In Pace Christi

Istúriz Agudo Miguel Angel

Istúriz Agudo  Miguel Angel
Data di nascita : 20/07/1951
Luogo di nascita : Pamplona/E
Voti temporanei : 15/08/1968
Voti perpetui : 08/12/1974
Data ordinazione : 21/12/1975
Data decesso : 09/10/1991
Luogo decesso : Zaragoza/E

Eravamo nella corriera che ci portava a Pamplona, al funerale di P. Migucl. Dicevamo il rosario e, ad ogni ministero, qualcuno di quelli che lo avevano conosciuto meglio ricordava qualche episodio. "Pensando a Miguel- disse uno - mi viene in mente la parabola dei due figli, al desiderio del padre che lavorassero nella vigna, il primo disse di "sì" e non ci andò; il secondo, invece, disse "non voglio" ma ci andò. Miguel mi sembra che assomigliava a questo ultimo. In effetti la parabola in questione riflette in più di un aspetto i suoi modi bruschi, sconcertanti e perfino contraddittori. Non era raro che arrivasse a situazioni di tensione, specialmente con i superiori. Ma prima che la corda si rompesse, il suo senso pratico e anche il suo spirito di fede( a volte nascosto sotto una scorza di "antibeato") lo portavano a "presentare la mano". Come se si divertisse a fare l'obbedienza difficile e poi, alla fine, concludere ubbidendo. Tuttavia ciò che meglio definisce Miguel non sono queste sporadiche tensioni o alzate di tono, bensì la sua simpatia, la sua gioia di vivere, la sua capacità di legare con chiunque, la sua generosità nell'aiutare tutti e in qualsiasi cosa. Soprattutto se si trattava di cose pratiche. Miguel era affascinato dal fare "cose"; e le sapeva fare molto bene; elettricità, meccanica, muratura, marchingegni ... Nelle sue mani sembrava che ci fosse una soluzione possibile e facile per ogni cosa. Ai problemi umani si avvicinava con lo stesso spirito concreto con cui si accostava a quelli meccanici: li smontava pezzo per pezzo come se fossero dei motori. Come mai a un uomo così può essere capitato un problema così serio e insolvibile com'è la morte? Per i suoi amici, e lo erano quasi tutti quelli che lo conoscevano, l’idea che Miguel sia morto continua a sembrarci irreale.

Dall'infanzia al sacerdozio

Miguel era nato a Pamplona da una famiglia profondamente cristiana. Cominciò la scuola elementare molto presto, con il fratello Josexto, che aveva un anno più di lui: dopo la prima comunione, entrambi passarono alle Scuole Salesiane. Insieme, tutti i giorni assistevano alla messa e partecipavano al rosario nella cappella del Collegio. Sempre a braccetto, inseparabili. Al momento di cominciare gli studi secondari, Josexto chiese di entrare nel seminario comboniano di Corella. I suoi genitori erano contrari, ma Miguel - ricorda sua mamma – risolse il problema contenzioso con un'uscita delle sue: "Se non lo lasciate andare, commettete peccato". Lui voleva entrare dai salesiani, ma allora furono i genitori a consigliarli di andare con il fratello dai comboniani. Dopo cinque anni nel seminario minore di Corella, i due passarono al noviziato di Moncada; Josexto nel 1965 e Miguel l'anno seguente. Con i loro15 anni essi erano i novizi più giovani del loro rispettivo gruppo. Terminato il noviziato, Miguel rimase a Moncada per lo studio della filosofia e di una parte della teologia. Nel 1973, quando la teologia fu trasferita a Granada, vi andò anche lui e fu in questa città che terminò la teologia. Durante gli anni della formazione Miguel fu un giovane allegro, scherzoso e spensierato. La "stretta osservanza" non era il suo forte. Non aveva problemi con lo studio, data la sua intelligenza sveglia, ma non vi si applicava troppo. Le discussioni teoriche, specie se al di fuori delle materie scolastiche o della vita comunitaria, gli riuscivano ardue e di poca attrattiva. Preferiva sempre le attività pratiche. Gli piaceva pure il lavoro pastorale, che portava avanti a modo suo, instaurando con le persone relazioni di franca amicizia. In tutte le parrocchie in cui lavorò, lasciò sempre un certo numero di amicizie durature, dal parroco all'anziana che si trascina in chiesa ansimando; le lasciava soprattutto fra i giovani che erano il suo forte. P. Mike Barton, suo compagno a Granada e che con lui andava spesso nelle parrocchie, dice: "lo non riuscivo tanto nella pastorale e mi attaccavo a lui come un' appendice. Ero felice nel vederlo così bravo nel suo lavoro, con la chitarra e il suo modo di parlare così fantasioso".

La missione

Miguel fu ordinato sacerdote nel1975. Dopo un periodo a Londra per imparare la lingua, fu destinato al Sudan. Però prima di andare in missione fu in Libano (1977-1979) per lo studio dell'arabo. La guerra civile che infierì in quel tormentato paese non era l'ambiente più propizio per lo studio della lingua difficile nè lo scenario più indicato per il primo contatto con la vita missionaria reale. Infatti Miguel ebbe delle difficoltà nell'adattarsi che si manifestarono con dolori di stomaco. Un giorno il dottore, dopoa verlo esaminato, gli chiese: "Sei proprio contento della tua vita di comunità?". "Questo - racconta P. Bettini, uno dci suoi compagni in quel periodo- lo fece reagire e passare da un atteggiamento negativo e di riserva nei confronti della vita comunitaria a un atteggiamento di impegno effettivo. Da quel momento i suoi problemi di stomaco diminuirono". Miguel si mise a studiare l'arabo con serietà. Il suo amico Mike dice che riuscì a impararlo così bene da poter leggere romanzi in arabo. Siccome tardava la concessione del visto per il Sud-Sudan, Miguel trascorse un po’di tempo nelle missioni del Nord-Uganda (Kitgum ... ). Nel gennaio del 1981 potè finalmente partire: fu destinato alla parrocchia di Tonga, tra gli Shilluk, nella diocesi di Malakal. Salutando l'amico Bettini e salendo sulla imbarcazione che sul Nilo l'avrebbe portato fino a Tonga, gli confidò la sua preoccupazione; non era sicuro se sarebbe stato capace di amare quella gente o se la gente sarebbe riuscita ad accettarla; ma confidava nel Signore. Miguel sarebbe riuscito in entrambe le cose e abbondantemente. Nell'aprile dell'84, a causa della guerra, Tonga fu chiusa e Miguel dovette trasferirsi a Malakal, anche se a malincuore. L'anno seguente, la guerriglia arrivò anche a Malakal. Arrivò un aereo per l'evacuazione di tutti i missionari che desideravano partire, lui decise di restare. Siccome a Malakal non c'erano altri comboniani, Miguel visse in comunità con altri sacerdoti diocesani e i Missionari di Mill Hill. In quel periodo fece vari lavori: insegnò nel seminario minore, di cui fu poi rettore; insegnò pure religione nelle scuole governative. Fu per un certo tempo anche parroco della cattedrale e incaricato dell'ufficio che coordinava gli aiuti del Sudanaid. Fece moltissimi lavori materiali: "Le sue mani – dice P. Mazzolari, allora provinciale – sapevano fare di tutto il meccanico, falegnameria, elettricità ... ".Tutti quelli che l 'hanno conosciuto in missione serbano di lui un ricordo vivissimo. Il vescovo di Malakal, Mons. Vincent Mojwok, lo stimava molto. P. Mazzolari continua: "Dai sacerdoti, fratelli, religiose e gente era considerato come il "fratello" di tutti e tutti lo amavano per quel suo modo di essere così spontaneo. Si prestava generosamente per qualsiasi cosa". Il suo temperamento aggiunge un sacerdote di Mill Hill - era certamente un po’focoso, ma non serbava rancore e, dopo una breve esplosione, tornava alla sua abituale allegria. Nel 1988 lasciò il Sudan per un periodo di vacanze, con l'idea di tornare presto in missione; ma i superiori visto il cattivo stato della sua salute e lo scompenso psicologico in cui si trovava, dopo tanti anni vissuti in situazione di guerra continua, decisero che rimanesse in Spagna, per un periodo di rotazione. Fu questa l'obbedienza che gli costò di più accettare, una specie di prova del fuoco nella sua vita.

Animazione Missionaria in Spagna

Miguel fu destinato alla comunità di Palencia per lavorare nell'animazione missionaria. Ma l'impressione che nella decisione presa dai superiori, la sua particolare situazione non fosse stata valutata come si doveva, gli causava un profondo senso di frustrazione e perfino di rifiuto di tutto ciò che facesse riferimento all' autorità. Sebbene riuscisse ad essere l'uomo allegro di sempre, dal carattere aperto e dal contatto facile, attraversava tuttavia momenti di depressione fatti di insonnia e di emicranie. Lo si vedeva allora sprofondato in una poltrona, con la fronte legata, nella speranza di alleviare le fitte che sentiva. Per fortuna che la sua inclinazione e l'abilità nei lavori pratici svolsero in questo periodo la funzione di valvola di sfogo. La casa malandata di Palencia aveva bisogno di molte riparazioni; Miguel dedicò a questo lavoro tempo ed energie. Dato il suo stato d'animo, gli sarebbe riuscito difficile dedicarsi in pieno all'animazione. Ma un po’alla volta, le grandi risorse umane e spirituali di quell'uomo nobile, tagliato all'ingrosso, pratico, finirono con l'imporsi. Cominciò a prendere parte più attiva nel lavoro di animazione missionaria: ritiri, Pasque giovanili, campi di lavoro ... Durante la sua ultima estate, nel 1991, svolse una grande attività. Rinunciò perfino a recarsi a Pamplona, sua città natale, per la festa dei Sanfermines: sintomo eloquente della sua identità recuperata. Miguel, con la sua personalità ricca, riusciva ad incantare il pubblico. Il suo modo di parlare dell'esperienza missionaria era attraente e fuori del comune. Non gli piaceva presentare il missionario come un eroe. Protagonisti della sua testimonianza erano gli africani; nel caso suo, gli schilluk, fra i quali aveva lavorato. E non era detto che offrisse di essi un'immagine idilliaca o idealizzata; con particolari ripresi dalla vita quotidiana, alcuni crudi, altri divertenti, che parevano forti pennellate, sapeva tracciare un quadro realista e affettuoso allo stesso tempo. Nell'estate del 1991 fu trasferito dalla comunità di Palencia a quella di Zaragoza. Accettò il cambio con gioia, nella speranza che un posto nuovo l'avrebbe aiutato a ricuperare definitivamente l'entusiasmo che sentiva rinascere in sé. Vi andò alla fine di settembre.

L'incidente

P. Paulino Aguilera così raccontò quello che accadde la sera del 9 settembre: "Alle cinque uscimmo tutt’e due per parlare alle suore di due conventi di clausura, in preparazione alla Giornata Missionaria Mondiale. Lo lascia dalle Domenicane e io proseguii verso le Benedettine, dopo esserci accordati che, una volta finito, sarei andato a riprenderlo per tornate a casa insieme. Quando tornai, le Domenicane mi dissero che il padre era appena partito. Non mi stupii, dato che avevamo pure detto che avrebbe potuto aspettare all'incrocio vicino. A circa duecento metri dal convento delle Domenicane, sulla strada di Logroño, vidi un gruppo di persone e alcune auto ferme. Pensando che Migue1 fosse lì assieme alla gente, avanzai adagio e quale non fu il mio sgomento quando vidi il padre per terra, incosciente. Mi dissero che si erano fermati perché avevano visto una persona sulla strada, abbandonata; l'autore dell'incidente si era dato alla fuga. Lo esaminai e mi resi conto subito della gravità. Il sangue gli uscì dalla bocca e da una ferita sulla testa; aveva pure una gamba spezzata. Pregai un attimo, gli diedi l'assoluzione e aspettammo l'ambulanza e la guardia civil. Riprese i sensi per un attimo e cominciò a muoversi; gli parlavo e sono sicuro che mi sentiva, ma che non era in grado di parlare. L'ambulanza arrivò e lo trasportarono velocemente all'ospedale, dove spirò poco dopo, verso le 20.30.P. Paulino giunse all'ospedale alcuni minuti dopo l'ambulanza, ma non fu presente al momento della morte. L'infermiera che fu vicina a Miguel negli ultimi istanti assicura che, prima di morire, riprese per un momento conoscenza e, stringendole la mano, balbettò: "Dio è in cielo". Il funerale si svolse a Pamplona, due giorni dopo. Suo fratello Josexto, che aveva lasciato i comboniani poco dopo l'ordinazione sacerdotale per lavorare come catechista itinerante nelle comunità neo-catecumenali, arrivò dal Messico in tempo per presiedere il funerale che fu celebrato, con grande presenza di fedeli, in una parrocchia al centro. Era vissuto per dieci lunghi anni ininterrotti in un campo di battaglia, rischiando di perdere la vita per una pallottola vagabonda: invece ha trovato la morte su una strada spagnola. Se si fosse verificata la prima ipotesi, sarebbe stato un martire della missione. Invece è stato un martire dell'animazione missionaria, un compito per lui più arduo della missione stessa.               P. Juan González Nuñez

Da Mccj Bulletin n. 174, aprile 1992, pp. 45-49