«Il giorno 3 ottobre, domenica, il Fratello come il solito aveva ascoltato la S. Messa parrocchiale delle 7,30, era venuto all'altare per la S. Comunione. Alla fine della Messa aveva raccolto dal panierino le offerte che era solito contare e s'era ritirato in stanza. Qui la Suora infermiera gli aveva controllato la pressione e l'aveva trovata normale. Subito dopo ci aveva raggiunto per la colazione. Ad un tratto il Fratello Soster si accorge che Fr. Faustino stenta a portare il cucchiaio alla bocca e a deglutire, e alla domanda se non si sentisse bene non riesce a rispondere chiaramente. Lo portammo subito a letto nel reparto costruito apposta per i nostri confratelli malati, annesso all'ospedale, e qui gli si prestarono le cure necessarie. Il Dott. Ambrosoli diagnosticò una emorragia cerebrale causante paralisi parziale della lingua e della parte sinistra del corpo. Cominciò così il lento spegnersi del nostro caro Fratello. Al pomeriggio ci radunammo insieme accanto al suo letto per amministrargli il Sacramento dell'Unzione degli Infermi. La Fede, il fervore del santo religioso nel ricevere questo Sacramento, la S. Comunione che ancora poté ricevere, l'offerta della sua vita, la rinnovazione dei suoi voti religiosi, i baci prolungati al Crocifisso della 1a Professione, suscitarono in noi impressioni che non si cancelleranno facilmente. Si spense serenamente alle 2 della notte del 14 ottobre. Aveva 84 anni. I funerali si svolsero il giorno seguente. I confratelli vicini e lontani si sono affrettati a venire numerosissimi. Era presente il Vescovo Mons. Cipriano Dr. Kihangire col suo vicario generale Mons. Celestino Odongo, e una massa di cristiani in preghiera. Fu sepolto accanto ai confratelli P. Arturo Chiozza, morto 40 anni prima nello stesso giorno 14 ottobre, e P. Domenico Spazian. La partecipazione amorosa, spontanea e commossa ai suoi funerali testimonia quanto fosse conosciuto, stimato e amato il nostro caro Fr. Faustino» (Padre D. Vitalini).
Nato a Mezzano di Primiero (Trento) il 2 ottobre 1892, Faustino Cosner entrò da noi a soli 15 anni, nel 1907. Fatta la prima professione il l° novembre 1913, passò i primi anni della sua vita religiosa a Verona, lavorando in tipografia e in cucina e apprendendo i primi rudimenti di meccanica, falegnameria, muratura, ecc. che formavano il corredo culturale e professionale dei nostri Fratelli missionari di quei tempi. Dopo un lungo periodo di malattia e convalescenza in famiglia, nel 1917 fu destinato a Roma, (dove c'era la Procura Generale presso la chiesa dei SS. Vincenzo e Anastasio presso la Fontana di Trevi). Un anno dopo passava alla Scuola Apostolica di Brescia, e nel 1919 era di nuovo in Casa Madre a Verona, sempre addetto ai vari uffici di casa - «ad omnia», come si usava dire.
Formatore di tecnici
Nel 1921 Fr. Faustino raggiunse la missione di Torit nel Sudan meridionale, che allora faceva parte della Prefettura apostolica del Nilo Equatoriale, e tre anni più tardi Gulu in Uganda, dove egli iniziò la sua professione di istruttore meccanico, che esercitò fino alla sua morte.
Nel 1931 ritorna in Italia per un periodo di riposo e lo troviamo addetto «ad omnia» a Verona e alla formazione degli Aspiranti Fratelli a Thiene.
Nel 1932 ritorna a Torit dove rimase per 17 anni, inclusa una breve permanenza nella nuova missione di Cukudum.
Dopo la seconda ed ultima vacanza in patria nel 1950, ritornò definitivamente in Uganda e fu successivamente a Ombaci, - dove ebbe un infortunio sul lavoro per cui gli venne amputata una mano - Maraca, Layibi, Morulem e Kalongo. Ombaci e Layibi erano le due grandi scuole tecniche fondate e dirette dai nostri missionari nelle quali i fratelli erano i principali istruttori. Affluivano ad esse centinaia di giovani che avevano ricevuto la prima educazione nelle «rural technical schools» delle missioni di Arua, Moyo, Nyapea, Gulu, Kitgum, Lira, etc. Più tardi le «rural technical schools» vennero soppresse dal governo, e Ombaci e Layibi dovettero abbandonare in parte il loro programma di formazione tecnica: cosa che Fr. Faustino e tanti altri Fratelli deprecarono come dannosa al sistema educativo di un paese in via di sviluppo.
Ma non fu solo nelle classi di Ombaci e Layibi che Fratel Faustino preparò alla vita i giovani ugandesi. La sua preoccupazione e ambizione era di dare a tutti quelli che egli impiegava nelle sue officine di missione una formazione tecnica per cui fossero capaci di trovare un impiego e una buona sistemazione economica. Di lui tutti ricordano in coro la dolce pazienza, la sua instancabile volontà di insegnare, la sua disponibilità ad aiutare tutti e con che competenza e bravura! Macchine e motori non avevano segreti per lui. Gli bastava un'occhiata, un istante di ascolto, per individuare il difetto e suggerire il rimedio. P.S. Benetazzo racconta come il Fratello rimise a nuovo la jeep di Morulem bloccata nel fango di un fiume in piena tra Kotido e Kaabong e salvata dalle acque dopo quattro giorni. E continua: «Animato sempre da un esemplare spirito di povertà, con l'aiuto di un ragazzo da lui preparato, si mise a riparare e rimettere in uso tante cose che erano state accantonate. Mise a punto l'impianto elettrico, costruendo prima il fabbricato e installando poi il gruppo elettrogeno con l'intero complesso di distribuzione dell'energia elettrica. Non stava mai fermo: sorvegliava che tutto fosse in ordine in missione. Si prendeva cura del lavoro dei falegnami e assisteva anche i muratori nei lavori modesti che non esigevano la sua presenza sulle impalcature. Nel pomeriggio si dedicava volentieri alla cura delle piante da frutto e dei fiori per abbellire la missione. Era sempre pronto a prestare i suoi servizi anche fuori di casa e alla gente dei villaggi che portavano a lui i loro utensili da riparare. Il sabato faceva volentieri un giro a caccia per procurare carne per la comunità e per i catecumeni. Luka, il suo fedele aiutante, gli faceva da autista, lui imbracciava il fucile pronto all'azione. Per supplire alla mano sinistra s'era preparato un sostegno su cui poggiava la canna del fucile appena era in vista della selvaggina. In questi ultimi anni m'è parso che soffrisse molto sia perché la salute non gli permetteva di prestare tutti i servizi che il suo cuore desiderava, sia anche a causa delle innovazioni e cambiamenti nella nostra vita ai quali egli comprensibilmente non riusciva ad adattarsi».
Fino all'ultimo
Riprendiamo la testimonianza di P. Vitalini: «Pioniere, tecnico e maestro. Ma quello che amiamo ricordare in lui è specialmente il suo esempio di religioso osservante e fedele. La sua puntualità proverbiale che suscitava la scherzosa affermazione che si sarebbe potuto regolare il proprio orologio al suo apparire o al suo ritirarsi. La sua povertà che lo spingeva a fare a meno di tante piccole cose che gli sarebbero state utili. La sua preoccupazione di non dar disturbo a nessuno: pur menomato di una mano ingegnandosi con morse e con appigli era completamente indipendente, riconoscentissimo però quando gli si rendeva qualche piccolo servizio. Fino all'ultimo, quando lo trasportavamo sulla sedia verso la stanza insisteva che lo lasciassimo camminare con le sue gambe. Povere gambe stanche e dolenti, quanto hanno camminato per accorrere dovunque c'era bisogno del suo qualificato aiuto fino all'ultimo. Non avremo più la sua silenziosa ma calda presenza, il suo arguto ragionare, il suo interessamento per tutte le opere della missione. Con quanta attenzione seguiva lo svolgersi del lavoro apostolico! Ora riposa nel nostro cimitero di Kalongo. Ultimamente era in apprensione che non gli rinnovassero il permesso di restare in Uganda. Non c'è più nessuno che lo possa scacciare. Ha dato la sua vita intera per gli Africani, risorgerà tra loro, insieme a loro».
Da Bollettino n. 115, dicembre 1976, pp.56-58