In Pace Christi

Parodi Diego

Parodi Diego
Data di nascita : 08/10/1916
Luogo di nascita : Linarolo PV/I
Voti temporanei : 19/06/1940
Voti perpetui : 19/06/1943
Data ordinazione : 07/07/1940
Data consacrazione : 21/06/1959
Data decesso : 09/01/1983
Luogo decesso : Ischia/I

            La morte è arrivata improvvisa cogliendolo nel suo letto, ad Ischia, alle prime ore di domenica 9 gennaio 1983. Sofferente di cuore dai lontani tempi della missione in Brasile, mons. Diego non si è mai risparmiato nella sua attività pastorale, persuaso che i motivi di salute non dovevano frenare un vescovo nel suo ministero.

            Era approdato in quell'isola del Mediterraneo dopo un lungo peregrinare e un travaglio interiore non comune che lui ha chiamato «un succedersi di fatti provvidenziali, a volte veramente sorprendenti che mi hanno sempre e fortemente fatto riflettere sulle amabili disposizioni divine a mio riguardo».

La chiamata

            Diego Parodi è nato a San Leonardo nel comune di Linarolo (Pavia) 1'8 ottobre 1916. Appena undicenne, entrò nel seminario di Pavia, rimanendovi fino al terzo anno di teologia.

In noviziato

            II 16 settembre 1938 Diego Parodi entrava a Venegono per il noviziato, dimostrando subito le sue doti di zelo missionario, di pietà, di coraggio e capacità organizzativa, ma anche il limite di un temperamento qualche volta troppo forte ed energico. I superiori intuirono che Diego sarebbe potuto diventare un leader; i compagni si auguravano che durante gli anni di formazione facesse una buona scorta di dolcezza e di mansuetudine. Infatti, dolcezza e mansuetudine furono i due punti sui quali Diego concentrò le sue forze, riuscendo a toccare cime veramente eccelse nel fatto della generosità del cuore e della bontà, anche se di tanto in tanto il vecchio orso faceva sentire la sua possente zampata.

Economo e mendicante

            Il 19 giugno 1940 emise i voti temporanei nella cappella del noviziato e il 7 luglio 1940 fu consacrato sacerdote. Eravamo in piena guerra mondiale. Padre Parodi fu subito nominato economo a Rebbio di Como (marzo '41 luglio '45). Erano gli anni duri della fame, dei bombardamenti delle truppe tedesche di invasione. Con un camioncino sgangherato, il novello sacerdote passava da una fattoria all'altra della zona facendosi mendicante per nutrire gli studenti comboniani.

            Fu durante le sue peregrinazioni in cerca di cibo che gli capitò un fatto davvero curioso. Ce lo racconta padre Fabio Bertagnolli. Un giorno ebbe un'avventura : i partigiani lo presero insieme a padre Bono e guidarono l'auto carica di tanta roba buona in una valletta poco distante dalla strada. In piedi, sul predellino della macchina, stava il capitano Franco Sirigatti che comandava il gruppo dei partigiani. Dopo qualche ora, il tempo necessario per razziare altre macchine di passaggio, i missionari furono lasciati liberi con i loro viveri... Nel 1956 il capitano Sirigatti, diventato missionario comboniano, si poneva a servizio di monsignor Parodi nella missione di Balsas. Durante il suo servizio come economo padre Parodi emise i voti perpetui, il 19 giugno 1943 , a Venegono Superiore. Padre Diego aveva dato buona prova di sé a Rebbio, per cui fu nominato superiore a Carraia (luglio '45 luglio '47) e poi a Brescia (luglio 47 luglio '50). Il suo modo di reggere la comunità fu giudicato «amabile, anche se talora energico». Dimostrò comunque intelligenza, virtù, bontà di cuore e grandi capacità organizzative.

            Dieci anni in ItaIia per un giovane che aveva lasciato la famiglia e la diocesi per consacrarsi totalmente alla vita missionaria erano decisamente troppi. I superiori lo capirono. Ma invece dell'Africa, padre Parodi dovette accontentarsi del Portogallo per coprire, a Viseu, la carica di economo e di superiore (dicembre '50 aprile '52).

I Comboniani in Brasile

            Nel marzo del 1951 padre Rino Carlesi, poi successore a Balsas di monsignor Parodi, lasciò il seminario comboniano di Viseu per recarsi in Brasile a cercare aiuti per i suoi seminaristi portoghesi. Quasi contemporaneamente, cioè il 3 luglio 1951, il cardinal Piazza comunicava al padre generale dei comboniani il desiderio del Papa di mandare comboniani in Brasile come missionari. Proprio in quei giorni, infatti, la diocesi di Caxias, al nord del Brasile, si sarebbe smembrata dando origine a una nuova prelatura. In data 19 febbraio 1952 i comboniani accettarono la cura pastorale di quel territorio nello stato di Maranhao. L'8 maggio 1952 partiva dal seminario di Viseu il primo scaglione di missionari comboniani guidati da padre Diego Parodi.

Partire da zero

            Racconta il cronista del viaggio : «Balsas è una cittadina di 5.000 anime. Il 10% è costituito da ricchi, il 90% da poveri, per non dire schiavi. In tutto il territorio c'è un unico sacerdote che ci ha accolto con grandissimo entusiasmo. Ci troviamo in un pezzo d'America che, a dire il vero, all'Africa tira molto vicino. La gente vede in noi, oltre che dei sacerdoti, degli amici che saranno in grado di aiutarla ad uscire dalla miseria morale e fisica in cui si trova».

            Padre Parodi e la sua «truppa» si rimboccarono le maniche. Tre giorni dopo il suo arrivo a Balsas, padre Parodi fu chiamato da un ammalato. Si trattava di un vecchio sdraiato su di una stuoia, avvolto in pochi stracci, piagato come un Giobbe, soffocato e mangiato da un nugolo di moscerini e zanzare. Si confessò per la prima volta in vita e morì pregando con il fervore di un angelo. In quell'uomo, padre Parodi vide il simbolo del suo popolo. Visite ai malati, conferenze ai genitori, catechismo ai bambini furono le attività che occuparono i nuovi venuti nei primi mesi.

Esplosione di opere

Seguendo la tradizione che affonda le radici nella Chiesa primitiva, padre Parodi e i missionari che lo affiancavano si diedero anima e corpo anche alla promozione umana oltre che all'evangelizzazione vera e propria. Il carattere impetuoso e impulsivo del «capo» portava il medesimo a commuoversi profondamente di fronte all'uomo povero, ammalato, ignorante. A questa commozione seguiva l'azione. Superando difficoltà che parevano insormontabili, iniziò la costruzione di un ospedale e cercò dottori per renderlo efficiente. Attrezzò una clinica per la maternità. Ma per costruire occorrevano mattoni. A Balsas c'era solo paglia e creta. Ecco allora la fornace per cuocere i mattoni con accanto una fabbrica di ceramiche. Per i tetti occorrevano travi e legname vario. Per le porte, per i banchi necessitavano assi. Ma con la calma dei segantini del luogo non si sarebbe concluso molto.

            Un motore Lombardini di 12 KW a nafta, dato che mancava l'elettricità, azionò la nuova segheria. I fratelli comboniani, benché pochi, avevano intelligenza e volontà per radunare alcuni giovani ed educarli al lavoro. Un po' alla volta le officine, le costruzioni, l'agricoltura e perfino l'associazione sportiva andavano formando l'uomo. Il catechismo, l'assistenza liturgica, la messa dei ragazzi, il canto sacro nelle chiese che erano sorte qua e là, le prediche, le settimane sociali, l'Azione Cattolica, formavano il cristiano.

            Dopo tre anni di intenso lavoro, nella sola cittadina di Balsas c'erano più di tremila comunioni al mese. Se c'erano difficoltà, e ce n'erano ad ogni pié sospinto, padre Parodi, parafrasando Comboni, diceva: «È segno evidente che quest'opera è del Signore; dobbiamo insistere».

Amministratore apostolico

            Il lavoro dei comboniani in Brasile fu davvero superlativo se dopo solo tre anni la missione di Balsas venne elevata a Prelatura e padre Parodi diventò Amministratore apostolico (agosto 1955). Il nuovo «quasi vescovo» partì in quarta. Sapeva troppo bene che la ignoranza voleva dire sfruttamento, per questo fondò la scuola magistrale Daniele Comboni per dare a tutta quella vasta regione insegnanti e catechiste qualificate. Padre Sirigatti intanto avviava per la zona dell'interland, immersa e abbandonata, il CAER (Centro di Assistenza e di Educazione Rurale) per la promozione delle maestre dei villaggi. Quest'opera, che trovò in monsignor Parodi un sostenitore, diventerà la materia prima delle attuali comunità ecclesiali di base «tanto benemerite della Chiesa dell'America latina » (Giovanni Paolo II). Poi fu la volta del collegio San Pio X.

            C'è da domandarsi dove trovasse la forza monsignore per tutte queste attività che seguiva personalmente fin nei minimi particolari e che molto spesso lo tenevano alzato fino alle due di notte. La risposta ci viene da padre Fabio Bertagnolli: «Monsignor Parodi pregava moltissimo ed aveva una vita interiore profonda». Il suo primo pensiero fu la costruzione di una chiesa ampia e bella. Sperava di avere, per il futuro, anche un seminario che gli desse sacerdoti.

            Padre Gesuino Podda continua: «Era un lottatore abbastanza autoritario, e questo è spiegabile in un vescovo di prima del Concilio. Allo stesso tempo, però, sapeva «perdere tempo» con la gente, conversava frequentemente seduto sui marciapiede con i grandi e con i poveri. Non cedeva sui principi, tuttavia dimostrava grande comprensione delle situazioni umane. E che dire della sua delicatezza? Sulla sua agenda segnava le date di compleanno di ogni confratello, e si poteva star sicuri che al momento giusto arrivavano i suoi auguri. Prendeva parte, e intensamente alle gioie e ai dolori di ogni confratello. Se sorgevano momenti di tensione tra di noi, egli interveniva con la massima attenzione e delicatezza». Continua padre Angelo La Salandra: «Sapeva incoraggiare i confratelli nelle difficoltà che incontravano animandoli sempre con ottimismo. Aveva una certa predilezione per i fratelli (le testimonianze in questo senso abbondano anche presso altri confratelli, n.d.r.) e li valorizzava nelle loro qualità naturali per il bene della missione. Voleva che si sentissero realizzati in pieno. In tutti lasciava una buona parola, e seminava il buon profumo di Cristo. Anche negli anticlericali. Il ministro socialista Neiva Moreira disse più di una volta: «Noi preferiamo dare le sovvenzioni a voi, monsignore, piuttosto che ai prefetti e governatori del Maranhao, perché sappiamo che gli aiuti a voi dati servono ai poveri».

            «Era un uomo ordinatissimo - scrive padre Cesare Donati - sempre a posto con il contegno e con il vestito, sia che camminasse, sia che andasse a cavallo. Come amministratore era di una scrupolosità e di una precisione ammirabili. Noi dicevamo: «Se monsignor Parodi dovesse morire improvvisamente, il successore non avrebbe difficoltà a raccapezzarsi e a capire la situazione economica della diocesi» . Per la solennità del suo modo di incedere poteva sembrare orgoglioso, ma in realtà era solo il suo atteggiamento esteriore. Sapeva accettare la correzione quando gli veniva fatta a viso aperto e sapeva anche riconoscere il proprio sbaglio. Se aveva da fare un'osservazione, non la mandava a dire, ma la faceva di persona. Poi tutto tornava come prima, come se nulla fosse capitato. Sapeva non solo perdonare, ma anche dimenticare. Non dimenticherò mai una sua frase : «Vedi, io sono come un riccio di castagna: fuori ci sono le spine. Lo riconosco, e mi dispiace, ma se tu lo apri, ci trovi la castagna».

Vescovo: non mi appartengo più

            Nel 1959 la prefettura apostolica di Balsas aveva fatto passi da gigante. I comboniani avevano aperto numerose parrocchie nel territorio e si erano fatti benvolere dalla gente. I tempi erano maturi perché Balsas fosse elevata al rango di prelatura.

            Il 21 giugno di quell'anno, monsignor Parodi fu consacrato vescovo nella chiesa di Nostra Signora di Lourdes di Rio de Janeiro. Nella visita che il nuovo vescovo fece a Papa Giovanni XXIII si sentì dire a bruciapelo: «C'è il seminario nella tua prelazia?». «Non ancora » rispose monsignor Parodi. «Ebbene, torna a Balsas e sia la prima cosa che devi fare» rispose il Papa». Il 25 marzo 1962, festa dell'Annunciazione, anche il seminario divenne una realtà. Padre Angelo La Salandra, fratel Guido Zabeo e altri confratelli diedero il meglio di sé per quest'opera che qualche altro giudicava inopportuna e inutile ma che ha già dato buon frutto . «Quella di essere un buon pastore - afferma fratel Zabeo - era l'unica aspirazione di monsignor Parodi. "Non appartengo a me stesso, ma a tutti voi - diceva - . È per voi il mio cuore, la mia mente, la mia vita. Il mio cuore perché ami Dio e voi, la mia mente perché pensi a Dio e a voi, la mia salute perché sia consumata per Dio e per voi, il mio tempo perché sia unicamente di Dio e di voi". Questa frase l'ho sentita ripetere diverse volte e mi ha fatto tanto bene».   La salute intanto cominciava a dare qualche segno negativo. Decisamente, un uomo, per quanto forte fosse, non poteva reggere a quel ritmo. Eppure anche da vescovo si riservava i «safari» più lunghi e difficili. Viaggiava sotto il sole e sotto la pioggia, di giorno e di notte, con la febbre o la diarrea pur di essere puntuale e fedele al programma inviato precedentemente alle comunità. Arrivato dopo ore e ore di cavallo, cominciava subito il catechismo, le visite agli ammalati, l'amministrazione dei sacramenti. Col passare degli anni, anche il suo temperamento si addolciva. Ciò non era frutto della vecchiaia, ma della continua lotta contro se stesso per impadronirsi finalmente di quella mitezza e mansuetudine di cui sentiva il bisogno.

Crisi di identità

            Il luglio 1965 fu una data importante per monsignor Parodi: celebrava il suo 25° di sacerdozio. Tutta la diocesi si mise in moto per i festeggiamenti «alla brasiliana». Egli nascose la «sua» festa in quella dell'Eucaristia. E indisse il primo congresso eucaristico di Balsas. La circostanza contribuì a radunare tutto il popolo e folte rappresentanze delle parrocchie lontane.

            Non lo disse a nessuno, ma quello era il suo addio definitivo alla missione. Poco dopo infatti, partiva per l 'ultima sessione del Concilio Vaticano II e non sarebbe più ritornato. Che cosa fece decidere monsignor Parodi a dimettersi da vescovo di Balsas? La risposta non è facile, perché l'interessato maturò ogni decisione nell'intimo del suo cuore. I missionari di Balsas sono concordi nell'affermare che questa scelta è certamente frutto di tanta preghiera e intima sofferenza. Di sicuro un ruolo preponderante in questa decisione ce l'ha avuto la salute sempre più malferma. Da un po' di tempo il cuore perdeva colpi. Ma c'è stato dell'altro. Monsignor Parodi aveva frequentato tutte le sessioni del Concilio. In quella sede si era parlato di un nuovo tipo di Chiesa. Il carattere autoritario di mons. Parodi non gli avrebbe facilmente permesso di dare al suo governo un carattere collegiale. Egli credeva molto nella «grazia di stato » inerente all'ufficio di Pastore di una diocesi. Poi c'erano i laici che venivano avanti. Quale spazio avrebbe egli saputo o potuto dar loro? Il Concilio aveva parlato anche di una chiesa povera. Che senso si doveva dare a questo termine? Le officine di meccanica e falegnameria, la segheria e la fabbrica di mattoni davano alla missione un aspetto capitalistico, giustificato dalla necessità di provvedere alle infrastrutture della nuova Prelatura. Il popolo entusiasta vedeva in monsignor Parodi il protagonista del progresso di Balsas, mentre alcuni, col passare del tempo vedevano in tutto quel mondo una espressione di potere economico e accusavano la Chiesa di avere l'egemonia su Balsas. Un certo numero di confratelli comboniani vedevano il vescovo come una figura staccata dalla nuova Chiesa che veniva avanti, uno che curava il centro trascurando la periferia. Sta di fatto che la solitudine spirituale fu motivo di grande sofferenza per monsignor Parodi, a torto o a ragione. Ed egli cominciò a porsi delle domande, guardando non se stesso, ma il bene della sua Chiesa di Balsas. Uomo di grande preghiera, uomo di intensa fede e di immensa umiltà, uomo di indiscusso attaccamento alla Chiesa nella quale era cresciuto e al Papa, preferì mettersi in disparte.

            Se monsignor Parodi fu un grande vescovo durante il suo servizio alla Chiesa latino-americana, dimostrò di essere ancor più grande rassegnando le sue dimissioni. La coerenza, prima di tutto; la consapevolezza dei propri limiti; il non venire a patti con il compromesso. Questo era lo stile di monsignor Parodi.

Un nuovo cammino

            Nel 1966 monsignor Parodi era definitivamente in Italia per nuovi compiti che la Santa Sede gli volesse affidare. La sua presenza spirituale in Brasile, però, continuò e continuerà per sempre. Dopo un ricovero in ospedale per rabberciare il cuore, con esito discreto, il Papa nominò monsignor Parodi amministratore apostolico di Gubbio e di Città di Castello. Ma la sua salute richiedeva un clima marino. Così il Santo Padre lo mandò prima ausiliare a Napoli poi vescovo ad Ischia.

            Ad Ischia monsignor Diego divenne ben presto un'istituzione. Lui, uomo del nord, seppe integrarsi meravigliosamente con la gente del sud. Con una certa frequenza andava a visitare i confratelli comboniani che si trovano a Napoli. Arrivava improvvisamente, alla buona, mangiava quel che trovava, fosse pure pane e formaggio, chiacchierava del più e del meno, sempre allegro, ottimista e sorridente. Chi l'ha conosciuto in questo periodo fa fatica a vedere in monsignor Parodi «il grande capo» di cui altri parlavano. Era solo un fratello, neanche il maggiore, che s'intratteneva con altri fratelli. Le missioni rimasero fino all'ultimo istante l'interesse più grande del vescovo Parodi. In terra di missione, e tra la gente del sud, è stato amato come un padre e un amico carissimo, ed è stato pianto da tutti, senza distinzioni di credo o di partito, perché queste distinzioni il vescovo di Ischia le aveva superate da sempre. Il pianto che accompagnò la sua dipartita, fu un pianto corale, un pianto soprattutto di poveri brasiliani, i quali hanno capito che il messaggio evangelico va predicato non soltanto con le parole, ma soprattutto con le buone opere realizzate nel sacrificio e nella dedizione totale a Dio in favore dell'Uomo.                P. Lorenzo Gaiga Mccj