Preciso in tutto, quando il 3 dicembre si convinse che il suo male era grave chiese l'Unzione degli Infermi, e la ricevette con edificazione. Si spense silenziosamente, come era vissuto, alle 6 del 12 dicembre, giorno in cui compiva i 79 anni.
Infatti P. Giuseppe Nicolao Olivetti era nato a Bertolla (Torino) il 12 dicembre 1885. Dal Seminario minore di Giaveno entrò nella Casa Madre al termine del ginnasio, nell'ottobre del 1901. Il 1° novembre 1903 emise la professione, e arrivò al sacerdozio nel 1908.
Prestò la sua prima opera nella Scuola Apostolica di S. Vito al Tagliamento, e il 28 giugno 1910 partì da Venezia per il Bahr el Ghazal. Resto a Kayango fino al 1923, con l'interruzione di un anno passato a Mupoi (1914-15) e un altro in Italia nel 1922.
Esercitò dapprima il ministero tra i Bai, nelle piccole residenze sussidiarie di Morjan Kali e Dumbe. Nel 1917 tentò invano di esimersi dall'ufficio di Superiore.
Fu tra i pionieri della zona di Kayango. Completò la chiesetta ed edificò una nuova falegnameria. Cercava di vivere con la gente e di adattarsi al loro vitto. Lavorava in sordina e in profondità, facendosi amici i Capi, che cercava di convincere della bontà della religione cristiana, e istruendo a lungo e pazientemente i catecumeni. Su questi cristiani convinti ed istruiti crebbe la futura cristianità.
Intanto, dopo vent’anni dall'arrivo dei primi Confratelli nel Bahr el Ghazal, parve giunto il momento di spingersi fra la tribù denca. I Denca costituiscono i nove decimi della popolazione di quella provincia e benché fossero un osso duro a qualunque penetrazione meritavano le attenzioni della missione.
Alla fondazione delle due prime residenze tra quella tribù fu destinato P. Olivetti. E ai Denca egli dedicò il suo secondo periodo di apostolato nel Bahr el Ghazal, che va dal 1923 al 1938. Questi quindici anni furono interrotti solo dal 1931 al 1933 per vacanze in Italia e un anno di permanenza a Ringi, la residenza che in seguito venne sostituita con Raga.
Nel dicembre del 1923 P. Olivetti partiva da Wau, per fondare Kwajok; e dieci anni dopo si spingeva all'estremità settentrionale del Bahr el Ghazal per erigere la stazione di Nyamlel.
A Kwajok arrivò con P. Nebel nel dicembre del 1923; e con operai racimolati a Wau, Kayango e Morjan Kali, riuscì a sistemare una dimora conveniente prima della stagione delle piogge. Era suo costume non dedicarsi personalmente ai lavori materiali, ma sorvegliarli con la massima cura. Nel 1924 poté avere l'aiuto di un Fratello, e al principio del 1927 anche quello delle Suore. In quell'anno la missione cominciava a prendere forma. Vi erano 25 cristiani (Denca e Giur), 10 catecumeni e una cinquantina di alunni. Il Governo incoraggiava la scuola e l'aiutava con l'invio di ragazzi.
Nel 1933 P. Olivetti cominciò la missione di Nyamlel, sulle rive del Lol, tra i 150.000 Denca Malual, reputati migliori degli altri. Nyamlel dista da Wau più di duecento chilometri, e allora la strada era impraticabile per un terzo dell'anno. Anche qui lavorò senza risparmiarsi, lasciando al suo coadiutore grande libertà nel campo catechistico e scolastico. Quattro anni dopo la fondazione Nyamlel contava già un centinaio di cristiani.
A Nyamlel P. Olivetti sperava di poter rimanere per sempre; ma il suo desiderio svanì ben presto perché la salute l'obbligò a lasciare il Bahr el Ghazal nel 1938. Però volle restare in Africa e quell'anno stesso, dopo una breve visita in Italia, si fissava al Cairo, dove rimase fino al 1961, con una breve assenza nel 1950 e un'altra nel 1953, per partecipare al Capitolo Generale.
Fino al 1948 fu addetto alla chiesa del S. Cuore e all'ospedale italiano; e quindi a Zamalek, prestandosi sempre generosamente per il ministero. Durante la guerra si buscò due mesi di prigione per avere aiutato un italiano fuggito da un campo di concentramento. Celiando egli aggiungeva di avere scampato per poco la fucilazione...
Con sommo dolore dovette lasciare l'Egitto nel 1961 per una lesione polmonare. Ad Arco ebbe una sola preoccupazione: ristabilirsi presto per tornare in Africa. Perciò seguì con impegno la cura prescritta; ma il Signore aveva disposto che in Africa non tornasse più, e che finisse la sua carriera ad Arco. Del resto, cinquant’anni d'Africa, dei quali 28 nel Bahr el Ghazal, sono un traguardo invidiabile.
Anche lontano dalle sue prime missioni non mancò di aiutarle procurando offerte e benefattori. E negli ultimi tempi volle che i suoi antichi amici continuassero ancora ad aiutarle.
P. Olivetti era un linguista per natura. Oltre l'inglese, parlava il bai, lo ndogo, lo zande e il denca, e si intendeva anche in arabo. In un vocabolarietto manoscritto aveva notato, insieme allo ndogo e al bai, molti vocaboli golo. Si era dedicato con particolare impegno allo studio del denca. In questa lingua compose, tra l'altro, una grammatica e un catechismo, rivelando una scienza teologica precisa nella scelta di parecchi termini. Come esperto di lingue indigene fu invitato alla Conferenza tenuta a Rejaf nel 1928. Ma quando il Governo affidò ad altri l'incarico ufficiale di studiare il denca, egli lasciò fare. Il suo libretto «Una tribù di giganti», composto nel 1933, rivela l'uomo dotto e semplice, profondo conoscitore della tribù denca.
P. Olivetti era gioviale ed arguto, e la sua prudenza divenne proverbiale in parecchi casi. Non voleva animosità o discussione. Discreto nelle richieste, ringraziava con effusione per ogni atto di carità. Conservò sempre molto affetto al suo paese e ai suoi familiari. Ha lasciato dovunque il ricordo di una pietà e regolarità esemplare.
Da Bollettino n. 72, gennaio 1965, pp. 59-61