato in Kenya, Alfredo continua e termina i corsi teologici presso il TCR di Nairobi. Attivissimo, geniale, non solo anima le liturgie con la chitarra e con preghiere dal contenuto profondo, ma affina la sua vena poetica raccontando in versi l'impatto con la realtà della bidonville di Kariobangi dove nelle ore libere lavora presso il dispensario della parrocchia. Un'esperienza su cui riflette a lungo e che lo convince a manifestare ai superiori il desiderio di non accedere al sacerdozio: "Il discernimento condotto con i formatori dello scolasticato mi ha portato a riconsiderare alcuni aspetti, importanti, della mia vocazione alla Missione. Vi chiedo di essere accettato come Fratello nella congregazione dei missionari comboniani" (lettera del 3/2/1989).
Dello stesso problema scrive al fratello Fabio, pure lui ormai prossimo al sacerdozio, dicendogli che si tratta di "una decisione molto sofferta" e su cui sta "pregando e riflettendo tanto".
Tra la fine dell'ultimo corso di teologia (maggio '89) e gli esami di baccalaureato (marzo '90), circa nove mesi, Alfredo si reca a Liverpool per un corso di medicina tropicale.
Nel giudizio che su Alfredo esprime il formatore dello scolasticato di Nairobi in data 15.2.'89, sono presenti un po’ tutti gli aspetti della sua personalità: "Alfredo ha vissuto nello scolasticato un travaglio serio per decidere una particolare scelta nella scelta comboniana. Egli è infatti giunto alla conclusione che è meglio per lui dedicarsi interamente alla professione medica, senza ricevere l'ordinazione sacerdotale. In noviziato aveva scritto: “Ho una grande stima della vocazione laicale. E anch'io mi sento parte viva dell'unico popolo in cammino”. Questa stima, teologicamente fondata, rimane molto presente in lui, ed è parte della decisione attuale. Alfredo ha tutte le qualità per dedicarsi a tempo pieno come medico missionario, facendo per ora la sua consacrazione religiosa come fratello comboniano. Egli ha pure le qualità e la preparazione per diventare sacerdote; per questo è stato incoraggiato a terminare i suoi studi...
Non può tollerare persone autoritarie e dominatrici; con esse fa fatica a mantenersi aperto al dialogo, e rischia di giudicare anche le loro intenzioni... A volte è radicale nella critica, come gli succede quando parla appassionatamente. Tuttavia nel fare è molto più evangelico e non si smentisce nella sua disponibilità generosa... Una personalità matura ed esuberante come la sua, ha bisogno di cimentarsi totalmente con la vita reale, per poter ulteriormente smussarsi e armonizzarsi".

In Mozambico
È quello che egli desidera. Nel giugno dell'89 viene assegnato alla provincia del Mozambico. "Quando ci arriverai, vedrai che c'è un campo infinito, visto che la guerra non ha lasciato altro che devastazione. Le strutture sanitarie che una volta erano abbastanza buone, sono state annichilite. Sono contento e grato che accetti questo impegno", gli scrive i1 Superiore Generale, P. Pierli.
"Ringrazio il Signore e te per concedermi una possibilità tanto bella di servizio ai fratelli e al Regno che viene", risponde.
Si mette in contatto con P. Palagi, provinciale del Mozambico: "Terracina, 3 agosto 1989. Ho ricevuto questa notizia per lettera dalla direzione generale alcuni giorni fa, e ne sono molto contento. In passato P. Milani mi aveva accennato questa possibilità, ed io avevo nascosto il mio entusiasmo. Per il timore dell’agere contra dei superiori: Ma il mio cuore missionario ha sempre sognato in portoghese...". Gli chiede poi di poter trascorrere alcuni mesi nell'ospedale di Kalongo.
P. Palagi gli replica: "Credo che chi sceglie di lavorare in Mozambico debba essere prima di tutto un volontario, sapendo dove e come potrà situarsi in questo contesto violento, ma stimolante allo stesso tempo, accettando di condividere la sorte della nostra gente non già in cose marginali, ma in quello che è essenziale: la vita e la morte, la paura e l'insicurezza quotidiana, la lotta per migliorare una umanità resa miserabile o brutale da una guerra ormai senza senso". Quanto a Kalongo, gli raccomanda: "In Uganda vedi di non farti ... uccidere o rapire, tanto quello lo potranno fare anche qui in Mozambico".
In autunno si reca a Lisbona, per un corso di lingua portoghese. II 3 febbraio '91 sbarca finalmente in Mozambico, dove si ferma ad Anchilo per alcune settimane, per una prima conoscenza dell'ambiente e della lingua macua. Il superiore provinciale ha nel frattempo contattato il ministero della sanità, che ha approvato il progetto presentato dalla missione: Fr. Alfredo lavorerà, per un periodo di due anni, come 'medico mozambicano' presso la struttura sanitaria di Namapa. Riceverà un salario, di 343.072 meticais al mese.
I termini 'struttura sanitaria' non devono trarre in inganno. L'ospedale di Namapa, come moltissimi altri centri sanitari o scolastici, porta i segni della guerra. Così ne parla Alfredo: "L'ospedale di Namapa, dove sono destinato, è semidistrutto. È un ospedale rurale da riabilitare, nel senso che è in rovina dopo un attacco della Renamo due anni fa. Hanno distrutto il tetto, per cui praticamente l'ospedale ha ricevuto tre stagioni di pioggia. Si tratterà quindi di fare un lavoro da muratore prima...".
Vi ci si mette con entusiasmo, sperando che la collaborazione della gente del posto e degli amici lontani lo aiuterà a far ripartire quel centro ospedaliero.

In coscienza
Ben presto però le cose sembrano prendere una piega diversa da quella prevista. Da vari indizi - fondi promessi che non arrivano, irresponsabilità di certo personale sanitario, mancanza ingiustificata di strumenti e aiuti - Fr. Alfredo deduce che qualcuno ha deciso di praticare ostruzionismo nei confronti della sua persona e della sua attività. Sopporta, fa del suo meglio per affrontare le continue urgenze causate dalla guerriglia (feriti che arrivano a gruppi). Scrive con filosofia quando comprende che i soldi destinati all'ospedale non arriveranno: "Il denaro non si è perso: è finito nelle tasche degli amministratori e degli infermieri dell'ospedale che da molti mesi non percepiscono più lo stipendio".
Verso la fine dell'anno prende la decisione di lasciare Namapa per andare a lavorare nell'ospedaletto di Alua, dove ci sono le suore comboniane e dove le cose funzionano. Il 4 gennaio invia alla direzione sanitaria del distretto di Namapa una lettera in cui elenca i motivi che in coscienza lo costringono a non rispettare il contratto che lo lega all'ospedale e a "declinare qualsiasi responsabilità morale e legale". Aggiunge poi che al Centro di Alua continua a onorare il suo contratto, "Dio mi è testimone che ho cercato in tutti i modi di salvaguardare gli interessi dei malati e la reputazione di tutte le persone coinvolte".
Ottiene il permesso di restare ad Alua. Qui finalmente può lavorare a suo agio e dare corpo a progetti che da tempo ha in mente: barelle con ruote per il trasporto di malati, programmi di educazione sanitaria e di medicina preventiva, studio della medicina tradizionale, distribuzione di viveri.
Il 19 aprile 1992 rinnova la professione religiosa. Nella formula inserisce anche le righe seguenti: "Ringrazio il Signore per questo dono della missione a Namapa, fra i Macua dell'Erati. Grazie anche per la fraterna accoglienza da parte dei confratelli, che mai mi hanno fatto mancare solidarietà e aiuto materiale e spirituale...". Qualche settimana dopo comunica al Superiore Generale: "Ho rinnovato per la sesta volta i miei Voti temporanei. Penso sia giunto per me il momento di un consuntivo...".

Muiravale
Non sospetta che quel “momento" è ormai vicino.
Ai primi di agosto, dopo aver pianificato un programma operatorio valido fino a metà dicembre, decide di prendersi qualche giorno di riposo a Nacala, ospite del vescovo, Mons. Germano Grachane e del suo segretario, P. Manuel Velo Martínez. Quasi due settimane, nel corso delle quali discute con il vescovo vari progetti di educazione sanitaria di base. "Alfredo era pieno di progetti - racconterà P. Velo -. Di ritorno ad Alua pensava di far visita a una guaritrice che aveva già incontrato, per un interscambio di conoscenze e per poter scrivere qualcosa sulla medicina tradizionale africana".
La mattina del 24 agosto, le ferie ormai terminate, parte verso la missione di Carapira. Ad un certo punto della strada la sua auto, sulla quale viaggia da solo, incrocia quella di P. G. Pastore che da Carapira si sta dirigendo a Nacala. Tutto è così normale che non si fermano nemmeno a salutarsi; sanno che si ritroveranno insieme a Carapira, la sera.
All'altezza della località di Muiravale Fr. Alfredo è costretto a procedere lentamente, per via delle buche. D'improvviso la sua auto viene centrata da una scarica di mitra, sparata da gente (Renamo) appostata al bordo della strada. È la fine.
Qualche minuto dopo sopraggiunge, proveniente da Nacala, una colonna della Compagnia Industriale Monapo, scortata da soldati. Troppo tardi, Fr. Alfredo è già morto.
La notizia che hanno ucciso un missionario si diffonde rapidamente, ma in maniera così confusa che per parecchie ore nessuno pensa che a cadere nell'agguato sia stato Fr. Alfredo.
Ha scritto P. G. Pastore: "Solo quando suor Giulia ha cominciato a pulire il viso di Alfredo dal sangue si è visto e si è capito. Le pallottole entrate nell'auto sono state 27. Una ha colpito Alfredo alla testa, un'altra si è conficcata nel torace, un'altra in un polso e un'altra in una gamba. Quando si sono accorti che avevano ucciso un religioso, i guerriglieri non hanno osato toccarlo. Circolano voci che uno di essi si sia ucciso".
L'assassinio di Fr. Alfredo è avvenuto sullo stesso tratto di strada dove il 3 gennaio dell'85 fu uccisa la suora comboniana Teresa Dalle Pezze.
La salma di Alfredo, dopo un primo rito funebre presieduto dal vescovo di Nacala, è stata portata a Terracina dove, il 31 agosto, è stata accolta da una folla immensa. Al funerale il vescovo di Latina-Terracina ha annunciato che le spoglie mortali di Fr. Alfredo verranno tumulate nella sua chiesa parrocchiale, S. Domenico Savio. "Come non paragonare l'esperienza di Alfredo - ha detto nell'omelia - con quella dei santi martiri terracinesi: Cesareo, Giuliano, Domitilla, Felice, Valentino, Maria Goretti?…".
Vorrei terminare questo breve profilo di Fr. Alfredo citando due suoi testi. Letti dopo quanto è accaduto sembrano quasi dirci ché c'è stato un presagio.
Il primo è tratto da un suo commento a Mt 11,28:

"Vengo a te; Tu solo leggi
dentro di me
se le mie intenzioni
sono abbastanza pure...
I miei anni non sono passati
leggeri,
ma hanno lasciato segni profondi,
come i carri sulle strade
di campagna.
Con certezza so che deserto
e silenzio
non si riempiranno solo del mio
moto, e che,
afferrato alla Tua mano,
conoscerò una continua liberazione".


Il secondo è la conclusione di una poesia intitolata Lo stoppino.

"...Ma a volte, muto
e con fiato piccino,
fremo per questa stramba
vocazione
ad essere soltanto un accendino.
O, più semplicemente,
uno stoppino.
E forse, da fratello,
neanche quello".


P. Neno Contran

Da Mccj Bulletin n. 177, gennaio 1993, pp. 68-73

*****

He was the eldest of the four children (Fabio, Patrizia and Ro­berta) of Elio and Tilde Braconi. He was a boy full of life and very intelligent. He grew up between the family and the parish. His father, a printer, was for years the president of the local Catho­lic Action section. It was certain­ly from his family education, and from the Scout groups he had joined, that he drew and perfec­ted that great and open atten­tion and sensitiveness to the ne­eds of the others.

"... daily life - he himself ex­plained - with its dark patches and sorrows, has little by little moulded and transformed what I could call my jansenist heart of stone into a wider space, capable of receiving the grace of God that crosses our life daily, parti­cularly through the people that live next to us. My vocation, like any vocation, is first of all to be set in this context of the great mystery of God that enwraps us and lives in His Church".

All his many schoolmates of Terracina stress that his charac­teristic was "generosity", to the point of passing over, unseen, his school tests to those who couldn't make it!".

With great determination

After his upper secondary courses he enrolled in the faculty of Medicine of Siena University. He attended his university cour­ses with regularity, passing all his exams brilliantly and quali­fying on July 23rd with top marks. Three months later he passed also the State qualifica­tion test to practise his medical profession and began working at a private clinic in Terracina. On April 7th 1981 he began his mili­tary service at the Livorno Na­val Academy and ended it in Ta­ranto after 18 months, during which he gained a lot of expe­rience on first aid and emergen­cy interventions.

He had been harbouring in his heart the secret wish of working as a volunteer in a third world country, a wish that had been getting stronger and stronger in him. He thought at first to join CUAMM, but then he went for a more radical option.

In October 1982 he entered the postulancy in Florence. He had come to know the Comboni Mis­sionaries through chance mee­tings with missionaries, but especially through week ends with the Lecce GIM during his military service. He was also helped by his parish priest, Don Giancarlo Masci, who describes Alfredo's vocational itinerary thus: "He set moving towards his missionary vocation goal with determination and his walk turned almost into a run. This is how I remember him: determi­ned, full of enthusiasm, needing very few things, with a great sensitivity for the poor and the unprotected, in short for all the problem of social justice".

He did his novitiate at Venego­no and took his first vows on May 17th 1986.

He was assigned to the Kam­pala Scholasticate and was first one year in London to learn En­glish. He reached Kampala for the start of the 1987-1988 school year, continuing his theology course, began in Florence, at the Gaba national seminary.

As a Brother

The scholasticate was transfer­red from Kampala to Nairobi, so Alfredo completed his theology at the TCR of Nairobi. His active and talented mind not only ani­mates the liturgies with his gui­tar, deep prayers, but found also expression in poems where he describes his reactions on ente­ring the slums of Kariobangi du­ring his free time to work in the parish dispensary. This expe­rience in the slums had him re­flecting on his future and he told his superiors that he would pre­fer not to become a priest: "The discernment with my for­mators at the Scholasticate have  led me to look again into some aspects of my vocation to the Mission. I apply to be admitted to the Comboni Missionary Insti­tutes as a Brother" (Letter of 3.2.1989).

He writes on the same problem to his brother Fabio, also about to be ordained priest, and tens him that it is a "suffered deci­sion" and that he is "praying and reflecting a lot on it".

Alfredo found also time to at­tend the Liverpool School of Tro­pical medicine for Dine months, in between his last year theology (May 1989) and his Bachelor's exams (March 1990).

We find in his Nairobi forma­tor's report, dated 15.2.1989, practically all the aspects of Al­fredo's personality: "Alfredo du­ring his scholasticate time has gone through a tormented period to decide on his comboni way of life. He carne to the conclusion that it is batter for him to dedi­cate the whole of his life to his medical profession, without re­ceiving the priestly ordination.

In his Novitiate period he had written: 'I hold in great esteem the lay vocation. And I, too, reel a living part of the only people journeying OD'. This esteem, founded on sound theological ba­sis, is always present in him and is partly responsible for sent decision... Alfredo has all the qualities to be a full time missionary doctor, from within his religious consecration as a Comboni missionary brother. He is also quite prepared and holds all the qualities to be a priest; this is one of the reasons why he was urged to complete his theo­logy...

He can't bear authoritarian or domineering people, and finds difficulty to be open and loyal with them and even risks to jud­ge their intentions... He is at ti­mes very radical in his criticism. particularly when he speaks passionately. But his 'doing' is much more evangelic and he ne­ver fails to be easily available and generous... He possesses a mature and sparkling personali­ty, and needs to test himself with the concrete life, to smooth out corners and to harmonize".

Mozambique

This is what he had always wanted. He was assigned to the Province of Mozambique in June 1989. "When you come, you will find ample scope far your work, because war has destroyed prac­tically everything.

Health structures, once fairly good have  now been wiped auto I am happy and grateful that you have  accepted this commitment" wrote to him Fr. Pierli, the Su­perior General.

"I am grateful to the Lord and to you, far having given me the chance to serve my brothers and the Kingdom that is coming" he replied.

He immediately sought to con­tact Fr. Palagi, Provincial Supe­rior of Mozambique: "Terracina, August 3rd 1989. I got the news from a recent letter by the Gene­ral Administration, and I am ve­ry happy. Fr. Milani had, in the past, suggested this possibility, but I had always kept my enthu­siasm under good cover. I was afraid of the 'agere contra' of the superiors, but my missionary he­art has always been dreaming in Portuguese           ". he then goes on asking far permission to pass a few months at Kalongo hospital, in Uganda.

The reply of Fr. Palagi was: "I think that whoever chooses to work in Mozambique, must vo­lunteer far this work and be also well aware that he is entering into a war zone, and yet a highly stimulating area, ready to share the conditions of our people not just marginally, but in its essen­tials, such as life and death, fear and daily insecurity, and the struggle to improve conditions of a humanity that a senseless war has brutalized and impoveri­shed". To his request on Kalon­go, he adds: "While in Uganda, be careful not to get… killed or abducted, you can get all that aver here  in Mozambique!".

He first went to Lisbon during the autumn period to learn Por­tuguese and on February 3rd 1991 he final1y reached Mozam­bique. He passes a few weeks at Anchilo to get acquainted with the place and the Macua langua­ge. In the meantime the Provin­cial Superior had got the appro­val of the Ministry of health far the health project presented by the mission: Bro. Alfredo was to work far a period of two years, as a 'Mozambican doctor' in the 'health structure' of Namapa. His salary was to be 343,072 me­ticais per month.

We should not be deceived by the term 'health structure'. Na­mapa hospital, like many other health and education centres, here  the scare of the ongoing war. This is how Bro. Alfredo de­scribed it: "The hospital of Na­mapa, my destination, is half de­stroyed. It is a rural hospital that needs rehabilitation, because Renamo has blown it up two ye­ars ago. They have  destroyed the roof, so the structure got the rains of three seasons. We shall have  to start with bricklaying first...".

He rushed into his new work full enthusiasm, relying on the collaboration of the local people and of his friends at home to ma­ke that hospital centre once again operational.

In conscience

He soon realized how things weren't going the way he had ho­ped far. Government promised funds weren't forthcoming, the negligence of the health person­nel was ripe, unjustified disap­pearance of surgical instruments and other health equipment was' normal. Br. Alfredo deduced that somebody was up against his person and activity. He did his best to endure it, he tried to cope with the frequent emergencies caused by the ongoing guerilla war (groups of wounded people kept streaming in). He showed forbearance when he saw that hospital funds were not reaching there: "The money has not gone lost, it just found its way into the hospital administrators' and nurses pockets who have  not be­en paid far many months".

Towards the end of the year he decided to leave Namapa and move to Alua, where the presen­ce of the Comboni Missionary Si­sters ensured a batter running of the health centre. On January 4th he wrote a letter to the Na­mapa health authorities stating his reasons why in conscience he could no longer keep faith to his contract, binding him to the ho­spital and why he must "decline any further moral and legal re­sponsibility". He added that he would keep honouring his con­tract at Alua Centre, "God is my witness that I have tried all me­ans to safeguard the interests of the sick and the reputation of all people involved".

He got permission to work at Alua. Here he could at last feel free to work and plan the reali­zation of projects he had so much at heart: wheeled stret­chers to move patients, health education programs, preventive medicine teaching, study of tra­ditional medicine, food distribu­tion.

He renewed his religious pro­fession on April 19th 1992. He put in the formula also the follo­wing lines: "I thank the Lord far the gift of the mission of Nama­pa, among the Macua of Erati. Thanks also to all my confreres who never let me go without their strong material and spiri­tual support...". A few weeks la­ter he wrote to the Superior Ge­neral: "I have  renewed my tem­porary vows far the second time. The time is approaching far the final balance...".

Muiravale

He couldn't of course know that 'the time' was already so close. At the beginning of August, af­ter drawing up operational plans of his activities up to December, he went far a few days of rest at Nacala, guest of the local Bishop there, Mons. Germano Gracha­ne, and of his secretary, Fr. Ma­nuel Velo Martínez.

He was with them almost two weeks, during which he discus­sed with the Bishop various ru­ral health education projects. "Alfredo was full of projects – ­will later say Fr. Velo -. Once he returned to Alua, he wanted to contact a local healer, and ex­change notes with him, because he wanted to write on traditio­nal African medicine".

His days of rest aver, on the morning of August 24th he set on his way towards the mission of Carapira. He travelled alone on his Land Rover, and at a cer­tain point he intercepted Fr. G. Pastore that from Carapira was going to Nacala. Things were so normal that they did not even stop to greet each other; they knew that they would have  plenty of time to talk things aver in the evening at Carapira.

Near the place called Muirava­le, Bro. Alfredo had to slow down because the road was full of pot­holes. Suddenly his car was hit by a hail of machine gun bullets fired by people (Renamo) lying in wait at the side of the road. It was the end.

A few minutes later a lorry column of the Industrial Company of Monapo, escorted by soldiers arrived on the spot, but for Bro. Alfredo it was too late, he was dead already.

The news of the death of a mis­sionary spread fast, but it was confused and far several hours nobody knew exactly the identity of the victim.

Fr. Pastore wrote: "Only when Sr. Giulia began cleaning up the face of Alfredo from the blood, we identified him. His car was hit by twenty seven bullets: one hit him on the head, a second one on his chest, one on his wrist and another one on his leg. When the guerillas saw that they had killed a religious per­son, they were afraid to touch him. Rumours say that one of them committed suicide".

Bro. Alfredo was killed on the same spot where the Comboni Missionary Sister Teresa Dalle Pezze was killed, also in an am­bush, on January 3rd 1985.

The body of Alfredo, after a first funeral rite celebrated by the Bishop of Nacala, was taken to Terracina where it was recei­ved on August 31st by a great crowd. During the funeral rite the bishop of Latina-Terracina announced that Bro. A1fredo would be buried in his parish church of St. Dominic Savio. In his homily he said: Should we not compare the experience of Alfredo to our own martyrs here of Terracina: Cesareo, Giuliano, Domitilla, Felice, Valentino, Ma­ria Goretti?…”. I now like to con­clude these short notes on Bro. Alfredo by quoting two passages from his writings, that read af­ter all such events, they seem to tell us that he had some kind of foreboding. The first passage is a comment on Mt. 11:28.

"I come to you; You are the only

one who can read within me

if my intentions are pure...

My years have not been light on

me,

they have left deep marks on

me,

like the carts wheels on a coun­try road.

I know far certain that desert

and silence

cannot be filled only by my ac­tivity, and that, hand in hand with you, I will come to know a

continuous liberation ".

The second passage is the con­clusion of a poem by the title of The wick.

"... but at times, dumb and

short of breath

I tremble far this strange

vocation

of being only a lighter.

Or, simply,

a wick.

And maybe, as a brother,

not even that much".

Fr. Neno Contran

*****

“Con grande determinatezza ha cominciato a camminare nella vocazione missionaria, un camminare che è diventato una corsa. Così lo ricordo: deciso, entusiasta, sempre non curante di sé, bisognoso di pochissime cose, con una sensibilità spiccata verso i più poveri, i più indifesi” (il parroco Don G. Masci).

Alfredo era il primo dei quattro figli di Elio e Tilde Braconi. Ragazzo vivace e intelligente, Alfredo è cresciuto tra famiglia, parrocchia e gruppo scout, sensibile e attento alle necessità degli altri. Il papà, di mestiere tipografo, è stato per anni presidente dell’Azione Cattolica. I ricordi dei compagni di scuola di Terracina sottolineano la sua spiccata “generosità”, giungendo fino a passare di nascosto i compiti ai compagni in difficoltà.

Terminato il liceo, si iscrive alla facoltà di medicina dell’università di Siena. Esami fatti con regolarità e voti eccellenti, conclusisi il 23 luglio del 1980 con centodieci e lode. Tre mesi dopo supera l’esame di Stato per l’abilitazione ad esercitare la professione di medico, che comincia presso una clinica privata di Terracina. Utilizza anche i 18 mesi di servizio militare per far pratica nel pronto soccorso. L’idea che si porta dentro da anni - lavorare come volontario in un paese del Terzo Mondo - si fa più insistente. Pensa di aggregarsi al CUAMM; poi decide per una scelta più radicale.

Nell’ottobre 1982 entra nel postulato dei Comboniani a Firenze, dopo aver incontrato qualche missionario e frequentato il GIM di Lecce. Trascorre il noviziato a Venegono Superiore (Varese) e il 17 maggio 1986 emette i primi voti. Dopo un anno di lingua a Londra, dall’87 è a Kampala, in Uganda, per lo studio della teologia.

Riflette a lungo e decide di manifestare ai superiori il desiderio di non accedere al sacerdozio: “Vi chiedo di essere accettato come Fratello nella congregazione dei Missionari Comboniani” (lettera del 3/2/1989). Si tratta di “una decisione molto sofferta” e su cui sta “pregando e riflettendo tanto”, scrive al fratello Fabio. Durante una pausa dagli studi, Alfredo si reca a Liverpool per un corso di medicina tropicale. Ha tutte le qualità per dedicarsi a tempo pieno come medico missionario; ed ha pure le qualità, la preparazione e gli studi per diventare sacerdote. Egli, però; sceglie di essere missionario come Fratello e medico.

Nel giugno 1989 il P. Generale lo assegna alla provincia del Mozambico: “Quando ci arriverai, vedrai che c’è un campo infinito, visto che la guerra non ha lasciato altro che devastazione”. Dopo un periodo a Lisbona per il portoghese, il 3 febbraio 1991 sbarca finalmente in Mozambico; si ferma ad Anchilo per alcune settimane, per una prima conoscenza dell’ambiente e della lingua macùa. Nel frattempo il ministero della sanità ha approvato il progetto presentato dalla missione: Fr. Alfredo lavorerà, per un periodo di due anni, come ‘medico mozambicano’ presso la struttura sanitaria di Namapa. L’ospedale di Namapa, come moltissimi altri centri, porta i segni della guerra. Scrive: “L’ospedale di Namapa è semidistrutto. È un ospedale rurale da riabilitare. Hanno distrutto il tetto, si tratterà quindi di fare un lavoro da muratore prima...”. Vi ci si mette con entusiasmo, sperando nella collaborazione della gente del posto e degli amici lontani.

Ben presto, da vari indizi Fr. Alfredo deduce che qualcuno ha deciso di praticare ostruzionismo nei confronti della sua persona e della sua attività. Sopporta, fa del suo meglio per affrontare le continue urgenze causate dalla guerriglia (gruppi di feriti…). A fine anno decide di lasciare Namapa per andare a lavorare nell’ospedaletto di Alua, dove ci sono le suore comboniane e dove le cose funzionano. In gennaio invia alla direzione sanitaria una lettera in cui elenca i motivi di coscienza per tale scelta. Aggiunge poi che al centro di Alua continua a onorare il suo contratto. Ottiene il permesso di restare ad Alua. Qui finalmente può lavorare a suo agio e dare corpo a progetti che da tempo ha in mente: barelle con ruote per i malati, programmi di educazione sanitaria e medicina preventiva, medicina tradizionale, viveri…

Ai primi di agosto, dopo aver pianificato un programma operatorio per alcuni mesi, riesce a prendersi due settimane di riposo a Nacala, ospite del vescovo, Mons. Germano Grachane; discute con lui vari progetti di educazione sanitaria di base. Di ritorno ad Alua pensa di far visita a una guaritrice che aveva già incontrato, per uno scambio di conoscenze e scrivere qualcosa sulla medicina tradizionale africana.

Mattina del 24 agosto: terminate le ferie, parte verso la missione di Carapira. Presso la località di Muiravale, le buche obbligano Fr. Alfredo a procedere lentamente. D’improvviso la sua auto viene centrata da una scarica di mitra, sparata da gente (Renamo) appostata al bordo della strada. È la fine. La notizia del missionario ucciso si diffonde rapidamente, ma in maniera confusa. I soccorsi arrivano tardi. Suor Giulia comincia a pulire il viso di Alfredo dal sangue. Le pallottole entrate nell’auto sono state 27. Una ha colpito Alfredo alla testa, un’altra si è conficcata nel torace…

L’assassinio di Fr. Alfredo è avvenuto sulla stessa strada dove il 3 gennaio 1985 era stata uccisa suor Teresa Dalle Pezze. Ambedue morti con la stessa passione nel cuore.

(Dalla serie “I Martiri” preparata a Verona da P. Romeo Ballan, 14.9.2010)