Se è vero che la giornata si vede dal mattino, dobbiamo riconoscere che padre Cifaldi era nato per la scuola. Le sue pagelle scolastiche ne sono la testimonianza. La scuola fu per lui tutto. In essa realizzò la sua vocazione missionaria, ed essa - dopo essere stata «delizia e croce» - fu motivo psicologico della sua morte.
Ma procediamo con ordine.
Il 14 settembre 1933 entrò nel nostro seminario di Troia. Per un anno fu sotto la direzione di padre Bernardo Sartori che egli amò e stimò moltissimo. Alla morte di padre Bernardo, padre Cifaldi - allora a Verona presso l'Ufficio Nigrizia - rimase profondamente scosso e si adoperò con ogni mezzo perché le varie commemorazioni del confratello riuscissero solenni. Egli stesso tenne a Falzé di Trevignano (paese natale di padre Sartori) un discorso funebre che rimase famoso.
L'amicizia con padre Sartori si consolidò in Africa dove i due missionari vissero molto vicini fisicamente e spiritualmente. Fu padre Cifaldi che si interessò per primo alla raccolta di testimonianze in vista di una “vita” di padre Sartori.
Dopo il ginnasio a Brescia, dove il primo dicembre 1935 ricevette la Cresima, il superiore rilasciò il seguente giudizio: «Giovane intelligente, sveglio, attivo, con un bel carattere, aperto e gioviale. Ebbe dei momenti di crisi nei riguardi della sua vocazione, ma seppe superarli con generosità, vincendo le difficoltà che gli venivano sia dalla famiglia come dalla vita comune. Ha dimostrato attaccamento alla sua vocazione. La sua condotta a Brescia in quest'ultimo anno fu molto buona, osservante, regolare, specie negli ultimi mesi si mise con particolare impegno a compiere esattamente le sue cose. Buono spirito di pietà. Intelligenza distinta. Salute ottima».
L'8 agosto 1938 entrò in noviziato a Venegono. Il 7 ottobre 1940 emise i primi voti. Terminato il liceo a Verona nel 1942, si trasferì a Padova (come prefetto dei ragazzi) per la teologia che poi proseguì a Como, terminandola poi a Verona. Qui il 7 ottobre 1945 emise i Voti e il 7 luglio 1946 venne ordinato sacerdote.
Dal 1946 al 1950 fu a Troia e a Sulmona con gli incarichi di propagandista, economo e insegnante. Dal giugno del 1950 al luglio del 1951 soggiornò a Londra per lo studio dell'inglese. Nel mese di novembre di quello stesso 1951 partì per l'Uganda. Per due anni (novembre 1951-gennaio 1953) fu curato a Moyo; dal 1953 ebbe l'incarico di direttore del collegio di Koboko. Ed è qui che comincia la vera vita di padre Cifaldi, quella di “maestro”.
Direttore della scuola
Padre Cifaldi identificò il suo carisma missionario con quello della promozione umana attraverso la scuola junior di due classi; una quindicina d'anni dopo, questa scuola era diventata higher senior con sei classi e centinaia di alunni.
«Come frate fu un po' fuori da tutti gli schemi» disse padre Mich (che lo seguì poco dopo nella casa del Padre). Però subito dopo aggiunse: «Di Cifaldi ricordo il grande lavoro fatto in cooperazione con padre Sartori per la fondazione e lo sviluppo di Koboko, e qui è stato vero missionario. Ricordo i tanti ragazzi a cui ha pagato la tassa scolastica e che poi sono diventati i migliori maestri e collaboratori che io abbia conosciuto. Ricordo l'importanza alla religione che ha sempre dato in scuola: si è sempre assicurato un insegnante. Ricordo il gran daffare che si è dato al tempo di Amin per ottenere permessi a chi era minacciato di espulsione. Ma soprattutto voglio mettere in risalto tre punti:
1. L'instancabile lavoro. Dal mattino fino a mezzanotte ed oltre, sempre con i ragazzi, poi a correggere compiti, a esaminare il lavoro dei maestri, a scrivere lettere per fare piani. Ebbi occasione di viaggiare con lui e seguirlo dentro e fuori dai negozi, su e giù per le scale di uffici, e non era mai stanco. Ai ragazzi e ai maestri della scuola e, in tempo di calamità, alla gente, ha dato veramente tutto senza risparmiarsi. Se è vero che Dio ci giudicherà per quello che abbiamo fatto in favore del prossimo, Cifaldi ne ha in abbondanza da mettere sulla bilancia dalla sua parte.
2. Ho sentito molti studenti brontolare di Cifaldi, ma nessun ex studente. Il lavoro metodico e giusto di educazione rimaneva, e veniva grandemente apprezzato da coloro che, lasciato Koboko, si trovavano ben preparati ad affrontare la vita. Cifaldi costruiva.
3. Quel santo di Sartori ha sempre avuto la massima stima di Cifaldi. Certi nei li considerava piccolezze che scomparivano di fronte al gran bene che compiva. Si augurava che Cifaldi potesse tornare quanto prima (dopo la sua partenza nell'80) a continuare il suo lavoro. Il gran bene che Sartori ha avuto per Cifaldi e la stima che ha sempre nutrito per lui, erano sì frutto di tanta carità, ma anche segno chiaro che, dietro il fumo del suo non conformismo, Cifaldi arrostiva della buona carne».
Padre Raffaele Dellagiacoma, dopo aver detto che Koboko fu aperta sotto la pressione del governo inglese che voleva affermare l'influenza arabo-musulmana che dal Sudan anglo-egiziano sfociava in Uganda, dice: «I primi anni furono di continuo contrasto tra alcuni notabili musulmani e padre Cifaldi. Molti missionari erano pure contrari all'apertura, ritenendo che lo scarso personale fosse meglio impiegato altrove».
Cifaldi, che vedeva l'avvenire dell'Uganda nella preparazione di una classe dirigente valida e di sani principi, non mollò a costo di isolarsi dagli altri missionari. «Di conseguenza - continua padre Dellagiacoma - Cifaldi cominciò a sentirsi un pesce fuor d'acqua con i confratelli e con il loro modo di vivere: 'Chi non è con me, è contro di me'. Ci tenne sempre che il collegio fosse cattolico, e migliaia di professionisti e di maestri debbono la loro formazione al collegio di padre Cifaldi. Quando gli studenti pregavano in chiesa era sempre con loro: a celebrare la messa per loro e a recitare il rosario con loro. Quando erano in vacanza, anche lui faceva vacanza».
Lasciarsi morire
E venne la guerra d'Uganda. Nel 1979 padre Cifaldi dovette ritirarsi nello Zaire in quanto il fronte si avvicinò a Koboko. Cinque giorni dopo, però, era già di ritorno a ricominciare la ricostruzione del collegio saccheggiato dall'esercito di Amin in ritirata. Lavorò accanitamente contro il parere di coloro che suggerivano di attendere tempi migliori. Ma ecco che nell'80 l'esercito di liberazione saccheggiò nuovamente e missione e collegio riducendo il tutto a un cumulo di macerie.
È questa la vera data della morte di padre Cifaldi. Venne in Italia come un capitano che aveva visto la sua nave andare a picco.
Passato alla Provincia italiana, gli fu affidata la direzione dell'Ufficio Nigrizia di Verona. Sul tavolo teneva sempre le foto «della sua nave» che non esisteva più. Una segreta speranza lo sosteneva: forse sarebbe presto ritornato laggiù. Ma gli avvenimenti e gli uomini gli fecero capire che il suo turno era ormai passato.
Si ammalò di diabete, andò all'ospedale, uscì precipitosamente per cogliere l'ultima consolazione. Insieme a fratel Cornetti, suo amico di missione, andò in Inghilterra per essere presente all'ordinazione sacerdotale di padre Cirillo, il giovane tenente inglese che aveva deciso di farsi comboniano e sacerdote, affascinato dal lavoro che padre Cifaldi portava avanti in Uganda.
Poi la malattia, la cellulite misteriosa e a decorso precipitoso. Operato il 10 giugno, non riusciva a riprendersi. A chi gli suggerì di chiedere la guarigione al suo amico padre Sartori, fece un sorriso mesto. Cosa significava ormai il vivere per lui! Non reagì al male, non fece il minimo sforzo per riprendersi. Silenzioso e senza drammi si lasciò morire.
Erano le ore 9 del mattino del 28 giugno 1983. Popò dopo arrivava dall'Uganda una lettera firmata da Adomati Chris d'Acidri, ma scritta a nome degli studenti di Koboko. Tra l'altro si legge: «In quest'angolo dell'Uganda padre Cifaldi ha seminato la semente del regno di Dio. Dalla sua scuola sono usciti cittadini competenti che servono la nazione. Da pagana e sconosciuta regione, Koboko è diventata cristiana e ben nota nella mappa d'Uganda. Difficilmente sarebbe successo ciò senza padre Francesco.
Padre Francesco ti ricorderemo sempre.
Noi ex studenti del S. Carlo Lwanga,
noi studenti del Nilo dell'ovest,
noi studenti dell’Uganda,
noi studenti e cristiani vicini e lontani,
noi ti ricorderemo sempre.
Tu che hai votato la tua vita
alla Chiesa in Koboko;
agli smarriti spiritualmente
hai mostrato la via,
ai poveri nell'educazione
scolastica hai dato la formazione.
Padre Francesco,
noi ti ricorderemo sempre.
Ti conceda l'Onnipotente
la vita eterna,
ti conceda l'Onnipotente
il riposo eterno.
La salma di padre Cifaldi riposa nella “tomba di famiglia” dei missionari comboniani nel cimitero di Verona.
P. Lorenzo Gaiga
Da MCCJ Bulletin, n. 140, gennaio 1984, pp. 64-67