Mercoledì 22 aprile 1981 mi trovavo a Gulu per visitare i nostri confratelli. Assieme a P. Biancalana (allora Provinciale) e a P. Miotti, sono andato all'ospedale per visitare Fr. Francesco. Lo abbiamo incontrato nella sua stanza, seduto su una poltrona, con la corona tra le mani a sgranare rosari. Amava molto la Madonna.
Erano passati 5 anni dal nostro primo incontro avvenuto a Ombaci. Lo ritrovavo molto cambiato e deperito. In cuor mio pensavo che difficilmente avrebbe rivisto la sua amata Uganda. Dopo qualche giorno dal nostro incontro, partiva per l'Italia. Sperava di recuperare la salute e ritornare in missione per essere ancora utile in qualche comunità. Invece, dopo poco più di un mese, Fr. Francesco ci lascerà per andare nella Casa del Padre.
Al suo funerale nel paese natale, era presente Mons. Cipriano, vescovo di Gulu. Nella S. Messa, durante l'omelia, rivolgendosi ai numerosi fedeli, ricordava il gran bene operato dal Fratello durante il mezzo secolo vissuto da religioso e missionario in terra ugandese.
E concludeva dicendo: «Ci avete dato un uomo, un cristiano, un discepolo, un apostolo; vi abbiamo restituito un santo».
Pellegrino missionario
Fr. Landonio è stato un missionario “disponibile”. La sua vita è stata movimentata. È passato per diverse missioni, prestando il suo fraterno servizio.
La sua vita religiosa inizia a Venegono nel 1926 come novizio. Nel 1928 si dona al Signore con la prima professione religiosa. Nel 1929 si trova già in Uganda e precisamente a Lodonga, poi Kitgum. Dopo 10 anni ritorna in Italia per circa un anno. Nel 1939 è ancora a Lodonga, poi Kitgum, Moyo, Nyapea. Dopo 12 anni ritornerà in Italia per un po' di vacanze. Ancora in Uganda, presterà il suo servizio nelle missioni di Koboko, Layibi, Pakele, Maracia, Warr, Ombaci e Gulu.
Il suo è stato un servizio ad omnia, tanto necessario in quegli anni dove le missioni avevano bisogno di persone che sapessero fare un po' di tutto. Oltre alla sua disponibilità e versatilità, Fr. Francesco era fortunato perché poteva comunicare con gli operai e con la gente attraverso la sua conoscenza di alcune lingue. Oltre all'inglese, sapeva il Madi, Logbara, Acoli e Alur.
Pellegrino per amore del Signore, univa all'obbedienza la sua dedizione e servizio per il bene della Chiesa locale.
Testimonianze
P. Picotti. «La sua caratteristica più evidente è stata una regolarità esemplare e assidua, esatta fino alla lettera, forse meticolosa, soprattutto nelle pratiche di pietà e alle norme particolari della regola... A questa regolarità aggiungeva - come dicono le relazioni dei Superiori – un’operosità notevole, una laboriosità instancabile. Lavorava anche quando era stanco, anche quando non stava bene.
Era difficile convincere Fr. Landonio a fermarsi; tanto più che era lui il medico di se stesso... Non possiamo tacere un altro aspetto caratteristico della sua personalità, e a volte ne accennano i documenti. Nel 1950, l'allora Superiore Regionale e poi Vescovo di Gulu, P. Cesana, scriveva che il Fratello aveva la tendenza a giudicare e criticare anche quello che era fuori dal suo campo, come metodi di ministero, politica, ecc. P. Santi, di cara memoria, scriveva di lui qualche anno più tardi: «Un buon Fratello, anche se le parole possono farcelo credere un criticone mai contento». Io sono stato con lui tre anni nella stessa missione di Maraca e fui per cinque anni suo Superiore Regionale. Certo, alle volte non era facile vivere insieme per queste sue continue osservazioni; però, approfondendo e pensandoci, ci si accorgeva davvero che, anche se non si poteva approvare il modo, il suo desiderio era proprio quello che tutto andasse bene».
P. Pierino Landonio. «Con tutta sincerità posso dire che Fr. Francesco è stato per me l'ispiratore della mia vocazione missionaria; così come certamente lo è stato per altri due Padri Comboniani, P. Egidio Grassini e P. Giambattista Moroni.
Mi ricordo quando Fr. Francesco ritornava dalla sua missione d'Uganda, una volta ogni dieci anni, prima, e poi ogni 5 o 6 anni; e tutte le volte veniva volentieri a conversare sulla sua missione a casa di mio papà, suo primo cugino. Con queste conversazioni, quasi senza saperlo, Fr. Francesco instillava in me quel desiderio di dedicarmi, io pure, a quei popoli neri e poveri presso cui lui stesso prestava la sua opera, umile e concreta come fratello laico consacrato alle missioni... Quando mi scriveva, avevo l'impressione che mi ritenesse il corrispondente preferito, donandomi paternamente quei consigli di cui avevo bisogno per la crescita nella mia vocazione...
L'ultima volta che lo vidi fu alla mia ordinazione sacerdotale. Venne appositamente dall'Uganda per parteciparvi. Mi ricordo che mi disse: “È l'ultima volta che vengo in Italia”. II Signore volle che ci ritornasse per dare l'ultimo saluto al suo paese natale; ci ritornò a dare la sua estrema testimonianza di apostolo del Vangelo. Tutto il mese di maggio lo passò in ospedale, sgranando il suo santo Rosario per la sua terra d'Uganda»
P. Lorenzo Bono. «Fui con lui per un po' di tempo a Paidha. Era un uomo di grandi capacità, un vero Fratello di una volta che sapeva fare un po' di tutto. Dal muratore al falegname, all'ortolano. Aveva poi una particolare abilità nell'aggiustare orologi, motorini e altre cose del genere. ... Era di una perfetta osservanza religiosa, fedele alle sue pratiche di pietà fino allo scrupolo: meditazione, visita, lettura spirituale e poi trovava sempre il tempo per frequenti visite in Chiesa... Aveva però i suoi piccoli difetti come abbiamo tutti. Era alquanto facile a brontolare e criticare sistemi nuovi che a lui non andavano. Era pure alquanto duro coi lavoratori e molto esigente».
P. Vittorio Trabucchi. «Il suo funerale fu un trionfo: merito questo della presenza di Mons. Cipriano che presiedette la messa esequiale, concelebrata da 18 sacerdoti (la maggioranza Comboniani). Nel momento della sepoltura, mi sono sentito in dovere di richiamare il suo esempio di preghiera, come lo vidi in missione e come lo vidi all'ospedale di Busto. "Non sono mai solo con questo" - mi diceva mostrandomi il Rosario, durante una mia visita all'ospedale. Un'altra volta, sempre a Busto, arrivo mentre dolorante si sforza di dire "vespro". Gli faccio un dolce rimprovero, mi guarda e dice: "l'importante è pregare"».
Nel marzo del 1926, Fr. Landonio aveva inviato una brevissima lettera (5 righe) al Superiore Generale, scrivendo: «Tornando dagli Esercizi, da un anno e mezzo sento che Dio mi chiama a una missione divina; dopo aver chiesto consiglio ai miei superiori chiedo di entrare in questo istituto di Missioni Africane come fratello coadiutore».
Fr. Francesco ha compiuto la sua missione. È rimasto fedele per oltre 50 anni alla vita religiosa e missionaria. Ringraziamo il Signore per aver dato all'Istituto Fr. Landonio, e allo stesso tempo chiediamogli altre vocazioni di santi Fratelli.
fr. enrico massignani
Da MCCJ Bulletin, n. 133, ottobre 1981, pp. 74-76