In Pace Christi

Mondini Alfio

Mondini Alfio
Data di nascita : 10/01/1916
Luogo di nascita : Ceresara MN/I
Voti temporanei : 07/10/1936
Voti perpetui : 07/10/1941
Data ordinazione : 30/05/1942
Data decesso : 07/06/1991
Luogo decesso : Makindu/KE

Aveva 18 anni Alfio Mondini quando, l'8 settembre 1934, entrò nel noviziato di Venegono. Tutto ciò che si sa della sua infanzia è contenuto in tre pagelle scolastiche. La prima è della direzione didattica di Guidizzolo (Mantova) nella quale si dichiara che Mondini Alfio, di Antenore e di Azzoli Maria, ha frequentato la classe quinta maschile nella scuola rurale di Guidizzolo nell'anno scolastico 1926-27, risultando promosso alla sesta classe. Le altre due provengono dall'Istituto Comboni di Brescia dove Alfio ha certamente frequentato  la quarta e quinta ginnasio, rispettivamente negli anni 1932-1934.

Possiamo aggiungere che Alfio doveva essere un ragazzino molto impegnato nello studio e nella condotta avendo riportato dieci in condotta, diligenza e religione, nove in latino, francese e storia, otto in italiano, greco e geografia, sette in scienze, e l'unico sei in matematica.

L'8 settembre 1934 entrò nel noviziato di Venegono Superiore; l'8 dicembre, festa dell'Immacolata, fece la vestizione e il 7 ottobre del 1936 emise i primi Voti temporanei. Mancano completamente le note del p. maestro. Resta, almeno, la domanda per la professione.

In essa Alfio, che aveva 20 anni, così si esprime: "Sono quasi al termine dei miei due anni di noviziato. Durante questo tempo ho cercato di apprendere bene le obbligazioni della vita religiosa, come vuole la Congregazione dei Figli del Sacro Cuore di Gesù. Ho appreso in particolare quali obblighi si assumono facendo i Voti religiosi di povertà, castità e obbedienza nella medesima Congregazione e mi sono sforzato di esercitarmi nelle virtù riguardanti i Voti stessi.

Ho preso pure cognizione delle regole della Congregazione, ne ho rilevato il senso e compreso lo spirito, e sono convinto che non corrisponderò alla grazia della vocazione che il Signore mi ha dato, e non potrò essere buon religioso e missionario senza la perfetta osservanza delle medesime. Mi sono poi industriato di osservarle e spero di poterle osservare per tutta la mia vita, com'è mio fermo proposito.

Conosco, reverendissimo padre, la mia debolezza, la pochezza del mio spirito, la mia indegnità di appartenere alla Congregazione dei Figli del Sacro Cuore di Gesù, della quale pur tanto desidero di far parte, ma confido assai nella infinita bontà e misericordia del Signore".

Con questo atto di pieno affidamento alla misericordia del Signore, Alfio Mondini cominciò la sua strada che lo avrebbe portato a donare tutto se stesso alle anime.

La forza di un ideale

Dopo un anno di scolasticato a Verona (1936-1937), Alfio venne inviato a Sulmona come assistente dei ragazzi. Contemporaneamente doveva portare avanti il liceo. Pur mettendocela tutta, dovette tribolare un po' per il suo carattere piuttosto rude e poco socievole. Ciò che lo sostenne in questo anno fu il desiderio di essere missionario e di andare in Africa, insomma l'amore alla sua vocazione. Lo dice lui stesso nella domanda per la rinnovazione dei Voti... "Più vado avanti, più mi sento contento della mia vocazione, e più sento il vivo desiderio dell'Africa nostra... Quanto a corrispondenza ho più che un motivo di confondermi, vedendomi tanto pieno di miserie e così indietro in quella perfezione che Gesù vuole in un figlio del suo Cuore. Ho constatato che, basandomi sulle mie forze, non ho concluso nulla, perciò mi affido ancora una volta al Signore e alla Madonna immacolata, nonché al caro san Giuseppe e ai miei cari protettori, rinnovando il mio proposito di un maggiore impegno a corrispondere alla vocazione".

Nonostante i suoi difetti, così sinceramente declamati, i superiori giudicarono Mondini molto adatto a stare con i ragazzi e ad essere loro educatore perché sapeva infondere in ognuno di loro una grande stima e un altrettanto grande amore alla vocazione missionaria, entusiasmandoli all'idea di andare in Africa a portare il Vangelo. Per cui dovette trascorre i quattro anni di teologia nell'Istituto Comboni di Brescia, sempre come assistente dei seminaristi, frequentando la scuola di teologia nel locale seminario diocesano.

Intanto era scoppiata la guerra con tutti i suoi disagi e privazioni. Anche Mondini, trascurando un po' lo studio, si mise a battere le campagne della Bassa bresciana e del Mantovano in cerca di cibo per i suoi seminaristi. Quale non fu il suo rammarico quando, in una pagella scolastica, si vide un brutto cinque in dogmatica! Fu l'unico per la verità, e servì a scuoterlo un po' ricordandogli che bisognava anche studiare. Il 30 maggio 1942 venne ordinato sacerdote a Brescia.

Su e giù per l'Italia

La via dell'Africa era chiusa a causa della guerra per cui p. Mondini trascorse i suoi primi anni di messa in Italia: a Sulmona dal 1942 al 1943; a Brescia dal 1943 al 1945; e nuovamente a Sulmona dal 1945 al 1947. Il suo ufficio era quello di "animatore missionario" che, a quei tempi, voleva dire propagandista e predicatore di giornate missionarie.

Con i tempi che correvano non era un compito facile, eppure p. Mondini lo svolse molto bene con soddisfazione dell'economo e, soprattutto, dei seminaristi.

Ma intanto la guerra finì e anche p. Alfio chiese di poter partire al più presto per la "dolce Africa". I superiori lo inviarono a Bologna per lo studio dell'inglese. A quei tempi, infatti, i Comboniani potevano frequentare una scuola bolognese dove si insegnava tale lingua. In un anno p. Alfio fece progressi tali che i superiori, invece di mandarlo in Africa come avrebbe ardentemente desiderato, lo imbarcarono per gli Stati Uniti.

26 anni d'America

Dal primo luglio 1948 al 3O giugno del 1950 fu vice parroco nella chiesa di St. Henry a Cincinnati (OH), e poi per tre anni a Pala, in California. "P. Mondini è fatto apposta per il ministero", scrisse p. Rizzi nel 1952. "Ha lasciato dietro di sé un ottimo ricordo di prete zelante, assiduo e devoto. Il vescovo mi parla molto bene di lui", aggiunse p. Barbisotti. "E' buono e sodo - sottolineò nel 1955 p. Amleto Accorsi. - Credo, però, che non sia fatto per essere superiore di comunità, perché ha in mente solo il ministero e la cura delle anime, specie dei Neri".

Nel 1953 diede inizio alla parrocchia del Cuore Immacolato di Maria a Louisville, (KY). Iniziò la sua opera in un povero capannone, passando, poi, ad una chiesa splendida con annessa una grandiosa scuola cattolica. Mondini dimostrava una eccezionale capacità di iniziative, che riusciva a realizzare perché sapeva attirarsi la simpatia della gente che egli animava con vero spirito apostolico.

Sempre sprizzante entusiasmo, così dava l'annuncio al p. generale di quell'opera: "Ho ricevuto la lettera ufficiale dall'arcivescovo della erezione della nuova parrocchia il cui nome è... divino: Immaculate Heart of Mary. Ora sto qui con p. Di Francesco e andrò a vivere sul posto alla fine del mese di settembre. In questo tempo non ho fatto che girare: ho già trovato una settantina di famiglie, molto gentili e buone, con tanti bambini. Se il vescovo mantiene la promessa, l'anno venturo avremo la scuola. Ieri fui all'inaugurazione delle case popolari vicinissime alla futura chiesa. Hanno lasciato a me l'incarico di dire una parola di circostanza e di dare la benedizione. La capa, una bianca, mi presentò alla gente come il loro prete, come se fossero tutti cattolici. Il sindaco di Louisville, prima di partire, mi disse tante cose belle che mi hanno profondamente commosso. Queste sono alcune delle cose belle: ci sono anche difficoltà, ma la Madonna penserà ad appianarle".

Tanto lavoro gli costò un notevole indebolimento fisico. Nel 1961 fu assegnato alla comunità di Monroe (Mich), dove rimase fino al 1974. Qui fu cappellano dell'ospedale della Misericordia, insegnante e confessore degli studenti in quella scuola superiore e nel noviziato.

Egli stesso scrisse in una lettera del novembre 1962: "Quando l'anno scorso venni qui da Louisville mi sentivo stanco. Dopo due o tre mesi le gambe cedettero. Il dottore dubitava che si trattasse di cancro o di tisi ossea e fui mandato subito a Detroit. Invece era solo stanchezza e dopo un anno di cura ora riesco a reggermi bene in piedi e anche a camminare speditamente. La vita corre e non è più quella di una volta, ma non ho rimpianti; l'ho sempre goduta immensamente e di salti ne ho fatti tanti! Qui a Monroe ci vorrebbe uno in gamba per aiutare il povero p. maestro. Io non sono all'altezza, in più devo anche tener conto della parte materiale, una vera contraddizione in terminis. Quando viene qualche novizio a chiedermi i soldi per comperare la brillantina per i capelli, le sigarette o si presentano con i capelli lunghi, io non so proprio come comportarmi. Il guaio è che hanno il permesso del p. maestro. Io, insomma, devo sdoppiarmi per fare l'economo e anche il confessore di questi giovani tanto diversi da come eravamo noi".

P. Battelli, vicario generale, gli rispose che si tranquillizzasse perché: "Anche in Italia, ormai, non si insiste più su cose sulle quali si insisteva tanto anni addietro, come il coltivarsi più o meno i capelli. Da parte sua, però, non insisterà mai abbastanza sullo spirito di sacrificio e di preghiera. E poi vedrà che certe mode passeranno con la velocità con la quale sono venute".

I Neri sono la nostra eredità

P. Mondini, nel suo ministero, ebbe sempre una predilezione per i Neri d'America. Amava trovarsi tra loro sembrandogli che gli mantenessero viva la sua mai spenta nostalgia di Africa.

Nel 1960 p. Briani, generale, andò in visita negli Stati Uniti. In occasione degli auguri di Natale p. Mondini lo ringraziò della visita fatta alla comunità e all'arcivescovo. "Non so - scrisse - se ha notato come sua eccellenza si illuminò quando lei disse: 'I Neri sono la nostra eredità'. Evidentemente il vescovo fu colpito e gradì assai la sua affermazione. Se avessimo fatto come lei dieci anni fa quando accostammo per la prima volta i vescovi americani, il nostro ministero e la nostra presenza avrebbero un senso ben diverso. Invece c'è stata una preferenza per i bianchi, così ora non abbiamo né bianchi, né neri".

Poi parla di un romanzo che vorrebbe pubblicare (sarà stato il frutto del suo anno di quasi immobilità causa il mal di gambe n.d.r.) e che un suo cugino di Milano avrebbe finanziato. P. Briani gli disse di inviare il dattiloscritto a p. Galimberti per vedere il da farsi.

In quel periodo scrisse anche la biografia del Comboni "Africa or Death" (Africa o morte) e si adoperò per la pubblicazione di un libro sull'espulsione dei missionari dal Sudan "The Nile Turns Red" (Il Nilo si fa rosso) scritto da Alexis Mbali Yangu. Quest'ultimo lavoro gli procurò grane a non finire perché l'editore, incerto sulla diffusione dell'opera, voleva un prefinanziamento di notevole consistenza. Il p. provinciale (p. Todesco) gli fece avere 4.000 dollari perché interessava anche a lui che gli Americani venissero a conoscenza della situazione sudanese. P. Mondini, inoltre, "elaborò il libro per ben due volte con un lavoro straordinario che solo l'affetto alla causa sudanese rese possibile", come scrisse p. Adriano Bonfanti.

Il volume, come era da aspettarsi, non ebbe quella diffusione che l'autore si aspettava, tuttavia questi continuava a chiedere soldi minacciando i missionari: "O mi date soldi o vi accuso presso il governo come cooperatori del Sud". P. Mondini, che era ancor lontano dal raggranellare i 4.000 dollari, rispose: "L'accusa è vecchiotta e non fa più paura a nessuno". Si ebbero strascichi di questa faccenda fino al 1974, data in cui p. Mondini lasciò l'America per approdare in Kenya.

Venduti alla causa

Il desiderio di Africa vera era sempre più vivo in p. Mondini. Nel 1970, dopo essersi lamentato perché in un seminario comboniano si pregava troppo poco per il Sudan, quasi che la questione del Sudan fosse "un'idea fissa di qualche esaltato", aggiunge: "Spero che abbia la bontà di riconsiderare la possibilità del mio invio in missione. Il tempo non è certo dalla mia parte. Il fatto di essere responsabile per il lavoro pro Sudan non esclude, anzi esige, di vedere e visitare i rifugiati e magari di poter lavorare tra loro. Dobbiamo sentirci venduti alla causa. E ai Senatori e Deputati americani non si può parlare per sentito dire, bisogna dire: 'Io ho visto'".

Il p. generale gli rispose che un viaggio poteva farlo e gli sarebbe stato utile ma, quanto a lasciare per sempre la provincia americana, era un problema serio per la scarsità di personale.

Nel 1973 p. Alfio era di nuovo all'attacco: "Sento che la Congregazione si apre al Malawi e ora siamo in nuovi sei posti in Kenya. Io sono pronto".

In Kenya

P. Sergio Contran, provinciale negli USA, mise finalmente p. Mondini nella possibilità di partire per l'Africa. A 58 anni di età, ma ancora giovanissimo di spirito, p. Mondini aveva diritto di assaggiare il sapore della vocazione per la quale era entrato tra i Comboniani. La Direzione generale, in data primo luglio 1974, lo assegnò alla provincia del Kenya. La gioia del Padre fu immensa.

Fu inviato a Moshi (Tanzania) ('74-'75) come insegnante. Il cambiamento di clima e di vitto gli procurò qualche disturbo fisico che egli accettò con molta disinvoltura. "Qui abbiamo - scriveva nel 1976 - 150 ragazzi, tutti con una boccazione tremenda. Alcuni sembrano veramente bravi. L'anno prossimo, aggiungendo la quarta classe, saranno 200. Quanto a me, da soffrire? Never!!! Africa o morte! Capisco che per me è impossibile imparare una lingua nuova, ma lo sapevo già, quindi nessuna scoperta o delusione".

Dal 1975 al 1977 fu in Kenya/Langata tra gli Apostoli di Gesù, e dal 1977 al 1987 a Gaicanjiru come insegnante di religione. Scrivendo al p. generale (Calvia) che lo incoraggiava a "convivere con Comboni", il Padre rispose che questa cosa la si faceva già a Brescia da ginnasiali. A maggior ragione, dunque, ora che si era un po' più cresciuti".

La sofferenza

A Gaicanjiru incontrò la sofferenza, una sofferenza atroce causatagli da un superiore (non quello della missione), tanto che cadde in una profonda depressione.

Nel 1982 venne in Italia per un po' di vacanza e per rimettersi in salute. Dopo sei mesi, però, era nuovamente al suo posto. L'incomprensione con il superiore di cui abbiamo detto, si accentuò. Questi si era messo in testa che il Padre insegnasse delle eresie ai ragazzi. Non potendone più, p. Mondini si rivolse al p. generale.

"Carissimo p. generale - scrisse nel 1984 - vengo a lei per domandare il suo aiuto nei miei riguardi. Chiedo che padre (c'è il nome) smetta di tormentarmi. Per provare ad ogni costo la sua tesi, stiracchia la verità e quando questa non basta, accusa anche falsamente. Alcune settimane fa, dopo aver fatto ciò davanti al vescovo, venne in stanza mia con la sua vecchia tattica: o cedi o ti rompi. La sera ero spaventato, credevo proprio di essere ricaduto nell'esaurimento di qualche anno fa. Gli dissi che era stato lui la causa del mio esaurimento che mi costò sei mesi di iniezioni e di cure. Ciò nonostante non mollava facendomi piangere e accusandomi che in scuola insegnavo errori, che non avevo il giusto concetto di purezza. Naturalmente io non intendo giudicare le intenzioni, ma solo riporto i fatti.

Chiedo che mi si lasci in pace. Ho presto 70 anni, 40 di messa. Faccio ogni mattina tre quarti d'ora di meditazione, due esami di coscienza al giorno, dopo scuola al mattino e, dopo pranzo, due ore di adorazione davanti al Santissimo, rosario, ecc. Possibile che se fossi un criminale Dio e la Madonna non me lo farebbero capire? Io voglio bene a tutti, non voglio punizioni per nessuno, chiedo solo che mi si lasci in pace".

Il fatto che nel gennaio dell'85 il p. generale sia andato in Kenya e p. Mondini abbia continuato nel suo impegno di insegnante, significa che non insegnava eresie.

Nel 1986 il Padre venne ancora una volta in vacanza. Quando tornò, la missione dove aveva tanto sofferto era passata al clero indigeno, ed egli fu trasferito nella missione di Makindu (1987) come addetto al ministero in parrocchia.

Nel 1988 ebbe ancora qualche sussulto per la linea che teneva Nigrizia: "Vuole che succeda un secondo Burundi? Nessuno di noi vuol essere espulso!". Il vecchio leone non aveva perso né artigli, né zanne e, seguendo ciò che la sua coscienza gli indicava, cercava di portare avanti le sue ragioni sempre per il miglior bene della missione, dei confratelli e delle anime.

Il 7 giugno 1991, festa del Sacro Cuore, mentre fiancheggiava la strada lungo i binari della ferrovia, ad un passaggio a livello che non esisteva, la sua jeep fu affiancata e sbattuta dal treno che sopraggiungeva proprio quando p. Alfio, ormai vicino alla missione, stava accostando per oltrepassare le rotaie. L'urto fu molto forte e il Padre fu sbalzato dall'altra parte dell'auto con frattura del cranio e di alcune costole.

Fu portato all'ospedale di Makindu e furono chiamati da Nairobi i "medici volanti". Non potendolo caricare sul loro aereo troppo piccolo per la grave situazione polmonare e le fratture interne. dopo quattro ore di autovettura, all'arrivo a Nairobi, il Padre spirò.

Alla sua messa funebre, nella missione di Makindu, concelebrarono 3 vescovi, 30 sacerdoti, con la partecipazione di suore, fratelli, scolastici e laici. P. Tommaso Vermiglio tenne l'orazione funebre.

P. Alfio Mondini lascia dietro di sé il ricordo di un missionario zelantissimo, sempre contento (anche nella sofferenza) e altrettanto preoccupato per la salvezza delle anime. I confratelli che l'anno conosciuto e che gli sono vissuti accanto per tanto tempo assicurano che sarà a lungo ricordato per tre motivi: la sua intelligente apertura alla gente, le sue iniziative inesauribili e... le sue trovate ingegnose che tenevano allegra la comunità.                  p. L.G.

Da Mccj Bulletin n. 173, gennaio 1992, pp. 47-53