Fr. Santino Gaslini, nato a Palazzolo Milanese il 1 novembre 1882, entrò nel Noviziato di Verona a 27 anni. Nell'ottobre 1910 fu inviato a Roma, ancora novizio, quando vi si aprì la nostra prima casa presso la chiesa dei SS. Vincenzo e Anastasio a Piazza Trevi. Fece i primi voti il l0 marzo 1912, e la professione perpetua a Wau 1'8 dicembre 1922.
Nel 1913 partì per il Bahr-el-Ghazal, dove fu successivamente addetto alle stazioni di Wau, Mbili e Kayango. Oltre l'arabo, aveva imparato bene la lingua Giur, ed era particolarmente zelante e accogliente con gli indigeni.
Verso il 1921, P. Bernabé, allora Superiore Regionale, sapendo che Fr. Santino era intagliatore, gli fece preparare un bel tavolino di legno, che fu offerto al nuovo Governatore della provincia, quale omaggio della scuola artigiani di Wau. Il Governatore (Mr. Wheatley) gradì assai il dono, meravigliato che un lavoro simile potesse essere fatto nel centro dell'Africa, e d'allora iniziò quella collaborazione e cordiale amicizia del Governatore con la missione (e in particolare con Mons. Stoppani) che continuò per anni a vantaggio delle nostre opere nel Bahr-el-Ghazal.
Rimpatriato, per la sua precaria salute, una prima volta per un anno nel 1923 e poi definitivamente nel 1931, fu successivamente sagrestano a Riccione e Roma fino al 1950, quando passò a Gozzano. Dal 1952 si trovava a Milano dove, nella nuova casa in via Giuditta Pasta, la mattina del 31 gennaio 1956, fu trovato morto in letto, con la corona del rosario al collo e il crocifisso stretto fra le mani.
Era Fratello esemplare, di soda pietà, zelante, umile e servizievole con tutti, sempre, fino all'ultimo. A 70 anni aveva smesso di fumare, perché nessuno in casa fumava. I suoi propositi di osservanza regolare, scritti negli ultimi esercizi, erano da lui praticati con tenacia e amore entusiasta. La diminuita attività nelle cose esterne, dovuta all'età e indebolimento delle forze, era compensata dall'edificazione che proveniva dal fervore della sua pietà e religiosità.
Quanti lo conoscevano, a Milano, commossi fino alle lacrime per la sua repentina scomparsa, non facevano che ripetere: “Era tanto buono!”. Non si saziavano di venirlo a vedere, così, come si era composto da sé in preghiera; parteciparono alle esequie in folla e fecero tre collette per la celebrazione di SS. Messe in suo suffragio. La salma, per desiderio dei nipoti, fu tumulata nel cimitero del paese nativo, dove gli fu celebrato un solenne funerale, con la partecipazione di confratelli e di tutta la popolazione. R .I.P.
Da Bollettino n. 46, febbraio 1957, p.1185-1186
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Il Contemplativo
Non tutti i missionari sono uomini d’azione, come siamo soliti leggere nelle loro vite. Qualcuno si dedica anche alla contemplazione, sicuro che la preghiera sia il miglior incentivo all’attività missionaria. Uno di essi è fratel Santino Gaslini. In questo mese di ottobre, dedicato alla preghiera per le Missioni, ci sembra opportuno presentare la sua figura.
Da qualche anno (1955) i Comboniani si erano stanziati nella periferia di Milano, in Via Giuditta Pasta. Il superiore, p. Giovanni Cotta, aveva tirato su una chiesetta in prefabbricato e un paio di stanze, sempre dello stesso materiale. Mancavano l’isolamento termico, il riscaldamento e altre elementari comodità. Insomma il tutto non aveva niente da invidiare alle cappelle e alle capanne di missione, salvo il freddo durante l’inverno. Ma per i tre missionari era sufficiente.
La mattina del 31 gennaio 1956, p. Cotta non vide il fedelissimo fratel Santino Gaslini in chiesa, come tutte le mattine, già in preghiera davanti al tabernacolo.
“Forse non sta bene”, disse, e invitò un confratello ad andare nella sua cameretta. L’umile Fratello, che aveva problemi di cuore, giaceva sul suo letto ben composto, con la veste talare indosso, la corona del rosario attorno al collo e il crocifisso stretto tra le mani. Sentendosi venir meno, si era preparato a morire senza chiamare nessuno per timore di disturbare.
Aveva 73 anni. Parlando con i confratelli di passaggio, diceva: “Io sono il più fortunato di tutti in questa casa, perché come san Giovanni posso dormire appoggiando la testa sul cuore di Cristo”. Infatti aveva la testata del letto che appoggiava contro la parete, al di là della quale c’era il tabernacolo. Gli era bastata quella posizione per morire.
Maestro intagliatore
Nato a Palazzolo Milanese il 1° novembre 1882, era entrato a 27 anni in noviziato a Verona. Nell’ottobre del 1910, ancora novizio, era stato inviato a Roma quando venne aperta la casa comboniana in Piazza Trevi, ai Santi Vincenzo e Anastasio. Emise i primi Voti il 10 marzo 1912.
Nel 1913 partì per il Bahr el Ghazal (Sudan meridionale) dove fu successivamente addetto alla scuola artigiana di Wau. Oltre l’arabo, imparò bene la lingua Giur, ed era particolarmente zelante ed accogliente con gli indigeni.
Dalle sue mani, ma più ancora dal suo cuore, uscirono alcune schiere di giovani ai quali aveva insegnato il mestiere del muratore, del falegname e dell’intagliatore, arte nella quale era specializzato. Anzi, fu proprio grazie a questo suo mestiere che riuscì a mutare l’atteggiamento piuttosto ostile degli inglesi in benevolenza verso le missioni cattoliche.
Nel 1921 p. Giuseppe Bernabè, allora superiore dei missionari del Sudan, conoscendo l’arte di fr. Santino, gli fece preparare un bel tavolino di legno con intarsi che richiamavano i fiori della zona. Poi offrì il tavolo al nuovo Governatore inglese della Provincia, quale omaggio della scuola artigiani di Wau. Il Governatore gradì assai il dono, meravigliato che un lavoro simile potesse essere fatto nel centro dell’Africa, e andò a visitare la scuola. Lo stupore dell’illustre visitatore raggiunse il massimo quando l’umile Fratello gli disse che il lavoro era stato fatto dai giovani della scuola.
Da allora ha avuto inizio quella collaborazione e cordiale amicizia tra il Governatore e la missione, che è continuata per anni a vantaggio delle opere comboniane nel Bahr-el-Ghazal.
L’uomo del silenzio
Nel 1923 fr. Gaslini è tornato in Italia causa la poca salute. In patria ha prestato il suo servizio di uomo tuttofare nelle comunità comboniane di Riccione, Roma, e Gozzano. Nel 1952 è approdato a Milano nella chiesa di San Tommaso e poi in via Giuditta Pasta.
Era fratello esemplare, amante del silenzio e della semplicità. Quando non era impegnato nelle occupazioni della casa e della cucina, lo si trovava in preghiera davanti al tabernacolo. La gente aveva “fiutato” la sua santità e ricorreva a lui per consigli e richiesta di preghiere. Egli ascoltava tutti e per tutti aveva una parola buona.
La sua morte suscitò una grande commozione. Tutti, infatti, si resero conto che avevano vissuto accanto a un santo di nome e di fatto. I suffragi furono molti e sentiti.
I nipoti vollero portare la salma al paese natale dove venne fatto un funerale che è stato più simile a una festa di Pasqua. E ancor oggi, sia a Milano come a Palazzolo Milanese, fr. Santino è ricordato come un santo. In realtà è uno dei Fratelli comboniani che hanno fatto onore all’Istituto e alla Chiesa e hanno lasciato un’impronta nella storia della congregazione comboniana. P. Lorenzo Gaiga