In Pace Christi

Avesani Giuseppe sr.

Avesani Giuseppe sr.
Data di nascita : 08/03/1849
Luogo di nascita : Marzana VR/I
Data decesso : 13/11/1874
Luogo decesso : Scellal/EG

Fratel Giuseppe Avesani, senior, fece parte della carovana del p. Stanislao Carcereri del 1874, che con le sue tristi vicende, accentuò le divergenze tra Comboni e i Camilliani. Anzitutto, lo Stato personale di Verona, n. 21, riservando di correggere e precisare in seguito la data della morte: "Nato a Marzana di Verona l'8 marzo 1849, agricoltore, proveniente da Montorio veronese, entrato a Verona il 15 febbraio 1874, partito pel Cairo in Agosto 1874. Morì il 15 novembre 1874 in Scellal".

Rolleri, nel suo registro di Cairo: "Frat. Giuseppe Avesani, agricoltore, veronese, arrivato al Cairo in settembre 1874, partito per l'interno della missione il 25 ottobre 1874. Morì a Scellal in via il 14 novembre 1874 a 26 anni" (SPC, 47).

Siccome non abbiamo altre informazioni in merito a questo Avesani senior, converrà ricordare un po' la storia di questa spedizione del Carcereri, anche perché buona parte dei suoi componenti compaiono presto o tardi in queste note. Ecco come racconta i fatti p. Stanislao Carcereri nella sua Cronaca: "La funzione di partenza si fece il 24 ottobre, ma per mancanza di vento partì soltanto il 25 mattina, composta del p. Stanislao, D. Paolo Rossi, D. Gennaro Martini, D. Luigi Bonomi, D. Stefano Vanni, P. Gio. Batta Carcereri, p. Alfonso Maria Chiarelli, P. Camillo Cesare Bresciani, ch. Annibale Perbellini, ch. Carmine Loreto, ch. Vincenzo Marzano, fr. Oblato Righetti Giuseppe, fr. Obl. Giuseppe Bergamaschi, sr. Teresia Fontans, sr. Vittoria Maillet, sr. Angelica Faruagi, laico Giuseppe Avesani, laico Francesco Papagni ed una mora che lasciammo a Girga. In meso di 15 giorni giungemmo ad Assuan. Ivi le dahabie, secondo il contratto dovevano, o passare la cateratta, se ciò era possibile, o fare il trasloco di tutto su altre dahabie e farsi condurre a loro spese fino a Korosko. I capitani decisero di passare la cateratta: il fiume era alto, il vento era favorevole, altre dahabie, più cariche delle nostre, l'avevano passata, la passavano e altre attendevano. Noi ci trasferiamo nella nostra casa di Scellal attendendo il passaggio. Il 13 novembre, mio onomastico, alle undici si annegò il laico Giuseppe Avesani in una pozza d'acqua vicino al fiume, dove era andato con gli altri a fare un bagno - quasi nella medesima ora una delle dahabie, dopo aver passato la cateratta, precipitò nella cateratta, e colò a fondo, recando dei danni alla roba di cui era carica" (A/17/7/23).

Il p. Stanislao completa il racconto il 6 marzo 1875 da Berber al suo provinciale in Verona scrivendo: Nel dì di S. Stanislao si annegava casualmente in un vortice secreto il giovane Giuseppe Avesani di Montorio, mentre stava bagnandosi in una pozza separata dal fiume per mezzo di massi di granito; due volte fu attratto dal medesimo vortice d. Luigi Bonomi, già curato di Montorio, mentre accorreva in aiuto al primo, e non fu salvato che per mezzo miracolo dal sangue freddo del p. Chiarelli; con un chiodo si feriva il piede il fr. Giuseppe Bergamaschi di Avesa, e tutto nel medesimo dì e quasi ora, una delle nostre barche frangevasi in uno scoglio della cateratta e calava a fondo, recando danno alle casse di provvisioni di cui era carica" (A/17/9/184).

Mons. Comboni, il 25 marzo 1875 scriveva a Propaganda: "La carovana guidata da p. Carcereri è giunta a Khartum ai 3 del p.p. febbraio, dopo 103 giorni dacché era partita da Cairo, ma è giunto solo il personale della carovana (meno l'ottimismo Giuseppe Avesano agricoltore veronese, che perì annegato nel Nilo d'innanzi a Scellal), e giunse con 19 cammelli per la via di Dongola. Tutto il resto di casse e provvigioni, del carico di sessanta cammelli, fu lasciato dal p. Carcereri a Wadi Halfa, cioè più di 40 giorni lontano da Khartum. Gran parte di provvigioni, tutti paramenti sacri speditimi da ogni parte d'Europa, si perdettero o si guastarono nelle cateratte di Assuan, e se il resto delle provvigioni continua a rimanere a Wadi Halfa, finirà per guastarsi. Una barca della carovana, investita dall'urto delle onde al passaggio della cateratta ruppe negli scogli e colò a fondo; si poté tuttavia ripescare alcuni effetti guastati.

Il danno venuto alla missione, oltre a molti altri inconvenienti, è di più di venti mila franchi, e forse più di trentamila, il che mi porta non piccolo sconcerto" (A/13/13).

Anche don Bonomi, scrivendo a don Squaranti da Wadi Halfa il 7 dicembre 1874 aveva affermato: "La nostra carovana sarebbe stata la più felice se non avesse avuto la doppia disgrazia di Scellal, cioè la perdita del povero Giuseppe Avesani, e la rottura della barca seconda che fece andare sott'acqua molte delle nostre casse, massime quelle che contenevano alcuni paramenti da chiesa preziosi, che soffrirono molto, perché non si poté aprirli e asciugarli che dopo otto giorni" (A/26/4/2). Don Bonomi non accenna al suo coraggioso tentativo di salvataggio dell'Avesano, che veniva, come lui, da Montorio (ed erano forse entrati insieme nell'istituto, benché il nome del Bonomi non appaia nello Stato Personale di Verona).

Quando era ancora in discussione l'impresa della carovana, il p. Giovanni Battista Carcereri (fratello di p. Stanislao, anche se si firma Carcereri), scriveva il 27 settembre 1875 a don Squaranti da Berber: "Insieme con noi passò colla sua roba sulla dahabia, e più carica della nostra, anche un mercante greco di nome Pericle; la stessa disgraziata nostra era passata; lasciarono andare una fune, credendola ormai inutile, e allora si ruppe l'altra fune, e successe così l'infortunio: ma le persone erano tutte in salvo nella casa di Scellal. La morte del povero cucchetto Avesani successe per colpa di chi? Il p. Stanislao lo aveva esortato, e forse comandatogli, di aiutare il cuoco" (A/19/17/3). La lettera mirava a discolpare p. Stanislao dalla responsabilità delle due disgrazie, buttandone la colpa sulla poca obbedienza dell'Avesani, ma non fa buona impressione, trattandosi di un morto in un incidente, chiamarlo "cucchetto" (anche se p. Battista Carcereri, che era compagno di viaggio, poteva averlo classificato un "sempliciotto").

Un'ultima testimonianza scritta dallo Squaranti, il 24 febbraio 1875 per incarico del Canossa, al can. Michele Montuoro di Girgenti, che si era allarmato per il tono triste di una lettera ricevuta dal Comboni: "Quando le ha scritto (Comboni) sarà stato certo in uno di quei momenti in cui sembra che anche Iddio ci abbia abbandonati. Ed invero gli sono successi contemporaneamente tali sinistri avvenimenti da sconcertare il petto più generoso ed intrepido. Egli si trovava a Khartoum col missionario Fiore in fine di vita; intese la morte miseranda del buon laico Avesani travolto nei vortici del Nilo presso Scellal, e la carovana arenata a Wadi Halfa, senza speranza di poter proseguire il viaggio per mancanza di cammelli, tutti requisiti del governo egiziano... Ma ora che il Fiore è guarito, che la carovana è arrivata felicemente a Khartum... egli è sicuramente rinfrancato.

Gli rimarrà solo il dispiacere della perdita d'un buon agricoltore, ed il vuoto nella cassa, perché la carovana, in un viaggio di 100 giorni e con tali anni avrà consumato..." (A/38/33/5).

Un'eco di questa tragica morte l'abbiamo anche in una lettera del padre del Comboni, che il 25 giugno 1875 scriveva da Limone a sua nipote Faustina Stampais: "Mi rincresce poi al sommo la perdita di quel contadino affogato in un vortice del Nilo... ora spero che tutti gli altri saranno arrivati senza altre disgrazie. Mi dispiace sentire che alcuni di quelli che vengono nell'Africa non hanno vera vocazione, per cui certamente, quelli, oltre il danaro della spesa del viaggio, disturbano anche la missione" (A/20/18/21).

Tutte queste vicende sono trattate, da pari suo, nei due libri del Grancelli. Resta però da fissare la data della morte di Giuseppe Avesani senior. Grancelli la fissa al 13 novembre, onomastico di p. Stanislao, e lo conferma p. Carcereri nella sua Cronaca. Si deve ritenere il 13 novembre come data della morte, e non il 14 (come ha Rolleri, giorno in cui riaffiorò il cadavere), e neppure 15 del Registro di Verona (forse un errore di letture: 15 invece di 13) come confermata anche dal testimonio oculare Don Gennaro Maerini in A.B.P. n. II, p. 24.

Da P. Leonzio Bano, Missionari del Comboni 3, p. 5-8