«Nella mia preghiera ho cercato la sapienza: mi ha rallegrato come una primizia».
Questa antifona al Benedetto, viene recitata nella festa della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo - 16 luglio - giorno della morte del nostro caro Fr. Giuseppe Farina.
Le parole di questa preghiera, in certo qual senso, si possono applicare a Fr. Giuseppe, perché è stato un uomo di preghiera. Ogni giorno vi dedicava almeno quattro ore.
a soldato a novizio
Nel maggio del 1927, il giovane Giuseppe si trova a Milano per il servizio militare. In quei giorni invia una lettera al superiore dei Comboniani della comunità di Verona, scrivendo: «Da lungo tempo ho il desiderio di farmi religioso Missionario, mi sono consigliato col mio confessore e col Parroco Don Pio Consolaro e, col suo consenso, umilmente domando per essere accettato nella sua Congregazione, in qualità di fratello coadiutore».
Il Superiore desidera avere delle informazioni, e scrive al Parroco Don Pio, il quale prontamente risponde: «Farina Giuseppe è e fu sempre un S. Luigi. È e fu sempre un apostolo prima in casa poi fuori. È pieno di sano criterio e buona volontà e di profonda pietà... È la perla della mia parrocchia, fratello di Suor Stella Farina, ed è anche benestante e stimato da tutti...».
Passerà un po' di tempo prima che Giuseppe possa entrare in Noviziato. Finalmente il 7.4.1929 potrà scrivere al P. Vianello: «Unisco con le pratiche richieste il mio più sentito ringraziamento pel sì tanto prezioso colloquio accordatomi; che mi fa traboccare dal cuore una santa gioia, specialmente per essere stato accettato nella sua bella famiglia... Quando penso dei miei sogni e desideri, così tante volte falliti, ed ora in vera realtà (spero in grazia di Dio) non so trattenere le lagrime... Ed ora non voglio sapere cosa saprò fare in missione, ma lui farà di me ciò che vorrà, ed io spero in grazia dei suoi lumi, accettare tutto, qualunque cosa, purché farmi santo, e per la sua maggior gloria e per la salvezza di quelle anime per cui ho votato la vita».
Varie destinazioni
Il 7 ottobre 1931, Fr. Farina offre al Signore la sua vita attraverso la professione dei Consigli Evangelici. Poi viene destinato a Carraia come cuoco. Dall'ottobre del 1933, frequenta per un anno la scuola agraria di Remedello. Nel 1934 si trova a Roma come cuoco. Nel 1935 parte per l'Uganda (Gulu, Katigondo...). Nel 1948 ritorna in Italia, dove si ferma per circa un anno. Poi riparte per l'Uganda, dove presta il suo servizio in varie attività nelle missioni di Gulu, Lodonga e Warr.
Nel 1960 ritornerà in Italia per l'ultima volta. Nel 1961 si trova già a Warr, dove trascorrerà gli ultimi vent'anni della sua vita.
Dalle relazioni sul personale che i superiori (in quegli anni) facevano al Provinciale, i riferimenti su Fr. Giuseppe sono buoni, le voci più comuni sono: ottimo religioso, generoso nel sacrificarsi e uomo di preghiera.
Nei miei incontri con lui nel 1976 e nel 1981 tre mesi prima della sua morte, sono rimasto colpito dal suo modo di vivere, soprattutto per quanto riguarda preghiera-lavoro-povertà e apostolato. Ricordo bene alcune sue parole che mi ha detto durante l'ultimo incontro: «Se volete avere dei buoni Comboniani Africani, dite agli educatori che formino gli aspiranti ad avere un grande amore a Gesù, attraverso il Culto del Mistero Eucaristico, ed averlo come il loro più grande Amico».
Testimonianza
P. Fernando Colombo è vissuto a Warr per circa due anni assieme a Fr. Farina. La sua testimonianza ci aiuterà a conoscere meglio la personalità e la vita di Fr. Giuseppe.
«Se ne è andato in Paradiso in punta di piedi senza voler disturbare nessuno come si era previsto.
Una settimana prima era uscito ancora come sempre con la moto, per una visita ad un poveraccio. Tornando, uno di quei temporali africani improvvisi gli avevano regalato una brutta broncopolmonite. “È un po' di tosse, rispondeva, ho bisogno solamente di riposo e tutto si metterà a posto”. Sembrava imbarazzato quando ci si interessava di lui abituato come era a pensare agli altri e ad accontentarsi dell'indispensabile per se stesso.
Il mattino del 16 luglio lo abbiamo trovato consapevolmente composto per terra dove aveva atteso la morte in una tranquillità francescana. Quelli che l'hanno conosciuto sanno che conduceva uno stile di vita da trappista. Estremamente sobrio in tutto. Dalle 5.30 alle 7.30 del mattino e della sera quotidianamente in adorazione.
Leggeva molto e parlava volentieri delle sue letture edificanti anche se di sapore preconciliare. Da una decina di anni non toccava la carne a tavola. Dormiva su una tavola, che non aveva niente di un letto normale. Di poche parole, sorprendeva per le frequenti uscite umoristiche e il sorriso che rivelavano un animo sereno dietro l'apparenza ascetica e perfino un po' dura.
Ogni domenica si recava con la moto in due differenti cappelle portandovi l'Eucaristia e dirigendovi la preghiera. Predicava nella lingua Alur che conosceva bene.
La sua carità verso gli africani proveniva da una donazione sicura e totale della sua vita per loro. I poveri, i vecchi, gli ammalati hanno perso un consolatore e un sostegno in tutto. Quasi ogni giorno faceva un giro per rispondere alle chiamate o di sua iniziativa. Aveva qualcosa per tutti, oltre alle parole portava una medicina, qualcosa da mangiare, un vestito. Sembrava preferire i non cattolici nelle sue visite: “Per i cattolici c'è la S. Vincenzo che ci pensa, io vado dai protestanti, mussulmani, pagani”.
Molte vecchiette, accusate a casa loro di essere streghe e minacciate seriamente di morte, hanno trovato rifugio e cibo presso di lui. Le ha ospitate ed aiutate per anni, e molte volte fino alla morte. Ogni giorno raccoglieva gli avanzi della nostra tavola per portarli loro.
Abitualmente sereno, era a volte scorbutico questo Fr. Farina a viverci assieme! Soprattutto dopo il Concilio aveva fatto fatica ad orientarsi nei molti cambiamenti avvenuti nella Chiesa e Congregazione. Sembrava avesse adottato una soluzione di difesa, ritirandosi nella preghiera e non interessandosi troppo delle novità. Questo spiega forse perché da alcuni anni non partecipasse più agli Esercizi spirituali in comune (benché tutta la sua vita fosse ritiro e preghiera) ed evitasse ogni incontro o confronto.
Viveva in un magazzino vicino alle piante di caffè e lo si vedeva sicuramente solo in chiesa e a cena.
Lo abbiamo visto diverse volte alterato anzi addirittura minaccioso con ragazzi e adulti. Succedeva quando si continuavano giochi o attività attorno alla chiesa, dopo che era suonato l'Angelus delle 6 di sera. Questo è stato senz'altro uno dei limiti più vistosi in lui che non ammetteva ragioni od eccezioni in tali circostanze.
Si capiva però bene che lo faceva per un suo zelo un po' nostalgico per il Rosario detto a quell'ora in chiesa.
Passata la burrasca, anche i bambini sapevano che lo si poteva avvicinare impunemente per ricevere manghi e banane che regalava quasi per farsi perdonare la sfuriata. Non era capace di serbare rancori. Organizzatore efficace, era stato il primo ad iniziare a Gulu una fattoria rurale modello. Un'opera di sicura promozione umana, riconosciuta e lodata dal governo inglese. Anche l'attuale governo gli aveva recentemente concesso la residenza a vita per la sua lunga permanenza in Uganda; 45 anni di promozione umana e sociale. Oltre ad uno specialista dell'agricoltura (aveva un diploma della scuola agricola di Remedello-Brescia), Fr. Farina è stato un factotum per la gente di cui condivideva la vita.
Ha costruito chiese (anche se non era la sua specialità), ha riparato macchine, ha dato consigli e aiuti di ogni genere senza ambizioni personali cercando di entrare nella situazione della gente locale e servendosi dei loro mezzi.
Anziano e saggio, era onorato da tutti come un «Jadit» (uomo autorevole) a cui si deve rispetto, amicizia, onore.
Diceva però: «Non pensate che sia venuto in Africa per l'agricoltura, sarei rimasto a casa mia; a me interessa l'incontro con la gente, i miei poveri, l'apostolato». E non ha mai voluto interessarsi dei proventi del suo lavoro agricolo; non voleva conoscere il bilancio, benché fosse un ottimo amministratore.
Ed era conosciuto da tutti. Chi non ha conosciuto «Fratello Farina» sulle colline di Warr-Zeu? I bambini sapevano tutti distinguere il rumore della sua lenta moto, per correre sul viottolo a battere le mani.
Gli adulti si sapevano conosciuti intimamente da lui nella loro vita personale e familiare.
Quando gli si chiedeva di qualcuno, bisognava aver tempo di ascoltare la descrizione di tutta la parentela, delle vicende familiari e personali e una valutazione della situazione morale, spirituale dell'interessato. E sorprendeva in lui, così intransigente e severo nella morale cristiana, il giudizio misericordioso che applicava ai cristiani concreti non a posto con i dieci comandamenti. Verso gli africani mostrava sempre amore, comprensione e fiducia, benché pochi come lui li conoscessero anche nei loro difetti.
Il suo funerale, per circostanze occasionali (provvidenziali) è stato inaspettatamente grandioso. Come mai, in quell'occasione si sono trovati casualmente a Warr il Vescovo, il Provinciale, il Vescovo protestante, un Assistente Generale, un numero straordinario di Comboniani/e e Sacerdoti diocesani oltre alla folla Alur. «Hai visto?» direbbe lui col suo sorriso sornione, «il Signore mette a posto tutti».
Questa interessante testimonianza di P. Fernando Colombo ci invita a ringraziare il Signore per il dono fatto alla Congregazione nella persona di Fr. Giuseppe Farina.
A questo caro Fratello chiediamo di pregare per noi con la stessa preghiera che la Chiesa ha elevato al Signore nel giorno della sua morte: «Assisti i tuoi fedeli, Signore, nel cammino della vita e, per l'intercessione materna della beata Vergine Maria, fa' che giungiamo felicemente alla santa montagna, Cristo Gesù, nostro Signore, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli». fr. enrico massignani
Da MCCJ Bulletin, n. 133, ottobre 1981, pp. 77-80