In Pace Christi

Barbisotti Angelo

Barbisotti Angelo
Data di nascita : 31/10/1904
Luogo di nascita : Osio Sotto BG/I
Voti temporanei : 01/11/1922
Voti perpetui : 01/11/1927
Data ordinazione : 15/07/1928
Data consacrazione : 02/02/1958
Data decesso : 16/09/1972
Luogo decesso : Limones/EC

Era nato a Osio Sotto, Bergamo, il 31.10.1904. Entrò in noviziato a Savona nel 1920 e fece i primi voti a Venegono nel 1922; subito dopo l'ordinazione sacerdotale a Verona nel 1928, passò due anni in Inghilterra a Southampton, per ragioni di studio, e poi andò in Africa, nel Bahr-el-Gebel. Per ben 16 anni fu nel seminario di Okaru (1931-1947); quindi per 6 anni negli USA per propaganda e ministero. Per poco più di un anno, settembre 1953 - dicembre 1954, fu Superiore Regionale in Inghilterra. Fu poi nominato Amministratore Apostolico di Esmeraldas (aprile 1955) e, nel dicembre 1957, Vicario Apostolico. Due mesi prima della morte aveva avuto un incidente in una strada di Quito e aveva una costola spostata tanto che portava un busto a strisce di ferro: sarebbe dovuto restare a riposo assoluto. La mattina del 16 settembre i Padri gli avevano sconsigliato di partire, ma non volle mancare ad una promessa che aveva fatto alla missione di S. Lorenzo, per la benedizione di una cappella e per le cresime il giorno dopo, domenica. Partì in compagnia di un diacono ecuadoriano, che avrebbe dovuto ordinare nella prossima festa di Cristo Re. Dopo tre ore di navigazione si era sentito male e si pensava a mal di mare, ma arrivato a Limones non poté proseguire il viaggio e fu trasportato in lettiga alla casa della missione. A nulla valsero le cure del medico, pur molto premurose: alle 19,30 spirava assistito da due Padri e dalle tre Suore. Pare sia deceduto per infarto cardiaco; si lamentava per male allo stomaco e alla testa. Vegliato per tutta la notte nella chiesa di Limones, fu trasportato la mattina della domenica ad Esmeraldas, dove rimase esposto nella chiesa della Merced fino alle 16 del Lunedì, quando ebbero luogo i funerali, sul piazzale antistante la cattedrale, con la partecipazione del Nunzio, del Cardinale di Quito, dieci vescovi, 50 sacerdoti, numerosissime suore e una folla immensa di fedeli. Il Presidente della Repubblica mandò due ministri a rappresentarlo.

Si divide nettamente l'attività di Mons. Barbisotti in due periodi: uno africano, nel Bahr-el-Gebel, e uno americano, a Esmeraldas.

Aveva studiato l'inglese molto seriamente e, superate le difficoltà iniziali dovute anche al suo precario stato di salute in quegli anni, acquistò una pronuncia così corretta e sicura che qualche inglese, ad Okaru, si fermava fuori dell'aula scolastica per sentirlo leggere e parlare e così si sparse la voce che gli alunni parlavano l'inglese con l'accento di Oxford. Tutto ciò, insieme al nostro insegnamento e interessamento, contribuì a salvare allora le nostre scuole del Sudan meridionale, quando non sempre gli inglesi vi vedevano bene la presenza di padri italiani, molti dei quali sapevano poco o non parlavano correntemente l'inglese. In Africa non poté occuparsi molto di lavoro pastorale, perché la scuola e l'insegnamento ne assorbivano il tempo, ma la sua opera fu preziosissima e la sua collaborazione apprezzata da tutti.

Quando Propaganda impose alla nostra Congregazione la Prefettura Apostolica di Esmeraldas, P. Todesco, allora Superiore Generale, pensò a lui come pastore di quella nuova missione e P. Barbisotti, a 50 anni, si mise ad imparare una nuova lingua e si sobbarcò il non lieve compito di districare una situazione piuttosto complessa, dato il ritiro dei precedenti Padri. Senza recriminazioni si dedicò al pesante incarico, imparò lo spagnolo, si servì del suo inglese e delle sue conoscenze negli USA per andarvi spesso a mendicare per la sua missione. Il lavoro che fece fu molto, anche se lo fece a modo suo, come del resto aveva sempre fatto, dando inizio a varie iniziative contemporaneamente. La difficoltà maggiore gli venne proprio da questo suo carattere impulsivo e talora imprevedibile. Ma tirò avanti lo stesso e anche se non sempre erano consenzienti, tutti lo ammiravano per la sua dedizione e lo zelo veramente apostolico, perché era buono e generoso con gli altri, anche se sbrigativo nei modi e senza peli sulla lingua. Quando fu consacrato vescovo e andò a Valdiporro a salutare la comunità, gli scolastici lo festeggiarono con un ricevimento in suo onore. Egli disse loro poche parole, semplicemente: «vogliate bene alla Congregazione, io devo tutto alla Congregazione». Parole che esprimevano il suo intimo sentimento e che, specialmente dette da lui, fecero molta impressione sui presenti. Fu comboniano fino in fondo al cuore. La sua figura suscitò alle volte delle perplessità, ma gli esempi che ci ha lasciato, di zelo per le anime e di dedizione totale alla causa missionaria, ci stimoleranno per molto tempo ancora alla realizzazione sempre più piena della nostra comune vocazione.

Da Bollettino n. 100, gennaio 1973, p. 68-69